i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorita’ Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la L. n. 287 del 1990, articolo 2, comma 2, lettera a) e articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, debbano ritenersi parzialmente nulli, ai sensi dell’articolo 2, comma 3 della legge succitata e dell’articolo 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volonta’ delle parti.

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Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|23 novembre 2022| n. 34418

Data udienza 15 settembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi – Presidente

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

Dott. ROSSELLO Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso r.g. n. 35459/2019 proposto da:

(OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS) che, unitamente agli avv.ti (OMISSIS), li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) SA, (OMISSIS) e (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 935/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 10/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/09/2022 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 10/6/2019, la Corte d’appello di Brescia ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dalla (OMISSIS) SA (di seguito (OMISSIS) SA), ha dichiarato inopponibili alla banca attrice, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., gli atti con i quali (OMISSIS) e (OMISSIS) (debitori a titolo fideiussorio della (OMISSIS) SA) avevano ceduto ai figli (OMISSIS) ed (OMISSIS) taluni diritti immobiliari propri in adempimento dei corrispondenti contratti preliminari precedentemente stipulati tra le parti;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato la correttezza della sentenza del giudice di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto il ricorso di tutti i presupposti ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria promossa dalla (OMISSIS) SA, avendo rilevato: 1) l’anteriorita’ del credito maturato in favore della banca rispetto alla stipulazione dei contratti preliminari ad opera dei propri debitori; 2) l’eventus damni riconducibile alla dismissione patrimoniale impugnata, e 3) la sussistenza dei corrispondenti requisiti soggettivi previsti dalla legge in capo a ciascuno dei disponenti;

avverso la sentenza d’appello, (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione;

nessun intimato ha svolto difese in questa sede.

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione degli articoli 1421, 1944, 1957, 2697 e 2901 c.c., degli articoli 112, 114 e 115 c.p.c., nonche’ degli articoli 1, comma 4, e 2 della L. n. 287/90 (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto sussistente il credito della banca attrice nei confronti degli odierni ricorrenti, trattandosi di un preteso credito fondato su una fideiussione omnibus nulla, siccome redatta secondo lo schema A.B.I. del 2003-2004, e dunque sulla base di un negozio concluso in violazione della normativa anticoncorrenziale la cui nullita’ (totale) e’ rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio;

sotto altro profilo, i ricorrenti contestano l’affermazione dei giudici del merito in ordine alla presunta anteriorita’ del sorgere del credito rivendicato dalla banca attrice, rispetto alla conclusione dei contratti preliminari stipulati dagli odierni istanti, a nulla valendo le comunicazioni inoltrate dalla banca alla societa’ debitrice principale, ma non ai fideiussori;

con il secondo motivo, i ricorrenti si dolgono della nullita’ della sentenza impugnata per violazione degli articoli 1421, 1944, 1957, 2697, 1421 e 2901 c.c., degli articoli 112 e 114 c.p.c., nonche’ della L. n. 287 del 1990, articoli 1 e 2 anche con riferimento all’articolo 132 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto sufficiente il ricorso di un credito litigioso ai fini della promozione di un’azione revocatoria ordinaria (vieppiu’ nel caso di specie, dinanzi a un credito inesistente, siccome fondato su un titolo negoziale nullo), e per avere altrettanto erroneamente ritenuto che il credito ex adverso rivendicato fosse temporalmente anteriore al compimento degli atti dispositivi da parte degli odierni istanti, peraltro consistiti nella conclusione di contratti preliminari di per se’ non soggetti a revoca;

con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione degli articoli 1421, 1944, 1957, 2697, 2729, 2901 c.c., degli articoli 112, 114 e 116 c.p.c., nonche’ della L. n. 287 del 1990, articolo 1, comma 4, e articolo 2 (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto la sussistenza nel caso in esame di un’obbligazione valida in capo agli odierni istanti, nel caso di specie del tutto assente siccome fondata su una fideiussione nulla per violazione delle norme anticoncorrenziali specificamente richiamate, nonche’ per aver ritenuto revocabili gli atti definitivi di compravendita in assenza di alcuna dimostrazione del carattere effettivamente fraudolento dei corrispondenti contratti preliminari anteriormente conclusi, con la conseguente mancata dimostrazione (e, prima ancora, della mancata prospettazione sul piano del thema decidendum e del thema probandum) dei coefficienti di partecipazione soggettiva dei disponenti da valutarsi, ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria, sul presupposto di fatto costituito della posteriorita’ del credito rispetto al compimento degli atti dispositivi impugnati;

