In virtù del necessario coordinamento della disciplina generale degli artt. 1597, 1598 e 1938 c.c. con quella speciale degli artt. 28 e 29 della l. n. 392 del 1978, la fideiussione prestata a garanzia delle obbligazioni del conduttore di un immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo si protrae, salva diversa volontà negoziale, fino alla scadenza del secondo sessennio di durata, posto che solo a partire da tale momento la locazione può cessare per un comportamento meramente potestativo delle parti (secondo la logica sottesa all’art. 1597 c.c.), mentre alla scadenza del primo sessennio la cessazione può intervenire solo per disdetta da comunicarsi nei termini stabiliti ovvero a seguito dell’esercizio della facoltà di diniego del rinnovo da parte del locatore per i motivi previsti nel citato art. 29 (dunque, in forza di un contegno non meramente potestativo, siccome caratterizzato da particolari modalità e termini).

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Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|17 novembre 2022| n. 33968

Data udienza 27 settembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere

Dott. ROSSELLO Carmelo Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10683/2019 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), giusta procura speciale allegata al ricorso, con domicilio eletto presso il suo studio, in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), giusta procura speciale allegata al ricorso, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 4308/2018, pubblicata il 26 settembre 2018, non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 27 settembre 2022 dalla Consigliera Dott. Irene Ambrosi.

RILEVATO

Che:

1. Il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e lo condannava al pagamento, quale terzo garante fideiussore, della somma di Euro 13.139,77, oltre interessi e spese di lite, per il mancato pagamento dei canoni di affitto (da luglio a dicembre 2012) di un locale ad uso commerciale, dovuti dalla conduttrice (OMISSIS), quale cessionaria subentrata nel contratto di locazione dal 2.04.2005, stipulato originariamente dalla locatrice (OMISSIS) con la (OMISSIS) s.r.l. con durata 1.01.2003 – 31.12.2008.

2. Avverso la sentenza di prime cure ha proposto appello (OMISSIS), rigettato dalla Corte di appello di Napoli, che ha confermato integralmente la sentenza gravata, con condanna dell’appellante alle spese del grado.

3. Avverso la sentenza di appello, ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) articolato in cinque motivi. Ha resistito con controricorso (OMISSIS). La trattazione del ricorso e’ stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..

Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni. Parte ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce “Illegittimita’ della sentenza n. 4308/2018 per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione all’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Omessa pronuncia sull’eccezione di carenza di legittimazione passiva formulata dal sig. (OMISSIS) per la prima volta c”; in particolare, il ricorrente evidenzia di aver sollevato nella comparsa conclusionale, in appello, l’eccezione di carenza di legittimazione passiva, come consentito dalla giurisprudenza di legittimita’, trattandosi di eccezione rilevabile anche d’ufficio; sottolinea di aver garantito le obbligazioni assunte dall’originario conduttore (OMISSIS) s.r.l. e di essere stato chiamato a rispondere dei debiti di un terzo, invece, la (OMISSIS), nuova conduttrice cessionaria del ramo di azienda subentrata nel rapporto; su tale questione, nulla avrebbe statuito la sentenza impugnata, violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

