per riscontrare lo stato di incapacità naturale previsto dall’art. 428 c.c., idoneo a determinare l’annullabilità di un atto, non occorre la totale privazione delle facoltà intellettive e volitive, essendo sufficiente che esse siano menomate, sì da impedire comunque la formazione di una volontà cosciente; la prova di tale condizione non richiede la dimostrazione che il soggetto, al momento di compiere l’atto, versava in uno stato patologico tale da far venir meno, in modo totale e assoluto, le facoltà psichiche, essendo sufficiente accertare che queste erano perturbate al punto da impedirgli una seria valutazione del contenuto e degli effetti del negozio e, quindi, il formarsi di una volontà cosciente, e può essere data con ogni mezzo o in base ad indizi e presunzioni, che anche da soli, se del caso, possono essere decisivi per la sua configurabilità, essendo il giudice di merito libero di utilizzare, ai fini del proprio convincimento, anche le prove raccolte in un giudizio intercorso tra le stesse parti o tra altre, secondo una valutazione incensurabile in sede di legittimità, se sorretta da congrue argomentazioni, scevre da vizi logici ed errori di diritto.

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Tribunale|Piacenza|Civile|Sentenza|10 gennaio 2023| n. 5

Data udienza 9 gennaio 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI PIACENZA

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Evelina Iaquinti

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3254/2017 promossa da:

(…), C.F. (…) , in qualità di coerede di (…), rappresentata e difesa dall’avvocato Ma.Pe., presso la quale ha eletto domicilio

ATTRICE

contro

(…) (CF: (…)) rappresentato e difeso dall’Avv. Ma.Ma. e dall’avv. Gi.De., elettivamente domiciliato presso il difensore, Avv. Ma.Ma.

CONVENUTO

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato, la sig.ra (…), per il tramite del proprio amministratore di sostegno, Avv. (…), conveniva in giudizio il figlio, sig. (…), chiedendo l’annullamento ex art. 428 c.c. del contratto di mutuo dalla medesima sottoscritto il 16 gennaio 2015 e l’accertamento che l’atto dispositivo posto in essere dal di lei marito, sig. (…), cointestatario del conto corrente bancario n. (…) acceso presso (…), filiale di (…), in data 29 ottobre 2014 disponendo a favore del figlio (…) un bonifico di Euro 15.000,00 configurava una donazione diretta posta in essere in violazione dell’art. 782 c.c., nonché dell’art. 1298 c.c. per avere disposto di importi in misura eccedente la quota parte di sua spettanza delle somme depositate sul predetto conto corrente e, conseguentemente, domandava la restituzione degli importi, di sua spettanza, percepiti dal figlio.

A sostegno della propria domanda, parte attrice deduceva:

-che la Sig.ra (…) era intestataria unitamente al marito, sig. (…), di due conti corrente bancari:, ovvero il c/c n. (…) aperto presso (…) filiale di T. e il c/c n. (…) aperto presso (…), agenzia di (…) Val T.;

-che in data 23 ottobre 2014 dai predetti conti erano stati effettuati due bonifici in favore del figlio (…), rispettivamente dell’importo di Euro 110.000,00 ed Euro 100.000,00;

-che in data 16 gennaio 2015 la Sig.ra (…) aveva sottoscritto col figlio “scrittura privata per prestito di denaro tra privati ex art. 1813 e ss. C.c.” nella quale si dava atto che il mutuante avrebbe finanziato mutuo al mutuatario (…), il quale accettava la somma di Euro 210.000,00 versati per mezzo dei predetti separati bonifici con condizione di restituzione entro il 31 gennaio 2030;

-che la Sig.ra (…) era affetta da grave deficit cognitivo;

-che la stessa infatti a seguito di presentazione di domanda di invalidità del 4 febbraio 2014, era stata sottoposta il mese successivo a visita medica presso la Commissione Medica di Piacenza che le aveva diagnosticato “encefalopatia vascolare con decadimento cognitivo grave; in paziente con disturbo bipolare; sindrome depressiva; gozzo tiroideo multi nodulare” con riconoscimento di invalidità con necessità di assistenza continua, non essendo in grado di compiere gli atti della vita quotidiana, con decorrenza dalla data della domanda;

