nel caso di dubbio sull’effettiva volontà dei contraenti, e quindi sulla natura irriturale o rituale dell’arbitrato, si deve optare per l’irritualità dell’arbitrato, tenuto conto che l’arbitrato rituale, introducendo una deroga alla competenza del g.o., ha natura eccezionale.

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Tribunale|Firenze|Sezione 3|Civile|Sentenza|16 gennaio 2023| n. 97

Data udienza 30 dicembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE

03 Terza sezione CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Michela Biggi ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 11692/2017 promossa da:

(…), con il patrocinio dell’avv. (…), elettivamente domiciliato in VIA (…) 50129 FIRENZE presso il difensore avv. (…)

PARTE ATTRICE

contro

(…) con il patrocinio dell’avv. (…) e, con elezione di domicilio in VIALE (…) 50125 FIRENZE presso e nello studio dell’avv. (…)

PARTE CONVENUTA

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da rispettive note di precisazione delle conclusioni depositate telematicamente il 10.9.21 (attore) e il 9.9.21 (convenuta).

MOTIVI DELLA DECISIONE

In fatto e in diritto

A seguito del recesso dallo “Studio Associato di Dott.ssa (…) e Dott. (…)”, (…), con ricorso dinnanzi al Tribunale di Firenze (RG n. 6289/2015) chiedeva la nomina di un Arbitro unico al fine di procedere alla divisione degli utili realizzati dall’Associazione. Il presidente del Tribunale di Firenze, con decreto del 14-15/12/2015, nominava arbitro unico della controversia l’Avv. (…) del Foro di Firenze. Durante il procedimento arbitrale veniva espletata CTU contabile della dott.ssa (…), al fine di accertare gli utili realizzati dallo Studio Associato negli anni 2013, 2014 e 2015 e gennaio 2016, nonché gli utili netti maturati fino al momento dello scioglimento del rapporto, allo scopo di quantificare il credito vantato da (…) nei confronti del fratello (…).

L’arbitro Avv. (…), all’esito della CTU, emetteva lodo irrituale del 13/02/2017 con cui accertava un credito di Euro 20.863,42 a favore di (…). Poiché (…), pur sollecitato, non provvedeva al pagamento spontaneo del proprio debito, (…) chiedeva l’emissione di decreto ingiuntivo al Tribunale di Firenze per ottenere la condanna al pagamento del credito. Il Tribunale di Firenze, in persona del Giudice dott.ssa Breggia, nel procedimento R.G. 5993/2017 emetteva il decreto ingiuntivo n. 2567/2017, dichiarato provvisoriamente esecutivo, con cui condannava (…) al pagamento in favore di (…) della somma di Euro 20.863,42 oltre interessi e spese di lite.

Con atto di citazione in opposizione ritualmente notificato (…) conveniva nel giudizio RG 11692/2017 davanti al Tribunale di Firenze la sorella (…), per sentire accogliere le seguenti conclusioni: “Voglia l’Il.mo Tribunale di Firenze, ogni contraria istanza disattesa e/o reietta: in via principale, accogliere la presente opposizione e quindi annullare e/o revocare e/o dichiarare nullo e/o comunque privo di ogni efficacia il decreto ingiuntivo opposto (D.I. Tribunale di Firenze n. 2567/2017 – R.G. 5993/17) perché fondato su lodo arbitrale del 13/2/2017 avente l’efficacia prevista dall’art. 824 bis c.p.c.; in subordine, nell’ipotesi in cui il lodo del 13/2/2017 sia da qualificarsi come irrituale, accertare e dichiarare nullo e/o annullabile e/o invalido e/o comunque privo di ogni efficacia ed effetto il lodo del 13/2/2017 e conseguentemente, annullare e/o revocare e/o dichiarare nullo e/o comunque privo di ogni efficacia il decreto ingiuntivo opposto (d.i. Tribunale di Firenze n. 2567/2017 – R.G. 5993/17). In ogni caso con vittoria di spese, compensi, competenze ed onorari oltre spese generali ed oltre CPA ed IVA di legge”.

Si costituiva in giudizio (…) con comparsa di costituzione e risposta del 27.04.2018, chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni “in via pregiudiziale: nella denegata ipotesi in cui Codesto Ecc.mo Tribunale ritenesse la natura di arbitrato rituale del lodo eseguito con il decreto ingiuntivo impugnato, dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione presentata per mancata impugnazione del lodo stesso nei termini di cui all’art. 828 c.p.c. innanzi alla competente Corte di Appello. Nel merito: Voglia l’Ecc.mo Tribunale di Firenze rigettare nel merito l’opposizione presentata dal Dott. (…) avverso il Decreto Ingiuntivo n. 2567/2017 per le causali indicate nel presente atto e pertanto confermare il decreto ingiuntivo opposto. Con vittoria di spese e competenze professionali”.

