La derogabilità al limite temporale previsto dall’art. 1957 c.c. è ammessa purché espressamente concordata e non solamente desunta dal carattere autonomo della garanzia e va senz’altro considerata di per sè compatibile con il paradigma normativo della garanzia accessoria, ben potendo il creditore pretendere di rafforzare la propria garanzia, affidando alla sola richiesta scritta il diritto di esigere la prestazione garantita.

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Corte d’Appello|Cagliari|Civile|Sentenza|16 giugno 2022| n. 191

Data udienza 26 maggio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI

– Sezione distaccata di Sassari –

composta dai magistrati

dott. M.Teresa Spanu Presidente rel.

dott. Cinzia Caleffi Consigliere

dott. Cristina Fois Consigliere

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 224 nel Ruolo degli Affari Contenziosi per l’anno 2020, promossa da (…) (C.F.: (…)) e (…) (C.F.: (…)) elettivamente domiciliati in Nuoro, presso lo studio dell’avv. El.Go., rappresentati e difesi dall’avv. En.Ag. del Foro di Gorizia per procura speciale a margine dell’atto di opposizione di primo grado,

appellanti

contro

(…) S.p.A. (P.I.: (…) in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Nuoro, presso lo studio dell’avv. Gi.Ma., che la rappresenta e difende per procura generale del 4-04-14 Notaio Ca.,

appellata

OGGETTO: garanzia contratto di leasing.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 35/20 il Tribunale di Nuoro respingeva l’opposizione di (…) avverso il decreto ingiuntivo n. 165/17, emesso dal medesimo tribunale per la somma di Euro 902.158,44 oltre interessi e spese, su ricorso della (…) S.p.A. a titolo di rate insolute dei contratti di leasing stipulati tra le parti e di penale; revocava il medesimo decreto nei confronti di (…) e la dichiarava debitrice della pari somma ingiunta. Le spese processuali erano compensate tra la opposta e l'(…) e poste a carico del (…) nel rapporto con la (…) S.p.A. Il tribunale, investito dell’opposizione proposta congiuntamente da (…) e (…), rilevava l’inefficacia del decreto ingiuntivo opposto nei confronti della (…), ai sensi ed agli effetti di cui all’art. 644 c.p.c., eccepita dall’opponente fin dall’atto introduttivo; riteneva peraltro che, a fronte della dichiarazione dell’opposta di non voler procedere nei confronti della (…) stante la palese inefficacia del decreto, si dovesse far luogo all’accertamento dell’obbligazione di pagamento in capo alla (…).

Nel merito, il primo giudice esaminava le distinte censure proposte con l’opposizione:

– le denunciate discrasie tra i contratti di leasing dedotti in giudizio e la garanzia prestata dagli (…)-(…) erano in realtà riconducibili alle svariate modifiche apportate ai contratti originari, rinegoziati su richiesta della debitrice principale (…) s.r.l. e posti a fondamento dell’ingiunzione nell’ultima versione concordata;

– gli opponenti non operavano un vero e proprio disconoscimento della sottoscrizione apposta sulle garanzie, essendosi limitati a sostenere che il relativo documento non era idoneo a provare l’esistenza del credito ingiunto;

– la garanzia prestata dagli opponenti era da qualificare in termini di garanzia autonoma, in quanto contraddistinta dalla clausola “a prima richiesta” e dalla clausola di mantenimento anche nel caso di invalidità del rapporto principale;

– i garanti non erano dunque ammessi alla proposizione dell’eccezione di prescrizione e di tutte le eccezioni relative al merito del rapporto (violazione della buona fede contrattuale, violazione dell’art. 1346 c.c., degli artt. 116, 117, 118 Tub);

– la disposizione di cui all’art. 1957 c.c. era derogabile, non essendo posta a tutela di un interesse pubblico;