2. Con il secondo motivo, lamentando la “Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1598 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, circa l’error in iudicando del giudice di appello per non aver rilevato la limitazione della garanzia fideiussoria al solo primo periodo contrattuale”, evidenzia che il giudice di appello sarebbe giunto “all’erronea conclusione che “le parti, nel pattuire la garanzia fideiussoria intendessero riferirsi all’intero periodo di efficacia del contratto di locazione, e cioe’ anche al periodo conseguente alla rinnovazione tacita alla prima scadenza”, deducendo come priva di senso “la prestazione di una garanzia per l’adempimento di determinate obbligazioni che non si protragga per lo stesso termine – che le parti espressamente si prefigurano – entro il quale dette obbligazioni debbono essere adempiute””; sostiene che le garanzie prestate dai terzi non si estendono alle obbligazioni derivanti da proroghe di durata del contratto come disposto dall’articolo 1598 c.c., e alla luce della giurisprudenza della Corte di legittimita’ secondo cui “in tema di locazione, l’inestensibilita’ delle garanzie prestate da terzi alle obbligazioni derivanti da proroghe della durata del contratto, prevista dall’articolo 1598 c.c., si riferisce alle ipotesi fisiologiche di rinnovazione o prosecuzione del rapporto, intendendo tale norma tutelare il garante affinche’ non rimanga astretto nella propria obbligazione anche quando abbia prestato la garanzia in riferimento a rapporti obbligatori la cui durata sia stata ab initio temporalmente delimitata o risulti delimitabile ex lege, mentre la norma non e’ applicabile nel caso in cui il conduttore, dopo la scadenza del contratto, sia rimasto in mora nel restituire la cosa locata e sia pertanto tenuto a pagare il corrispettivo sino alla riconsegna, poiche’ tale obbligazione, derivando dall’inadempimento del rapporto originario, vive in stretto collegamento con quest’ultimo e prescinde del tutto dall’attuazione fisiologica del rapporto locatizio, sicche’ non e’ dato al garante giovarsi del concetto di “proroga del contratto”” (Cass. Sez. 3, 29/07/2016 n. 15781).

3. Con il terzo motivo lamenta la “Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1598 c.c., in relazione all’articolo 360, c.p.c., n. 3, circa l’error in iudicando del giudice di appello per non aver rilevato la limitazione della garanzia fideiussoria al solo primo periodo contrattuale. Inconferenza di ogni questione relativa all’interpretazione del contratto”; sostiene che la motivazione della Corte di merito circa la interpretazione dell’atto contrattuale sarebbe illogica sia perche’ tra le parti non era sorta alcuna questione circa l’esistenza di diverse possibili interpretazioni contrattuali ne’ altre che riguardassero l’indagine sulla volonta’ dei contraenti, sia perche’ la giurisprudenza richiamata dalla Corte non sarebbe pertinente rispetto alla fattispecie in esame e sia in quanto rimarrebbe oscuro il perche’ – dall’esame del contenuto di quanto previsto agli articoli 1 e 2 del contratto – si rinverrebbe la volonta’ delle parti di estendere la garanzia anche per il secondo sessennio di durata del contratto.

4. Con il quarto motivo lamenta la “Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1375 c.c., in relazione all’articolo 360 n. 3, c.p.c., circa l’error in iudicando del giudice di appello per non aver rilevato la violazione del principio di buona fede contrattuale nell’esecuzione del contratto di locazione. Della falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, articolo 36,. Della liberazione del fideiussore, sig. (OMISSIS), per esser rimasto estraneo alla vicenda successoria che ha riguardato il soggetto conduttore”; ferma l’eccezione di carenza di legittimazione passiva, gia’ sollevata nel primo motivo, il ricorrente lamenta di aver evidenziato nel giudizio di merito la propria estraneita’ alla vicenda successoria de qua, non essendo stato notiziato della vicenda successoria da alcuna delle parti e per cio’, di aver gia’ evidenziato di non aver potuto esercitare il suo diritto di recesso e di aver lamentato la lesione del principio di buona fede contrattuale da parte della locatrice, con conseguente liberazione di ogni obbligo fideiussorio derivante dal contratto; in proposito, impugna la motivazione della Corte di appello che anziche’ spiegare per quali ragioni la lesione della buonafede contrattuale non possa essere invocata, ha motivato sulla questione della non indispensabilita’ del consenso del garante e del correlato obbligo da parte del locatore di comunicargli l’intervenuta cessione del contratto di locazione per effetto della cessione di azienda. Insiste nell’affermare che tale condotta tenuta dalla locatrice in violazione al principio di buona fede contrattuale avrebbe impedito al garante la possibilita’ di recedere, richiama al riguardo una pronuncia di merito (Tribunale di Milano n. 5083/2015) su un precedente analogo e che aveva affermato l’obbligo per il locatore di notiziare il fideiussore della cessione del contratto in favore di altro conduttore, che sarebbe stata ignorata dal giudice di appello.

