l’erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita compiuta dal de cuius siccome celante una donazione, assume la qualità di terzo rispetto ai contraenti – con conseguente ammissibilità della prova testimoniale o presuntiva senza limiti o restrizioni – quando agisca a tutela del diritto, riconosciutogli dalla legge, all’intangibilità della quota di riserva, proponendo in concreto una domanda di riduzione, nullità o inefficacia della donazione dissimulata”. In tale situazione, infatti, la lesione della quota di riserva assurge a causa petendi accanto al fatto della simulazione ed il legittimario – benché successore del defunto – non può essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall’art. 1417 c.c.; né assume rilievo il fatto che egli – oltre all’effetto di reintegrazione – riceva, in quanto sia anche erede legittimo, un beneficio dal recupero di un bene al patrimonio ereditario, non potendo applicarsi, rispetto ad un unico atto simulato, per una parte una regola probatoria e per un’altra una regola diversa.

Tribunale|Lecce|Sezione 1|Civile|Sentenza|5 luglio 2023| n. 2083

Data udienza 1 giugno 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Lecce, I Sezione Civile, in persona dei sottoscritti magistrati:

Dott.ssa Katia Pinto Presidente

Dott.ssa Alessandra Cesi Giudice

Dott.ssa Eleonora Guido Giudice Estensore

SENTENZA

nella causa civile, iscritta in primo grado di giudizio, al n. 7652/2004 R.G.

TRA

(…) e (…), rapp.te e difese come da mandato in atti dall’Avv. ST.CA.;

ATTRICI

CONTRO

(…), rapp.ta e difesa come da mandato in atti dall’Avv. DE.IO.;

CONVENUTA

NONCHÉ CONTRO

(…) E (…), rapp.ti e difesi come da mandato in atti dall’Avv. (…);

CONVENUTI

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E CONCLUSIONI DELLE PARTI

Con atto di citazione ritualmente notificato, le germane (…) ed (…) hanno convenuto in giudizio la sorella (…), il marito di costei, (…), e la figlia di costoro, (…), al fine di ottenere la declaratoria di nullità degli atti di compravendita conclusi il 7.11.2003 tra (…), madre delle tre sorelle, la figlia (…) e la nipote, (…), aventi ad oggetto, per la figlia, l’appartamento sito in Giuliano di Lecce, alla via (…) n. 13, p.p., e per la nipote, l’appartamento sito al p.t. e seminterrato dello stesso stabile, nonché un fondo rustico denominato “(…)”. Hanno assunto, in particolare, che gli atti negoziali sarebbero assolutamente simulati, ovvero nulli per violazione della normativa urbanistica ovvero, ancora, in subordine, dissimulanti donazioni ledenti la quota ex lege riservata alle attrici in quanto legittimarie. Hanno altresì chiesto il rendiconto delle somme riscosse a titolo di pensioni da (…) in virtù di apposite deleghe rilasciate dalla madre e lo scioglimento della comunione ereditaria materna, con obbligo di collazione di (…) anche del corrispettivo dell’utilizzo della casa della de cuius sita in Giuliano di Lecce, dal 1981 al 7.11.2003. Con separate comparse si sono costituiti i convenuti che hanno contestato la prospettazione attorea e concluso per il rigetto della domanda. (…) ha altresì chiesto lo scioglimento della comunione paterna ed ha indicato i beni costituenti relictum dell’asse materno, non previamente indicati dalle attrici.

Rigettata l’istanza formulata ex art. 1105 c.c. dalla difesa di (…) e (…), sono stati concessi i termini di cui all’art. 183 c.p.c., stante la formulazione applicabile ratione temporis.

La causa è stata poi istruita a mezzo di prove orali e CTU estimativa. All’udienza del 10.10.2019 la difesa di (…) ha chiesto di essere rimessa in termini per la produzione di un testamento pubblico del 23.10.2002 e, all’esito del contraddittorio instaurato sul punto, il Tribunale ha ammesso detta produzione. La causa è stata poi rinviata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 24.11.2022; all’esito del deposito degli scritti difensivi, è stata svolta l’udienza di discussione orale ex art. 275 c.p.c. chiesta dalla difesa dei convenuti e la causa è nuovamente stata trattenuta per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda attrice è fondata per quanto di ragione e va accolta nei limiti e per i motivi di seguito indicati.

Va, tuttavia, in primo luogo rigettata l’actio nullitatis svolta dalle attrici con riferimento ai due contratti di compravendita stipulati tra la madre, alienante, e, rispettivamente, la figlia e la nipote. Le germane (…), in particolare, hanno assunto che gli immobili venduti dalla propria dante causa sono abusivi e, quindi, che fosse falsa la dichiarazione resa dalla (…) in relazione alla costruzione e all’ultimazione dei fabbricati in epoca anteriore al 1967, atteso che, per converso, “i fabbricati in oggetto così come esistenti al momento del trasferimento sono stati “ultimati” per alcune parti ben oltre il 1 settembre 1967 senza concessione edilizia. Essi sono stati (in parte) “sanati” con presentazione di domanda di concessione in sanatoria, ancora in attesa di definizione, e per una parte rilevante per essi non è stata neppure presentata domanda di sanatoria” (così p. 4 atto di citazione). Tale circostanza, quindi, imporrebbe la declaratoria di nullità degli atti ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 380/2001.