– la contestazione di nullità della garanzia per indeterminatezza dell’oggetto e vessatorietà delle relative clausole era genericamente formulata di talché non era individuabile quale fosse il profilo di nullità denunciato;

– la prescrizione quinquennale ex art. 2948 n. 3 c.c. del diritto di credito del concedente non si estendeva al rapporto di garanzia, fondato su un titolo autonomo;

– l’eccezione di manifesta sproporzione della penale afferiva il rapporto principale garantito e non poteva essere fatta valere dal garante autonomo se non nei termini di condotta fraudolenta del creditore, che nella specie non ricorreva, atteso che la (…) documentava l’esito della vendita del bene e dimostrava di averne tenuto conto nel conteggio del dovuto;

– revocato il decreto ingiuntivo opposto nei confronti di (…), la stessa doveva essere dichiarata debitrice della (…) S.p.A. per la somma ingiunta, oltre interessi convenzionali.

Con atto di citazione tempestivamente notificato (…) e (…) hanno proposto appello, deducendo (i) la violazione degli artt. 190-156-161-162 c.p.c. e conseguente violazione del diritto di difesa per avere il tribunale omesso di assegnare i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche; (ii) la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere il giudice deciso sulla responsabilità di (…) in assenza di domanda della (…); (iii) la violazione degli artt. 112-113-115-116 c.p.c. e 2697 c.c. per avere il giudicante ritenuto sufficiente la documentazione prodotta dall’opposta ed ancora la violazione anche dell’art. 214 c.p.c., avendo utilizzato la documentazione disconosciuta nonostante la controparte non chiedesse la verificazione; (iv) la violazione degli artt. 1936-1945 c.c., 112-166-167 c.p.c. laddove il tribunale qualificava “autonoma” la garanzia prestata verso la (…) s.r.l., invece qualificabile fideiussione ordinaria, tra l’altro in assenza di eccezione di parte; (v) l’erronea applicazione dell’art. 1957 c.c. nella parte in cui il tribunale respingeva l’eccezione di decadenza della concedente, ritenendola derogabile; (vi) la erronea applicazione dell’art. 2948 nn. 3 e 4 c.p.c. per avere il tribunale ritenuto non applicabile alla garanzia la prescrizione del diritto di credito; (vii) l’erronea valutazione dell’entità della penale contrattuale di risoluzione.

Gli appellanti hanno indi riproposto le eccezioni di merito che il tribunale riteneva precluse dalla natura autonoma della garanzia, concernenti la prescrizione del credito garantito, l’estinzione della garanzia per violazione della buona fede contrattuale, la nullità per indeterminatezza dei contratti di locazione finanziaria anche in ragione della mancata allegazione di un piano di ammortamento, la violazione degli artt. 1526 e 1384 c.c., l’insufficienza della documentazione prodotta per stabilire l’ammontare del capitale, degli interessi corrispettivi e di mora nonché di spese e commissioni. In via istruttoria, hanno chiesto l’ammissione della prova orale non ammessa in primo grado e l’ordine di esibizione di tutta la documentazione necessaria per verificare il dissesto economico della debitrice principale all’epoca della stipulazione dei contratti. Hanno quindi insistito per l’espletamento di una consulenza tecnica.

Si è costituita la (…) S.p.A. resistendo all’appello e chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.

La causa è stata quindi trattenuta a decisione sulle conclusioni sopra trascritte.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 190-156-161-162 c.p.c. e conseguente violazione del diritto di difesa per avere il tribunale omesso di assegnare i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche. La censura è fondata.

E’ principio consolidato che “la mancata assegnazione dei termini, in esito all’udienza di precisazione delle conclusioni, per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie finali di replica ai sensi dell’art. 190 c.p.c., costituisce motivo di nullità della conseguente sentenza, impedendo ai difensori delle parti di svolgere nella sua pienezza il diritto di difesa, con conseguente violazione del principio del contraddittorio” (Cass. Civ. n. 18149/16). Nella specie, rimessa la causa sul ruolo per consentire alle parti di prendere posizione su due questioni rilevate d’ufficio, il primo giudice teneva la causa a decisione senza concedere i termini di cui all’art. 190 c.p.c. nonostante parte opponente ne avesse fatto richiesta nelle note scritte depositate per l’udienza dell’11-12-2019, aventi ad oggetto soltanto la discussione dei profili sottoposti dal giudice.