sotto altro profilo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha attribuito un preteso valore presuntivo a un complesso di elementi dimostrativi di per se’ privi di alcun reale valore rappresentativo, anche in relazione alla variazione quantitativa e qualitativa del patrimonio dei debitori-fideiussori a seguito del compimento degli atti impugnati;

con il quarto motivo, i ricorrenti si dolgono della nullita’ della sentenza impugnata per violazione degli articoli 1421, 1944, 1957, 2697, 1421 e 2901 c.c., degli articoli 112, 114, 115 e 116 c.p.c., nonche’ L. n. 287 del 1990, articoli 1 e 2 anche con riferimento all’articolo 132 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale – con motivazione meramente apparente, perplessa, incomprensibile e contraddittoria – ritenuto di disattendere: la circostanza dell’assenza del sorgere dell’obbligazione fideiussoria in capo ai ricorrenti in ragione della sua nullita’; la non revocabilita’ degli atti definitivi in ragione della mancata dimostrazione del carattere fraudolento dei corrispondenti contratti preliminari conclusi precedentemente; la necessita’ della prova del dolo specifico in capo ai disponenti in ragione dell’anteriorita’ temporale della conclusione dei contratti preliminari rispetto al sorgere del credito;

sul punto, i ricorrenti censurano l’avvenuta attribuzione, da parte dei giudici di merito, di un preteso valore rappresentativo di indole presuntiva a circostanze di fatto di per se’ del tutto inidonee, pur quando valutate nel loro complesso, a fornire alcuna idonea dimostrazione dei presupposti indispensabili ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria promossa dalla banca attrice;

tutti e quattro i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono infondati;

osserva il Collegio di dover preliminarmente affrontare la questione relativa all’eccepita nullita’ delle fideiussioni prestate dagli odierni ricorrenti, siccome asseritamente concluse recependo lo schema generale al riguardo predisposto dall’A.B.I.: schema gia’ riconosciuto in sede giurisprudenziale (e dalla stessa Autorita’ Garante) contrario alla L. n. 287 del 1990, articolo 2 in quanto espressivo di intese, o comunque di iniziative negoziali tra imprese bancarie, illecitamente anticoncorrenziali;

e’ appena il caso di rilevare come tale questione di nullita’, non comparendo in nessun luogo della sentenza impugnata – ne’ avendone i ricorrenti menzionata la sollevazione in taluni precedenti atti del processo -, debba ritenersi proposta per la prima volta in questa sede di legittimita’, peraltro in assenza di alcuna specifica indicazione, da parte dei ricorrenti, della misura e dei contenuti della dedotta recezione oggettiva del richiamato schema generale;

cio’ posto, osserva il Collegio come, secondo il piu’ recente orientamento fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione, i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorita’ Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la L. n. 287 del 1990, articolo 2, comma 2, lettera a) e articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, debbano ritenersi parzialmente nulli, ai sensi dell’articolo 2, comma 3 della legge succitata e dell’articolo 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volonta’ delle parti (Sez. U, Sentenza n. 41994 del 30/12/2021, Rv. 663507 – 01);

in forza di tale principio, conseguentemente, in tanto una fideiussione conclusa a valle di intese illecitamente anticoncorrenziali puo’ dichiararsi (parzialmente) nulla, in quanto si accerti che detta fideiussione riproduca clausole proprie dello schema costituente l’intesa anti-concorrenziale vietata, e salvo che non sia desumibile dal contratto, ossia altrimenti comprovata, una diversa volonta’ delle parti;

da tali premesse deriva, ai fini della pronuncia della nullita’ (parziale) della fideiussione impugnata, la necessita’ che il giudice proceda a una preliminare verifica della corrispondenza di (talune) clausole del contratto impugnato con quelle contenute nello schema generale costituente l’intesa vietata, nonche’ alla successiva verifica dell’esistenza di una volonta’ delle parti intesa alla conservazione della validita’ del negozio privo delle clausole nulle;

