al fine della revocatoria degli atti dispositivi posti in essere dal debitore, l’articolo 2901 c.c., richiede che essi si traducano in una menomazione del patrimonio del disponente, si’ da pregiudicare la facolta’ del creditore di soddisfarsi sul medesimo, mentre non esige, quale ulteriore requisito, anche l’impossibilita’ o difficolta’ del creditore di conseguire aliunde la prestazione, avvalendosi di rapporti con soggetti diversi. Pertanto, in ipotesi di solidarieta’ passiva, inclusa quella discendente da fideiussione senza beneficio di escussione, il suddetto eventus damni va riscontrato con esclusivo riferimento alla situazione patrimoniale del debitore convenuto con quella azione, non rilevando l’indagine sull’eventuale solvibilita’ dei coobbligati.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 31 marzo 2017, n. 8315

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24361/2014 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), considerati domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) S.P.A. – (OMISSIS), in persona del Deputy Haed Recup. Crediti Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2682/2012 del TRIBUNALE di PADOVA, depositata il 15/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/01/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilita’ delle censure dedotte ex articolo 360, n. 5; manifesta infondatezza delle altre censure; condanna aggravata alle spese e statuizione sul contributo unificato;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega.

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza resa pubblica il 15 novembre 2012, il Tribunale di Padova accolse la domanda di revocatoria ordinaria proposta dalla (OMISSIS) S.p.A. – (OMISSIS) contro i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) e dichiaro’ l’inefficacia, nei confronti della banca attrice, dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale intercorso, in data (OMISSIS), tra i predetti convenuti in relazione all’unico immobile di loro proprieta’.

2. – Con ordinanza depositata e comunicata il 26 giugno 2014, la Corte di appello di Venezia dichiarava inammissibile, ai sensi degli articoli 348-bis e 348-ter c.p.c., l’impugnazione proposta dal (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) avverso la predetta sentenza di primo grado, per non avere essa ragionevole probabilita’ di accoglimento.

3. – Per la cassazione della sentenza del Tribunale di Padova ricorrono (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso, illustrato da memoria, la (OMISSIS) S.p.A. – (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo mezzo e’ denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c., comma 1, n. 1, “per errata determinazione del momento genetico del credito rispetto all’atto di disposizione ritenuto pregiudizievole”, nonche’ dell’articolo 2697 c.c., comma 1, in relazione all’articolo 2901 c.c., comma 1, n. 1, articolo 115 c.p.c., comma 1, articolo 116 c.p.c., articolo 163 c.p.c., comma 3, n. 5, “per avere il giudice del merito accolto la domanda attorea in assenza di prova dei fatti costitutivi allegati”, altresi’ deducendosi la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., in relazione agli articoli 2704, 2710, 2712, 2719 c.c. e articolo 112 c.p.c..

Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto l’anteriorita’ del credito vantato dalla (OMISSIS) rispetto alla costituzione del fondo patrimoniale nonostante non vi fosse alcuna prova in atti, come eccepito dai convenuti, del contratto di apertura di credito in favore della societa’ (OMISSIS) s.r.l., della quale essi coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) erano fideiussori.

1.1. – Il motivo non puo’ trovare accoglimento.

Il Tribunale ha ritenuto accertato che in data (OMISSIS) la (OMISSIS) s.r.l. sottoscriveva un contratto di corrente con la (OMISSIS); che in data 27 ottobre 2000 i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) sottoscrivevano fideiussione (per Lire 3.100.000.000) in favore della predetta societa’; che in data 30 giugno 2002 il conto corrente della (OMISSIS) s.r.l. presentava uno scoperto di Euro 114.000,00, circa; che in data (OMISSIS) i predetti coniugi costituivano un fondo patrimoniale sull’unico immobile del quale erano proprietari; che nel 2007 la (OMISSIS) revocava gli affidi e nel luglio dello stesso anno otteneva decreto ingiuntivo per Euro 765.000,00, circa.

