sono gravi difetti dell’opera, rilevanti ai fini dell’art. 1669 cc, anche quelli che riguardano elementi secondari ed accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi ecc.) purché tali da compromettere la funzionalità globale dell’opera stessa e che, senza richiedere opere di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con interventi di manutenzione ordinaria ai sensi dell’art. 31 legge n. 457/78 e cioè con “opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici” o con “opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti. E, ancora, si configurano gravi difetti dell’opera anche quelli che pregiudicano il normale godimento del bene, non contando la modesta entità, ma le possibili conseguenze e che un difetto su un’opera edilizia può essere considerato “grave” anche se di modesta entità, dovendosi la gravità valutare con riferimento alle conseguenze che derivano o possano derivare, e non dalla sua isolata consistenza. Pertanto, sono da considerare “gravi vizi dell’opera” anche quelli che, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità dello stesso.

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Tribunale|Firenze|Sezione 3|Civile|Sentenza|12 ottobre 2022| n. 2835

Data udienza 4 ottobre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE

TERZA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice Dr. Mariateresa Vitiello, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I grado iscritta a ruolo al n. R.G. 15304/2017, promossa da: (…) S..r.l., con l’Avv. (…)

ATTRICE

CONTRO

(…) S.p.a., con l’Avv. (…)

CONVENUTA

(…) S.p.a., con l’Avv. (…) S.p.a., con l’Avv. (…)

TERZI CHIAMATI

Oggetto: Appalto, altre ipotesi ex art. 1655 e seguenti cc

Causa ritenuta in decisione sulla base delle seguenti

CONCLUSIONI

DI TUTTE LE PARTI

Come da fogli depositati in PCT per l’udienza del 24/5/2022

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato la società (…) conveniva in Giudizio avanti al Tribunale di Firenze la società (…) al fine di sentirla condannare al pagamento della somma complessiva di euro 49.721,76, a titolo di risarcimento per 1 danni provocati dalla convenuta per l’esecuzione non a regola d’arte dei lavori di costruzione del fabbricato e della pensilina di copertura del nuovo distributore carburanti di proprietà di essa attrice siti in Scandicci (FI), Loc. San Vincenzo a Torri, via (…), così come accertato in esito al giudizio di ATP precedentemente svoltosi tra le parti.

Costituitasi in giudizio, (…) spa chiedeva, in via preliminare, di essere autorizzato a chiamare in causa la Compagnia (…) S.p.a. e il D.L. Arch. (…), e, nel merito, contrastava le richieste attoree chiedendo il rigetto delle domande attoree e, in subordine, per l’accertamento della graduazione della responsabilità alla luce della asserita responsabilità concorrente e prevalente della società (…) S.r.l., dell’Arch. (…) e della fallita (…) S.r.l., per la quale avrebbe dovuto rispondere (…) Ass.ni spa.

Costituitosi in giudizio, l’Arch. (…), chiedeva in via preliminare di essere autorizzato a chiamare in causa la propria compagnia assicuratrice (…) S.p.a., concludendo nel merito per il rigetto delle richieste formulate dalla società (…) S.p.a. e, in subordine, per la condanna della Compagnia (…) a rilevarlo indenne.

Costituitasi in giudizio la (…) S.p.a., quale Compagnia di assicurazioni della fallita (…) S.r.l., la quale contestava la chiamata in causa da parte della (…) e chiedeva comunque il rigetto delle domande attrici.

Costituitasi in giudizio la (…) S.p.a., quale Compagnia di assicurazioni del terzo Arch. (…), chiedeva il rigetto delle domande avanzate nei suoi confronti.

Acquisito il fascicolo relativo all’ATP R.G. 9126/2016 del Tribunale di Firenze, veniva ammessa la prova per testi richiesta da parte attrice e, successivamente, veniva disposto che il CTU si pronunciasse a chiarimenti e, in esito all’intervento all’udienza del 24.05.2022 la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all’art. 190 C.p.c.

Preliminarmente, quanto alla eccezione di prescrizione e decadenza sollevata dalla convenuta, questa infondata.

In effetti, come risulta dal contratto inter partes del giugno 2009, l’appaltatore si è impegnato a rimanere garante per le opere eseguite per 10 anni che non sono trascorsi dal momento della ultimazione delle opere (16/12/2009) all’introduzione del Giudizio per ATP.

