la procedura conciliativa, instaurata con la domanda di mediazione, impedisce il decorso del termine di decadenza (30 giorni) previsto dall’art. 1137 c.c. per impugnare la delibera condominiale il quale torna nuovamente a decorrere (per ulteriori 30 giorni) dalla data del deposito del verbale di conciliazione negativo presso l’organismo di mediazione (art. 5, co. 6 del Dlgs n. 28/2010).

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Tribunale|Roma|Sezione 5|Civile|Sentenza|2 gennaio 2023| n. 6

Data udienza 31 dicembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE QUINTA CIVILE

in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa Maria Grazia Berti, ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 2351 del Ruolo Generale per l’anno 2021

TRA

AVV. (…) (C.F. (…)), che si difende in proprio ai sensi dell’art. 86 c.p.c. ed elettivamente domiciliata nel proprio studio in Roma, Via (…) come da dichiarazione in atti.

ATTRICE

E

CONDOMINIO (…) n. 60 (C.F.: (…) elettivamente domiciliato in Roma, Via (…) presso lo studio dell’Avv. Cl.St. come da procura in atti.

CONVENUTO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avv. (…), con atto di citazione notificato in data 11 dicembre 2020, ha convenuto in giudizio il Condominio (…) n. 60, Roma impugnando la delibera resa dall’assemblea il 16 ottobre 2020 (punti 1, 2, 3 e 4 all’o.d.g.) ritenendola illegittima ed invalida. Ha esposto in punto di fatto:

– di essere proprietaria di due unità immobiliari (appartamento Sc. B int.11 e Box n. 10) site nel Condominio (…) sito alla via (…);

– che in data 16.10.2020 si svolgeva l’assemblea condominiale del Condominio (…) n. 60 costituita da 38 condomini (presenti o per delega) su un totale di n. 60 per complessivi millesimi 754,22;

– che l assemblea, tra i vari punti all o.d.g., approvava il consuntivo gestione ordinaria anno 2019, il preventivo gestione ordinaria anno 2020 e i lavori facciate 2020/2021 già appaltati alla ditta (…), nominava il nuovo amministratore e conferiva mandato all’Avv. (…) per promuovere un ricorso in Cassazione;

– di aver richiesto all’amministratore subito dopo la riunione – mediante PEC del 17 ottobre 2020 – l’invio del verbale di assemblea ed ulteriore documentazione, tra cui il foglio delle presenze e le deleghe conferite ai condomini che però sarebbero state trasmesse con molto ritardo e dopo reiterate comunicazioni;

– che in data 02.11.2020 l’attrice depositava istanza di mediazione che veniva inviata all’amministratore p.t. del Condominio (…) mediante raccomandata A/R. anticipata a mezzo PEC in data 10.11.2020 con primo incontro fissato per il giorno 30.11.2020 ore 1200;

– che il procedimento di mediazione si concludeva negativamente per mancata partecipazione della parte chiamata.

Ciò premesso in fatto, parte attrice ha dedotto a fondamento della proposta impugnazione i seguenti motivi:

1. violazione dell’art. 38 del Regolamento condominio che prevede espressamente che “non sono ammesse più di tre deleghe alla stessa persona” mentre dallo stesso verbale di assemblea si evince che la condomina (…) avrebbe ricevuto 5 deleghe per complessivi millesimi 58,25 con invalidazione dell’intero deliberato adottato;

2. mancata indicazione dei condomini astenuti e contrari e dei relativi millesimi nelle delibere di cui al punto 2 e dell’o.d.g. votata a maggioranza;

3. erroneo computo nelle decisioni di cui al 3, 4 e 5 punto all’od.g. del voto del condomino Zecca che lasciava l’assemblea e conferiva le deleghe ricevute da alcuni condomini ad altro condomino violando il principio “delegatus delegare non potest”;

4. mancato raggiungimento del quorum per la delibera di cui al punto 4 dell’o.d.g.;