Di contro, a seguito della rimessione della causa per sollecitare il contraddittorio su questioni sopravvenute, il giudizio è riportato nella fase decisoria con conseguente necessità di osservare le prescrizioni di cui all’art. 190 c.p.c., “la cui mancata concessione determina la nullità della sentenza, senza che sia necessario verificare la sussistenza, in concreto, del pregiudizio subito dalla parte in seguito a tale omissione, trattandosi di termini perentori fissati dalla legge, la cui violazione è già stata valutata in astratto dal legislatore come autonomamente lesiva, in sé, del diritto di difesa” (Cass. Civ. n. 4202/21).

Va dunque dichiarata la nullità della sentenza n. 35/20 per violazione del diritto alla difesa e la causa deve essere decisa nel merito non rientrando il vizio tra quelli tassativamente indicati nell’art. 354 c.p.c..

Venendo al thema decidendum, deve in primo luogo prendersi atto dell’inefficacia del decreto ingiuntivo opposto nei confronti di (…), perché pacificamente non notificato entro il termine ai sensi dell’art. 644 c.p.c., come già rilevato dal primo giudice.

Sennonché, a fronte dell’esplicita rinuncia formalizzata in primo grado dalla (…) S.p.A. alla domanda di condanna nei confronti della (…) (tardivamente introdotta a seguito della rimessione sul ruolo, mentre fin dalla comparsa di costituzione l’opposta contrastava il diritto della (…) ad ottenere anche solo una pronuncia di accertamento, stante la palese improcedibilità della domanda monitoria), il giudice deve astenersi da qualsiasi pronuncia sul punto, ivi compreso il mero accertamento della sua qualità di debitrice verso l’opposta, violando altrimenti i limiti della domanda proposta dall’attrice sostanziale.

Pertanto, dichiarata l’inefficacia del decreto ingiuntivo n. 165/2017 nei confronti di (…), alcuna declaratoria può essere assunta nei suoi confronti, avendo la (…) S.p.A. limitato la domanda nei confronti del solo (…).

Parte appellante ha altresì riproposto la contestazione dell’insufficienza della prova scritta posta a fondamento dell’ingiunzione, a norma degli artt. 112-113-115-116 c.p.c. e 2697 c.c., che il primo giudice riteneva idonea a documentare la garanzia per i contratti di leasing dedotti in giudizio. Più specificamente, gli appellanti hanno evidenziato che la garanzia azionata per ottenere l’adempimento del contratto n. 15/120616, concluso nel 2006, avrebbe invece ad oggetto un rapporto di leasing perfezionato nel 2007 così come la fideiussione asseritamente relativa al contratto S2/126931 riguarda invece un maggiore valore garantito rispetto a quello indicato nel contratto allegato dall’intimante.

Di contro, è agevole osservare che – come d’altronde già rilevato dal primo giudice – le originarie condizioni del leasing erano state modificate in corso di rapporto sia con riferimento alla scadenza delle rate sia per la misura dei canoni, adeguando anche l’entità della relativa garanzia.

Dalla documentazione prodotta dall’opposta in primo grado (v. allegato n. 6) si evince senza possibilità di confusione che la locazione finanziaria n. 15/120616 era stata modificata nel 2007 e il fideiussore si era ulteriormente obbligato per la nuova somma ivi pattuita pari ad Euro 1.590.447,69. E’ altresì documentata la garanzia per il contratto di leasing mobiliare S2/126931 fino alla concorrenza della somma di Euro 935.100,00.

