il divieto di procedere in via esecutiva sui beni del fondo patrimoniale è stabilito dall’art. 170 c.c. solo “per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”, sicché a contrario, dalla disposizione citata si evince che l’esecuzione sui beni (e sui frutti) del fondo patrimoniale è consentita relativamente ai debiti contratti per fare fronte ad esigenze familiari, che posso identificarsi con i  seguenti criteri:
– l’estraneità del debito ai “bisogni della famiglia” rilevante per l’applicazione del divieto di esecuzione sul fondo patrimoniale invocato dal debitore esecutato, va verificata alla stregua di un parametro negativo, nel senso che nei detti bisogni sono ricomprese anche le esigenze volte al pieno mantenimento e all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, con esclusione solo delle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi;
– è irrilevante, per l’operare o meno del divieto di esecuzione, la natura delle obbligazioni (ex contractu o ex delicto), dovendosi avere riguardo soltanto alla relazione esistente tra il fatto generatore delle obbligazioni stesse e i bisogni della famiglia, con la conseguenza che, ove la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio, ancorché consistente in un fatto illecito, abbiano inerenza diretta ed immediata con le esigenze familiari, deve ritenersi operante la regola della piena responsabilità del fondo;
– la riconducibilità dei beni alle esigenze della famiglia costituisce accertamento di fatto, istituzionalmente rimesso al giudice di merito;
– spetta al debitore esecutato provare in sede di opposizione che il creditore conosceva l’estraneità del credito ai bisogni della famiglia, sia perché i fatti negativi (quali l’ignoranza) non possono formare oggetto di prova, sia perché esiste una presunzione di inerenza dei debiti ai detti bisogni.

Tribunale|Bari|Sezione 2|Civile|Sentenza|23 aprile 2020| n. 1238

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Bari, seconda sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del giudice Antonio Ruffino, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 3701 / 2018 r.g. proposta

da

(…), rappresentato e difeso dall’Avv. TE.AN., domiciliataria, giusta mandato in atti

– parte attrice –

contro

(…), rappresentato e difeso dall’Avv. GI.DI., domiciliatario, giusta mandato in atti

(…) SOC. COOP. P.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. AN.BA., domiciliatario, giusta mandato in atti

– parti convenute –

(…)

– altra convenuta, contumace –

MOTIVI

I. – Nei limiti di quanto strettamente rileva in funzione della motivazione della decisione giusta il combinato disposto degli artt. 132 co. 2 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., le posizioni delle parti e l’iter del processo possono sinteticamente riepilogarsi come segue.

I.1. – Nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare n. 337/2017 RGE, in cui era stata pignorata in danno di (…), debitore esecutato, la quota indivisa di 1/2 della proprietà dell’immobile sito in A. (B.) alla Via (…), in catasto fabbricati, riportato nel N.C.E.U. del Comune di A. al fg. (…), p.lla (…), sub (…), cat. (…), classe (…), vani 6, in comproprietà con la moglie (…), titolare della restante metà indivisa, in regime di separazione dei beni, venne disposta dal GE la divisione ex art. 600 c.p.c., con contestuale sospensione della procedura esecutiva (ord. 24/11/2017).

Il creditore procedente, (…), ha dunque introdotto, nei confronti dei su indicati comproprietari dell’immobile pignorato pro quota indivisa, nonché del creditore iscritto, il presente giudizio chiedendo procedersi, previo scioglimento della comunione ordinaria sull’immobile pignorato, alla divisione del bene mediante vendita, con attribuzione ai condividenti della quota del ricavato di rispettiva spettanza (atto di citazione notificato il 05/03/2018).

I.2. – Instaurato regolarmente il contraddittorio si sono costituiti:

– (…), che ha eccepito la “nullità della divisione immobiliare per sussistenza fondo patrimoniale”, costituito con atto per notar (…) del 3/6/2013 sul bene oggetto di pignoramento, concludendo per la non proseguibilità sia dell’esecuzione immobiliare, sia del giudizio di divisione, con vittoria di spese (memoria di Cost. del 26 giugno 2018);

– la (…) s.c.p.a., che ha eccepito l’esistenza di un’ipoteca di primo grado in proprio favore sull’immobile pignorato pro quota dallo (…), in forza di mutuo concesso a (…) e (…), giusta atto per Notar (…) dell'(…), rep. (…), concludendo, preliminarmente, per la dichiarazione di cessazione della materia del contendere e, nel merito, per il rigetto della domanda di divisione (comparsa di risposta del 26/11/2018).