-che dal verbale di accertamento della Commissione del 10 aprile 2014 l’attrice era stata dichiarata “affetta da encefalopatia vascolare con decadimento cognitivo severo in paziente con disturbo dell’umore di tipo bipolare, sindrome depressiva …”;

-che dal predetto verbale di accertamento risultava il deposito di ulteriore documentazione sanitaria concernente visite specialistiche del 2013 attestanti che la Sig.ra (…) appariva “disorientata nel tempo in modo globale e meno nello spazio, con manifestazione di marcate amnesie a breve termine, espressione di deficit cognitivo severo”;

-che il deficit cognitivo della Sig.ra (…) era anche confermato dalla certificazione del 15 marzo 2016 redatta dal medico di famiglia Dott. (…), dalla lettura delle relazioni dell’A.A. del 15.11.16, nonché dalle preoccupazioni espresse dall’amministratore di condominio nel maggio del 2015;

-che in data 14 giugno 2015 il Tribunale di Piacenza aveva provveduto a nominare l’Avvocato Stefania Falliva quale amministratore di sostegno della Sig.ra (…), ritenendola impossibilitata a provvedere autonomamente alla cura dei propri interessi;

-che lo stato di incapacità naturale dell’attrice sussisteva già quando erano stati disposti i bonifici in favore del convenuto ed al momento della sottoscrizione della scrittura privata di mutuo del 16 gennaio 2015;

-che il figlio (…) era a conoscenza delle condizioni di salute della madre come sopra esposte e della situazione patrimoniale della medesima;

-che il convenuto era, dunque, in mala fede, e che quindi, ricorrevano tutti i presupposti per richiedere l’annullamento del contratto di mutuo sopracitato e la restituzione degli importi mutuati dall’attrice in misura almeno pari alla metà del totale;

-che dal c/c n. (…) aperto presso (…), in data 29 ottobre 2014 il marito (…), ancora in vita, aveva disposto ulteriore bonifico di Euro 15.000,00 sempre a favore di (…);

-che detta elargizione configurava una donazione diretta posta in essere in violazione dell’art. 782 c.c., nonché dell’art. 1298 c.c. per avere il cointestatario del conto disposto di importi in misura eccedente la quota parte di sua spettanza delle somme depositate sul predetto conto corrente.

In conseguenza di ciò, pertanto, l’odierna attrice domandava la condanna della controparte alla restituzione degli importi indebitamente percepiti in data 23 ottobre 2014 pari ad Euro 105.000,00 (la metà della somma mutuata pari a complessivi Euro 210.000,00), nonché della quota di ½ dell’importo di Euro 15.000,00 corrisposto a (…) con bonifico in data 29 ottobre 2014, il tutto con interessi dal dì del dovuto al saldo.

Si costituiva in giudizio il sig. (…) contestando la sussistenza dei presupposti per l’annullamento del contratto di mutuo 16 gennaio 2015, sia sotto il profilo della dedotta incapacità della (…), sia sotto il profilo della propria malafede e, con particolare riferimento al bonifico di Euro 15.000,00 disposto da (…) – cointestatario unitamente alla moglie (…) del conto corrente acceso presso (…) – il 29 ottobre 2014, evidenziava unicamente che si era trattato di una iniziativa di (…), così come anche quella di destinare al convenuto l’importo di Euro 210.000,00.

La causa è stata istruita mediante l’espletamento di CTU medico legale volta ad accertare se la sig.ra (…) fosse o meno capace di intendere e di volere e di autodeterminarsi liberamente all’epoca degli atti di disposizione oggetto del presente giudizio e in particolare se fosse capace di intendere e di volere e di autodeterminarsi liberamente al momento della sottoscrizione della scrittura privata del 16 gennaio 2015.

In data 16/10/2019 interveniva il decesso di parte attrice.

Con atto del 17/1/2020 si costituiva in giudizio la sig.ra (…), in qualità di coerede della defunta madre, richiamando tutte le difese già svolte dall’attrice.

L’udienza di precisazione delle conclusioni, originariamente fissata per il giorno 20/10/2020, subiva alcuni rinvii a causa della fruizione da parte della scrivente del periodo di congedo per maternità.