Con decreto di differimento del Tribunale di Firenze del 20.09.2017, il G.I. assegnatario del fascicolo dott. Roberto Monteverde fissava la data della prima udienza al 23.05.2018. In tale sede, innanzi al G.I. Dott. Enrico D’Alfonso, cui nel frattempo il fascicolo era stato riassegnato, il difensore dell’attoree dava atto della rinuncia al mandato e chiedeva differimento per consentire alla parte di munirsi di nuovo difensore. Il G.I. rinviava l’udienza all’ 11.10.2018, in cui venivano poi assegnati alle parti i termini ex art. 183 comma VI c.p.c. Con decreto del 16.01.2019, a seguito di ulteriore riassegnazione del fascicolo, il nuovo G.I. assegnatario, dott.ssa Michela Biggi, fissava l’udienza del 26.06.2019 per la prosecuzione della causa dinnanzi a sé, poi rinviata d’ufficio al 18.09.2019. Con ordinanza riservata del 19.02.2020 il G.I., pronunciandosi sulle istanze istruttorie delle parti, respingeva l’istanza di CTU contabile dell’opponente, poiché ritenuta irrilevante ai fini della decisione, e, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava l’udienza del 27.01.2021 per la precisazione delle conclusioni delle parti.

La causa veniva successivamente trattenuta in decisione con termine alle parti ex art. 190 cpc per il deposito di note conclusive e repliche.

L’opposizione proposta è risultata infondata, dunque viene rigettata.

Le opposte domande ed eccezioni delle parti richiedono di previamente decidere in ordine alla natura, rituale o irrituale, del lodo arbitrale oggetto di odierna opposizione. L’arbitrato rituale, espressamente disciplinato dal Codice di procedura civile, ricorre quando le parti di una controversia demandano all’arbitro o arbitri l’esercizio di una giurisdizione, concorrente con quella ordinaria, per la risoluzione della lite. Si ha, invece, arbitrato cd. irrituale (o ‘libero’) quando agli arbitri è conferita la risoluzione di un rapporto controverso mediante una dichiarazione di volontà che viene imputata alle stesse parti del rapporto. L’arbitrato irrituale si sostanzia pertanto nell’accordo con il quale al terzo viene affidato il compito di risolvere la controversia con una dichiarazione sostanzialmente transattiva o accertativa dei diritti e degli obblighi delle parti, a seconda del contenuto dell’incarico.

Ciò premesso, la distinzione tra l’una e l’altra tipologia di arbitrato risiede nella interpretazione che si dà alla clausola compromissoria formulata dalle parti. Secondo un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza, l’indagine dell’interprete non può ridursi ad un’interpretazione restrittiva letterale, ma deve accertare la concreta volontà negoziale delle parti. E, se da un lato viene generalmente affermata la ritualità dell’arbitrato quando nella clausola compromissoria compaiono espressioni come ‘controversia’, ‘giudizio’, ‘giudicare’, dall’altro non si ritiene che valga ad escludere la ritualità dell’arbitrato la circostanza che la clausola preveda “l’esonero degli arbitri dalle norme di procedura”. In sostanza, è necessaria la convergenza nel senso dell’irritualità di entrambi i criteri ermeneutici individuati dalla giurisprudenza: quello testuale fondato sull’interpretazione letterale della clausola statutaria e quello (prevalente) di natura sostanziale, desumibile dalle regole di ermeneutica contrattuale, volto ad accertare la reale volontà delle parti. Mentre l’arbitro rituale svolge una funzione sostitutiva di quella del Giudice, l’arbitro irrituale risolve la lite tramite strumenti negoziali, anche conciliativi o transattivi.

Nel caso di specie, il dato letterale della clausola compromissoria in oggetto si presenta prima facie contraddittorio: nella prima parte dell’art. 13 vi sono elementi che lasciano difatti propendere per la natura irrituale, posto che espressamente si prevede che l’Arbitro debba comportarsi da amichevole compositore, con la finalità di far pervenire le parti ad una soluzione concordata o, in difetto, sulla base del mandato rilasciato dalle parti a transigere, determinare egli stesso una soluzione transattiva che le parti si sono espressamente obbligate ad accettare. Il secondo periodo dell’art. 13 del lodo de quo, al contrario, sembra invece condurre, per quanto anche evidenziato dall’opponente, ad una conclusione di ritualità dell’arbitrato, posto che palesemente rinvia, per quanto attiene alle regole procedurali da seguire, alle norme processuali codicistiche.