I.3. – Nella contumacia dell’altra convenuta, (…), la causa, necessitando di una pronuncia decisoria tesa a rimuovere il contrasto tra le parti sulla possibilità di procedere alla divisione, è stata rinviata, in assenza di attività istruttoria, all’udienza del 19/12/2019, in esito alla quale, sulle conclusioni precisate come in epigrafe, è stata trattenuta in decisione con la rituale assegnazione dei termini per le difese scritte.

II. – Nel merito, deve anzitutto rilevarsi, in generale, che l’iter del giudizio di divisione c.d. endoesecutiva è caratterizzato da una fisiologica molteplicità di fasi, tale da richiedere la decisione con sentenza, eventualmente non definitiva, delle questioni controverse che possono insorgere tra i creditori istanti e alcuno dei condividenti (o tra questi ultimi) in funzione del risultato finale che detto giudizio tende a raggiungere, ossia lo scioglimento della contitolarità, tra il debitore ed altri soggetti estranei al rapporto di credito per il cui soddisfacimento il creditore ha aggredito il bene appartenente soltanto pro quota al suo debitore, dei diritti reali oggetto del pignoramento, al fine di poter procedere sulla parte del compendio staggito assegnata in natura in via esclusiva al debitore – con le forme ordinarie dell’espropriazione sul bene in proprietà esclusiva – o, in caso di non comoda divisibilità, sul suo equivalente in denaro all’esito della liquidazione mediante la vendita pubblica o l’assegnazione a chi, tra gli “altri” comproprietari, ne abbia fatto rituale richiesta.

In particolare, a norma dell’art. 785 c.p.c., devono essere risolte con sentenza le insorte contestazioni sulla pregiudiziale questione dell’esistenza del diritto alla divisione del bene.

Di tanto si tratta, in effetti, nella presente fattispecie, in cui il condividente/esecutato, comproprietario per 1/2 dell’immobile pignorato pro quota in suo esclusivo danno, ha eccepito, quale fatto impeditivo della domanda introdotta dal creditore procedente, l’impossibilità di procedere alla divisione dell’immobile in ragione della preesistenza allo stesso pignoramento del fondo patrimoniale costituito su quel bene unitamente alla moglie, (…), proprietaria della restante metà indivisa.

In disparte dalle anomalie di siffatta scelta difensiva (la destinazione al fondo patrimoniale del bene staggito costituisce normalmente motivo di opposizione all’esecuzione, piuttosto che alla divisione cui si procede nel correlato, ma distinto giudizio introdotto dal creditore), va evidenziato che il divieto di procedere in via esecutiva sui beni del fondo patrimoniale è stabilito dall’art. 170 c.c. solo “per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”, sicché a contrario, dalla disposizione citata si evince che l’esecuzione sui beni (e sui frutti) del fondo patrimoniale è consentita relativamente ai debiti contratti per fare fronte ad esigenze familiari.

La giurisprudenza di legittimità ha elaborato una serie di criteri applicativi, identificativi di tale categoria di debiti, al fine di rendere concretamente operativa la norma, ex se molto stringata, la cui esegesi deve in ogni caso atteggiarsi in termini restrittivi, nel rispetto della sua natura di norma di eccezione, in quanto derogatrice della garanzia patrimoniale generica sancita a favore del creditore su tutti i beni del debitore ex art. 2740 c.c.

Per quanto qui rileva, tali criteri possono così sinteticamente compendiarsi:

– l’estraneità del debito ai “bisogni della famiglia” rilevante per l’applicazione del divieto di esecuzione sul fondo patrimoniale invocato dal debitore esecutato, va verificata alla stregua di un parametro negativo, nel senso che nei detti bisogni sono ricomprese anche le esigenze volte al pieno mantenimento e all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, con esclusione solo delle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi (così, da Cass. n. 134/1984 a Cass. n. 15862/2009);

– è irrilevante, per l’operare o meno del divieto di esecuzione, la natura delle obbligazioni (ex contractu o ex delicto), dovendosi avere riguardo soltanto alla relazione esistente tra il fatto generatore delle obbligazioni stesse e i bisogni della famiglia, con la conseguenza che, ove la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio, ancorché consistente in un fatto illecito, abbiano inerenza diretta ed immediata con le esigenze familiari, deve ritenersi operante la regola della piena responsabilità del fondo (Cass. n. 11230/2003);

– la riconducibilità dei beni alle esigenze della famiglia costituisce accertamento di fatto, istituzionalmente rimesso al giudice di merito (Cass. n.12730/2007);

– spetta al debitore esecutato provare in sede di opposizione che il creditore conosceva l’estraneità del credito ai bisogni della famiglia, sia perché i fatti negativi (quali l’ignoranza) non possono formare oggetto di prova, sia perché esiste una presunzione di inerenza dei debiti ai detti bisogni (Cass. n. 5684/2006).