Orbene, in disparte il fatto che l’8.05.2007 le acquirenti hanno formalizzato atto pubblico confermativo dinanzi al Notaio (…), rilevante ai sensi dell’art. 40 della L. 47/1985, va evidenziato che gli atti negoziali per cui è causa non rientrano nell’alveo applicativo dell’art. 46 del D.P.R. 380/2001, entrato in vigore il 30.06.2003 e, quindi, astrattamente applicabile ratione temporis. La norma, infatti, fa riferimento a edifici la cui costruzione risulta anche solo in parte “iniziata dopo il 17 marzo 1985”. Nella vicenda in esame, per converso, è risultato accertato che l’abusivismo edilizio risale più verosimilmente all’ultimo ampliamento del fabbricato compiuto dalla (…) nel 1976.

Il responsabile dell’Ufficio tecnico, infatti, ha attestato che “le opere edili riguardanti la realizzazione dei vani letto, ripostiglio e bagno …. risultano eseguiti ante 1986 e presumibilmente in data 1976, la committente di detti abusi risulta essere la sig.ra (…), deceduta …” (cfr. p. 9 CTU dep. il 6.11.2017).

D’altro canto, a prescindere da tale circostanza, va pure evidenziato che per la giurisprudenza di legittimità, “in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato” (così Cass. civ. Sez. Unite Sent., 22/03/2019, n. 8230; conf. Cass. civ. Sez. III Ord., 15/01/2020, n. 538). Orbene, nella vicenda per cui è causa il titolo edilizio era formalmente presente e riferito proprio all’immobile del piano terra (trattasi della licenza edilizia del 25.03.1976 e della domanda di concessione in sanatoria prot. n. 8844/1986 richiamata nell’atto confermativo dell’8.05.2007); a fronte dell’originaria omissione informativa nell’atto notarile del 2003 le acquirenti hanno, quindi, confermato l’atto nel 2007 e, di fondo, si tratta di una difformità tra quanto originariamente assentito e quanto di fatto realizzato (anche in termini di volumetria).

Pure per tale situazione, in conclusione, i negozi giuridici si pongono al di fuori del perimetro applicativo della nullità per contrarietà a norme urbanistiche.

Va altresì rigettata la domanda tesa all’accertamento della simulazione assoluta degli atti.

Le attrici hanno assunto che la (…) non intendeva realmente spogliarsi della titolarità dei beni oggetto di contratto, atteso che la stessa ha continuato a vivere in questi nel (pur breve) lasso temporale tra la compravendita e la morte. Tale prospettazione, tuttavia, non può essere condivisa.

Premesso che l’onere probatorio della simulazione assoluta gravava in capo alle attrici, va evidenziato che, di per sé, il dato relativo alla residenza della (…) è neutro rispetto alla ricostruzione della reale volontà pattizia; a ciò aggiungasi che non sono stati allegati altri elementi da cui desumere l’assenza della reale intenzione di trasferire la proprietà alle comparenti. Per converso, il contenuto del testamento in atti dimostra indirettamente la concreta volontà della (…) di cedere comunque la proprietà degli immobili, quantomeno con riferimento a quello lasciato alla figlia.

Atteso, però, che in relazione alla nipote alcuna altra circostanza lascia adombrare, implicitamente, l’assenza di reale volontà traslativa del bene, la domanda attrice va rigettata. Chiarita, dunque, la validità degli atti negoziali impugnati, va di conseguenza esaminata la domanda di accertamento della simulazione relativa della compravendita.

Le germane (…), in particolare, hanno assunto che i negozi a titolo oneroso del 2003 dissimulano in realtà delle donazioni ledenti la loro quota di legittima sull’eredità materna. Tale domanda è fondata.

Va, in ogni caso, preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità della domanda per omessa indicazione di tutti i beni rientranti nell’asse ereditario formulata dalla difesa di (…) e (…).

Tale eccezione, infatti, oltre che essere stata tardivamente prospettata in sede di comparsa conclusionale dalla suddetta difesa, è destituita di fondamento.