Nello stesso contratto, ed anche prima, nella conferma d’ordine del 2008, la odierna contenuta, peraltro, aveva prestato le garanzie più ampie relative alla opera realizzanda, espressamente dichiarando che: “tutti gli incastri, i giunti strutturali di continuità, e gli schemi nodali dovranno essere eseguiti a regola d’arte nei modi, nelle forme e nelle posizioni, prescritte inderogabilmente dalla (…) S.p.A., la quale rimane unica responsabile delle opere, sia per quanto riguarda l’impostazione strutturale, la progettazione, il calcolo e la qualità dei materiali e delle loro lavorazioni”… “…Pertanto restando la (…) S.p.A. l’unica responsabile delle opere sopra descritte (…). Il dimensionamento delle travi e dei particolari di collegamento sarà unicamente di competenza della (…) S.p.A.”……”l’appaltatore dichiara di restare garante delle opere eseguite per una durata di anni 10 (dieci) e si impegna ripristinare, a sua cura e spese, tutte quelle opere non eseguite a perfetta regola d’arte… “…. ” … L’appaltatore dichiara che stipulerà, prima dell’inizio dei lavori e per tutta la durata degli stessi fino al Collaudo finale, una apposita Polizza Assicurativa di Responsabilità Civile verso terzi con primaria Compagnia Assicurativa, per copertura di tutti i rischi connessi all’esecuzione dell’appalto. Tale onere è a completo carico dell’Appaltatore”.

Conseguentemente, non si può prescindere da quanto garantito, ma, in questa sede, si potrà unicamente avere riguardo all’eventuale apporto di terzi negli eventi, dovendosi in ogni caso prendere le mosse da quanto già obiettivamente emerso ed accertato in sede di ATP, quale procedimento, di natura giurisdizionale, strettamente connesso con il successivo giudizio di merito e che costituisce un’istruttoria anticipata finalizzata ad acquisire tempestivamente elementi di fatto sullo stato dei luoghi o sulla condizione o qualità di cose.

E quel giudizio per ATP svoltosi fra (…) srl e (…) spa, è stato specificamente volto ad accertare la sussistenza o meno delle lamentate infiltrazioni, se i vizi eventualmente rilevati fossero o meno riconducibili ad una errata impermeabilizzazione eseguita dalla (…), se conseguentemente fossero derivati vizi strutturali all’immobile, e quali ne fossero le cause, con indicazione delle opere e dei costi necessari per il ripristino.

Il CTU incaricato dal Giudice ha accertato la indubbia verificazione di fenomeni deformativi del manto di copertura della struttura che hanno portato al progressivo distacco generale del rivestimento fino al conseguente manifestarsi delle infiltrazioni lamentate nell’immobile, individuando anche quali sarebbero stati gli accorgimenti opportuni (non attuati evidentemente), in fase progettuale esecutiva per evitare quanto sopra.

Il tecnico ha altresì sottolineato che le parti (nel giudizio di ATP e, cioè, (…) e (…)) hanno sicuramente condiviso la scelta del pacchetto del manto di copertura, “ovvero di un tetto ventilato con manto a vista e che 1 vizi riscontrati hanno determinato un progressivo dislocamento del manto impermeabile causando il disordine che interessa l’intero rivestimento” e ha individuato le cause dei difetti sia in errori nella fase progettuale ed esecutiva, sia nell’assenza di una manutenzione regolare, che presuppone, in particolare, ispezioni periodiche volte a controllare la funzionalità delle opere accessorie per la maggior durata della impermeabilizzazione che, se fosse stata effettuata, prima delle denunciate infiltrazioni, cioè dal 2015, avrebbe fatto emergere da subito la presenza dei vizi rilevati dell’opera, così che si sarebbe potuto porre rimedio con interventi atti a limitare maggiormente i “fenomeni di instabilità” del manto stesso.

Quanto agli interventi di sistemazione e ripristino, il CTU ha ravvisato la necessità di rimuovere e installare un nuovo pacchetto della falda di copertura a quota più bassa dell’immobile di superficie di circa 90 mq e della rimozione e installazione di nuova guaina impermeabilizzante della falda, di circa 110 mq, per un totale stimato in euro 32.000.

In esito all’esame dell’ATP e all’acquisizione del relativo fascicolo, nel corso del presente giudizio, si è resa necessaria la convocazione del CTU arch. (…) al fine di rendere chiarimenti e precisazione con specifico riguardo alla – già rilevata – concorrente responsabilità dell’attrice sulla scelta degli interventi da effettuare.

In tale occasione il tecnico precisava nuovamente che “la scelta del pacchetto del manto di copertura è stata condivisa dalle parti ((…) e (…)) e che l’Arch. (…) – direttore dei lavori nominato da (…)- ha fatto il progetto di massima mentre gli esecutivi e i dettagli sono stati fatti dalla (…) condividendoli anche con (…) e (…)”, con ciò, pertanto, dovendosi ritenere che “le responsabilità sono da suddividersi tra (…), (…) e (…) in parti uguali vista la condivisione di tutte le scelte ed il risultato che ne è derivato”.

E’ innegabile, infatti, che parte attrice abbia effettivamente e attivamente partecipato alla realizzazione dei lavori, anche a mezzo del DL, con ciò ingerendosi nell’attività della (…) tanto da determinare una vera e propria responsabilità anche del committente per i fatti negativi conseguenti.