All’esito dell’udienza del 7.11.2022, svoltasi nelle forme della cd trattazione scritta, sulle conclusioni rassegnate dalle parti e previa concessione dei termini per il deposito delle memorie di cui all’art. 190 c.p.c., la causa veniva così decisa.

Preliminarmente, in considerazione del tenore delle difese svolte dal convenuto, giova evidenziare che costituisce circostanza del tutto ininfluente ai fini di causa il fatto che i bonifici di cui si discute siano stati disposti da (…) (padre del convenuto e marito dell’attrice) giacchè è incontestato e comunque documentalmente provato che la Signora (…) fosse intestataria, unitamente al marito (…), del conto corrente n. (…) presso la filiale di Trevozzo della (…) (doc. 1 attrice) e che su tale conto sia stato disposto in data 23 ottobre 2014 un bonifico dell’importo di Euro 110.000,00 a favore del figlio della coppia, sig. (…).

Parimenti risulta incontestato e provato che la Signora (…) fosse intestataria, unitamente al marito (…), del conto corrente n. (…) presso la agenzia di Pianello (…) della (…) (doc. 3 attrice) e che su tale conto sia stato disposto il 23 ottobre 2014 un bonifico dell’importo di Euro 100.000,00 a favore del figlio della coppia (…) ed un successivo bonifico di Euro 15.000,00 in favore del medesimo beneficiario.

Analogamente è altrettanto incontestato e dimostrato che la Signora (…) abbia sottoscritto scrittura privata intitolata “SCRITTURA PRIVATA PER PRESTITO DI DENARO FRA PRIVATI EX ART. 1813 e SS. (…)” datata 16 gennaio 2015 (doc. 6 attrice) ove all’art. 1 si legge che “il Mutuante” (ovvero (…) e (…)) finanzia mutuo al Mutuatario, (ovvero (…)) il quale accetta la somma di Euro 210.000,00 (duecentodiecimila virgola zero zero) versata per il tramite di bonifico n. (…) effettuato in data 23/10/2014 presso (…) dell’importo di Euro 110.000,00 e di bonifico n. (…) effettuato in data 23/10/2014 presso la (…) dell’importo di Euro 100.000,00″.

Tanto chiarito, la domanda con cui viene richiesto pronunciarsi l’annullamento del contratto di mutuo stipulato in data 15/1/2015 dai sig. ri (…) e (…), in qualità di mutuanti, e dal sig. (…), in qualità di mutuatario è fondata e va accolta alla stregua delle motivazioni che seguono.

L’art. 1425 c.c. stabilisce espressamente che “il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrarre.

È parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite dall’articolo 428, il contratto stipulato da persona incapace di intendere o di volere”.

L’art. 428, co. I e II, c.c. disciplina l’azione di annullamento degli atti compiuti da persona incapace d’intendere e di volere.

Il primo comma detta la normativa generale per gli atti negoziali tout court; il secondo comma, invece, pone regole più specifiche relativamente ai contratti, per la cui invalidazione occorrono ulteriori requisiti.

L’art. 428, co. I, c.c. stabilisce che “gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d’intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore”.

Il comma successivo precisa che “l’annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d’intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell’altro contraente”.

Dunque, ai fini dell’annullamento di un contratto ex art. 428 comma 2 c.c. sono necessari due requisiti essenziali, che devono necessariamente concorrere e coesistere: l’incapacità di intendere e di volere e la malafede dell’altro contraente, intesa quale consapevolezza o addirittura conoscenza della menomazione della sfera intellettiva o volitiva dell’altra parte del negozio.

Come chiarito dalla Suprema Corte, ai fini dell’azione di annullamento di un contratto per incapacità naturale di uno dei contraenti il pregiudizio rileva, nei contratti, non in sé ma solo come indizio per dedurre la malafede dell’altro contraente.

Invero, l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario distingue la fattispecie di annullamento del contratto (art. 428, comma 2) rispetto a quella relativa all’atto unilaterale (art. 428 c.c., comma 1).

Una simile condivisibile esegesi trova opportuna spiegazione in ciò che la norma implicitamente sottende la diversa rilevanza sociale degli atti unilaterali rispetto a quella dei contratti sotto il profilo dell’interesse da soddisfare, poiché negli atti unilaterali è preminente l’interesse dell’incapace a controllare le conseguenze di tali atti, mentre nei contratti lo è l’interesse alla certezza del contratto e alla tutela dell’affidamento della controparte che non sia in malafede.