La leva va posta, dunque, non già, come infondatamente sostenuto dalla difesa del (…), sulla natura dell’obbligazione (contrattuale o meno) o sull’anteriorità o posteriorità del credito rispetto alla costituzione del fondo, bensì sull’accertamento della relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti sono stati contratti (il c.d. fatto generatore dell’obbligazione) e i bisogni della famiglia, nei quali devono ricomprendersi anche le esigenze volte al pieno soddisfacimento e all’armonico sviluppo del nucleo stesso, nonché al potenziamento della capacità lavorativa, con esclusione solo delle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi.

Ne deriva che anche un debito sorto per l’esercizio di attività imprenditoriale può essere finalizzato al soddisfacimento dei bisogni familiari, ove contratto per necessità comunque riconducibili a quelle proprie famiglia (ad esempio, per il suo adeguato mantenimento e sviluppo) ovvero per il potenziamento della capacità lavorativa di chi produce il reddito di sostentamento, e non per esigenze voluttuarie o di natura speculativa.

Per quanto esposto, anche in forza del generale criterio distributivo dell’onus probandi sancito dall’art. 2697 c.c., il (…), opponendosi alla divisione, aveva l’onere di provare (oltre alla regolare costituzione del fondo: Cass. 4011/2013 e 21800/2016):

a) l’assunzione del debito con lo (…) per bisogni diversi da quelli della famiglia;

b) la conoscenza di tale circostanza da parte del creditore.

In disparte dall’incontestata anteriorità della costituzione del fondo patrimoniale de quo rispetto al sorgere del credito, tuttavia irrilevante ai presenti fini per quanto innanzi detto, non può dirsi che siffatto onere sia stato assolto dal convenuto, anzitutto, sotto il profilo sub a).

In proposito, il (…) si è limitato a prospettare che l’azione esecutiva del procedente e il giudizio di divisione che ne è scaturito, muovono da un titolo esecutivo formatosi per un credito da fornitura e posa in opera di manufatti da utilizzarsi nell’ambito della sua attività imprenditoriale (costruttore edile), della quale lo (…) sarebbe stato perfettamente a conoscenza in quanto usuale fornitore dell’impresa.

Sennonchè tale allegazione difensiva non vale in sé e per sé ad escludere l’inerenza del debito de quo ai bisogni familiari, nella misura in cui:

– in generale, un’attività di impresa individuale, come dichiaratamente svolta dal (…), non può che essere ragionevolmente finalizzata al sostentamento dell’imprenditore e della sua famiglia, non essendo stato neppure allegato dal convenuto se, al momento dell’in-sorgere del credito posto in esecuzione, vi fossero (e quali fossero) altre fonti, diverse dal reddito dell’attività imprenditoriale, dalle quali la sua famiglia del debitore traeva i mezzi per il soddisfacimento delle proprie esigenze;

– la responsabilità illimitata dell’imprenditore individuale determina una presunzione niente affatto generica (del tipo: qualunque attività di impresa è destinata a soddisfare i bisogni familiari), ma specifica, in forza della quale deve ritenersi integrata la prova che gli interessi dell’impresa esercitata dal debitore coincidono con quelli della sua famiglia, con la conseguenza che i debiti contratti in funzione della prima devono presumersi concretamente finalizzati al soddisfacimento delle esigenze della seconda, soprattutto laddove non sia provato che l’attività aziendale non sia affiancata da altre attività, facenti capo allo stesso debitore, produttive di redditi idonei potenzialmente destinabili ai bisogni della sua famiglia.

Sotto l’ulteriore e distinto profilo sub b), la prospettazione difensiva del (…) – ove mai volesse ritenersi da questi dimostrata l’estraneità del debito ai bisogni della famiglia – ugualmente non soddisfa l’onere probatorio gravante sul debitore che voglia far valere il divieto di esecuzione sul fondo patrimoniale, in quanto non è supportata dall’occorrente prova, da fornirsi eventualmente anche in via presuntiva, della consapevolezza in capo al creditore/esecutante dell’estraneità ai bisogni familiari del debito assunto dalla controparte con il rapporto contrattuale “a monte”. Può anzi osservarsi che vi sono in atti elementi idonei a dimostrare il contrario, quali la circostanza che tanto la residenza del (…), quanto la sede della sua impresa, operante sotto la ditta “(…) di (…)” e asseritamente destinataria della fornitura non pagata allo (…), sono entrambe fissate in (…), alla via S. 12, ove si trova pure l’immobile pignorato.

L’insieme degli elementi di valutazione su esposti induce ad escludere l’opponibilità del fondo patrimoniale al creditore procedente nella presupposta sede esecutiva e, per conseguenza, nella presente sede divisionale. Deve perciò concludersi che sussiste il diritto dell’attore di chiedere ed ottenere la divisione del bene per cui è causa.