Infondata è anche la contestazione relativa all’utilizzabilità dei documenti incorporanti le fideiussioni, che – secondo parte appellante – sarebbero stati oggetto di specifico disconoscimento, ai sensi dell’art. 214 c.p.c..

Invero, la contestazione svolta dagli opponenti nell’atto introduttivo di primo grado era letteralmente limitata alla “corrispondenza al vero di tali fideiussioni asseritamente rilasciate dagli odierni opponenti” (pag. 7 atto di citazione) e comunque alla loro inidoneità a sostenere la pretesa della (…), senza alcun riferimento all’autenticità delle sottoscrizioni ivi apposte, anzi presupposta dalle difese svolte nel merito circa la validità delle clausole in esse contenute ed alla riferibilità ai contratti di leasing azionati (sul requisito formale del disconoscimento cfr. Cass. Civ. n. 17313/21). A fronte delle generiche difese svolte “sulla corrispondenza al vero” della fideiussione, la controparte non era dunque onerata di chiedere la verificazione ai sensi ed agli effetti di cui all’art. 216 c.p.c..

Per quanto concerne la qualificazione giuridica della garanzia prestata, parte appellante si è in primo luogo soffermata sull’irritualità del rilievo officioso svolto dal tribunale in ordine alla natura della fideiussione con l’ordinanza del 22-10-2019, in difetto di qualsiasi eccezione dell’opposta, e ne ha comunque ribadito l’accessorietà sul presupposto della mancata espressa previsione della rinuncia alle eccezioni esperibili ex art. 1945 c.c.

Questa Corte concorda con l’interpretazione offerta dall’appellante, risultando per tabulas che il garante si era obbligato in solido a soddisfare il creditore “a semplice richiesta”, senza rinunciare espressamente alla facoltà di opporre eccezioni ex art. 1945 c.c. (v. Cass. Civ. sez. I, 31-07-15 n. 16213 e S.U. n. 3947/2010, ove l’elemento distintivo è individuato nella previsione di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni; conf. n. 4717/19; v. anche n. 27619/2 0), la cui opponibilità risulta soltanto spostata in avanti rispetto al pagamento, secondo lo schema del c.d. solve et repete, certamente non riconducibile alla funzione del contratto autonomo di garanzia (cfr. le condizioni generali ABI per la fideiussione relativa ai rapporti bancari di cui al provvedimento n. 55/05 della Banca d’Italia; v. Cass. Civ. Sez. III, 28-02-07 n. 4661: “Costituisce contratto autonomo di garanzia quello in base al quale una parte si obbliga a titolo di garanzia, ad eseguire a prima richiesta la prestazione del debitore, indipendentemente dall’esistenza, dalla validità ed efficacia del rapporto di base con l’impossibilità per il garante di sollevare eccezioni, onde tale contratto si distingue dalla fideiussione per la sua indipendenza dall’obbligazione principale, poiché, mentre il fideiussore è debitore allo stesso modo del debitore principale e si obbliga direttamente ad adempiere, il garante nel contratto autonomo si obbliga non tanto a garantire l’adempimento, quanto piuttosto a tenere indenne il beneficiario dal nocumento per la mancata prestazione del debitore, spesso con una prestazione solo equivalente e non necessariamente corrispondente a quella dovuta. Per distinguere le suddette figure contrattuali non si profila decisivo l’impiego o meno di espressioni quali “a prima richiesta” o “a semplice richiesta”, ma la relazione in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale e quella di garanzia: le differenze infatti devono essere ricercate sul piano dell’autonomia e non su quello della causa, potendo la clausola di pagamento riferirsi sia ad una garanzia con caratteristiche di accessorietà, assumendo così valenza meramente processuale (risolvendosi in una clausola di solve et repete ai sensi dell’art. 1462 c.c.), sia ad una garanzia svincolata dal rapporto principale garantito, configurando un contratto autonomo di garanzia”; conf. sez. II, 21-02-08 n. 4446).

