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la ratio del privilegio delle spese “per atti conservativi”,articoli 2755 e 2770 c.c. come il sequestro, risiede appunto nell’avvenuta conservazione dei beni che ne sono oggetto, impedendone l’alienazione a terzi, in vista del soddisfacimento delle ragioni di tutti i creditori, che si realizza nel fallimento come nell’esecuzione individuale mediante la liquidazione dei beni stessi.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21080/2012 R.G. proposto da:
COMUNE DI BOVOLONE, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS) e dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) S.N.C. DI (OMISSIS) NONCHE’ DEL SOCIO (OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto del Tribunale di Verona depositato il 5 luglio 2012 nel proc. n. 3812/2012 R.G.;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 13 luglio 2017 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha chiesto rigettarsi il primo e accogliersi il secondo e il terzo motivo di ricorso.
RILEVATO
che:
il Tribunale di Verona ha respinto l’opposizione del Comune di Bovolone allo stato passivo del fallimento (OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS) nonche’ del socio (OMISSIS), relativa al (maggior) credito per le spese di messa in sicurezza e bonifica di un terreno inquinato a seguito dell’incendio sviluppatosi nell’impianto per il recupero di rifiuti gestito dalla societa’ fallita;
il Tribunale, premesso che il Comune era stato comunque ammesso al passivo per la somma di Euro 150.141,63, ha ritenuto di non riconoscere il credito per ulteriori spese vantato dall’opponente, difettando l’attualita’ del credito stesso poiche’ era pacifico che i relativi lavori non erano stati ancora eseguiti dall’amministrazione comunale; ha inoltre disconosciuto i privilegi invocati: sia quello di cui al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 253, perche’ gravante per legge sui terreni inquinati di proprieta’ di terzi, mentre nella specie i terreni erano gia’ di proprieta’ del Comune; sia quello di cui agli articoli 2755 e 2770 c.c., perche’ al sequestro conservativo ottenuto dal Comune non era poi seguito il pignoramento a causa della dichiarazione del fallimento;
il Comune di Bovolone ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi;
il curatore del fallimento non si e’ difeso;
il PM ha presentato conclusioni scritte come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO
che:
il primo motivo di ricorso, con il quale si denuncia violazione di norme di diritto, va accolto, perche’ la pretesa del Comune e’ fondata nonostante le opere di bonifica non siano state ancora eseguite;
il Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 17 (c.d. decreto Ronchi), in vigore all’epoca del sorgere del dovere di bonifica, stabilisce che “qualora i responsabili non provvedano (…), gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale sono realizzati d’ufficio dal Comune territorialmente competente” (comma 9) e che “le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate nonche’ per la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza, ai sensi dei commi 2 e 3, sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2748 c.c., comma 2”;
inoltre il Decreto Ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471 (Regolamento recante criteri, procedure e modalita’ per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 17 e successive modificazioni e integrazioni) prevede che “nel caso in cui il sito inquinato sia oggetto di procedura esecutiva immobiliare ovvero delle procedure concorsuali di cui al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, il Comune domanda l’ammissione al passivo ai sensi degli articoli 93 e 101 del decreto medesimo per una somma corrispondente all’onere di bonifica preventivamente determinato in via amministrativa”;
il d.lgs. n. 22 del 1997 e’ stato successivamente abrogato dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente), che l’ha sostituito;
la sorte del Decreto Ministeriale n. 471 del 1999, invece, e’ regolata dall’articolo 264, lettera i), del codice dell’ambiente, che contempla “i provvedimenti attuativi del citato Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22” stabilendo che essi “continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto”;