Come noto, “nel caso di esercizio dell’azione di riduzione, il legittimario, ancorché abbia l’onere d’indicare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, indicando gli elementi patrimoniali che contribuiscono a determinare il valore della massa ereditaria, nonché di conseguenza quello della quota di legittima violata, senza che a tal fine sia necessaria l’indicazione in termini numerici del valore dei beni interessati dalla riunione fittizia e della conseguente lesione, può, a tal fine, allegare e provare, anche ricorrendo a presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti, tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della riserva. Peraltro, l’omessa allegazione nell’atto introduttivo di beni costituenti il relictum e di donazioni poste in essere in vita dal de cuius, anche in vista dell’imputazione ex se, ove la loro esistenza emerga dagli atti di causa ovvero costituisca oggetto di specifica contestazione delle controparti, non preclude la decisione sulla domanda di riduzione, dovendo il giudice procedere alle operazioni di riunione fittizia prodromiche al riscontro della lesione, avuto riguardo alle indicazioni complessivamente provenienti dalle parti, nei limiti processuali segnati dal regime delle preclusioni per l’attività di allegazione e di prova…”(così Cass. civ. Sez. II, 02/09/2020, n. 18199 e, ancor prima, Cass. civ. Sez. II Sent., 19/01/2017, n. 1357; Cass. civ. Sez. II Sent., 14/10/2016, n. 20830).

È dal complesso degli atti di causa ritualmente e tempestivamente prodotti, quindi, che va desunta la fondatezza o meno della domanda di riduzione e, nella vicenda in esame, è stata la stessa difesa di parte convenuta ad aver supplito alle lacune della difesa attrice, elencando in comparsa di costituzione gli elementi patrimoniali componenti l’asse ereditario. Questi, peraltro, per il loro modesto valore, non consentivano di ritenere neanche astrattamente tacitata la quota ex lege riservata alle attrici, stante la contestazione della natura simulata delle due compravendite che, è bene ricordarlo, hanno ad oggetto due appartamenti con le relative pertinenze ed un fondo rustico.

Preliminarmente, va pure rammentato che con ordinanza del 14.03.2020 è stata autorizzata la produzione di un testamento pubblico del 23.10.2002. Il Tribunale, infatti, una volta rimessa in termini la difesa di (…) al fine di depositare detto atto, ha assegnato termine alle parti per precisare e/o integrare le domande proposte.

Orbene, tenuto conto che l’atto di ultime volontà ha data anteriore rispetto ai contratti per cui è causa, ne va affermata l’irrilevanza ai fini della decisione. Il testamento è, infatti, un negozio giuridico unilaterale a contenuto patrimoniale, a carattere revocabile e formale, la cui funzione è quella di regolare i rapporti patrimoniali del testatore per il tempo successivo alla sua morte. Con il testamento, dunque, il testatore dispone in tutto o in parte dei beni che ha nel momento in cui redige la scheda ma l’atto di disposizione sarà valido ed efficace per tutti i beni che al momento della morte si troveranno nel patrimonio del de cuius.

In conclusione, considerato che il bene oggetto di lascito in favore di (…) è identico a quello del negozio inter vivos, ivi incluse le pertinenze e gli accessori, dell’atto di ultime volontà, in quanto antecedente, non si terrà conto perché da intendersi implicitamente revocato (per una vicenda simile si vd. Cass. civ. Sez. II Ord., 08/10/2021, n. 27377).

Ciò posto, alcuna ulteriore considerazione va svolta in via preliminare, stante la tardiva contestazione di ammissibilità della domanda per carenza della qualità di eredi delle attrici. La difesa di (…) e (…), infatti, ha proposto tale thema decidendum unicamente nelle comparse conclusionali, non avendo contestato la qualità di eredi delle germane (…) né nella comparsa di risposta, né nelle memorie depositate ai sensi dell’art. 183 c.p.c. applicabile ratione temporis. Della stessa, comunque, ne va pure affermata l’infondatezza, atteso che la dichiarazione di successione non è un atto da cui desumere la qualità di eredi (cfr. Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 30/04/2021, n. 11478), al contrario della proposizione del giudizio in questione che, stanti le domande, presuppone l’accettazione dell’eredità. D’altro canto, giova rammentare che le stesse attrici hanno accettato l’eredità materna con beneficio di inventario. Tanto basta, in conclusione, a condurre al rigetto della suddetta eccezione.

Nel merito, quanto alla prova della simulazione, è pacifico in giurisprudenza (da ultimo cfr. Cass. civ. Sez. II, 31/07/2020, n. 16535; conf. Cass. 12317/2019; Cass. 8215/2013) che “l’erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita compiuta dal de cuius siccome celante una donazione, assume la qualità di terzo rispetto ai contraenti – con conseguente ammissibilità della prova testimoniale o presuntiva senza limiti o restrizioni – quando agisca a tutela del diritto, riconosciutogli dalla legge, all’intangibilità della quota di riserva, proponendo in concreto una domanda di riduzione, nullità o inefficacia della donazione dissimulata”. In tale situazione, infatti, la lesione della quota di riserva assurge a causa petendi accanto al fatto della simulazione ed il legittimario – benché successore del defunto – non può essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall’art. 1417 c.c.; né assume rilievo il fatto che egli – oltre all’effetto di reintegrazione – riceva, in quanto sia anche erede legittimo, un beneficio dal recupero di un bene al patrimonio ereditario, non potendo applicarsi, rispetto ad un unico atto simulato, per una parte una regola probatoria e per un’altra una regola diversa.