In definitiva ha chiarito la Corte di Cassazione civile sez. I, nella recente pronuncia n. 29962 del 13/10/2022 che “solo ove non sussista malafede il contraente può ricevere tutela in base al principio di affidamento sulla validità del contratto, mentre se il contraente è in malafede il contratto resta annullabile su iniziativa dell’incapace, poiché ciò che rileva in tal caso è unicamente la posizione dell’incapace;

Tanto questa Corte suole esprimere anche dicendo che, ai fini dell’annullamento del contratto per incapacità di intendere e di volere, ai sensi dell’art. 428 c.c., comma 2, non è richiesta, a differenza dell’ipotesi del comma 1, la sussistenza di un grave pregiudizio, che, invece, costituisce indizio rivelatore dell’essenziale requisito della malafede dell’altro contraente; non cambia quindi la ratio sottostante: la malafede può difatti risultare o dal pregiudizio anche solo potenziale, derivato all’incapace, o dalla natura e qualità del contratto; tuttavia essa consiste sempre e solo nella consapevolezza che l’altro contraente abbia avuto della menomazione della sfera intellettiva o volitiva del contraente, fermo che la prova dell’incapacità deve essere rigorosa e precisa e che il suo apprezzamento, riservato al giudice del merito, non è censurabile in sede di legittimità tranne che per vizi logici o errori di diritto (v. per tutte Cass. Sez. 2 n. 4677-09)”.

Tanto chiarito in punto di diritto, nella vicenda in esame ricorrono le condizioni previste dall’art. 428 c.c., così come richiamate dall’art. 1425 comma 2 c.c..

Invero, la CTU espletata -la quale ha operato con rigore, nel contraddittorio con i consulenti di parte ed ha giustificato ogni sua affermazione e le cui risultanze paiono pienamente condivisibili poichè congruamente motivate ed immuni da vizi logici- ha concluso per l’incapacità di intendere e di volere e di autodeterminarsi liberamente della Sig.ra (…) al momento della sottoscrizione del contratto di mutuo in questione.

Si legge infatti a pagina 8 e ss dell’elaborato peritale che “…omissis.. la documentazione medica disponibile che appare chiara e univoca nel descrivere uno stato di grave deterioramento mentale di probabile origine vascolare in atto ormai da tempo.

Già in data 6 dicembre 2013, all’incirca un anno prima dei fatti, era stata infatti effettuata una visita specialistica presso l’Ambulatorio dei Disturbi Cognitivi del Distretto di Ponente (Castel San Giovanni) dell’Azienda (…).

La paziente fu descritta come disorientata nel tempo in modo globale e meno nello spazio, con marcate amnesie a breve termine. Nel corso dell’accertamento fu anche somministrato il test “(…)” (MMSE), di cui si parlerà più approfonditamente, al quale la sig.ra fornì una pessima prestazione ottenendo il punteggio di 12/30, indice della presenza di “deficit cognitivo medio”, un valore ai limiti superiori vicinissimo a quello del deficit grave.

Il successivo 10 aprile 2014, circa sette mesi prima dei fatti, la sig.ra fu dichiarata invalida con necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita per la presenza, fra altre patologie, di “Encefalopatia vascolare con decadimento cognitivo grave”.

Il verbale di invalidità riporta anche il referto rilasciato il 13 marzo 2014 dalla CMI (Commissione Medica Integrata), referto che non mi è stato inviato ma del quale non ho motivo di dubitare, che descrive la signora come amimica, disorientata nel tempo e nello spazio, con decadimento cognitivo severo.

La presenza di deterioramento viene confermata anche dalle prestazioni offerte dalla sig.ra (…) in fase testistica.

Le fu infatti somministrato il Mini Mental State Examination (MMSE) di Folstein e coll., un reattivo mentale ampiamente utilizzato nella valutazione delle funzioni cognitive dei soggetti anziani, attendibile nel determinare il grado del deficit cognitivo e nel seguire la progressione di una condizione di deterioramento.