Cio’ posto, il giudice di primo grado, in armonia con i principi della materia enunciati da questa Corte (tra le altre, Cass., 19 gennaio 2016, n. 762), ha ritenuto che il credito della (OMISSIS) fosse anteriore alla costituzione del fondo patrimoniale in quanto, rispetto a quest’ultima, era precedente la prestazione della fideiussione da parte dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) a garanzia delle obbligazioni della societa’ (OMISSIS) s.r.l., correlata, dunque, non soltanto alla preesistente apertura di credito in favore della medesima societa’, ma anche, e comunque, alla, del pari preesistente, presenza di un rilevante scoperto del conto corrente intestato alla medesima societa’.

Tale ultima, ulteriore ed autonoma ratio decidendi, da sola idonea sorreggere la decisione, non e’ stata fatta oggetto di specifica impugnazione, con la conseguenza che, cristallizzatasi ormai in giudicato, diventano inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitivita’ dell’altra, alla cassazione della decisione stessa (Cass., 14 febbraio 2012, n. 2108).

Cio’, peraltro, senza voler considerare, per un verso, che dalla sentenza di primo grado non risulta che sia stata contestata l’esistenza di un contratto di apertura di credito (ivi, anzi, si riferisce unicamente di una difesa dei convenuti improntata a sostenere la rilevanza del momento di revoca degli affidamenti e i ricorrenti non forniscono idonea localizzazione, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, della proposizione, rituale e tempestiva nel corso del primo giudizio, della contestazione anzidetta) e che, per altro verso, la sicura previa esistenza, rispetto all’atto dispositivo pregiudizievole, della fideiussione (come tale non fatta oggetto di alcuna contestazione) non poteva che avere riguardo a debiti futuri della societa’ garantita verso la banca in ragione di un coerente e, anch’esso, preesistente rapporto giuridico bancario inter partes.

2. – Con il secondo mezzo e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c., “in relazione all’eventus damni”, nonche’ dell’articolo 2697 c.c., comma 1, in relazione all’articolo 2901 c.c., comma 1, n. 1, articolo 115 c.p.c., comma 1, articolo 116 c.p.c., articolo 163 c.p.c., comma 3, n. 5, “per avere il giudice del merito accolto la domanda attorea in assenza di prova dei fatti costitutivi allegati”, altresi’ deducendosi la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., in relazione agli articoli 2704, 2710, 2712, 2719 c.c. e articolo 112 c.p.c..

Il Tribunale avrebbe errato a ritenere sussistente l’esistenza del pregiudizio delle ragioni creditorie soltanto al momento dell’atto dispositivo (la’ dove, in ogni caso, tale pregiudizio era inesistente per non essere la societa’ garantita in dissesto finanziario) e non gia’ sino al momento della proposizione della domanda ex articolo 2901 c.c. (mancando, comunque, di considerare a tal fine che, a seguito di iscrizione ipotecaria su beni immobili di proprieta’ della societa’ debitrice avvenuta nel 2005, i crediti vantati dalla (OMISSIS) erano ormai gia’ ampiamente garantiti).

2.1. – Il motivo e’ in parte inammissibile e in parte infondato.

2.1.1. – E’ inammissibile la’ dove, quanto all’esistenza dell’eventus damni al momento dell’atto dispositivo, veicola una censura che investe l’accertamento in fatto del giudice di primo grado (cfr. pp. 7 e 8 della sentenza impugnata), contestandone la logicita’ e l’adeguatezza motivazionale, ossia prospettando vizi non piu’ riconducibili al paradigma del vigente (ed applicabile ratione temporis) dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, ne’ potendo, al medesimo fine, comunque dedurre l’omesso esame di fatti storici decisivi e discussi ai sensi della predetta vigente norma processuale, essendovi sul punto una cd. “doppia conforme” (cfr. § 54 del ricorso) e, quindi, risultando inibita detta denuncia dall’articolo 348-ter c.p.c., comma 4 (per essere l’appello stato proposto successivamente all’11 settembre 2012).