Dal punto di vista “oggettivo,” vanno valorizzati gli elementi su cui da sempre si è soffermata la giurisprudenza: in primo luogo, le parti del contratto concluso dinanzi al Notaio sono unite dal vincolo familiare (trattandosi rispettivamente di madre, figlia e nipote exfilia) – circostanza che rende di per sé inusuale la stipulazione di un contratto di compravendita -; a ciò si aggiunga che le parti acquirenti, a fronte dell’indicazione nell’atto notarile del pagamento avvenuto prima dell’atto, non hanno prodotto alcuna documentazione relativa alla dazione della somma indicata come prezzo, indice presuntivo dell’omessa corresponsione dell’ammontare a titolo di pagamento.

Né, del resto, con riferimento all’atto riguardante (…), possono essere ritenute attendibili le dichiarazioni di (…), attesa la parentela con la convenuta e l’ovvia volontà di favorire la sorella. D’altro canto, sono anche inverosimili le circostanze riferite, i.e. la vincita della sorella di una importante somma all’enalotto (100.000.000 lire) posto che di questa vi sarebbe stata sicura traccia documentale riferita all’incasso e lo svolgimento di attività di lavoro, considerato che di queste non vi è alcun ulteriore riscontro (né documentale, a mezzo di produzione di contratti né orale, quali testi sentiti quali fruitori delle lezioni private). Parimenti dicasi con riferimento alle dichiarazioni rese dall’avv. (…) che ha riferito genericamente di pagamenti in contanti in favore della (…) (in violazione della normativa sulla tracciabilità del DM 17.10.2002 ed in contrasto con la stessa sua affermazione, del tutto generica, per cui avrebbe consigliato alla de cuius come non incorrere in sanzioni amministrative); a ciò aggiungasi che nella narrazione fa riferimento ad una “promessa di vendita” (circostanza che, riferita ad un legale, non può che rimandare concettualmente alla sottoscrizione di un contratto preliminare) di cui non vi è assoluta traccia in atti.

D’altro canto, è risultato altresì dimostrato che la (…), all’epoca dell’acquisto, fosse studentessa universitaria e non lavoratrice (cfr. le dichiarazioni di (…) e (…), vicini di casa della de cuius, del tutto indifferenti alle sorti del giudizio e conoscenti personali delle parti in causa).

Tali conclusioni sono pure riferibili all’atto che ha visto quale beneficiaria (…). Sul punto va preliminarmente ribadita la condivisibilità dell’ordinanza istruttoria emessa dal precedente Giudice Istruttore il 20.05.2010 atteso che le circostanze non ammesse attenevano a questioni irrilevanti ai fini del decidere (cfr. cap. i, m, o, q, r, s delle note istruttorie dep. il 22.04.2008) poiché completamente esulanti dal thema decidendum e probandum. D’altro canto, nessuna ulteriore circostanza di prova orale risulta capitolata nelle altre note istruttorie. Ne consegue, quindi, che alcuna lesione o compressione del diritto al contraddittorio può essere realmente lamentata dalla difesa di (…) e (…).

Nel merito, anche per costei non è risultata provata la dazione di alcuna somma di denaro alla (…). Infine, va rammentato che l’eredità della de cuius è stata accettata con beneficio di inventario ed è dato pacifico quello per cui al momento della morte, intervenuta a distanza di 50

giorni dalla compravendita (del 7.11.2003) non è stata trovata traccia del denaro apparentemente incamerato dall’alienante; anche tale elemento, quindi, lascia presumere la gratuità dell’operazione negoziale compiuta tra la (…) e le convenute.

Il Tribunale ritiene poi presuntivamente provato lo spirito di liberalità della (…), tipico della dissimulata donazione, proprio tramite la verifica della originaria sproporzione tra le prestazioni, (vedi al riguardo Cass. n. 7479/2013), con la conseguenza che solo l’animus donandi poteva logicamente sorreggere l’arricchimento di cui hanno beneficiato (…) e (…) per aver ottenuto una attribuzione patrimoniale di importo ben superiore al prezzo indicato nell’atto (rispettivamente 54.400,00 Euro e 48.400,00 Euro dichiarati a fronte del valore dei cespiti quale stimato dall’ausiliario, al momento del decesso – temporalmente pressoché coincidente con l’atto – in Euro 151.454,98 ed Euro 165.258,75, pari a circa il triplo di quanto formalmente indicato) che peraltro non risulta neppure in parte versato; in tal senso la ragionevole consapevolezza da parte delle beneficiarie della sproporzione tra le rispettive prestazioni e la volontà della (…) di accettare tale sproporzione quale mezzo per arricchire la figlia e la nipote, ben può essere desunta dal rapporto parentale esistente tra le parti del negozio. Ancora, va precisato che in sede di riunione fittizia occorre tenere conto del valore dell’intero immobile situato al primo piano ed intestato a (…), stimato dal CTU in Euro 165.258,75 al 2003.