si tratta, all’evidenza, di un accertamento di nullita’ che presuppone, tanto una verifica documentale estesa all’esame comparativo del contenuti del contratto di fideiussione impugnato e dello schema generale costituente l’intesa vietata, quanto del complessivo comportamento negoziale delle parti, al fine di desumerne (o di escludere) l’effettivo ricorso di una volonta’ contraria al riconoscimento della nullita’ parziale: verifiche ed esami pacificamente eseguibili d’ufficio, in sede di legittimita’, nei soli casi in cui non sia necessario l’esecuzione di ulteriori accertamenti di fatto (v., sul punto Sez. 2, Ordinanza n. 20438 del 29/07/2019, Rv. 654889 – 01, secondo cui nel giudizio di cassazione la nullita’ e’ rilevabile d’ufficio solo se siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l’esistenza);

nel caso di specie, varra’ rilevare come i ricorrenti abbiano del tutto trascurato di provvedere al deposito in giudizio dello schema dell’A.B.I. oggetto del rilevato giudizio di illiceita’ anticoncorrenziale, con la conseguente impossibilita’, in questa sede, di procedere ad alcuna verifica, tanto dei termini (o dei limiti) entro i quali le fideiussioni in questione abbiano effettivamente recepito le clausole di quello schema dell’A.B.I., quanto (e soprattutto) della misura entro cui possa ritenersi desumibile una volonta’ delle parti intesa a mantenere comunque in vigore la fideiussione nonostante l’espunzione di eventuali clausole nulle;

e’ appena il caso di evidenziare come al caso in esame debba inoltre trovare applicazione il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale la nullita’ del contratto posto a fondamento di un’azione su di esso fondata e’ rilevabile d’ufficio, ma non puo’ essere accertata sulla base di una “nuda” eccezione sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione, basata su contestazioni in fatto in precedenza mai effettuate, a fronte della quale l’intimato sarebbe costretto a subire il vulnus delle maturate preclusioni processuali (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 4175 del 19/02/2020, Rv. 657007 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 21243 del 09/08/2019, Rv. 655204 – 01);

il complesso delle considerazioni che precedono induce, pertanto, a ritenere superata la questione concernente la dedotta (ma non adeguatamente attestata) nullita’ delle fideiussioni impugnate in questa sede, variamente sollevata e richiamata nei quattro motivi di impugnazione in esame senza il conforto di un adeguato supporto probatorio a suo sostegno;

cio’ posto, occorre affrontare il punto concernente la posizione del fideiussore in tema di azione revocatoria, avuto riguardo alle diverse doglianze al riguardo illustrate dai ricorrenti avverso la sentenza d’appello;

sul punto, osserva il Collegio come i giudici di merito abbiano correttamente rilevato, in ossequio al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, come l’azione revocatoria ordinaria presupponga, per la sua esperibilita’, la sola esistenza di un debito, e non anche la sua concreta esigibilita’, sicche’, prestata fideiussione a garanzia delle future obbligazioni del debitore principale nei confronti di un istituto di credito, gli atti dispositivi del fideiussore, successivi alla prestazione della fideiussione medesima, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., n. 1, prima parte, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (scientia damni), ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento di denaro da parte della banca, senza che rilevi la successiva esigibilita’ del debito restitutorio o il recesso dal contratto (Sez. 3, Sentenza n. 762 del 19/01/2016, Rv. 638649 – 01; conf. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10522 del 03/06/2020, Rv. 658031 – 01);

sulla base di tali premesse, dev’essere dunque affrontato l’aspetto concernente il rapporto tra contratto preliminare e contratto definitivo conclusi dal fideiussore in relazione alla promozione di un’azione revocatoria nei relativi confronti;