La lettera di fideiussione conferma la natura accessoria della garanzia prestata ai sensi degli artt. 1936 e ss. c.c., ove è stabilito l’obbligo del fideiussore di effettuare il pagamento “dietro semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore e di controversie pendenti sulla sussistenza e/o esigibilità del vostro credito”, ma senza alcuna limitazione alla facoltà di opporre eccezioni fondate sul rapporto fondamentale.

Militano a favore della natura accessoria anche la gratuità della garanzia, mentre le polizze cauzionali sono di regola a titolo oneroso, e la previsione di estensione automatica al garante della decadenza del debitore principale dal beneficio del termine. Infine, la rinuncia al termine decadenziale di cui all’art. 1957 c.c. non è certamente elemento distintivo del carattere autonomo (v. Cass. Civ. n. 16825/16; n. 5526/12, n. 84/10).

E’ invece infondata la contestazione relativa alla deroga pattizia alla regola generale stabilita dall’art. 1957 c.c., che secondo l’appellante dilaterebbe all’infinito la responsabilità del fideiussore e svuoterebbe completamente l’obbligo del creditore di agire in un tempo ragionevole (anche) contro il garante, la cui posizione verrebbe così compromessa all’infinito.

La derogabilità al limite temporale previsto dall’art. 1957 c.c. è ammessa dalla giurisprudenza di legittimità purché espressamente concordata e non solamente desunta dal carattere autonomo della garanzia (cfr. 16825/16 cit. e indirettamente n. 9862/20) e va senz’altro considerata di per sè compatibile con il paradigma normativo della garanzia accessoria, ben potendo il creditore pretendere di rafforzare la propria garanzia, affidando alla sola richiesta scritta il diritto di esigere la prestazione garantita (cfr. n. 16825/16 cit.). Altra e diversa questione è il profilo della correttezza e buona fede, pure evocato dall’opponente in primo grado con riferimento alla abusiva concessione di credito ed all’escussione della garanzia.

Parimenti infondata l’eccezione di prescrizione quinquennale delle rate impagate attinenti rapporti risolti fin dal 2012.

Versandosi pacificamente in un’ipotesi di leasing traslativo, la prestazione dell’utilizzatore, pur eseguibile frazionatamente, ha carattere unitario cosicché il termine di prescrizione è quello decennale “applicabile in genere alle azioni contrattuali e, segnatamente, a quelle di adempimento o di responsabilità” (Cass. Civ. n. 2086/08; v. per il mutuo n. 17798/11).

Di alcun pregio, nella sua genericità, la contestazione rivolta all’inconferenza al contratto n. I5/12016 dei pagherò cambiari rimasti insoluti, che la intimante riferiva a canoni non pagati.

In realtà, la circostanza che la concedente avesse inserito nel proprio estratto conto riprodotto nel ricorso per decreto ingiuntivo anche effetti cambiari non onorati non muta il titolo della pretesa (contratto di leasing immobiliare) e non inverte l’onere di provare l’adempimento all’obbligazione di pagamento dei canoni, posto a carico del debitore. Nel ricorso monitorio risulta infatti evidente che gli importi delle cambiali erano riferite a rate di canoni rimasti impagati.

Assolutamente generica è anche la contestazione formulata in merito alla presunta violazione dell’obbligo di buona fede contrattuale, ai sensi ed agli effetti di cui agli artt. 1955 e 1956 c.c., per avere la concedente assentito alla concessione dei finanziamenti leasing nonostante l’evidente incapacità economica della debitrice di far fronte alla restituzione.