Occorre pertanto ricostruire la reale volontà delle parti. A tal fine, dalla documentazione allegata in atti, può giungersi alla conclusione che l’arbitrato cui le parti avevano dato adesione reciproca fosse nella forma della amichevole composizione.

Preliminarmente, va osservato che l’art 808 ter cpc – secondo cui l’arbitrato irrituale costituisce una eccezione rispetto a quello rituale, non può dirsi applicabile al caso di specie posto che l’art. 27 dlgs n. 40/2006 che prevede appunto l’applicazione alle clausole arbitrali stipulate dopo la data di entrata in vigore del decreto, mente la clausola compromissoria in oggetto risulta stipulata in data antecedente rispetto al decreto, ovvero il 12.11.1998. Inoltre va ulteriormente osservato che non è vietato da alcuna norma che l’arbitrato ancorché irrituale possa essere regolato, per espressa previsione delle parti, dalle norme applicabili per l’arbitrato rituale, che peraltro secondo parte della dottrina dovrebbero applicarsi comunque, nel silenzio delle parti. L’unica norma espressamente inapplicabile all’arbitrato irrituale è l’art. 825 cpc.

Venendo alla necessaria interpretazione della effettiva volontà delle parti, va considerato che l’arbitro nella redazione del lodo ha espressamente qualificato l’arbitrato come irrituale e che a tale definizione le parti non hanno espresso alcuna contestazione ma hanno conseguentemente aderito alla stessa. Ciò viene confermato anche nel verbale di prima riunione del 1° febbraio 2016 sottoscritto dalle parti, ove l’arbitrato viene parimenti qualificato come irrituale (“l’Avv. (…) dichiara di accettare l’incarico di arbitro irrituale amichevole compositore”). Nel medesimo verbale di prima riunione, al punto g) pag. 4, l’arbitro è stato chiaramente incaricato come “amichevole compositore” e tale qualificazione è stata espressamente accettata dalle parti, tanto che le stesse a pag. 5 hanno dichiarato e sottoscritto di procedere nel procedimento arbitrale, “accettando integralmente quanto sopra proposto dall’arbitro alle lettere da a) a o)” e dunque anche la qualificazione di arbitro con funzione di conciliatore.

La contestata natura rituale (da parte dell’opponente) appare dunque in contrasto con la chiara volontà delle parti di attribuire all’amichevole compositore il compito di confezionare una accordo amichevole, dunque un contratto da sottoporre alla sottoscrizione delle parti stesse, o, in casi di disaccordo, comunque sottoscritto dall’arbitro ed avente efficacia vincolante per le parti.

In ogni caso, il tribunale intende aderire a quell’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, “nel caso di dubbio sull’effettiva volontà dei contraenti, si debba optare per l’irritualità dell’arbitrato, tenuto conto che l’arbitrato rituale, introducendo una deroga alla competenza del g.o., ha natura eccezionale” (ex multis, v. sentt. Cass. 1398/2005, Cass. 4841/2002, Cass. 10935/2001, Cass. 562/2001, Cass. 8788/2000).

Ritenendosi corretta la tesi dell’opposta circa la natura irrituale dell’arbitrato de quo, vanno di seguito analizzate le censure sul contenuto del lodo che secondo l’opponente, quand’anche irrituale, sarebbe da ritenersi illegittimo e /o invalido e/o nullo.

Non viene invece trattata né decisa l’eccezione dell’opposta ex art.828 cpc poiché eccezione formulata dall’opposta soltanto in ipotesi di riconosciuta natura rituale del lodo.

Va però preliminarmente ricordato quali sono i limiti all’impugnazione del lodo irrituale elaborati dalla giurisprudenza. Come già osservato, al lodo irrituale del caso di specie (poiché la clausola compromissoria è contenuta nello Statuto dell’associazione professionale dell’anno 1998) non può essere applicato l’art. 808 ter c.p.c. che difatti è stato introdotto dall’art. 20 D.Lgs. 40/2006 applicabile alle sole convenzioni di arbitrato stipulate dopo la sua entrata in vigore (2.3.2006).