secondo l’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio condivide e fa proprio, al fine di assicurare una continuita’), il contratto preliminare di vendita di un immobile non produce effetti traslativi e, conseguentemente, non e’ configurabile quale atto di disposizione del patrimonio, assoggettabile all’azione revocatoria ordinaria, che puo’, invece, avere ad oggetto l’eventuale contratto definitivo di compravendita successivamente stipulato; pertanto, la sussistenza del presupposto dell’eventus damni per il creditore va accertata con riferimento alla stipula del contratto definitivo, mentre l’elemento soggettivo richiesto dall’articolo 2901 c.c. in capo all’acquirente va valutato con riguardo al momento della conclusione del contratto preliminare, momento in cui si consuma la libera scelta delle parti (Sez. 3, Ordinanza n. 17067 del 26/06/2019, Rv. 654351 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 15215 del 12/06/2018, Rv. 649407 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 17365 del 18/08/2011, Rv. 619120 – 01);

la sentenza d’appello impugnata in questa sede si e’ correttamente adeguata a tali principi, rilevando come fosse rimasta incontestata, nel corso del presente giudizio, la circostanza dell’avvenuta attestazione documentale del debito della societa’ debitrice principale in epoca anteriore alla conclusione dei contratti preliminari da parte dei fideiussori (a nulla rileva la mancata comunicazione ai fideiussori, da parte della banca garantita, della consistenza del debito della societa’ debitrice principale, poiche’ la comunicazione effettuata alla sola debitrice principale, menzionata in sentenza, rileva unicamente ai fini della prova del debito – e come tale non risulta mai contestata dai fideiussori – e non gia’ ai fini dell’eventuale sussistenza di decadenze – peraltro mai eccepite – a carico del creditore garantito), successivamente ricavando, sul piano istruttorio, il ricorso di elementi di prova presuntiva nel loro complesso sufficienti a comprovare la consapevolezza, da parte dei disponenti (ivi compresi i promissari acquirenti), al momento della conclusione del contratto preliminare, di pregiudicare le ragioni della banca creditrice;

l’insieme di queste valutazioni probatorie (tanto quelle relative alla sussistenza del credito della banca in epoca anteriore alla conclusione dei contratti preliminari, quanto quelle relative al riscontro degli stati soggettivi dei disponenti) sono state condotte, dalla corte territoriale, in modo giuridicamente corretto e logicamente congruo, avendo il giudice d’appello specificamente sottolineato gli elementi di natura critica valorizzabili al riguardo (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata) sulla base di criteri di valutazione ragionevolmente rispettosi dei parametri di attendibilita’ raccomandati dal legislatore, si da sottrarsi integralmente alle censure critiche sollevate dai ricorrenti in relazione alla pretesa violazione delle norme concernenti le modalita’ di gestione della prova critica, o della norma processuale di cui all’articolo 132 c.p.c. in tema di motivazione costituzionalmente adeguata;

al riguardo, varra’ rilevare come tutte le doglianze avanzate su tali aspetti dai ricorrenti risultano integralmente esaurite nell’inammissibile prospettazione di una rivalutazione nel merito dei fatti di causa, secondo una prospettiva critica come tale non consentita in questa sede di legittimita’;

allo stesso modo, il giudice d’appello ha correttamente ricondotto la valutazione dell’eventus damni al momento della conclusione dei contratti definitivi, sottolineando la mancata dimostrazione, da parte dei fideiussori, della persistenza, all’epoca di tale conclusione, di adeguate residualita’ patrimoniali dei disponenti idonee ad escludere alcun pregiudizio della banca creditrice;

anche su tale punto la corte territoriale risulta essersi correttamente allineata al consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale il presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria (c.d. eventus damni) ricorre, non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficolta’ nel soddisfacimento del credito, con la conseguenza che grava sul creditore l’onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre e’ onere del debitore che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16221 del 18/06/2019, Rv. 654318 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 19207 del 19/07/2018, Rv. 649739 – 01): onere, quest’ultimo, non adeguatamente assolto nel caso di specie;

sulla base di tali premesse, dev’essere rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, con la conseguente pronuncia di rigetto del ricorso;

non vi e’ luogo per l’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimita’, non avendo nessuno degli intimati svolto difese in questa sede;

al rigetto del ricorso segue l’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’articolo 1-bis, dello stesso articolo 13.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.