In disparte che le allegazioni offerte in primo grado, e riportate in appello, sono del tutto astratte e non consentono una valutazione di elementi concreti da cui ricavare – anche mediante apposita indagine peritale, che avrebbe mero carattere esplorativo in quanto diretta anche all’individuazione dei dati da analizzare e non solo alla doverosa elaborazione di quelli specificamente allegati e documentati a cura di chi eccepisce la violazione, tantomeno verificabile con una prova testimoniale basata su valutazioni – la situazione di sofferenza della (…) s.r.l. all’epoca della stipulazione dei leasing, si deve comunque osservare che il (…) aveva prestato garanzia fideiussoria a contratti di leasing, e successive variazioni, già stipulati dalla concedente e quindi dovendo essere consapevole, essendo socio, della capacità economica della debitrice principale cosicchè non può oggi invocare la gravosità della propria obbligazione.

E’ infondata altresì l’eccezione di indeterminatezza dell’obbligazione dell’utilizzatore e quindi del fideiussore, ai sensi ed agli effetti di cui all’art. 1346 c.c., che il tribunale considerava genericamente formulata e quindi inammissibile.

Si doleva l’opponente del contenuto indeterminato dei contratti di locazione finanziaria laddove la determinazione dei canoni e le successive variazioni erano rimessi a parametri individuabili a cura della concedente in modo discrezionale e del tutto opaco così da impedire all’utilizzatore di verificare, all’atto della sottoscrizione, l’effettivo corrispettivo dovuto per l’operazione neppure ricavabile da un piano di ammortamento, che non era allegato al contratto, né da una formula matematica, assente nel testo contrattuale.

Va di contro osservato che nelle condizioni economiche della locazione finanziaria riportate nel contratto n. I5/120616 si dava atto che il corrispettivo della locazione veniva espresso in canoni e che il tasso leasing dell’operazione, determinato secondo le istruzioni della Banca d’Italia in termini di tasso interno di attualizzazione, era stato effettuato ipotizzando la coincidenza fra data di stipula e data di messa a disposizione del bene (” In sostanza la data di stipula è quella da scegliere quale data-origine dell’asse dei tempi lungo il quale effettuare i conteggi di attualizzazione del tasso interno al contratto così come definito dalla Istruzioni della Banca d’Italia”). Erano stati indi determinati l’importo finanziato (portato ad Euro 1.060.298,46 + IVA con la modifica convenuta nel 2007), l’importo delle spese, il tasso leasing (determinato come sopra), l’importo del canone alla stipula e delle rate mensili nonché il prezzo dell’opzione finale. Alcuna indeterminatezza è pertanto ravvisabile né in ordine al capitale finanziato né in ordine al TIR.

Parimenti determinata risulta la clausola di indicizzazione, riferita al variare del parametro Euribor/360 tre mesi, il cui valore del mese precedente era espresso in cifra.

Nella specie deve dunque dirsi soddisfatto l’obbligo di indicare il Tasso Leasing nella documentazione di trasparenza e nei contratti di locazione finanziaria, stabilito dalla Banca d’Italia con le disposizioni dettate in materia di trasparenza il 25-07-03 (v. anche disposizioni del 29-0709), la cui definizione è espressamente richiamata (“Per le operazioni di leasing finanziario è indicato il tasso interno di attualizzazione per il quale si verifica l’uguaglianza fra costo di acquisto del bene locato (al netto di imposte) e valore attuale dei canoni e del prezzo dell’opzione finale di acquisto finale (al netto di imposte) contrattualmente previsti”).

La società utilizzatrice – e quindi il fideiussore – erano quindi in grado di conoscere il tasso di interesse annuale applicato al leasing immobiliare, calcolato sulla base di una formula finanziaria c.d. di attualizzazione, e il costo del finanziamento.