5. mancata corrispondenza tra le deleghe cartacee e l’elenco dei condomini indicati nel frontespizio del verbale di assemblea del 16 ottobre 2020 alcune delle quali anche mancanti;

6. erronea indicazione nel consuntivo approvato delle somme dovute dall’attrice a titolo di saldo per gestioni precedenti riferite ad una sentenza in appello che ha visto vittoriosa l’attrice;

7. violazione del principio della chiarezza del bilancio approvato (consuntivo 2019) sia per le somme poste a debito dell’attrice nel consuntivo 2019, sia per erronea contabilizzazione di alcune spese e per lavori fatti eseguire dall’amministratore senza alcuna delibera autorizzativa non ricorrendone l’urgenza, sia, infine, per mancata indicazione nel consuntivo di un rimborso in favore del Condominio da parte della (…) s.p.a..

Ha concluso, pertanto l’attrice chiedendo di “DICHIARARE nulla, o comunque annullabile, la deliberazione assembleare del 16 ottobre 2020 e precisamente quella adottata dall’Assemblea Condominiale (…) ai punti nn. 1.2.3.4. del verbale di assemblea (cfr doc n. 1 depositato in atti) per tutti i motivi e le ragioni ivi espresse, per lo effetto ANNULLARE la delibera de qua con riguardo ai punti 1-2-3-4 O.d.g rendendola così inefficace e priva di effetti con riguardo ai punti O.d.g. 1-2-3-4-, nonché CONDANNARE parte convenuta Condominio (…) al pagamento delle spese processuali a favore di parte attrice. In ragione della mancata partecipazione del Condominio senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il cui avvio era stato fissato per il giorno 30 novembre 2020 innanzi l’Organismo di Mediazione del Consiglio Ordine Avvocati di Roma, Voglia l’On.le Tribunale di Roma disporre a carico del Condominio (…) 60 la sanzione pecuniaria prevista ex lege”.

Si costituiva parte convenuta eccependo, in primis, la tardività dell’impugnazione, posto che l’attrice era presente all’assemblea ed avrebbe dovuto proporre l’impugnazione ai sensi dell’art. 1137 c.c. entro il 15 novembre 2020, mentre la mediazione svolta non poteva definirsi valida ed interruttiva dei termini in quanto l’istanza sarebbe stata inviata al Condominio (…) n. 60, in persona dell’amministratore p.t. senza indicazione del nominativo dell’amministratore neo eletto e senza indicazione di tutti i vizi censurati poi con l’atto di citazione.

Nel merito, il Condominio convenuto contestava i motivi di impugnazione ritenendo valida la delibera impugnata in ordine a tutti i punti approvati dall’assemblea.

Giustificava il Condominio, quanto all’incetta di deleghe vietate dal regolamento, che nella specie andava applicato l’art. 67, primo comma, disp att. c.c. introdotto con la legge di riforma da considerarsi prevalente rispetto alle disposizioni contenute nel regolamento di condominio. Riteneva che, in ogni caso, anche senza voler considerare il voto su delega, le delibere sarebbero da considerare valide in quanto pienamente rispettato il relativo quorum (c.d. prova di resistenza). Quanto, invece, ai bilanci ed alla somma imputata a saldo all’attrice, parte convenuta ha ritenuto corretto il suo inserimento posto che la sentenza in appello emessa dal Tribunale di Roma non era ancora passata in giudicato essendo stato proposto ricorso per Cassazione.

Ha, pertanto, così concluso il Condominio convenuto: “Piaccia all’Ecc.mo Tribunale civile di Roma, disattesa ogni contraria istanza, ragione e deduzione: – in via pregiudiziale e preliminare accertare e dichiarare la inammissibilità, improponibilità e tardività dell’opposizione proposta dall’Avv. (…), per tutti i motivi e le ragioni esposte nel presente atto; rigettare in ogni caso le pretese attoree tutte, in quanto destituite di ogni e qualsiasi fondamento, sia in fatto e sia in diritto, per i motivi esposti in premessa. Con vittoria delle spese, competenze ed onorari del giudizio, in favore del sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario ed anche con provvedimento ai sensi dell’art. 96 e 96 bis cod. proc. civ., attesa la temerarietà e palese infondatezza di tutte le pretese attoree e con salvezza illimitata di diritti, azioni, ragioni ed istanze, anche istruttorie, nei limiti concessi dalla Legge e dal rito”.