Sul punto, non può essere condivisa la tesi prospettata dalla difesa di (…) con riferimento al valore da considerare, al netto del 50% delle spese effettuate per migliorie ed addizioni, stante la dichiarazione resa dalla (…) e contenuta nel testamento pubblico, avente il seguente tenore: “dichiaro che l’appartamento al primo piano è stato realizzato a cura e spese della stessa mia figlia (…) per circa la metà delle spese occorrenti”.

Orbene, in generale, l’art. 2735 c.c., comma 1, seconda parte, dispone che la confessione stragiudiziale può essere contenuta anche in un testamento ed è liberamente apprezzata dal giudice. Le dichiarazioni di natura confessoria possono, quindi, essere rese anche in un testamento per atto pubblico notarile, come si assume avvenuto nella specie; tuttavia, secondo la costante e condivisibile interpretazione della giurisprudenza di legittimità, “Il tratto peculiare della dichiarazione confessoria contenuta in un testamento, avente,…, efficacia post mortem, è che essa assume necessariamente rilevanza probatoria non contro il de cuius, quanto, all’interno del giudizio in cui è dedotto il rapporto giuridico di cui il confitente era parte, contro l’erede che in tale rapporto sia subentrato (cfr. Cass. Sez. 2, 26/11/1997, n. 11851)” (così testualmente Cass. civ. Sez. II, Ord., (ud. 20/05/2022) 08-06-2022, n. 18550).

In altri termini, affinché valesse quale confessione stragiudiziale, liberamente valutabile dal Tribunale, la dichiarazione in questione avrebbe dovuto avere contenuto sfavorevole a (…).

A ciò aggiungasi che non vi sono altri elementi in atti da cui desumere che, effettivamente, il valore da prendere in considerazione ai fini del calcolo del donatum sia pari alla metà del valore individuato dal CTU: in primo luogo, va rammentato come l’atto inter vivos abbia avuto ad oggetto l’immobile nello stato di fatto e di diritto che aveva nel 2003 ed è significativo come la testatrice, a distanza di un anno circa dalla redazione della scheda in cui affermava che circa la metà del primo piano era stato costruito dalla figlia, abbia poi compravenduto l’intero, non specificando nulla circa l'(astratto) incameramento di metà del prezzo per la suddetta ragione; in secondo luogo, alcuna prova orale è stata articolata sul punto dalla difesa. Né possono essere presi in considerazione i documenti prodotti con la memoria di replica depositata il 13.02.2023 poiché tardivamente prodotti.

Ciò chiarito, va altresì rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’espletamento della CTU. Con riferimento a tale ultimo aspetto, va rammentato come le attrici abbiano lamentato, tra l’altro, l’abusivismo edilizio degli immobili oggetto di atti notarili e la lesione della propria quota di legittima.

Trattasi, quindi, di domande presupponenti innegabilmente delle conoscenze tecniche specialistiche necessarie non solo alla comprensione dei fatti, ma alla loro stessa rilevabilità; ne consegue che, in tali ipotesi, “la consulenza tecnica presenta carattere “percipiente”, sicché il giudice può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati, ma anche quello di accertare i fatti medesimi, ponendosi pertanto la consulenza, in relazione a tale aspetto, come fonte oggettiva di prova” (Cass. civ. Sez. III Sent., 26/02/2013, n. 4792).

Per converso, in relazione alla contestazione dei criteri di stima utilizzati dal CTU, va evidenziato quanto segue.

In primo luogo, gli elementi di fatto valorizzati dalla parte convenuta (i.e. “… un unico immobile, ma frazionato in unità abitative, vecchio (degli anni 40) ma non antico, di natura popolare e non di prestigio, povero e carente di rifiniture, con impianti idrici, termici ed elettrici, ove esistenti, sicuramente “preistorici”, senza alcuna valutazione di APE (efficienza energetica) di idoneità all’uso (abitabilità/agibilità) di conformità urbanistica, relegato in una vecchia e minuscola frazione spopolata di un Comune del Basso Salento (Castrignano del Capo) …” (cfr. p. 9 comparsa conclusionale) sono stati tutti tenuti in considerazione dal perito, ove rilevanti ed esistenti, quindi corrispondenti alla realtà dei fatti (cfr. p. 13 relazione dep. il 6.11.2017 più precisazioni contenute a p. 6 della CTU dep. il 21.06.2018 e doc. fotografica allegata). In secondo luogo, lo stesso CTP di parte convenuta, Ing. (…), ricorre al metodo di stima del “valore più probabile di mercato dell’immobile”, valorizzando “tipologia costruttiva, caratteristiche del comprensorio (urbanistiche, edilizie ed economico-sociali), caratteristiche ubicazionali e servizi esterni (infrastrutture e servizi pubblici), condizioni climatiche e di salubrità”. Sul punto va tuttavia precisato che il CTU è incorso in un preliminare errore al momento del deposito della prima perizia, ossia quello di assumere che il valore degli immobili era determinato al 2003 e, purtuttavia, ha allegato la quotazione OMI del 2016 (cfr. i dati indicati a p. 14 della relazione dep. il 6.11.2017 e l’all. n. 24 che richiama gli OMI del 2016); detto valore, a seguito del richiamo a chiarimenti, è stato ripreso ed è stato aumentato del 20%, stanti “le indagini e le statistiche il valore di mercato dell’anno 2003” (cfr. perizia dep. il 21.06.2018).