come giustamente osserva il PM nelle conclusioni scritte, “nel caso in esame la fattispecie sostanziale (con riguardo cioe’ ai profili dell’integrazione dell’inquinamento, dell’accertamento dello stesso e del procedimento di accertamento dei costi, secondo quanto risulta dai documenti riprodotti nel ricorso) si e’ perfezionata anteriormente all’entrata in vigore del codice dell’ambiente; la domanda di ammissione al passivo e’ stata invece presentata nella vigenza di tale atto normativo, nella quale e’ stato anche dichiarato il fallimento”;
e’ pertanto rilevante il problema della perdurante vigenza del Decreto Ministeriale n. 471 del 1999, che disciplina appunto, tra l’altro, l’ammissione al passivo fallimentare del credito del comune per le spese di bonifica consentendo al creditore di presentare la domanda di insinuazione sulla base di una stima amministrativa;
ancora una volta puo’ concordarsi con il PM che la tesi della perdurante vigenza in parte qua del richiamato articolo 18 del Decreto Ministeriale in questione appare preferibile “perche’ il Decreto Ministeriale n. 471 del 1999, non e’ stato espressamente abrogato; perche’ la norma transitoria dell’articolo 264, comma 1, lettera i), e’ chiara nello stabilire la salvezza dei pregressi provvedimenti attuativi del decreto Ronchi; perche’, in mancanza dell’abrogazione espressa, in considerazione della finalita’ di tutela di un interesse pubblico (tenuto conto delle ragioni della spesa sopportata dall’ente pubblico e della natura dello stesso), la clausola di salvezza contenuta nella norma da ultimo richiamata, in difetto dei presupposti di un’abrogazione implicita (nessuno dei provvedimenti attuativi successivi concerne il profilo in esame), permette di ritenere vigente il citato articolo 18”;
non e’ invece condivisibile l’affermazione del PM che la previsione, incidente sulla disciplina della legge fallimentare, dell’ammissione al passivo del credito del comune per le spese di cui trattasi sulla base di una previa stima amministrativa sarebbe illegittima – e quindi da disapplicare da parte del giudice ordinario, essendo contenuta in una fonte normativa di natura amministrativa – in quanto non compresa nella delega di cui all’articolo 17, comma 1, del decreto Ronchi, con conseguente violazione della L. 23 agosto 1988, n. 400, articolo 17, comma 3;
non appare invero insuperabile l’argomento addotto a fondamento di tale tesi, ossia il carattere meramente “tecnico” della normativa regolamentare compresa nella delega: l’articolo 17, comma 1, del decreto Ronchi, contenente tale delega, contempla infatti, alla lettera c), anche “i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati…”, senza specificare che debba trattarsi soltanto dl criteri “tecnici”; d’altro canto l’interpretazione restrittiva metterebbe a rischio, senza apprezzabile ragione, la stessa possibilita’ di recupero delle somme nel caso di fallimento del debitore, considerati i tempi plausibilmente non brevi dell’esecuzione delle opere da parte dell’ente pubblico, che ben potrebbero superare la data di chiusura della procedura fallimentare (improntata, per legge, a speciale celerita’ e non compatibile neppure con le ordinarie misure cautelari), con conseguente possibile compromissione del diritto alla tutela giurisdizionale dell’ente creditore (articolo 24 Cost.) e del principio di buon andamento dell’amministrazione (articolo 97 Cost.);
il secondo motivo di ricorso, con il quale si sostiene che comunque era possibile l’ammissione del credito in via condizionata, e’ assorbito;
fondato e’ infine il terzo motivo di ricorso, con il quale si lamenta il mancato riconoscimento del privilegio di cui agli articoli 2755 e 2770 c.c., per le spese del sequestro conservativo eseguito dal ricorrente: la motivazione del diniego – ossia la mancata conversione del sequestro in pignoramento a causa della sopraggiunta dichiarazione di fallimento della societa’ debitrice – e’ infatti illegittima perche’ la ratio del privilegio delle spese “per atti conservativi”, come il sequestro, risiede appunto nell’avvenuta conservazione dei beni che ne sono oggetto, impedendone l’alienazione a terzi, in vista del soddisfacimento delle ragioni di tutti i creditori, che si realizza nel fallimento come nell’esecuzione individuale mediante la liquidazione dei beni stessi;
il decreto impugnato va pertanto cassato con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterra’ ai principi di diritto enunciati nell’accogliere il secondo e il terzo motivo di ricorso e provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Verona in diversa composizione.