Già nel contratto inter partes, peraltro, all’art. 4 denominato “Oneri del committente”, si prevedeva espressamente che: “Sono a carico del committente la progettazione, la direzione dei lavori, la coordinazione della sicurezza e i collaudi, nonché le relative spese”, ed pure dalla prova per testi è emerso che la “progettazione del pacchetto di copertura e delle parti complementari non era un nostro compito (cioè della (…)), il progetto lo aveva fatto l’Arch. (…) e la squadra di montaggio era in contatto con l’architetto sul cantiere” (teste (…), udienza 26/11/2020).

Ciò, oltre alla responsabilità per la mancata regolare manutenzione come sopra visto.

Quanto alla figura dell’Arch. (…), non può certo prescindersi da quanto rilevato dal CTU e, anche se lo stesso si è difeso evidenziando di essersi occupato – solamente- “delle prime due fasi di progettazione della costruzione, come sopra indicate, ovvero del progetto preliminare e del progetto definitivo ed ha svolto l’attività di Direttore dei Lavori”, è evidente, che proprio e anche solo nella funzione di DL, avendone le qualità specifiche, ben avrebbe dovuto vigilare affinché le opere fossero eseguite a regola d’arte.

In effetti, tra i compiti riconducibili in capo al direttore dei lavori rientrano proprio la segnalazione di situazioni anomale riscontrate nel corso dell’appalto e l’adozione di tutti gli accorgimenti volti a garantire che l’opera risulti immune da difetti e vizi, essendo il d.l. tenuto – al di là dell’aver realizzato o meno i progetti relativi alle opere – ad impartire le istruzioni necessarie affinché l’opera venga realizzata conformemente alle aspettative del committente, nonché verificarne l’ottemperanza da parte dei soggetti ai quali sono indirizzate.

La diligenza del direttore dei lavori va valutata non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della “diligentia quam in concreto”, cioè tenendo conto della specifica perizia e delle capacità tecniche esigibili nel caso concreto, ben potendo il professionista chiamato a rispondere in solido con l’appaltatore dei vizi e difetti dell’opera.

E’ stato, infine, accertato comunque che le lamentate problematiche di infiltrazione devono essere imputate – anche – all’operato della ditta (…) Srl, cui la (…) ha appaltato i relativi lavori e, posto che la ditta appaltatrice è nelle more fallita, e (…) ha provveduto a chiamare in causa la (…) Spa, in forza dell’art. 4 D. LGS 122/2005 (per azione diretta nei confronti della compagnia che ha rilasciato garanzia decennale postuma), a tutela gli acquirenti dalla possibile insolvenza del costruttore.

(…) Assicurazioni, quale assicuratrice della (…) srl ha eccepito la propria estraneità alle richieste della convenuta e il difetto di legittimazione attiva di questa in ordine all’azione di adempimento del contratto di assicurazione, di cui alla polizza n.288752260 dell’allora denominata Assicurazioni (…), ex art.4 delle condizioni (…) di assicurazione (le c.d. c.g.a.) della stessa polizza, in quanto non contraente, con conseguente inammissibilità della chiamata in causa di (…).

L eccezione e infondata.

In effetti, la polizza in oggetto si qualifica come “assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta” (art. 1891 c.c.) ed integra una vicenda negoziale “sui generis” di contratto a favore di terzo, alla quale si applicano tanto le norme proprie dell’istituto ex art. 14111 e ss cc, quanto quelle del contratto di assicurazione nella parte in cui derogano ai principi (…) dettati dalla legge per il contratto a favore di terzo, con la conseguenza che il diritto all’indennizzo rientrerà nel patrimonio dell’assicurato/beneficiario e non del Contraente.

In caso di verificazione del sinistro, il diritto al risarcimento appartiene, dunque, legalmente ad un terzo ovvero “l’acquirente … persona fisica che acquista un edificio o una porzione di edificio da costruire in qualunque forma”, per cui la Suprema Corte, con l’ordinanza n. 30653/2017 ha ritenuto che l’assicurato ha azione diretta nei confronti della società assicuratrice, in quanto, trattandosi, come detto, di assicurazione per conto altrui, fanno capo direttamente all’assicurato, ai sensi del secondo comma dell’art. 1890 cod. civ., i diritti derivanti dal rapporto assicurativo e deve, pertanto, ritenersi, altresì, sussistente la legittimazione passiva dell’assicuratore.

Quanto alla posizione della chiamata in causa (…) ass.ni, quale compagnia assicuratrice del tecnico Arch. (…), le eccezioni in merito alla inoperatività della polizza invocata devono ritenersi parimenti infondate.