Il Tribunale, quindi, a fronte di tale discrepanza, ritiene che il valore da assegnare ai due appartamenti oggetto di donazione sia pari ad Euro 650,00/mq. Per un verso, infatti, non può essere condiviso l’importo indicato genericamente da parte attrice, pari ad Euro 800,00/mq, stante l’assenza di alcun riferimento ai motivi che hanno condotto all’enucleazione di tale prezzo; per altro, il suddetto ammontare (i.e. 650,00/mq) è stato in parte condiviso dallo stesso CTP di parte convenuta che, per alcuni vani dell’immobile del p.t. (ossia quelli con volte a stella), è giunto alla stessa quotazione. Tenuto conto, però, che la valutazione del singolo immobile non può che essere “unitaria”, ne consegue che la sola valutazione congrua è riferibile all’importo innanzi esposto, al netto dell’aumento del 20% prospettato dal CTU poiché non sorretto da adeguata motivazione.

Ciò chiarito, va altresì rimarcato che i beni donati vengono computati nella riunione fittizia secondo il valore degli stessi al momento dell’apertura della successione in quanto l’art. 556 c.c. richiama a tal fine le norme in materia di collazione di cui agli artt. 747-750 c.c., che prevedono siffatta modalità di valutazione.

A questo riguardo viene dunque sancito il principio dell’attualizzazione del valore a tale data. Tale soluzione, peraltro, appare coerente con la menzionata reductio ad successionem delle liberalità tra vivi, caratteristica della logica sottesa all’istituto della legittima.

Ciò premesso, quindi, occorre ora ricostruire l’asse ereditario, procedendo alla riunione fittizia secondo i criteri innanzi esposti.

La giurisprudenza (da ultimo cfr. Cass. civ. Sez. II Ord., 14/03/2022, n. 8174; conf. Cass. 27352/2014) ha stabilito che “in tema di successione necessaria, per accertare la lesione della quota di riserva, va determinato il valore della massa ereditaria, quello della quota disponibile e della quota di legittima. A tal fine, occorre procedere alla formazione del compendio dei beni relitti ed alla determinazione del loro valore al momento dell’apertura della successione; quindi, alla detrazione dal “relictum” dei debiti, da valutare con riferimento alla stessa data; e, ancora, alla riunione fittizia, cioè meramente contabile, tra attivo netto e “donatum”, costituito dai beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, da stimare, in relazione ai beni immobili ed ai beni mobili, secondo il loro valore al momento dell’apertura della successione (artt. 747 e 750 c.c.) e, con riferimento al valore nominale, quanto alle donazioni in denaro (art. 751 c.c.). Devono calcolarsi, poi, la quota disponibile e la quota indisponibile sulla massa risultante dalla somma tra il valore del “relictum” al netto ed il valore del “donatum” ed imputarsi, infine, le liberalità fatte al legittimario, con conseguente diminuzione, in concreto, della quota ad esso spettante (art. 564 c.c.). Sulla scorta di tali principi di diritto, quindi, va anzitutto ricostruito il relictum.

Al momento della dipartita della (…), l’asse ereditario era comporto dai b.p.f. per un importo totale di 36.000.000 di Lire (ossia 18.592,45 euro) e dal libretto di risparmio n. 19681051 con una giacenza di Euro 5.030,67 (“tutti rimborsati per successione” alle tre sorelle secondo quanto attestato dall’Ufficio postale di Giuliano di Lecce il 10.04.2018). Non può essere, per converso, presa in considerazione l’esistenza della Fiat Punto tg. (…) atteso che, sebbene indicata in comparsa di risposta dalla difesa di (…) e (…), non vi è alcuna documentazione attestante la sua esistenza (e riferibilità all’asse materno) né i beni mobili astrattamente indicati nell’inventario manoscritto dal cancelliere di Tricase. Tale documento, infatti, è illeggibile – non essendo stato neppure reperito in atti il riferito carteggio “battuto a macchina” – e, d’altro canto, neanche le parti hanno dedotto sul punto (precisando di quali beni si trattasse e se questi sono ancora esistenti). In conclusione, il relictum ammonta ad Euro 23.623,12.

I debiti ereditari, stante la documentazione in atti (cfr. all. 6 fasc. avv. De Francesco Biagio), sono pari Euro 3.010,00.