Non ricorre invece nella fattispecie la mistificazione del tasso operata dalle società di leasing che fanno ricorso alla mera enunciazione del TAN, che, riportato ad anno, non consente di ricostruire l’effettivo costo mensile dell’operazione (cfr. Cass. n. 12889/21 laddove, con riferimento al TAN evidenzia la scarsa trasparenza dell’operazione e richiama i precedenti n. 8028/18 e n. 17110/19 in punto di indeterminatezza del tasso, equiparando all’omessa pattuizione, con applicazione del 117 c. 7, il caso in cui “il tasso sia indicato in contratto, ma esso porti ad un ammontare del costo dell’operazione variabile in funzione dei patti che regolano le modalità di pagamento si da ritenere che il prezzo dell’operazione risulti sostanzialmente inespresso e indeterminato, oltre che non corrispondente a quello su cui si è formata la volontà dell’utilizzatore”).

Parte appellante, nel riportare tralaticiamente le considerazioni svolte in primo grado circa l’astratta criticità di trasparenza nei contratti privi di indicazione del tasso leasing, non ha spiegato in che termini il tasso leasing esposto in contratto sarebbe in contrasto con le disposizioni della Banca d’Italia e perché l’indicizzazione rapportata alle variazioni Euribor sarebbe indeterminata. Si deve pertanto escludere che le condizioni pattuite tra le parti abbiano inciso in modo opaco sui criteri di determinazione del canone di leasing e nelle modalità di imputazione alle distinte scadenze e comportato una compromissione dell’equilibrio economico del contratto.

Assolutamente generiche e prive di riscontro documentale le doglianze espresse dal fideiussore sul contratto di locazione S2/126931.

L’odierno fideiussore è quindi senz’altro tenuto al pagamento dei canoni scaduti e dei relativi interessi di mora maturati – la cui entità era contestata in primo grado con ricorso a generiche formule di stile circa l’addebito di interessi “illegittimi” – determinati nel ricorso per ingiunzione in Euro 367.771,74 (di cui Euro 243.835,73 per canoni scaduti non pagati ed Euro 123.936,01 per interessi di mora) per il contratto n. I5/120616 e in Euro 253.157,12 per il contratto S2/126931, di cui Euro 156.139,93 per canoni scaduti ed Euro 97.017,19 per interessi di mora. L’opposizione non può trovare accoglimento neppure con riguardo alla penale pretesa dalla società di leasing.

La condizioni generali di contratto afferenti il rapporto di leasing immobiliare n. I5/120616 prevedono (art. 12) l’obbligo dell’utilizzatore, rimasto inadempiente, al pagamento a titolo di penale, oltre che dei canoni scaduti e non pagati fino al momento della risoluzione, del valore attualizzato dei canoni a scadere nonché dell’importo del prezzo d’opzione, detratto quanto ricavato, al netto di imposte e tasse, dalla vendita o dalla riallocazione del bene. Nella valutazione di proporzionalità della penale ai sensi dell’art. 1384 c.c. occorre verificare se il risarcimento convenzionale del danno in favore del contraente adempiente gli faccia conseguire un guadagno maggiore rispetto a quello ritraibile dalla regolare esecuzione del contratto (cfr. Cass. Civ. n. 15202/18: “in materia di leasing traslativo, nell’ipotesi di risoluzione anticipata per inadempimento dell’utilizzatore, le parti possono convenire, con patto avente natura di clausola penale, l’irripetibilità dei canoni già versati da quest’ultimo prevedendo la detrazione, dalle somme dovute al concedente, dell’importo ricavato dalla futura vendita del bene restituito, essendo tale clausola coerente con la previsione contenuta nell’art. 1516 c. 2 c.c.”; n. 25031/19: “…la clausola penale pattizia che escluda l’applicabilità dell’art. 1526 c.c. può essere valutata dal giudice ex art. 1384 c.c. ai fini di un’equa riduzione, anche d’ufficio, della prestazione assunta, ove risulti manifestamente eccessiva ovvero tenuto conto dell’adempimento dell’obbligazione principale”; n. 1581/20: “Ne consegue che il concedente, mantenendo la proprietà della cosa ed acquisendo i canoni maturati fino al momento della risoluzione, non può ottenere un indebito vantaggio derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene”) tenuto conto della regolamentazione degli effetti della risoluzione attuata dall’art. 1526 c.c., applicabile al leasing traslativo risolto in data anteriore all’entrata in vigore della legge n. 124/17 (cfr. S.U. n. 2061/21; n. 10249/22).

