l’esclusione del socio è istituto tipico delle società di persone ed in genere di tutte le strutture associative in cui prevale l’elemento personale. Se l’ente si basa sulla collaborazione di più persone queste devono avere la possibilità di escludere coloro che non possono più collabo rare secondo gli interessi del gruppo e non già dei singoli soci. La suddetta ratio legis trova codificazione e piena espressione nella previsione normativa dell’art. 2286 c.c. che calibra l’inadempimento del socio solo rispetto agli obblighi che discendono dalla legge o dal contratto associativo, tanto da non poter assumere autonoma rilevanza ai fini dell’esclusione i dissidi interni tra i soci medesimi. Solo la violazione dei doveri sociali posti nell’interesse della società assume rilevanza per l’attivazione del potere di esclusione da parte del gruppo.

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Corte d’Appello|Firenze|Sezione 2|Civile|Sentenza|6 febbraio 2023| n. 261

Data udienza 16 dicembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La CORTE DI APPELLO DI FIRENZE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Così composta:

dott.ssa Dania Mori – Presidente

dott.ssa Annamaria Loprete – Consigliere rel.

dott. Fabrizio Nicoletti – Consigliere

Ha pronunciato la presente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta in grado di appello al n.1830 del ruolo generale della Corte dell’anno 2017 promossa

Da

Eredi (…) rappresentati e difesi dall’avv. (…) del foro di Firenze, come da mandato allegato all’atto di citazione in appello.

Appellanti

Contro

(…) rappresentata e difesa dall’avv. (…) del foro di Lucca come da procura allegata alla comparsa di costituzione.

Convenuta in appello

(…)

Convenuto in appello contumace

Oggetto: azione ex art. 2287 c.c. di impugnazione avverso l’esclusione del socio da società di persone.

FATTO E DIRITTO

Il Tribunale di Lucca, con sentenza n. 1097 del 23.5.2017, ha accolto l’opposizione proposta ex art. 2287 c.c. da (…) avverso la delibera assunta dalla società (…) s.n.c. del 29.12.2014 di esclusione dalla società dell’attrice (…) e di contestuale modifica dei patti sociali con la previsione della riduzione del capitale sociale (per effetto della estromissione dell’attrice) e la limitazione della facoltà di amministrazione alle sole due socie (…) e (…) ha dichiarato in conseguenza la partecipazione all’assetto societario dell’esclusa e ha annullato la decisione con cui era stata modificata la clausola dello statuto relativa al capitale sociale (la clausola numero 5) nonché la clausola 6, relativa alla rappresentanza e amministrazione della società.

La decisione si fonda essenzialmente sul fatto che non potevano considerarsi addebiti concernenti la violazione dei doveri societari – che solo danno titolo agli altri soci per promuovere il procedimento di esclusione – quegli specifici fatti che le due socie (…) avevano contestato alla sorella (…) ed in particolare: l)la circostanza che l’attrice di sua iniziativa con le lettere del 20/10/2014 e del 09/02/2014 indirizzate a tutti, i soci nonché al (…) del comune di Viareggio avesse rappresentato di essersi avvalsa della facoltà riconosciuta per statuto ai soci di scioglimento della società, non intendendo prorogare la durata della stessa alla scadenza del quinquennio dalla precedente proroga, così ponendo in essere un comportamento nocivo perla società, in quanto così essa perdeva il diritto di concessione demaniale sul bagno pubblico gestito sul lungomare di Viareggio; 2) per aver, quale amministratore con poteri disgiunti, consentito al proprio figlio di pernottare in un hotel di Viareggio a spese del bagno (…) per i periodi in cui questi aveva prestato – in due anni diversi – attività lavorativa per la società che aveva appunto in gestione il bagno.

Con riguardo a tali addebiti il Tribunale ha escluso qualunque violazione dei doveri societari incombenti sulla socia, dal momento che, quanto al primo addebito, l’intento dell’attrice era quello di invitare i rimanenti soci a prendere atto della prossima causa di scioglimento della società avendo la stessa scelto di non proseguirla, sollecitandoli così per tempo a predisporre il rendiconto finale, inclusivo anche delle componenti attive costituite dagli indennizzi da liquidarsi dal Comune alla società per le migliorie e le opere realizzate sul lido una volta decaduta la concessione per effetto del suo scioglimento.