La disponibilità di dati normativi ottenuti su un’ampia popolazione rappresentativa dei soggetti anziani rende questo test estremamente affidabile nella valutazione dello stato cognitivo.

Il livello intellettivo viene valutato attraverso un sistema di punti in trentesimi assegnati ai diversi items descrittivi.

Il MMSE prende in esame, nella prima parte, l’orientamento, la memoria, l’attenzione e il calcolo, nella seconda parte il riconoscimento e la denominazione degli oggetti, il rispondere a comandi verbali e scritti, lo scrivere una frase ed il riprodurre una figura geometrica complessa.

Il punteggio è diverso nei vari items, da 0 a 3 in alcuni e da 0 a 5 in altri. Il punteggio massimo ottenibile è di 30: il cut-off è calcolato in base all’età del paziente ed al suo livello di scolarizzazione.

Lo schema sottostante riporta le classi di gravità della malattia con il punteggio definitivo:

– 0-10 deficit grave

– 11-20 deficit medio

– 21-23 deficit lieve

– 24-30 normale

La sig.ra (…), effettuate le dovute correzioni rispetto ai parametri di età e scolarità ((…) e coll., Progetto Cronos 1996), conseguì a dicembre 2013 un punteggio complessivo di 12/30, che evidenzia un avanzato stadio di deterioramento cognitivo.

Va rilevato che sono stati prodotti alcuni certificati redatti dal dr. (…), successivi agli eventi e temporalmente lontani dalla data del 16 gennaio 2015 (rispettivamente dieci mesi, un anno e due mesi, un anno e otto mesi dopo gli eventi).

Tali certificazioni evidenziano uno stato di benessere soggettivo vissuto dalla signora a seguito del suo trasferimento presso l’abitazione del figlio, avvenuto a settembre 2015, e un successivo peggioramento verificatosi a seguito del trasferimento nella casa protetta (avvenuto a luglio 2016) nonché la stabilizzazione del quadro depressivo di cui soffre da anni.

Viene anche citata la capacità di comprendere le necessità in merito al proprio patrimonio ma nel periodo coperto da queste certificazioni si inserisce la nomina di A.d.S., motivata dalla impossibilità a provvedere autonomamente alla cura dei propri interessi.

Questi certificati tuttavia nulla aggiungono o modificano per quel che riguarda il periodo preso in esame per questo accertamento facendo riferimento a uno stato di benessere soggettivo legato alla stabilizzazione abitativa e relazionale dopo la morte del marito.

È vero che viene riportato un ulteriore test MMSE effettuato alla data dell’11 marzo 2016 con punteggio di 17/30, ma vanno qui effettuate altre considerazioni.

La prima è che questo dato confligge con il risultato di 8/30 riportato al MMSE effettuato presso l’A.A. il 15 novembre 2016, il cui protocollo è contenuto nel fascicolo processuale.

Questo risultato di 8/30 è in linea con il punteggio ottenuto il 6 dicembre 2013 (12/30) descrivendo il lento ma continuo progredire del declino cognitivo che affligge la sig.ra (…),

Va tuttavia sottolineato che anche il punteggio 17/30 pone la sig.ra (…) nel medesimo gruppo del deterioramento medio senza spostare la gravità della situazione di declino cognitivo.

La letteratura scientifica riguardante la evoluzione del deterioramento cognitivo sottolinea come questo sia progressivo e costante nel tempo, come ampiamente descritto e dimostrato in numerosi articoli scientifici proprio da F., il realizzatore del MMSE (F. M.F.: “Differentialdiagnosis in dementia: the clinical process” in Psychiatric Clinics of North America, vol. 20, n. 1, marzo 1997)

R. quindi che si delinei un andamento clinico “classico” e si può concludere che nel gennaio 2015 la sig.ra (…) si trovasse nella fascia del deterioramento medio/grave.

Ai pazienti appartenenti a questo gruppo viene riconosciuto uno stato di capacità grandemente scemata, in quanto presentano un deficit psichico/intellettivo che sfocia in uno stato confusivo.

Chi scrive è dunque convinto che nel periodo preso in esame la signora (…) non fosse capacedi intendere e di volere e non fosse capace di autodeterminarsi”.