Orbene, la domanda di pagamento della penale – che nella contemplata distribuzione dei carichi assorbe e supera il meccanismo di cui all’art. 1526 c.c. – è fondata sulla clausola contrattuale che forfetizza il risarcimento del danno tenendo conto dell’obbligo del concedente di restituire le rate riscosse e di ricevere, a sua volta, un equo compenso per l’uso della cosa. La concreta operatività della clausola postula la comparazione del guadagno del concedente rispetto al valore iniziale del bene ed al corrispettivo pattuito per la locazione, in modo da evitare che il concedente possa ottenere un’ingiusta locupletazione dalla ricollocazione del bene sul mercato superiore a quanto avrebbe ottenuto nell’ipotesi di regolare esecuzione del contratto, introitando una penale manifestamente eccessiva (cfr. Cass. Civ. n. 23336/19).

Nella specie, considerando l’importo finanziato nel contratto di leasing n. I5/120616 del 2006 (euro 460.298,46) e il corrispettivo della locazione pari ad Euro 598.092,69, si ottiene, ragionando all’ingrosso, un guadagno di Euro 137.794,23.

Con la modifica intervenuta nel 2007 l’importo finanziato risulta pari ad Euro 1.060.298,46 e il corrispettivo ad Euro 1.487.984,22, con una differenza a favore della concedente pari ad Euro 427.685,76.

Nel ricorso per decreto ingiuntivo la concedente calcolava la penalità risarcitoria in Euro 182.082,87 – oltre interessi di mora per Euro 43.778,80 – detraendo dall’importo dei canoni a scadere attualizzati (elencati nel ricorso) pari ad Euro 1.052.082,87 il prezzo della vendita corrispondente alla differenza di Euro 870.000,00 (v. doc. 14 allegato al ricorso per ingiunzione).

Di contro, l’opponente nulla specificamente allegava circa l’incongruità del prezzo di vendita rispetto alle condizioni del mercato ed allo stato in cui si trovava il bene, di talché non sono apprezzabili elementi concreti da cui presumere un abuso del diritto del creditore nel riallocare l’immobile e/o una sua negligenza, tenendo conto anche del valore iniziale finanziato. Nulla quaestio, infine, sul contratto di leasing mobiliare n. S2/126931, per il quale non era richiesta alcuna somma a titolo di penale.

L’opposizione proposta da (…) al decreto ingiuntivo n. 165/2017 deve dunque essere respinta seppure con diversa motivazione, confermando per l’effetto il decreto ingiuntivo opposto. Al rigetto dell’appello segue la condanna alle spese processuali a carico del (…), liquidate come in dispositivo al valore medio del relativo scaglione, mentre devono essere compensate tra primo grado di rinunciare all’ingiunzione (…) e (…) S.p.A. la quale dichiarava in nei suoi confronti.

Si deve dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 c. 1 quater D.P.R. 115/02.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda ed eccezione:

1) dichiara la nullità della sentenza n. 35/20 del Tribunale di Nuoro;

2) revoca il decreto ingiuntivo n. 165/2017 nei confronti di (…);

3) rigetta l’opposizione proposta da (…) avverso il decreto ingiuntivo n. 165/2017, confermando per l’effetto il d.i. opposto;

4) compensa le spese processuali tra (…) e (…) s.p.a.;

5) condanna (…) alla rifusione in favore di (…) S.p.A. delle spese processuali, che liquida in Euro 27.904,00 per compensi del primo grado ed Euro 17.628,00 per compensi del presente grado, oltre quanto dovuto per legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 c. 1 quater D.P.R. 115/02.

Così deciso in Sassari il 26 maggio 2022.

Depositata in Cancelleria il 16 giugno 2022.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.