5. Con il quinto motivo, in caso accoglimento del ricorso, il ricorrente chiede un nuovo regolamento delle spese di lite dell’intero giudizio.

6. I rilievi di inammissibilita’ sollevati da parte controricorrente vanno disattesi tenuto conto che non sussiste il preteso vizio di non autosufficienza in quanto e’ stata riprodotta la clausola contrattuale oggetto di controversia e si e’ adempiuto all’onere di localizzazione del contratto che risulta anche prodotto (cfr. allegato 2 al ricorso).

7. Il primo motivo, cosi’ come prospettato e sopra sinteticamente riassunto, va disatteso.

Non sussistono le violazioni di legge denunciate.

La Corte di appello non ha violato l’articolo 112 c.p.c., in quanto in applicazione della L. n. 392 del 1978, articolo 36 – che prevede: “il conduttore puo’ sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purche’ venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore puo’ opporsi per gravi motivi, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, puo’ agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte” ha statuito che proprio in ragione della richiamata previsione normativa “appare evidente che la cessione del contratto di locazione, che non richiede il consenso del locatore, e’ evento a cui la (OMISSIS) e’ rimasta estranea, subendone gli effetti; il medesimo articolo 36, del resto, proprio per tale motivo prevede una responsabilita’ solidale del cedente che rimane vincolato con il cessionario nei confronti del locatore, fino all’estinzione del rapporto locatizio” (pag. 10 motivazione della sentenza impugnata).

La Corte di appello non ha omesso di pronunciare sul difetto di legittimazione passiva sollevato dal ricorrente nella comparsa conclusionale in appello tenuto conto che ha affermato “in ragione di tale previsione normativa, del resto, – difformemente da quanto dedotto dalla parte appellante negli scritti conclusionali – e’ stata ravvisata dal Giudice di prime cure una responsabilita’ di (OMISSIS) e la sua titolarita’ dal punto di visto passivo, in qualita’ di garante non del cessionario, ma del cedente, tuttora tenuto al pagamento in difetto di liberazione del debitore originario” (pag. 10 motivazione della sentenza impugnata).

8. I motivi secondo e terzo, che in ragione dell’evidente nesso di connessione, possono essere congiuntamente esaminati, sono entrambi inammissibili e vanno disattesi.

Essi sono inammissibili poiche’, da un lato, offrono la prospettazione di un diverso apprezzamento che si traduce nella richiesta di una nuova valutazione del giudizio, del tutto inammissibile in sede di legittimita’, e dall’altro, sono anche inammissibili ex articolo 360 bis.1 c.p.c., n. 1, atteso che la Corte territoriale ha deciso in senso conforme agli orientamenti espressi dalla giurisprudenza di questa Corte e il ricorrente mostra mediante i profili di censura prospettati di non aver compreso la ratio decidendi della sentenza impugnata e non offre argomentazioni idonee a superare detti orientamenti.

Nell’esercizio del suo legittimo potere, la Corte di appello ha dato conto in modo chiaro ed esaustivo del proprio convincimento, condividendo le conclusioni del giudice di primo grado ed integrandole alla luce della complessiva rivalutazione delle risultanze istruttorie e da quanto espressamente previsto dalle parti nel contratto de quo.