Peraltro, a confutazione rispetto a quanto sostenuto dall’odierno convenuto, si rammenta che per riscontrare lo stato di incapacità naturale previsto dall’art. 428 c.c., idoneo a determinare l’annullabilità di un atto, non occorre la totale privazione delle facoltà intellettive e volitive, essendo sufficiente che esse siano menomate, sì da impedire comunque la formazione di una volontà cosciente; la prova di tale condizione non richiede la dimostrazione che il soggetto, al momento di compiere l’atto, versava in uno stato patologico tale da far venir meno, in modo totale e assoluto, le facoltà psichiche, essendo sufficiente accertare che queste erano perturbate al punto da impedirgli una seria valutazione del contenuto e degli effetti del negozio e, quindi, il formarsi di una volontà cosciente, e può essere data con ogni mezzo o in base ad indizi e presunzioni, che anche da soli, se del caso, possono essere decisivi per la sua configurabilità, essendo il giudice di merito libero di utilizzare, ai fini del proprio convincimento, anche le prove raccolte in un giudizio intercorso tra le stesse parti o tra altre, secondo una valutazione incensurabile in sede di legittimità, se sorretta da congrue argomentazioni, scevre da vizi logici ed errori di diritto” (si veda, in proposito, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13659 del 30/05/2017).

Pertanto atteso che le facoltà intellettive e volitive della sig.ra (…) erano tali da impedire od ostacolare una consapevole valutazione del contenuto e degli effetti del negozio sottoscritto e quindi il formarsi di una volontà cosciente, non si può negare la sussistenza, al momento della sottoscrizione dell’atto di mutuo oggetto di impugnativa negoziale, dell’incapacità di intendere e di volere in capo alla (…), costituente causa di annullamento del negozio ex artt.428 comma 2 e 1425 comma 2 c.c..

Quanto all’ulteriore requisito soggettivo richiesto dall’art. 428 comma 2 c.c., la mala fede del mutuatario appare evidente sol se si considera il fatto che il Signor (…) era perfettamente a conoscenza della situazione socio-sanitaria della madre e quindi del grave deficit cognitivo manifestatosi quanto meno già a far tempo dal dicembre 2013, posto che risulta che questi abbia accompagnato la madre dal medico allorché le venne diagnosticato un deficit cognitivo severo (cfr. allegato 1 alla CTU) ed è stato altresì individuato dal medico di famiglia come l’unico familiare di riferimento per la gestione socio-sanitaria dell’attrice.

Inoltre costituisce ulteriore indizio idoneo a comprovare la mala fede del convenuto la tempistica con cui è stato perfezionato il negozio, nonché il tenore delle pattuizioni ivi contenute.

Quanto al primo profilo, risulta documentalmente provato (v. doc. 13 e 14 attrice e peraltro è incontestato) che in data 16 ottobre 2014 sul c.c. n c/c n. (…) -da cui il successivo 23/10/2014 era stato fatto partire il bonifico di Euro 100.000,00 in favore del convenuto- erano stati accreditati Euro 99.961,55, a seguito di riscatto parziale della polizza assicurativa stipulata in data 16 aprile 2014 dalla (…) con indicazione quale beneficiario del sig. (…).

Quanto al secondo profilo, appare evidente che il contratto di mutuo in questione preveda condizioni del tutto sfavorevoli per i mutuanti ed esclusivamente convenienti per il mutuatario, in quanto è stata convenuta l’infruttuosità del prestito (anche in caso di mora nel pagamento delle rate) ed il termine per la restituzione, di quindici anni, è posto chiaramente nell’esclusivo interesse del mutuatario.

Ne deriva che, riscontrandosi la ricorrenza in concreto dei requisiti di cui all’art. 428, co. I e II, c.c., così come previsto dall’art. 1425 comma 2 c.c. il contratto di mutuo del 16/1/2015 debba essere annullato con conseguente condanna del convenuto alla restituzione di Euro 105.000,00, importo pari alla metà della somma mutuata pari a complessivi Euro 210.000,00, oltre interessi legali calcolati a far data dal 23 ottobre 2014, con applicazione del tasso di cui al comma primo dell’articolo 1284 c.c. fino alla proposizione della domanda giudiziale e, poi, con applicazione del tasso previsto al comma quarto dell’articolo 1284 c.c..