Quindi, secondo il Tribunale, con la lettera inviata al Demanio l’intento dell’opponente non era quello di penalizzare la società ma, sul presupposto che questa dal 1 gennaio 2015 sarebbe stata in fase di liquidazione, di acquisire elementi all’attivo patrimoniale costituiti dagli indennizzi conseguenti alla decadenza della concessione da ripartire poi tra i soci all’esito della liquidazione.

Seppur la prospettiva dell’attrice non prendeva in considerazione la alternativa possibilità che in fase di liquidazione la medesima società potesse cedere in blocco l’azienda balneare a terzi con il consenso dell’ente preposto, subentrando così un nuovo concessionario e potendo la società incamerare somme maggiori di quelle derivanti dagli indennizzi, tuttavia però il tribunale ha ritenuto che tale comportamento non integrasse la violazione dei doveri sociali, perché l’art. 2286 c.c. può essere invocato solo nel caso in cui vi siano gravi inadempienze rispetto alle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale, e tali non erano gli addebiti addotti. Sugli altri due motivi di addebito il Tribunale ha argomentato che il figlio dell’attrice era stato autorizzato dalla società a pernottare in albergo ed in ogni caso si tratterebbe di un fatto di mala gestio che non ha alcuna ripercussione ai fini della esclusione del socio ex articolo 2286 c.c., trovando applicazione semmai il diverso rimedio di cui al 2259 c.c. che è la revoca di (…) dalla carica di amministratore.

Il Tribunale ha conseguenzialmente accolto l’ulteriore domanda di parte attrice di accertamento dell’avvenuto scioglimento della società alla data del 31 dicembre 2014 come previsto dall’articolo 3 dello statuto, dal momento che il termine di vita della società fissato fino al 31/12/2009 era da intendersi di comune accordo prorogato di quinquennio in quinquennio, a meno che un anno prima della scadenza del termine di prima scadenza o dei quinquenni successivi prorogati, anche uno solo dei soci a mezzo lettera raccomandata AR indirizzata agli altri avesse dato preavviso della volontà di sciogliere la società medesima. Nella fattispecie (…) esercitando il suo diritto, aveva dato luogo allo scioglimento della società. Tale diritto era stato legittimamente esercitato dall’attrice perché costei nel dicembre 2013, esattamente un anno prima dalla scadenza del primo quinquennio prorogato, aveva comunicato alle due sorelle, con lettera raccomandata AR, formale avviso di scioglimento della società nel termine fissato al 31/12/2014 e tanto aveva fatto anche nei confronti del socio di minoranza (…) con lettera consegnata a mano e firmata da questi per accettazione.

Alle socie amministratrici (…) e (…) l’attrice aveva inoltrato una raccomandata AR di cui ai documenti 4 e 5 con prova di consegna, mentre per quanto riguarda il socio di minoranza (…) questi aveva confermato che la lettera gli era stata consegnata a mano in data 10/12/2013 personalmente dall’attrice e fu firmata per ricezione; quindi, sussisteva un’idonea manifestazione nei suoi confronti di ima volontà oppositiva alla proroga della vita della società. Quanto alla questione relativa alla mancanza di data certa, in realtà il (…) non aveva mai contestato la ricezione della lettera alla data del 10 dicembre 2013, anzi l’aveva riconosciuta come data della venuta a conoscenza della volontà dell’attrice di opporsi alla proroga della società. Sussistevano pertanto tutte le condizioni perché la società dovesse considerarsi cessata alla data del primo gennaio del 2015.

Le spese sono state poste a carico delle convenute soccombenti in favore dell’attrice, mentre sono state compensate tra costei e (…)

Avverso questa decisione hanno interposto appello la società (…) facendo valere le seguenti censure:

1) Erroneità della sentenza per non aver considerato l’inefficacia della lettera del dicembre 2013 con cui l’attrice comunicava agli altri soci il preavviso di scioglimento della società per il termine del 31/12/2014, così da non potersi ritenere legittimamente esercitato il diritto di sciogliere la società da parte della stessa.