In via generale, ha richiamato l’indirizzo, evocato anche dallo stesso odierno ricorrente, secondo cui in tema di locazione, la regola della non estensibilita’ delle garanzie prestate da terzi alle obbligazioni derivanti da proroghe della durata del contratto, prevista dall’articolo 1598 c.c., si riferisce alle ipotesi fisiologiche di rinnovazione o prosecuzione del rapporto, intendendo tale norma tutelare il garante affinche’ non rimanga astretto nella propria obbligazione anche quando abbia prestato la garanzia in riferimento a rapporti obbligatori la cui durata sia stata ab initio temporalmente delimitata o risulti delimitabile ex lege, mentre la norma non e’ applicabile nel caso in cui il conduttore, dopo la scadenza del contratto, sia rimasto in mora nel restituire la cosa locata e sia pertanto tenuto a pagare il corrispettivo sino alla riconsegna, poiche’ tale obbligazione, derivando dall’inadempimento del rapporto originario, vive in stretto collegamento con quest’ultimo e prescinde del tutto dall’attuazione fisiologica del rapporto locatizio, sicche’ non e’ dato al garante giovarsi del concetto di “proroga del contratto” (Cass. Sez. 3, 29/07/2016 n. 15781).

In particolare, la Corte territoriale ha esaminato: a) la volonta’ contrattuale espressa dalle parti le quali, nel contratto di locazione de quo datato 26 novembre 2002, convenivano: “”sottoscrive il presente contratto il signor (OMISSIS) a garanzia del pagamento dei canoni e dell’adempimento del contratto medesimo”; b) nonche’ il dettato dell’articolo 1, ove le parti convenivano che “la locazione avra’ la durata di anni sei con inizio dal 1.1.2003 al termine 31.1.2008”; c) e, infine, il dettato dell’articolo 20 ove aggiungevano “in mancanza di disdetta per lettera raccomandata, inviata da una delle parti prima della scadenza del contratto, il presente contratto si intende rinnovato a norma di legge”” (pag. 7 in motivazione della sentenza impugnata).

Tanto richiamato ed esaminato, la Corte territoriale ha ritenuto che “i contraenti che hanno posto espresso richiamo in contratto alla durata legale del contratto, comprensiva della rinnovazione avessero inteso riferirsi, anche ai fini della fideiussione, all’intero periodo di vigenza della locazione, comprensivo del lasso temporale successivo alla rinnovazione tacita alla prima scadenza” (pag. 7 in motivazione della sentenza impugnata).

Sulla base del tenore delle disposizioni contrattuali sottoscritte dalle parti e dal terzo garante, ha affermato, quindi, con condivisibili argomentazioni che la garanzia doveva intendersi estesa anche per il secondo sessennio di durata del contratto.

Argomentazioni conformi all’indirizzo nomofilattico espresso da questa Corte che, in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, ha statuito come la rinnovazione tacita del contratto alla prima scadenza, per il mancato esercizio, da parte del locatore, della facolta’ di diniego di rinnovazione, ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, articoli 28 e 29, costituisce un effetto automatico derivante direttamente dalla legge e non da una manifestazione di volonta’ negoziale (cfr. in tal senso, Cass. Sez. U., 16/05/2013 n. 11830 secondo cui da tale principio consegue che, in caso di pignoramento dell’immobile e di successivo fallimento del locatore, la rinnovazione non necessita dell’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, prevista dell’articolo 560 c.p.c., comma 2; piu’ di recente, nello stesso senso, per l’applicabilita’ della disciplina dettata dagli articoli 28 e 29 L. cit. in tema di rinnovazione, con riferimento ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualita’ di conduttori, di cui alla L. n. 392 del 1978, articolo 42 – v. Cass. Sez. 3, 20/12/2019 n. 34162).

Va aggiunto che nel caso in esame in cui la fideiussione e’ stata convenzionalmente posta a garanzia delle obbligazioni del conduttore in una locazione ad uso diverso da quello abitativo, senza una puntuale previsione contrattuale in relazione alle modalita’ di determinazione della durata del contratto prevista per detta fattispecie, l’articolo 1598 c.c., si pone proprio perche’ riferito ad ipotesi fisiologiche di rinnovazione o prosecuzione del rapporto quale norma generale applicabile e rilevante (come gia’ ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte, Sez. U., n. 11830 del 2013 e Sez. 3, n. 15781 del 2016).