Prima dell’entrata in vigore dell’art. 808 ter c.p.c., i principi giurisprudenziali predominanti ritenevano che il lodo irrituale fosse impugnabile, alla stregua di un contratto nel termine di prescrizione di 5 anni per errore, violenza o dolo delle parti o dell’arbitro, ammettendosi peraltro l’impugnativa solo con riferimento all’errore di fatto e non anche all’errore di diritto. Escludendosi altresì l’impugnazione per errore di giudizio sulla valutazione delle prove o per contestazioni relative alla opportunità delle determinazioni prese per la composizione della controversia, ammettendola solo per errore determinato da un’alterata percezione o da una falsa rappresentazione della realtà e degli elementi di fatto sottoposti all’esame degli arbitri. (v. infatti, infra multis, Cass. 7654/2003; Cass. 11678/2001; Cass. 6162/1982)

Alla luce di quanto sopra riportato, le censure tutte formulate dall’opponente risultano principalmente inammissibili, poiché essenzialmente consistenti nella contestazione di un errore di giudizio sulla valutazione di prove o l’apprezzamento di fatti. Si pensi, infatti, alla contestata violazione del contraddittorio per mancata risposta del CTU alle osservazioni svolte dal CTP di parte opponente e per pretesa mancata acquisizione in giudizio di una mail dello Studio commercialista (…): tale censura riguarda palesemente una contestazione attinente alla valutazione di una prova. Si pensi altresì alla censura sull’operato del CTU e quella relativa ad una pretesa mancata considerazione delle scritture contabili e delle dichiarazioni dei redditi dello Studio Associato, così come alla contestazione sul preteso grave errore per non aver tenuto conto nel calcolo dell’utile netto della somma dovuta dallo Studio a Banca CR, né della somma corrisposta a titolo di TFR all’ex dipendente (…). Trattasi anche in questi casi di censure relative ad errori di giudizio sulla valutazione della prova, dunque censure inammissibili.

In ogni caso, le eccezioni proposte di nullità/invalidità del lodo arbitrale, sono risultate anche infondate.

Non risulta difatti fondata la censura con cui l’opponente contesta che tra le parti vi fosse un’effettiva controversia tale da dover dare luogo a un procedimento arbitrale: l’esistenza di una antecedente controversia (rispetto all’introduzione del lodo) tra le parti è piuttosto evidente, in ogni caso confermata dalla circostanza che le parti durante il procedimento arbitrale hanno rivendicato di essere creditrici l’una verso l’altra. Non solo, risulta prova in atti che prima della attivazione del proc. arbitrale (…) avesse già attivato due giudizi cautelari nei confronti del dott. (…) per richiedere la nomina di un amministratore giudiziario dell’associazione professionale al posto del fratello Stefano. Parimenti infondata si è disvelata la cesura secondo cui le domande di accertamento e di condanna si (…) non rientrerebbero nel novero delle controversie risolubili con lodo arbitrale. Il tenore della norma statutaria (art. 13 Statuto professionale secondo cui “le eventuali controversie tra le parti, nascenti dall’applicazione e dall’interpretazione del presente contratto, devono essere decise da un arbitro (…)”) è difatti chiaro nello stabilire che tutte le controversie, di qualsiasi natura, possono essere devolute alla cognizione di un arbitro.

Quanto alla pretesa tardività della domanda formulata da (…) nella memoria dell’1 marzo 2016 all’interno del procedimento arbitrale, va osservato che in tale nota l’avversaria aveva semplicemente precisato le proprie richieste, già previamente formulate, su espressa richiesta dell’arbitro.

Quanto al mancato rispetto, da parte dell’arbitro, della regola di cui alla lettera h) pagg. 3 e 4 del verbale incontro dell’1.2.2016 (secondo cui l’arbitro avrebbe dovuto sottoporre alle parti, all’esito delle proprie valutazioni, un verbale di conciliazione da sottoscrivere, che sarebbe divenuto comunque efficace tra le stesse con la semplice firma dell’arbitro, qualora le prime (una delle due o anche entrambe) non avesse inteso sottoscriverlo). Risulta invero dagli atti che sono stati esperiti ben due tentativi di conciliazione dell’arbitro, nella prima e nella quarta riunione, senza però alcun esito positivo delle parti. Inoltre, dopo lo svolgimento della CTU, ciascuna parte avrebbe formulato una propria proposta transattiva che l’altra parte non ha accettato. Infine, la proposta conciliativa cui avrebbe dovuto riferirsi la predetta regola (contenuta nella lettera h, pagg 3 e 4) deve necessariamente intendersi riferita, come in effetti così ha correttamente eseguito l’arbitro, nella decisione finale assunta dall’arbitro – che ha difatti confezionato un vero e proprio negozio contrattuale da sottoporre alla firma delle parti – precisando alle stesse che detto negozio sarebbe stato efficace anche in caso di dissenso di una o di entrambe le parti.