2.1.2. – E’ infondato in riferimento alla censura che postula una supposta sopravvenuta inesistenza dell’eventus damni in epoca successiva alla costituzione del fondo patrimoniale, in ragione di soddisfacente prestazione di garanzia ipotecaria in favore della (OMISSIS) da parte del debitore principale, giacche’, come enunciato da questa Corte (tra le altre, Cass., 21 novembre 1990, n. 11251; Cass., 22 marzo 20121, n. 6486), al fine della revocatoria degli atti dispositivi posti in essere dal debitore, l’articolo 2901 c.c., richiede che essi si traducano in una menomazione del patrimonio del disponente, si’ da pregiudicare la facolta’ del creditore di soddisfarsi sul medesimo, mentre non esige, quale ulteriore requisito, anche l’impossibilita’ o difficolta’ del creditore di conseguire aliunde la prestazione, avvalendosi di rapporti con soggetti diversi. Pertanto, in ipotesi di solidarieta’ passiva, inclusa quella discendente da fideiussione senza beneficio di escussione, il suddetto eventus damni va riscontrato con esclusivo riferimento alla situazione patrimoniale del debitore convenuto con quella azione, non rilevando l’indagine sull’eventuale solvibilita’ dei coobbligati (ne’, pertanto, che i rispettivi patrimoni siano singolarmente sufficienti a garantire l’adempimento).

3. – Con il terzo mezzo e’ prospettata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c., “in relazione alla insussistenza dell’elemento soggettivo richiesto per l’esperibilita’ dell’azione revocatoria”.

Il Tribunale, stante l’impossibilita’ di stabilire l’anteriorita’ del credito della (OMISSIS) all’atto dispositivo pregiudizievole, in mancanza di allegazione del contratto di apertura di credito, non avrebbe valutato anche il requisito soggettivo della dolosa preordinazione di detto atto.

3.1. – Il motivo e’ inammissibile, giacche’ l’anteriorita’ del credito della (OMISSIS) e’ requisito della esperita azione revocatoria ormai non piu’ in discussione all’esito (sfavorevole) dello scrutinio del primo motivo di ricorso.

4. – Con il quarto mezzo e’ denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c., “in relazione alla insussistenza del requisito della scientia damni”.

Il Tribunale, fondando il proprio convincimento su elementi “tutt’altro che significativi ed univoci” (come la posizione di socia della (OMISSIS) s.r.l. della (OMISSIS) e senza considerare gli elementi a favore del (OMISSIS) e le ragioni del dissesto della societa’ evidenziate dalla relazione del commissario giudiziale), non avrebbe valutato il requisito soggettivo della scientia damni al momento della costituzione del fondo patrimoniale, la’ dove, peraltro, proprio in quel periodo la societa’ debitrice “aveva registrato un elevato incremento di fatturato rispetto all’anno precedente”.

4.1. – Il motivo e’ inammissibile prima ancora che infondato.

A fronte di un accertamento operato dal Tribunale valorizzando elementi integranti la prova presuntiva (il (OMISSIS) era amministratore della (OMISSIS) s.r.l. ed aveva reso, in occasione dell’assemblea societaria del 27 maggio 2002, “dichiarazioni niente affatto ottimistiche” nella relazione sulla gestione del 2001; la (OMISSIS), coniuge del (OMISSIS), era socia di detta societa’, nonche’ legale rappresentante della SIPA, socia della stessa (OMISSIS) s.r.l., ed era presente alla predetta assemblea; l’immobile destinato al fondo patrimoniale era alienabile con solo consenso dei coniugi), in armonia con il principio per cui, in caso di costituzione di fondo patrimoniale, ai fini della scientia damni, e’ sufficiente la semplice consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, ovvero la previsione di un mero danno potenziale (Cass., 30 giugno 2015, n. 13343), i ricorrenti prospettano censure che, lungi dall’evidenziare effettivi errores in iudicando, aggrediscono la motivazione sul predetto accertamento, su cui (come evidenziato dal § 56 dello stesso ricorso) sussiste una cd. “doppia conforme” e, quindi, non e’ neppure consentita, dall’articolo 348-ter c.p.c., comma 4, una denuncia ai sensi del vigente n. 5 dell’articolo 360 c.p.c..

5. – Il ricorso va, pertanto, rigettato e, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., i ricorrenti, in solido tra loro, condannati al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, come liquidate in dispositivo in conformita’ ai parametri introdotti dal Decreto Ministeriale n. 55 del 2014.

Non ricorrono i presupposti di legge per la condanna aggravata alle spese richiesta dal pubblico ministero.

P.Q.M.

rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ in favore della societa’ controricorrente, che liquida in Euro 7.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.