Rilevano gli appellanti che ingiustamente il Tribunale non aveva dato corso all’ordine di esibizione ex articolo 210 c.p.c. nei confronti dell’attrice proteso ad acquisire l’originale delle lettere con cui la stessa aveva dichiarato di volersi avvalere del termine di scioglimento societario, lettere che le convenute avevano sempre affermato di non aver ricevuto, e il contenuto della lettera non poteva essere provato con la sola presunzione connessa alla ricevuta postale di spedizione ma trattandosi di un atto ricettizio, deve essere provato con l’avvenuta ricezione della missiva, prova che nella fattispecie difettava. In secondo luogo, contestano le appellanti l’efficacia del preavviso inviato al socio (…) dal momento che l’attrice ha sempre affermato che questa missiva era stata consegnata a mano del (…) ma non è mai stata sottoscritta dalla medesima. La missiva non è una raccomandata con ricevuta di ritorno come prescrive lo statuto societario, è priva della data di ricezione, è priva della data certa ed è priva dell’indirizzo del destinatario: quindi non è valida come comunicazione di formale preavviso, ma semplicemente denota la volontà di porre in essere una successiva formale dichiarazione in tal senso. Tutto ciò è avvenuto in palese violazione dell’articolo 2704 c.c. in ordine alla data certa, con conseguente decadenza per tardività del preavviso annuale di scioglimento societario.

Deducono le appellanti, perciò, che non è condivisibile la decisione del Tribunale secondo cui l’invio delle lettere alle socie (…) e (…) è provato dalla ricevuta postale di avvenuta spedizione, mentre per quanto concerne il socio (…) la prova è data dal fatto che questi ha dichiarato di aver ricevuto in data 10/12/2013 la lettera con cui l’attrice gli comunicava la propria volontà contraria alla proroga della società.

Sostengono che il vincolo convenzionale di forma ai fini dell’esercizio del diritto di procedere allo scioglimento della società consistente nella raccomandata con ricevuta di ritorno è stato evidentemente previsto nell’atto sociale soprattutto per garantire certezza con riferimento ai tempi del suo esercizio e per l’importanza dei suoi effetti. In conseguenza del mancato rispetto dell’onere della forma convenzionale, la disdetta deve allora ritenersi inefficace e pertanto deve essere rigettata la domanda di accertamento circa l’esistenza di una causa di scioglimento della società ai sensi dell’articolo 2272 n.1 c.c.

2) Erroneità della sentenza per avere dichiarato l’inefficacia delle delibero sociali del 29 dicembre 2014 di esclusione di parte attrice da socia della società e di modifica dei patti sociali.

Rilevano le appellanti nel merito dell’esclusione che il sindacato del giudice ha ad oggetto la sussistenza dei casi nei quali la legge e l’atto costitutivo consentono l’esclusione ma non può indagare sull’opportunità della scelta assunta alla stregua delle circostanze concrete, attenendo ciò ad una valutazione riservata ai soci.

Sul punto le appellanti hanno premesso che da vari anni parte attrice aveva intrapreso una guerra privata contro le sorelle promuovendo continui procedimenti civili e penali col preciso scopo di danneggiarle e soprattutto di recare danno all’azienda di cui si controverte, per cui il provvedimento di esclusione doveva essere adottato già da tempo stante la insanabilità del conflitto tra l’appellata e le appellanti. In particolare, sottolineano come la condotta tenuta da parte attrice era perfettamente idonea ad impedire il conseguimento dello scopo sociale perché lo scioglimento della società determinerebbe la decadenza della concessione demaniale marittima che rappresenta comunque un bene acquisito per la società.

A ciò deve aggiungersi la grave inadempienza costituita dalla omessa costante collaborazione nell’amministrazione ordinaria ed anche l’utilizzo di fondi sociali per fini personali L’attrice poi, prima ancora che fosse scaduto il termine, al fine di sabotare l’azienda aveva scritto al Comune di Viareggio perché fossero adottati i provvedimenti di chiusura del bagno quindi ingiusta è la sentenza nella parte in cui assolve il comportamento della medesima affermando che con esso l’appellata mirava solo ad anticipare la regolarizzazione di tutti, i rapporti conseguenti alla decadenza della concessione che sarebbe avvenuta al 31/12/2014 invocando gli indennizzi previsti dall’ordinamento comunitario a seguito dell’acquisizione delle opere già esistenti.