La richiamata disposizione, basata sul concetto di “proroga” e negli ambiti in cui la disciplina civilistica ha ancora vigore, va letta congiuntamente alla precedente di cui all’articolo 1597 c.c., che, sotto la rubrica “rinnovazione tacita del contratto”, regola la durata del contratto e ne prevede la rinnovazione sia nel caso di locazione a tempo determinato, in cui, seppur scaduto il termine, il conduttore rimanga o sia stato lasciato nella detenzione dell’immobile, sia nel caso di locazione a tempo indeterminato, in cui non e’ stata comunicata la disdetta inviata a norma dell’articolo 1596 c.c., comma 2. In entrambi i casi, la continuazione della locazione e’ ancorata a comportamenti meramente potestativi e liberi delle parti; nel primo, dal rimanere ed essere lasciati nella detenzione della cosa locata, nel secondo, dalla mancata comunicazione della disdetta.

In tale contesto, una previsione come quella stabilita nella fattispecie de qua recante una fideiussione “a garanzia del pagamento dei canoni e dell’adempimento del contratto medesimo” cioe’, senza alcuna specificazione in ordine alle vicende del rinnovo del contratto, una volta posta in relazione con il disposto dell’articolo 1598 c.c., evocativo del concetto di “proroga”, implicava che la fideiussione non potesse estendersi – salvo una previsione contrattuale espressa in senso diverso – alle ipotesi di rinnovazione di cui all’articolo 1597, ed eventualmente a proroghe sopravvenute, comunque non derivanti dalla volonta’ delle parti, come nel caso di una proroga disposta ex lege.

La ragione e’ che, per elementari ragioni coerenza, la disciplina codicistica non poteva che comprendere nel concetto di proroga le fattispecie disciplinate dal precedente articolo 1597, e semmai, in aggiunta il factum principis, attribuendo alla volonta’ positiva delle parti nel primo caso (rimanere e lasciare) e alla volonta’ negativa delle parti nel secondo caso (mancata disdetta), la permanenza e la rinnovazione tacita del contratto.

La proroga, quindi, veniva basata su un comportamento sopravvenuto e dunque futuro rispetto alla stipula del contratto e della fideiussione, e sotto tale profilo, l’articolo 1598, doveva spiegarsi nel senso indicato semplicemente perche’ coerente con il disposto dell’articolo 1938 c.c., in punto di estensione della fideiussione ad un’obbligazione futura: disposto che esige una pattuizione in tale senso.

Solo la stipula della fideiussione con espressa estensione alla rinnovazione, come concepita dall’articolo 1597 c.c., poteva consentire una deroga all’applicazione dell’articolo 1598 c.c.; ragionamento identico andava fatto per il factum principis.

Viceversa, con riferimento alle locazioni ad uso diverso, la situazione relativa alla durata del contratto, se apprezzata considerando la logica del rapporto fra la disciplina generale codicistica di cui agli articoli 1598, 1597 e 1938 c.c., e quella speciale di cui della L. n. 392 del 1978, articoli 28 e 29, conduce a ritenere che solo alla scadenza del secondo sessennio di durata, la locazione puo’ cessare per un comportamento meramente potestativo del locatore e del conduttore, mentre alla scadenza del primo sessennio, la cessazione puo’ avvenire solo per disdetta da comunicarsi all’altra parte nei termini previsti ovvero – ed e’ l’ipotesi che qui rileva – per esercizio della facolta’ di diniego di rinnovo da parte del locatore per i motivi previsti dall’articolo 29 e, dunque, con un comportamento caratterizzato da particolari modalita’ e termini, non meramente potestativo.

La fideiussione prestata a garanzia di una o piu’ obbligazioni si protrae, salva diversa volonta’ negoziale, per lo stesso termine entro il quale la prestazione garantita va eseguita sicche’ nella ipotesi di locazione in cui sia garantito l’obbligo del pagamento del canone nonche’ l’adempimento del contratto, come convenuto nel caso di specie, il fideiussore puo’ recedere anticipatamente solo se, nel contratto di locazione e in quello di fideiussione, le parti abbiano espressamente convenuto il diritto del garante di recedere in qualunque momento dalla prestazione di garanzia ovvero se ricorra altra causa idonea a giustificarne il recesso (Cass. Sez. 6-3, 26/11/2014 n. 25171; cfr. in senso conforme, Cass. Sez. 1, 07/10/2016 n. 20244).