III. – La difesa del (…) ha altresì invocato, in termini generici, un approfondimento istruttorio (ctu) circa la divisibilità in natura dell’immobile pignorato, senza peraltro compiutamente formulare in proposito alcuna specifica eccezione di merito all’atto della costituzione in giudizio: ciò che, di per sé, ben può precludere in radice l’esame della questione.

In ogni caso, è agevole osservare, alla stregua delle chiare risultanze della perizia di stima redatta dall’Esperto nominato in sede esecutiva (relazione Ing. G. M. del 4/10/2017 con l’allegata documentazione fotografica: in atti), che l’immobile pignorato consiste in un appartamento con superficie utile coperta di mq 158,50 (oltre a quella scoperta), il cui carattere unitario e sostanzialmente indivisibile è contrassegnato sia dall’unica porta di accesso, sia dalla distribuzione interna degli ambienti (v. pianta allegata alla perizia), sia dalla indubbia unicità degli impianti a servizio dell’immobile, tale da rendere quanto meno non comoda, né economicamente conveniente la separazione ai fini della creazione di due unità autonome equivalenti.

In conclusione, sussiste il diritto alla divisione richiesta dal creditore procedente al fine di soddisfarsi sulla porzione di spettanza del debitore esecutato, da individuarsi e liquidarsi nella presente sede di giudizio mediante vendita dell’intero, con successiva devoluzione all’esecuzione immobiliare sospesa.

IV. – Da rigettare è pure la singolare eccezione formulata dalla (…) s.c.p.a., creditrice intervenuta in sede esecutiva in forza di un titolo (mutuo ipotecario) nei confronti degli odierni condividenti (coniugi (…) – (…)), la quale pretende di far derivare dal privilegio a suo favore iscritto sull’intero immobile (ipoteca volontaria di primo grado) l’insussistenza del diritto alla divisione azionato dallo (…), con l’asserita necessità di procedere dinanzi al GE alla vendita del cespite in danno di entrambi i debitori/comproprietari, previa declaratoria di “cessazione della materia del contendere” nel presente giudizio di divisione.

Tale richiesta – comunque infondata nella misura in cui assume la ricorrenza dei presupposti della cessazione della materia del contendere, viceversa palesemente insussistenti in ragione del diritto alla divisione affermato dall’attore e fermamente contestato dal convenuto – non considera che tutto ciò che può espropriarsi in sede esecutiva è il diritto ritualmente sottoposto a pignoramento, diritto che, nella specie, coincide con la sola quota indivisa di 1/2 dell’immobile di cui è comproprietario il (…), essendo viceversa esclusa dall’azione esecutiva dello (…) la pari quota di proprietà della (…) (donde il rituale avviso alla comproprietaria ex art. 599 c.p.c. e la conseguente ordinanza del GE che ha disposto il giudizio di divisione ex art. 600 c.p.c.).

Ben avrebbe potuto, in effetti, la creditrice privilegiata, in quanto munita dell’occorrente titolo esecutivo (mutuo ipotecario) nei confronti di entrambi i comproprietari, suoi debitori in solido, pignorare separatamente l’intero immobile (o la sola quota indivisa della (…)), successivamente chiedendo la riunione dei pignoramenti dinanzi al GE: il che tuttavia non risulta avvenuto, come peraltro si desume dalla irrituale richiesta di “termine per valutare la possibilità di estendere il pignoramento nei confronti della quota indivisa intestata alla Sig.ra (…)”, formulata nel verbale di precisazione delle conclusioni dal Difensore della Banca.

V. – La regolamentazione delle spese processuali va rimessa al definitivo.

P.Q.M.

il Tribunale di Bari, seconda sezione civile, in composizione monocratica, non definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con atto di citazione notificato in data 5/3/2018, da (…) nei confronti di (…) e altri, ogni contraria istanza disattesa, così provvede:

a) DICHIARA il diritto del creditore di procedere alla divisione del compendio oggetto di pignoramento nel proc. n. 337/2017 RGEI e, per l’effetto, dichiara lo scioglimento della comunione tra (…) e (…) sull’immobile sito in (…) (B.) alla Via (…), in catasto fabbricati, riportato nel N.C.E.U. del Comune di (…) al fg. (…), p.lla (…), sub (…), cat. (…), classe (…), vani 6;

b) DISPONE come da separata ordinanza per l’ulteriore corso del giudizio di divisione;

c) SPESE al definitivo.

Così deciso in Bari il 22 aprile 2020.

Depositata in Cancelleria il 23 aprile 2020

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.