La causa è stata istruita mediante il solo deposito di atti e documenti e, precisate le conclusioni, è stata trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente esaminata l’eccezione sollevata dalla parte convenuta di inammissibilità dell’impugnazione per violazione del termine decadenziale previsto dall’art. 1137 c.c.. Sostiene il Condominio che parte attrice, presente in assemblea, avrebbe dovuto impugnare la delibera entro la data del 15 novembre 2020 a nulla valendo la mediazione svolta in quanto l’istanza di mediazione sarebbe stata notificata al Condominio di (…) n. 60 in persona dell’amministratore p.t. senza indicare il nominativo dell’amministratore in carica ed inoltre non vi sarebbe coincidenza tra i motivi di impugnazione dedotti nell’atto di citazione rispetto a quelli indicati nell’istanza. L’eccezione va disattesa.

Nella notificazione di un atto giuridico rivolto ad un Condominio non sussiste alcuna necessità (nè esiste alcuna disposizione in tal senso) che vi sia espressa indicazione del nominativo (persona fisica) dell’amministratore essendo sufficiente il generico richiamo alla carica di rappresentanza. Ciò che rileva, invece, è che tutti gli atti giuridici rivolti al Condominio siano notificati presso il domicilio dell’amministratore in carica essendo il Condominio puro ente di gestione sfornito di personalità giuridica non dotato di una sede propria. Nella specie vi è prova che parte attrice in data 10 novembre 2020 ha inviato con PEC l’istanza di mediazione all’amministratore in carica (…) all’indirizzo (…) il quale, come attestato dal mediatore nel verbale di mediazione, ha riscontrato l’istanza inviando all’Organismo di Mediazione la comunicazione di non partecipare per volontà dell’assemblea. Vi è, altresì, prova che il verbale di mediazione si è concluso con esito negativo il 30 novembre 2020, depositato in pari data, mentre l’atto di citazione è stato notificato l’11 dicembre 2020. E’ da precisare che la procedura conciliativa, instaurata con la domanda di mediazione, impedisce il decorso del termine di decadenza (30 giorni) previsto dall’art. 1137 c.c. per impugnare la delibera condominiale il quale torna nuovamente a decorrere (per ulteriori 30 giorni) dalla data del deposito del verbale di conciliazione negativo presso l’organismo di mediazione (art. 5, co. 6 del Dlgs n. 28/2010).

Quanto alla censura di non corrispondenza dei motivi di impugnazione al deliberato dedotti in citazione rispetto a quelli indicati nell’istanza di mediazione occorre precisare che in tema di impugnazione di delibera assembleare, gli elementi necessari che devono essere indicati nell’istanza di mediazione e che devono essere messi a conoscenza dell’invitato attengono (i) alla delibera che si intende impugnare (ii) all’enunciazione del provvedimento (nullità o annullabilità) che s’intende richiedere al giudice in ipotesi di fallimento della conciliazione (iii) alla sintetica indicazione dei motivi di impugnazione in quanto è tollerabile un margine di scostamento fra l’oggetto della citazione e quello dell’istanza di mediazione. Nella specie, inoltre, come adeguatamente documentato da parte attrice, l’Amministratore del Condominio non riscontrava le plurime richieste inviate dall’attrice di accesso ed esame dei documenti (foglio presenze e deleghe conferite) che hanno poi costituito l’oggetto di approfondimento delle ulteriori censure. Invero l’amministratore ha concesso di prendere visione dei documenti richiesti solo in data 10 novembre 2020 e, dunque, dopo che l’attrice aveva promosso il procedimento di mediazione con la conseguenza che fino a tale momento parte attrice non è stata messa in condizione di valutare adeguatamente e specificare analiticamente al momento della presentazione dell’istanza tutte le censure al deliberato impugnato.