Alla riunione fittizia partecipano, oltre al relictum, anche i beni donati alle convenute e pari ad Euro 151.454,98 con riferimento ai cespiti intestati a (…) ed Euro 165.258,75 con riferimento al primo piano nella titolarità di (…). Sul punto va altresì aggiunto che alcun ulteriore importo può essere portato in collazione da (…) o imputato alla quota di costei, neanche con riferimento al “corrispettivo dell’utilizzo della casa. di cui al primo piano. dal 1981 al 7/11/03” (cfr. conclusioni sub 7 atto di citazione).

Parte attrice, infatti, non ha allegato e dimostrato lo spirito di liberalità sotteso alla disponibilità materna dell’immobile in favore della famiglia della figlia; a ciò aggiungasi che nel testamento è chiarito che la figlia ha assistito la comune dante causa “moralmente, materialmente ed infermieristicamente in caso di bisogno, e per decenni” per cui parrebbe comunque profilarsi una causa diversa in relazione alla coabitazione.

Dalla riunione fittizia, quindi, si ha che il patrimonio ereditario è pari ad Euro 337.326,85. Ai sensi dell’art. 537 c.c., poiché alla (…) sono sopravvissute le tre figlie, la quota disponibile, pari ad 1/3, ammonta ad Euro 112.442,28; i restanti 2/3 (per Euro 224.884,57 in totale) spettano, invece, a titolo di legittima alle figlie.

In conclusione, la quota di legittima di ogni attrice è pari ad Euro 74.961,52.

Ciò posto, attesa la presenza di attivo ereditario, che risulta già diviso in parti uguali tra le tre sorelle (stante il carteggio in atti), dalla legittima di ogni attrice va decurtata la somma di Euro 7.874,37 (pari ad 1/3 del relictum) posto che le legittimarie hanno diritto in prima battuta ad essere reintegrate mediante l’attribuzione dei beni costituenti il relictum (cfr., sul punto, Cass. 13003/2001; conf. Cass. 6031/1995).

La restante somma, pari ad Euro 67.087,15 per ognuna delle due attrici, va poi soddisfatta in denaro.

Va infatti rammentato che le due donazioni sono coeve e, di conseguenza, le disposizioni liberali andrebbero ridotte proporzionalmente (cfr., sul punto Cass. 22.06.1961 n. 1495; Trib. Roma, 28.02.2003) in applicazione analogica della norma dettata per la riduzione delle disposizioni testamentarie ex art. 558 c.c..

Tuttavia, (…) è pure legittimaria e, nei suoi confronti, opera il meccanismo previsto dall’art. 560 comma 3 c.c. Il bene immobile che ha ricevuto in donazione, infatti, ha un valore inferiore (ossia 165.258,75 euro) rispetto all’importo della disponibile e della sua quota di legittima (che conduce al totale di Euro 187.403,80).

D’altro canto, sebbene la convenuta non abbia esercitato la facoltà di scelta prevista dalla detta disposizione, è lo stesso CTP di parte attrice a concludere per “lasciare indiviso il primo piano ed assegnarlo a chi lo ha compromesso, vale a dire alla sig.ra (…)” (cfr. osservazioni alla CTU dep. il 6.11.2017).

(…), in conclusione, va condannata a pagare Euro 33.543,58 a ciascuna attrice (tale valore è individuato partendo dalla metà della quota di legittima di ogni attrice al netto della somma riscossa dal relictum, atteso che l’altra metà va ristorata dall’altra donataria). Con riferimento all’atto di liberalità che ha visto quale beneficiaria (…), per converso, va evidenziato che trattasi di beni non comodamente separabili, stante quanto accertato dal CTU (cfr. p. 16 relazione dep. il 6.11.2017) e che costei ha nell’immobile un’eccedenza maggiore del quarto della disponibile (pari ad Euro 28.110,57).

Ne consegue, quindi, che dovrebbe trovare applicazione l’art. 560 comma II c.c. per cui l’appartamento e il terreno dovrebbero essere lasciati per intero nell’eredità. Atteso, però, che in tal modo le attrici dovrebbero corrispondere, a titolo di conguaglio, alla (…) Euro 112.442,28, pari al valore della disponibile (ex art. 560 comma II c.c.), a fronte della quota di legittima di gran lunga inferiore (e pari ad Euro 33.543,58 per ciascuna), ne consegue che anche in questo caso la loro quota di riserva va tacitata in denaro.

In conclusione, (…) va condannata a pagare Euro 33.543,58 a ciascuna attrice (tale valore è individuato partendo dalla metà della quota di legittima di ogni attrice al netto della somma riscossa dal relictum, atteso che l’altra metà va ristorata donataria/legittimaria). Trattandosi di debito di valore, la somma va maggiorata di rivalutazione ed interessi legali dalla data di apertura della successione alla pronuncia; con la sentenza il debito di valore si trasforma in debito di valuta e sono dovuti gli interessi dalla decisione al saldo (cfr. Cass. civ. Sez. II Sent., 07/06/2013, n. 14449).