Quanto ai contestati vizi della CTU (che si è già detto essere, in ogni caso, inammissibili in questa sede) risulta invece dagli atti versati nel presente giudizio che alle pagine 22 e 23 della relazione peritale siano state chiaramente indicate le repliche alle osservazioni effettuate dai CCTTP, di cui il CTU aveva preso atto.

In merito poi alla pretesa mancata considerazione delle scritture contabili e delle dichiarazioni dei redditi dello Studio Associato, oltre a ribadire l’inammissibilità della censura perché volta a contestare un errore di giudizio sulla valutazione delle prove, evidente è risultata l’infondatezza della stessa, posto che appare incontrovertibile all’interno della procedura arbitrale instaurata la reciproca contestazione sul contenuto delle scritture contabili e delle dichiarazioni dei redditi dello Studio Associato. Si pensi alle contestazioni sulle spese telefoniche del cellulare del dott. (…) e di sua figlia, sui biglietti del treno e soggiorni in hotel per il dott. (…) e compagna, sugli abbonamenti a giornali e riviste del dott. (…), sulle spese personali del dott. (…) presso i supermercati Esselunga e Unicoop, sull’abbonamento SKY per il solo dott. (…), sulle spese per la cura di un cavallo di proprietà del solo dott. (…). Perdipiù, proprio le contestazioni sulle spese hanno reso necessario l’espletamento di una CTU contabile volta ad accertare lo stato patrimoniale e gli utili netti dello Studio Associato.

Anche la censura relativa all’importo di Euro 155.996,50 quale credito complessivo vantato dallo Studio Associato verso i propri clienti va dichiarata infondata oltreché inammissibile. L’arbitro ha ritenuto infatti discostarsi dalle conclusioni cui era giunto il CTU, ritenendo peraltro di abbattere in via prudenziale tale ammontare del 25%, e riducendolo in tal modo ad Euro 116.997,38.

Sulla contestazione relativa all’operato valutativo del CTU ed al mancato rispetto dei quesiti proposti dall’arbitro, va osservato complessivamente quanto segue. La pretesa non completezza della CTU è smentita dai verbali di riunione allegati in atti: nella riunione del 30 05.2016 risulta che il CTU abbia chiesto ai CTP se vi fossero dubbi interpretativi sui quesiti e se condividessero il modus operandi. E questi ultimi non avrebbero sollevato eccezione alcuna né di tipo interpretativo dei quesiti né sul metodo utilizzato dal CTU.

Infine, anche la richiesta di espletamento di nuova CTU contabile all’interno del presente giudizio risulta inammissibile, poiché non può consentirsi – per quanto già sopra osservato – una nuova valutazione del giudizio già espresso dall’arbitro sulle prove assunte nel corso del procedimento arbitrale, posto che al lodo arbitrale irrituale di specie non può essere applicata la normativa entrata in vigore con il d.lgvo 40/2006.

Concludendo: va rigettata l’opposizione presentata da (…) avverso il Decreto Ingiuntivo n. 2567/2017, con conseguente conferma dello stesso e di ogni statuizione di condanna in esso contenuta. Devono in ogni caso ritenersi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi ed i rilievi che seppur non espressamente esaminati siano comunque incompatibili con la decisione adottata e con le diverse osservazioni in cui essa si articola.

Le spese processuali, liquidate in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55/2014, seguono la soccombenza, precisandosi che per il calcolo delle stesse si è seguito il parametro minimo della scaglione di riferimento (da euro 5.201,00,00 a euro 26.000,00), in ragione della attività defensionale effettivamente espletata nelle singole fasi del giudizio.

PQM

Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando,

rigetta l’opposizione proposta e, per l’effetto, conferma il Decreto Ingiuntivo n. 2567/2017, con ogni statuizione di condanna in esso contenuta;

condanna infine l’opponente all’integrale rifusione delle spese di lite dell’opposta, che liquida in euro 2.738,00 per compensi, oltre spese generali 15%, IVA e CPA come per legge. Si comunichi

Firenze, 30 dicembre 2022

Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2023.

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Avv. Umberto Davide

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