In sintesi la domanda giudiziale proposta è pienamente ammissibile e procedibile. Venendo al merito, l’impugnazione è fondata e va accolta per le ragioni che seguono. Fondato è il vizio di eccesso di deleghe (con violazione delle regole previste per la valida costituzione dell’assemblea ed adozione del deliberato), per essere stata disattesa la clausola regolamentare che limita a tre le deleghe da conferire ad una stessa persona. La legge di riforma della disciplina del condominio negli edifici in vigore del 18 giugno 2013, ha disciplinato, introducendo dei limiti, la possibilità di ottenere deleghe per la partecipazione all’assemblea con tutto ciò che ne consegue in termini di quorum costitutivo e deliberativo.

L’art. 67, co. 1, disp att. c.c. dispone espressamente che “Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta. Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale””. La ratio sottesa all’art. 67, co. 1, disp. att. è quella di evitare l’accaparramento di deleghe da parte di pochi condomini, preservando la funzione dell’assemblea come luogo deputato alla dialettica formazione della volontà dei condomini.

Invero, è opportuno ricordare che, nel suo testo iniziale, il menzionato art. 67 prevedeva che ogni condomino potesse intervenire ed esprimere il proprio voto in assemblea anche a mezzo di rappresentante senza alcuna limitazione sul numero delle deleghe ricevibili.

L’art. 67 nel ribadire il diritto di essere rappresentati ha assunto però il carattere di imperatività rispetto all’autonomia del privato (lo sancisce espressamente l’art. 72 disp. att. c.c. inserendo la norma tra quelle inderogabili).

Tuttavia, come già detto, la novità introdotta dalla norma è quella di evitare la concentrazione delle deleghe in capo ad un unico rappresentante/delegato imponendo il limite. Ciò non significa, peraltro, che le norme del regolamento condominiale che prevedano limiti più stringenti (limiti, come detto, un tempo dalla norma di attuazione ignorati) siano per ciò stesso lesivi della norma codicistica (combinato disposto degli artt. 67 e 72 disp. att. cc). La giurisprudenza di legittimità, nella vigenza dell’art. 67 come formulato ante riforma, ha reiteratamente sostenuto che ciò ch’è inderogabile è il diritto del condomino di farsi rappresentare in assemblea e che non è in contrasto con la normativa – che questo diritto riconosce – la clausola del regolamento di condominio che limiti però tale potere di rappresentanza: la clausola, infatti, non incide sulla facoltà di ciascun condomino di intervenire in assemblea a mezzo di rappresentante (prevista dall’art. 67) ma regola soltanto l’esercizio di quel diritto, inderogabile (secondo quanto si evince dal successivo art. 72), a presidio della superiore esigenza di garantire l’effettività del dibattito e la concreta collegialità delle assemblee, nell’interesse comune dei partecipanti alla comunione singolarmente e nel loro complesso considerati (ex plurimis: Cass. 29 maggio 1998 n. 5315). In sostanza se, allorquando il numero delle deleghe poteva essere anche illimitato, la clausola del regolamento introduttiva di una limitazione a tale numero era ritenuta compatibile con la normativa codicistica, a maggiore ragione questa compatibilità è da ribadire oggi che un limite massimo è stato normativamente previsto proprio in funzione delle ragioni che avevano indotto i giudici di legittimità ad affermare il principio poc’anzi ricordato.

Nel caso di specie, la violazione del limite di tre deleghe a condomino contenuto nel regolamento condominiale è pacifica.

Parte convenuta ha dedotto che emendando dal deliberato i voti in eccesso, le delibere sarebbero comunque rispettose della maggioranza di legge (c.d. prova di resistenza). L’assunto non può essere condiviso.