Ne segue allora che quando un terzo assume impegno fideiussorio a garanzia delle obbligazioni del conduttore con riferimento alle obbligazioni del medesimo nascenti dal contratto di locazione ad uso diverso, in mancanza di limitazione alla durata per il primo sessennio, assume l’impegno per una durata che dal punto di vista del locatore garantito non e’ disponibile sulla base della mera volonta’ delle parti come nella logica dell’articolo 1597 c.c., ma deve intendersi individuata nella durata ex lege di sei anni piu’ sei anni.

9. Il quarto motivo e’ infondato.

La Corte di appello ha affermato coerentemente con gli orientamenti di questa Corte che la cessione del contratto di locazione dal lato passivo del rapporto non ha comportato alcun mutamento nei rapporti tra l’originario debitore/conduttore, non liberato dalla locatrice, e tra quest’ultima ed il fideiussore, rilievo correttamente dedotto anche da parte controricorrente (cfr. in controricorso pag. 15).

La suggestiva ricostruzione dell’odierno ricorrente circa la sussistenza dell’obbligo della locatrice di avvisarlo dell’intervenuta cessione per consentirgli come fideiussore di recedere, non e’ fondata.

La Corte partenopea in proposito ha dapprima richiamato il tenore della L. n. 392 del 1978, articolo 36, secondo cui “il conduttore puo’ sublocare o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purche’ venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore puo’ opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione il locatore, se non ha liberato il cedente, puo’ agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte” nonche’ i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimita’ in proposito (tra le altre, Cass. Sez. 3, 2/7/2010 n. 15700), e ritenuto, conseguentemente, che la cessione del contratto di locazione, che non richiede il consenso della locatrice, e’ evento a cui la stessa nel caso in esame “e’ rimasta estranea, subendone gli effetti; il medesimo articolo 36, del resto, proprio per tale motivo prevede una responsabilita’ solidale del cedente, che rimane vincolato con il cessionario nei confronti del locatore, fino all’estinzione del rapporto locatizio” (cfr. pag. 10 sentenza impugnata).

Ha conclusivamente affermato, poi, che in ragione della previsione normativa richiamata, il giudice di prime cure ha condivisibilmente ravvisato una responsabilita’ del fideiussore e la sua titolarita’ dal punto di vista passivo, in qualita’ di garante non del cessionario, ma del cedente, tuttora tenuto al pagamento in difetto di liberazione del debitore originario (pagg. 9 e 10 sentenza impugnata), statuendo, quindi, per la non fondatezza della prospettazione dell’appellante “volta ad imporre alla locatrice, al di la’ di ogni previsione normativa, un obbligo di comunicazione al fideiussore – al fine di provocarne il recesso e la conseguente perdita della garanzia contrattuale di una cessione del contratto a cui non ha partecipato”.

10. Dalla infondatezza di quest’ultimo motivo, discende l’assorbimento del quinto motivo sulle spese, il quale, del resto, era un “non motivo”, postulando la caducazione della statuizione sulle spese per effetto dell’accoglimento in tutto od in parte del ricorso e, dunque, un effetto previsto dall’articolo 336 c.p.c., comma 1.

11. In conclusione, il ricorso e’ rigettato.

Le spese del giudizio di legittimita’ sono compensate tra le parti in ragione della natura della controversia e dell’orientamento di legittimita’ in tema di rinnovazione del contratto di locazione ad uso diverso consolidatosi nel corso del giudizio che ha guidato la sentenza di appello nella conferma di quella di primo grado.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del citato articolo 13, comma 1-bis, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del citato articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

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Avv. Umberto Davide

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