È conoscenza comune che da quanto è in vigore la normativa Bolkestein privati ed imprenditori si informano giornalmente per conoscere eventuali possibilità di richieste di aggiudicazione delle concessioni demaniali; il comportamento dell’attrice assicurando a terzi in via anticipata la conoscenza della sicura decadenza della concessione per estinzione della società che la deteneva, agevolava certamente chi prima ne fosse venuto a conoscenza con ciò violando il patto di riservatezza e segretezza a cui ogni socio è tenuto.

Ora la lettura “buonista” fatta dal giudice in realtà svilisce il vero intento di parte attrice, la quale se avesse solamente voluto acquisire elementi patrimoniali ben sapeva che tale operazione era di competenza dei liquidatori e non dei soci ma l’attrice invece voleva proprio creare una forma di sabotaggio nei confronti della società, tanto vero che è lo stesso giudice ad accorgersi che una possibilità ben più remunerativa sarebbe stata non l’indennizzo da parte del Comune bensì la vendita dell’azienda, tanto ciò è vero che il Comune di Viareggio nella risposta del 18/12/2014 faceva rilevare che non era stata data comunicazione al (…) ragion per cui ecco che l’attrice aveva creato la falsa attestazione di consegna della missiva anche al (…) che in realtà non aveva ricevuto alcuna tempestiva comunicazione della volontà di non prorogare la società. Il Tribunale, pertanto non ha tenuto conto dell’artificio posto in essere della consegna della missiva a mano, che elude l’onere della spedizione della raccomandata con ricevuta di ritorno, che è un adempimento dovuto e fondamentale, non tanto nei confronti del socio (…) ma di una regolare comunicazione sia nei confronti dei soci che della società.

Si è costituita (…) che ha chiesto pronunciarsi in primis l’inammissibilità dell’appello ex art.348 bis, in ogni caso, il rigetto per totale infondatezza dei motivi. (…) è rimasto contumace.

Dopo alcuni rinvii dell’udienza, concessi su istanza delle parti per coltivare una proposta transattiva, la causa è stata trattenuta in decisione a seguito di trattazione scritta con ordinanza collegiale del 14.6.2022 con concessione dei termini per il deposito delle conclusionali e delle repliche.

L’appello è infondato con riferimento a tutte le censure svolte e deve essere disatteso.

La prima censura, con cui le appellanti contestano la ricezione della raccomandata con avviso di consegna loro inviata da (…) in data 20.12.2013, e richiedono l’esibizione dell’originale del contenuto della missiva, è infondata, dal momento che l’attrice ha provato con i doc 4-5 di aver inviato alle sorelle la lettera con cui richiedeva lo scioglimento della società ai sensi dell’art. 3 dello Statuto secondo la forma prevista dallo statuto societario e inesigibile è l’acquisizione dell’originale della missiva, posto che non esiste un originale visto che le due lettere sono state inviate alle appellanti con firma apposta della medesima appellata, che al più potrebbe aver fatto una copia della lettera stessa, puntualmente peraltro esibita in giudizio.

Dalla prospettazione di parte appellante sembra di comprendere che – incontestata la spedizione della missiva in quanto recante il timbro postale e la stampigliatura della data di spedizione apposta da P.I. – ciò che si contesta è il contenuto della busta, di cui avrebbe dovuto fornire prova l’attrice.

Ma tale affermazione sembra essere in palese contraddizione con i principi generali in materia di ricezione degli atti. Correttamente il Tribunale ha ritenuto, per quanto riguarda le comunicazioni alle socie (…) e (…) debba valere il principio della conoscibilità in materia degli atti ricettizi, diventando quindi onere del destinatario la prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di acquisire la conoscenza ai sensi dell’art. 1335 c.c.. Sul punto la Suprema Corte così ha avuto modo di esprimersi: “la contestazione circa la mancata ricezione della raccomandata, si pone in contrasto con il costante insegnamento di questa Corte, secondo cui, allorquando sussista prova certa della spedizione di lettera raccomandata, pur m mancanza dell’avviso di ricevimento, si presume – sulla base dell’attestazione dell’ufficio postale – che la stessa sia pervenuta a destinazione, spetta quindi al destinatario l’onere di dimostrare che il plico non conteneva al suo interno alcuna lettera, ovvero un contenuto diverso da quello indicato dal mittente (cfr. Cass., 13 maggio 2014, n 10389; Cass., 24 giugno 2013, n. 15762). Tale prova di segno contrario rispetto alla presunzione di ricezione della raccomandata (e, quindi, della conoscenza del suo contenuto), non può risolversi in una generica contestazione dell’invio della raccomandata stessa, nella specie, per altro, desunto da prova documentale.” ( così ancora Cassazione civile sent. n. 22687 del 28 settembre 2018).