Questo giudice richiama e fa propri i principi enunciati dalla Suprema Corte (Cass. 8015/2017) che esclude l’operatività della c.d. prova di resistenza in siffatta ipotesi dando prevalenza al rispetto delle regole che presiedono la valida costituzione dell’assemblea e l’adozione delle delibere. Si legge nel testo della pronuncia: “La clausola del regolamento di condominio volta a limitare il potere dei condomini di farsi rappresentare nelle assemblee è inderogabile, in quanto posta a presidio della superiore esigenza di garantire l’effettività del dibattito e la concreta collegialità delle assemblee, nell’interesse comune dei partecipanti alla comunione, considerati nel loro complesso e singolarmente, sicché la partecipazione all’assemblea di un rappresentante fornito di un numero e superiore a quello consentito dal regolamento suddetto, comportando un vizio ne procedimento di formazione della relativa delibera, dà luogo ad un’ipotesi di annullabilità della stessa, senza che possa rilevare il carattere determinante del voto espresso dal delegato per il raggiungimento della maggioranza occorrente per l’approvazione della deliberazione”.

Si tratta, senza ombra di dubbio di pronuncia certamente severa nel senso di escludere (nella parte in cui nega rilievo al carattere determinante o meno del voto) la possibilità di operare la c.d. prova di resistenza ma costituisce l’unico arresto specifico del giudice di legittimità e ad esso è dunque doveroso uniformarsi.

La c.d. prova di resistenza, invero, non può costituire l’escamotage per ovviare a vizi che attengono pur sempre alla valida costituzione dell’assemblea e alle conseguenti decisioni, al pari di quanto avviene in caso di omessa convocazione o convocazione fuori termine, mentre essa può avere un senso ad esempio in ipotesi di conflitto di interesse del singolo condomino quando il “peso” del voto sia determinante alla decisione.

Si può aggiungere per completezza, che se si volesse procedere alla cd. prova di resistenza, il quorum deliberativo per alcune decisioni assunte dall’assemblea non sarebbe neanche cambiato, senza dimenticare anche le ulteriori criticità sollevate dall’attrice al contenuto delle predette deleghe, oltre alle irregolarità nella verbalizzazione in termini di quorum, sempre contestate e mai replicate dal Condominio convenuto.

In sintesi, posta la legittimità della clausola regolamentare invocata dall’attrice, conforme ai richiamati principi, ed accertata la sua violazione, va disposto l’annullamento di tutte le deliberazioni assunte dall’assemblea del Condomino (…) n. 60, Roma il 16 ottobre 2020 (punti 1, 2, 3 e 4 all’o.d.g.). Assorbite tutte le ulteriori censure.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. Inoltre, tenuto conto del carattere obbligatorio della mediazione e considerata la mancata partecipazione alla mediazione del Condominio senza giustificato motivo con conseguente compromissione delle finalità proprie dell’istituto, parte convenuta va condannata, ai sensi dell’art. 8 comma 4 bis del D.Lgs. n. 28/2010, al pagamento in favore della Cassa delle ammende dell’importo pari al contributo unificato versato dall’attrice per il presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede

a) accoglie l’impugnazione ed annulla tutte le deliberazioni assunte dall’assemblea del Condomino (…) n. 60, Roma il 16 ottobre 2020 (punti 1, 2, 3 e 4 all’o.d.g.).

b) condanna il Condomino (…) di Via (…), Roma alla refusione delle spese di lite in favore dell’attrice che liquida in Euro 210,00 per spese vive ed Euro 4.782,00 per onorari, oltre accessori di legge e rimborso forfettario al 15%;

c) condannata, ai sensi dell’art. 8 comma 4 bis del D.Lgs. n. 28/2010, il Condomino (…) n. 60, Roma al pagamento in favore della Cassa delle ammende dell’importo pari al contributo unificato versato dall’attrice per il presente giudizio.

Così deciso in Roma il 31 dicembre 2022.

Depositata in Cancelleria il 2 gennaio 2023.

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