In effetti, la polizza de quo, all’art. 1 delle Condizioni particolari, a parziale deroga di quanto previsto all’art. 5, dispone che la compagnia: “si obbliga a tenere indenne l’Assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare quale civilmente responsabile ai sensi di legge a titolo di risarcimento del danno per: i danneggiamenti materiali alle opere progettate o dirette ed a quelle delle quali esse fanno parte, conseguenti a rovina totale o parziale delle stesse”.

In merito alla individuazione della tipologia di danneggiamento, e al significato di questa ultima locazione, con più pronunce del medesimo avviso, la Corte di Cassazione ha ritenuto che sono gravi difetti dell’opera, rilevanti ai fini dell’art. 1669 cc, anche quelli che riguardano elementi secondari ed accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi ecc.) purché tali da compromettere la funzionalità globale dell’opera stessa e che, senza richiedere opere di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con interventi di manutenzione ordinaria ai sensi dell’art. 31 legge n. 457/78 e cioè con “opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici” o con “opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti” (cfr. sentenze nn. 1164/95 e 14449/99, n. 8140/04, che ha ritenuto costituire grave difetto lo scollamento e la rottura, in misura percentuale notevole rispetto alla superficie rivestita, delle mattonelle del pavimento dei singoli appartamenti; nn. 11740/03, 81/00, 456/99, 3301/96 e 1256/95; nn. 1393/98, 1154/02, 7992/97, che trattano di un apprezzabile danno alla funzione economica o di una sensibile menomazione della normale possibilità di godimento dell’immobile, in relazione all’utilità cui l’opera è destinata).

E, ancora, con l’ordinanza n. 1423/2019, la Suprema Corte ha ancora precisato che si configurano gravi difetti dell’opera anche quelli che pregiudicano il normale godimento del bene, non contando la modesta entità, ma le possibili conseguenze e che un difetto su un’opera edilizia può essere considerato “grave” anche se di modesta entità, dovendosi la gravità valutare con riferimento alle conseguenze che derivano o possano derivare, e non dalla sua isolata consistenza.

Pertanto, sono da considerare “gravi vizi dell’opera” anche quelli che, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità dello stesso.

Nel caso di specie, con riferimento a quanto emerso in sede di ATP e alla descrizione operata dal CTU, deve ritenersi che si siano verificati danni definibili gravi (all’interno dei locali qualche volta ha piovuto sui tavolini, come riferito da un teste), tali da pregiudicare e compromettere in modo rilevante il normale godimento dell’immobile, che possono dirsi rientranti nella copertura della polizza in esame.

Sicuramente da considerarsi sono i “massimali indicati nel frontespizio di polizza fino alla concorrenza di Euro 216.000,00 e con l’applicazione di uno scoperto del 10% per ogni sinistro con il minimo di Euro 5.400,00 e un massimo di Euro 16.200,00”.

Quanto ai danni reclamati, da (…), in esito all’attività istruttoria devono riconoscersi i costi necessari per la rimessa in pristino del fabbricato, come indicati dal CTU Arch. (…) nel procedimento di ATP e, cioè, euro 36.200,00, oltre IVA euro 7.964,00, con esclusione del compenso corrisposto all’Arch. (…).

Deve riconoscersi invece dovuto il rimborso pro quota a carico della (…) spa, parte del giudizio per ATP, del compenso professionale corrisposto dall’attrice al CTU nominato Arch. (…) in quel nel procedimento, per euro 1.282,56.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunziando, ogni altra eccezione respinta o disattesa,

ritenuta la responsabilità concorrente nella verificazione dei vizi e difetti lamentati anche dell’attore (…) spa, determina il danno risarcibile consistente nei costi per il ripristino delle opere in complessivi euro 27.150,00, oltre IVA, cioè 3/4 della somma complessivamente stimata anche dal CTU in sede di ATP, oltre al rimborso pro quota dei compensi del CTU, per euro 1.282,56, sostenuti solo dall’attore, da porsi per la metà anche a carico della convenuta in quel giudizio (…) spa e, dunque,

condanna (…) spa, l’Arch. (…) e la (…) spa quale compagnia assicuratrice della fallita srl (…), al pagamento, in favore dell’attore della somma di euro 27.150,00, oltre IVA, nella misura di un terzo a carico della convenuta (…) spa, un terzo a carico dell’Arch. (…) e un terzo a carico di (…) srl e, per essa (…) spa

condanna altresì (…) spa quale compagnia assicuratrice dell’Arch. (…) a tenere indenne il proprio assicurato con riferimento alla condanna di cui sopra, detratto lo scoperto del 10% come previsto in polizza,

condanna (…) spa a rimborsare a (…)80 spa la metà delle spese di CTU nel procedimento per ATP per euro 641,28, oltre accessori di legge se dovuti,

stante la reciproca soccombenza delle parti, compensa fra tutte le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Firenze, il 4 ottobre 2022.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: aspetti generali del contratto di appalto

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Avv. Umberto Davide

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