Quanto alla mancata comunicazione con lettera raccomandata all’altro socio (…) la dichiarazione resa con atto scritto dalla parte personalmente circa l’avvenuta ricezione della missiva a mani alla data del 13.12.2013, e confermata in giudizio dal medesimo (…) con la costituzione, hanno valore di confessione sia per la ricezione che per la data.

Sicché, da un punto di vista formale, a nulla vale l’osservazione delle appellanti circa la violazione della forma convenzionale prevista in Statuto (spedizione con raccomandata Ar) dal momento che quella forma è prevista a tutela del singolo socio ricevente la comunicazione – che nel caso di specie della diversità di forma non si è doluto – e non già di tutti gli altri cui la comunicazione specifica non è rivolta.

Nessun pregio, perciò, riveste la ricostruzione giuridica che vorrebbe la comunicazione a forma vincolata perché equiparata quanto alla forma ad un contratto ai sensi dell’art. 1352 c.c.

In realtà la forma della comunicazione agli altri soci non ha alcun effetto verso i terzi dovendo considerarsi esclusivamente un atto endosocietario, utile e necessario affinché il socio informato eserciti i propri diritti conseguenti.

Passando al secondo motivo di censura questo è del pari infondato e deve essere disatteso.

Oggetto di appello è solo il merito della decretata esclusione del socio, posto che, pur avendo la parte appellata contestato la regolarità formale della costituzione dell’assemblea che ha decretato la sua esclusione, regolarità affermata dal primo Giudice, l’appellata non ha tuttavia svolto impugnazione incidentale sul punto e sulle ragioni per cui il Tribunale ha ritenuto di disattendere le svolte eccezioni circa la mancata regolare costituzione dell’assemblea.

L’appello verte perciò solo sulla legittimità delle cause che hanno portato le due socie (…) con la delibera assembleare del 29.12.2014 assunta dinanzi al notaio (…) di Firenze ad estromettere dalla società (…) la odierna appellata.

Le motivazioni espresse dal Tribunale circa la illegittimità della esclusione appaiono fondate e condivisibili non potendosi ravvisare negli addebiti posti, a fondamento dell’esclusione alcuna violazione dei doveri del socio verso la società ex art. 2286 c.c.

Da premettere che l’esclusione è istituto tipico delle società di persone ed in genere di tutte le strutture associative in cui prevale l’elemento personale. Se l’ente si basa sulla collaborazione di più persone queste devono avere la possibilità di escludere coloro che non possono più collabo rare secondo gli interessi del gruppo e non già dei singoli soci. La suddetta ratio legis trova codificazione e piena espressione nella previsione normativa dell’art. 2286 c.c. che calibra l’inadempimento del socio solo rispetto agli obblighi che discendono dalla legge o dal contratto associativo, tanto da non poter assumere autonoma rilevanza ai fini dell’esclusione i dissidi interni tra i soci medesimi. Solo la violazione dei doveri sociali posti nell’interesse della società assume rilevanza per l’attivazione del potere di esclusione da parte del gruppo.

Nel caso di specie, quanto al primo fatto contestato, e cioè l’aver ricordato con lettera dell’ottobre 2014 ai soci l’miminente termine della società al 31 dicembre, in virtù della formale comunicazione del dicembre 2013 con cui (…) aveva già manifestato la volontà di non prorogare per un ulteriore quinquennio la società, tale condotta non vale a costituire un illecito o una violazione dei doveri sociali in quanto a monte è da ritenersi legittimo l’esercizio del diritto di disdetta riconosciuto al singolo socio dall’art. 3 dello statuto societario.