Va inoltre rigettata la domanda di rendiconto formulata dalle attrici. Giova rammentare che risulta provata la delega conferita a partire dal 2001 alla convenuta (…) per l’incasso delle somme costituenti le pensioni della madre (cfr. all. al fasc. avv. (…)).

A fronte di ciò, quindi, incombeva a carico della convenuta la prova della restituzione alla madre dell’importo prelevato.

Come noto, infatti, per giurisprudenza pacifica “Il conferimento di una procura ed il concreto esercizio di essa da parte del soggetto che ne è investito costituiscono, in mancanza di deduzioni in ordine alla riconducibilità della stessa a rapporti gestori attinenti alla rappresentanza di enti giuridici o imprese od altre situazioni o rapporti pure in astratto compatibili con il suo rilascio, elementi sufficienti per affermare che la procura è stata conferita in virtù di un rapporto di mandato, con il conseguente obbligo del rappresentante, ai sensi dell’art. 1713 cod. civ., di rendere il conto dell’attività compiuta e di rimettere al rappresentato quanto ricevuto nell’espletamento dell’incarico” (così Cass. civ. Sez. II, 30/05/2006, n. 12848; conf. Cass. civ. Sez. III Sent., 06/08/2013, n. 18660).

Una prova di tale tipo, peraltro, può essere fornita anche per presunzioni e a mezzo di prova orale. Ciò premesso, nella vicenda in esame si ritiene raggiunta la prova in ordine alla restituzione degli importi riscossi a titolo di pensione.

Nel testamento, infatti, la de cuius ha affermato che la figlia “è stata l’unica. ad assistermi moralmente, materialmente ed infermieristicamente in caso di bisogno, e per decenni”, non lamentando alcuna condotta appropriativa da parte di costei, quantomeno fino al 23.10.2002 (data di redazione della scheda di ultime volontà).

A ciò aggiungasi che non vi neppure alcun elemento da cui far emergere, anche solo in via presuntiva, il compimento di atti invito domino o prohibente domino in epoca successiva ed in costanza di delega.

D’altronde, sul punto non possono essere valorizzate le dichiarazioni orali di (…) e della moglie (…), atteso che entrambi si riferiscono ad un periodo successivo alla morte della (…) in cui pacificamente non erano più liquidati emolumenti riferibili alle deleghe concesse nel 2001.

Stante la completa definizione del giudizio, non essendovi neanche alcuna comunione ereditaria da dividere, alcuna istanza di sospensione ex art. 295 c.p.c. – per come paventata dalla difesa di (…) e (…) – va presa in considerazione. Parimenti dicasi con riferimento alla domanda riconvenzionale formulata da (…), avente ad oggetto lo scioglimento della comunione ereditaria paterna. Detta vicenda, infatti, come evidenziato dalla stessa difesa in sede di comparsa conclusionale, è stata già decisa dal Tribunale. Ne consegue, quindi, che alcuna domanda va in questa sede esaminata (al pari della invocata riunione).

Le spese di lite, stante la soccombenza reciproca, sono integralmente compensate tra le parti. Le spese di CTU vanno definitivamente poste, nella misura già liquidata in corso di causa, a carico alle attrici nella misura di 1/4 ciascuna ((…) e (…)) e, per la restante metà, a carico delle convenute ((…) e (…)).

P.Q.M.

Il Tribunale di Lecce, I sezione civile, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella causa n. 7652/2004 r.g., disattesa ogni contraria istanza ed eccezione così provvede:

a) Dichiara aperta la successione di (…) deceduta il 30.12.2003;

b) Accoglie la domanda di simulazione e, per l’effetto, accerta che le compravendite di cui agli atti pubblici a firma Notar (…) del 7.11.2003, rep. 154786, racc. 29129 dissimulano le donazioni dirette degli immobili siti in Castrignano del Capo, Frazione di Giuliano di Lecce, via T. (…) n. 13, censiti al catasto fabbricati del Comune di Castrignano del Capo, fg. (…), sub 3 e sub 2, e del fondo rustico censito al catasto terreni del Comune di Castrignano del Capo al fg. (…);

c) Accoglie la domanda di riduzione e, per l’effetto, accertata la lesione della legittima spettante a (…) e (…) nella successione di (…) nella misura di Euro 67.087,15 Euro per ciascuna di costoro, condanna:

– (…) alla reintegra di (…) e (…) mediante il pagamento della somma di 33.543,58 ciascuna, oltre accessori come in motivazione;

– (…) alla reintegra di (…) e (…) mediante il pagamento della somma di 33.543,58 ciascuna, oltre accessori come in motivazione;

d) Rigetta ogni altra domanda;

e) Compensa le spese di lite tra le parti;

f) Pone definitivamente le spese di CTU a carico delle attrici nella misura di 1/4 ciascuna e per la restante metà a carico delle convenute.

Così deciso in Lecce l’1 giugno 2023.

Depositata in Cancelleria il 5 luglio 2023.

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La revoca della donazione.

Eredità e successione ereditaria

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.