La facoltà di ciascun socio di chiedere lo scioglimento della società rappresenta un diritto riconosciuto per statuto, quindi nessuna violazione dei doveri sociali è ravvisabile in questo comportamento, mentre non si comprende come l’aver esternalizzato – peraltro solo nell’ottobre 2014 – la propria volontà di scioglimento anche al Demanio Marittimo del Comune di Viareggio, possa avere danneggiato la società, una volta che il fatto dello scioglimento sarebbe stato comunque ineluttabile al 31.12.2014.

A ben vedere, nella prospettazione delle appellanti è lo scioglimento della società in sé che è ritenuta pregiudizievole per la stessa per la consequenziale perdita della concessione sul lido dalla stessa gestito, ma la circostanza che di questo fatto sia stato messo al corrente anche il Comune di Viareggio non assume alcuna efficacia lesiva per la società medesima dal momento che sarebbe stato consequenziale, per la cessazione della concessione, che il Comune avesse indetto una gara pubblica per la aggiudicazione della concessione sull’area demaniale, grazie proprio alla legge di riforma che si è imposta dopo l’adozione da parte della Comunità Europea della Direttiva Bolkestein.

Quindi, l’avere dato avviso di questo fatto anche alle autorità comunali competenti, che avrebbero dovuto attivarsi a seguito dello scioglimento, non equivale a mettere in cattiva luce la società, né a creare maggiore concorrenza sulla possibile acquisizione della concessone, posto che a seguito della cessazione della stessa in capo alla società, il Comune non avrebbe potuto procedere diversamente se non con la forma della gara pubblica necessaria per l’attribuzione della concessione sul lido in questione.

Da ultimo si legge nella comparsa conclusionale di parte appellante, per dare fondatezza al lamentato danno verso la società, che lo scioglimento della società con conseguente caducazione anticipata della concessione, rappresenterebbe un comportamento “irresponsabile” della socia (…) se solo si considera che a seguito della direttiva europea Bolkestein che ha imposto agli Stati di fissare un termine alla durata delle concessioni demaniali in essere, è stato approvato dal Senato un ultimo decreto che fissa il termine finale delle concessioni demaniali con finalità turistiche-ricreative per la data del 31 dicembre 2023 e ulteriori proroghe saranno da intendersi tanquam non essent.

Tale osservazione è del tutto irrilevante e soprattutto non può considerarsi idonea a giustificare l’esclusione, che ove appunto riconosciuta come legittima assumerebbe la valenza di comprimere il diritto legittimamente esercitato in forza di Statuto da parte dell’appellata, la quale peraltro ha motivato l’esercizio dello stesso in ragione del fatto che la società da anni, almeno apparentemente, non produceva utili

Destituiti di fondamento sono poi gli altri motivi di esclusione, dal momento che quanto al pagamento del soggiorno alberghiero a spese della società per i due mesi dell’estate 2013 al figlio dell’ appellata, correttamente il Tribunale ha osservato che questa scelta gestionale poteva costituire una causa di revoca delle funzioni di amministratore, mentre per il periodo di pernottamento pagato sempre a spese della società per l’anno 2005, giustamente il Tribunale ha desunto la pretestuosità del motivo di esclusione considerando che si tratterebbe di un addebito risalente a più di nove anni prima.

Anche nel merito la difesa di (…) appare sul punto fondata avendo costei giustificato il pagamento del pernottamento del figlio a carico della società presso cui lavorava perché tutte le abitazioni adiacenti alla spiaggia pertinenziali al lido erano occupate dai familiari delle sorelle che prue lavoravano per la società.

Atteso il definitivo esito della causa, le spese del presente grado seguono la soccombenza, ponendo le stesse a carico degli appellanti in favore di (…) e si liquidano come da dispositivo. Nulla sulle spese tra quest’ultima e (…)

La Corte dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002, per il raddoppio del contributo unificato a carico degli appellanti.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando, sull’appello proposto da (…) snc., (…) e (…) avverso la sentenza del Tribunale di Lucca n. 1097 del 23.5.2017 nei confronti di (…) ogni avversa domanda ed eccezione disattesa:

– Rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata.

– Condanna gli appellanti in solido fra loro alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore di (…) spese che liquida in Euro 6.400,00, oltre rimborso forfettario e accessori di legge.

– La Corte dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002, per il raddoppio del contributo unificato a carico degli appellanti

Così deciso in Firenze il 16 dicembre 2022.

Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2023.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.