Va invece respinta la domanda volta ad accertare che l’atto dispositivo posto in essere dal sig. (…) in data 29/10/2014, avente ad oggetto la dazione in favore del convenuto della somma pari ad Euro 15.000,00, configuri una donazione diretta posta in essere in violazione dell’art. 782 c.c., nonché dell’art. 1298 c.c con conseguenze sua invalidità.

In primo luogo, si osserva che come stabilito dalla pronuncia resa dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 18725 del 27/07/2017, il trasferimento per spirito di liberalità di denaro sul conto del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta, per cui la stabilità dell’attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell’atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiarlo, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore.

Ebbene, si ritiene che, in considerazione delle stesse allegazioni e produzioni di parte attrice, nel caso di specie, l’atto di disposizione eseguito in data 29/10/2014 dal sig (…) in favore del figlio F. rientri nella previsione di cui all’art. 783 c.c. con conseguente validità della donazione effettuata in assenza di atto pubblico.

Invero, l’art. 783 c.c. stabilisce espressamente che “La donazione di modico valore che ha per oggetto beni mobili e’ valida anche se manca l’atto pubblico, purche’ vi sia stata la tradizione.

La modicita’ deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante”.

Dalle allegazioni di parte attrice (v. punto 20 atto di citazione) e dalla documentazione versata in atti risulta che i coniugi (…) e (…), all’epoca dei bonifici effettuati nel mese di ottobre 2014 erano, inoltre, titolari del conto corrente n. (…) acceso presso (…), filiale di (…) che alla data del 30 settembre 2014 presentava un saldo attivo pari ad Euro 5.457,43 e sul quale in data 9 ottobre 2014 vennero accreditati Euro 84.215,04 (vendita titoli) e Euro 21.265,03 (e così in totale Euro 105.480,07).

Pertanto, alla luce delle condizioni economiche del donante, la dazione di Euro 15.000,00 effettuata dal sig. (…) in favore dell’odierno convenuto configura donazione di modico valore ed è valida pur in assenza dell’osservanza dei requisiti di forma previsti dall’art. 782 c.c..

Infine alcuna invalidità della donazione tipica ad esecuzione indiretta può ravvisarsi nella supposta violazione dell’art. 1298 c.c. in quanto trattasi di ipotesi non contemplata dalla legge.

Come noto, la norma regola unicamente i rapporti interni tra debitori o creditori solidali ed il richiamo operato da parte attrice a detta disposizione normativa appare del tutto inconferente ai fini di causa, non potendosi ravvisare, in ragione del tenore delle difese proposte, alcuna domanda volta ad ottenere la ripetizione delle somme ex art. 2033 o ex art. 2041 c.c..

Quanto alla regolamentazione delle spese di lite, attesa la prevalente soccombenza del convenuto, le stesse vanno poste a suo carico nella misura dei 2/3, con compensazione della restante quota tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale di Piacenza, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza e eccezione disattesa e/o assorbita così dispone:

a) in accoglimento della domanda di parte attrice A. ex art. 1425 comma 2 c.c. la scrittura privata per prestito di denaro fra privati ex art. 1813 e ss c.c. conclusa tra le parti in data 16 gennaio 2015 e, per l’effetto, condanna il convenuto alla restituzione in favore della massa ereditaria di (…) e, quindi, pro quota, alla sig.ra (…), degli importi indebitamente percepiti in data 23 ottobre 2014 pari ad Euro 105.000,00, con applicazione del tasso di cui al comma primo dell’articolo 1284 c.c. dal 23 ottobre 2014 fino alla proposizione della domanda giudiziale e, con applicazione del tasso previsto al comma quarto dell’articolo 1284 c.c. dalla data della domanda al saldo;

b) RIGETTA le ulteriori domande proposte da parte attrice;

c) CONDANNA il convenuto alla rifusione delle spese processuali in favore della parte attrice, che si liquidano, a titolo di compenso in Euro 9.402,00 per la quota di 2/3 (rispetto alla complessiva somma di Euro 14.130,00), Euro 786,00 per esborsi, oltre a rimborso spese forf. in misura del 15%, cap ed iva come per legge, con compensazione tra le parti della restante quota;

d) PONE definitivamente a carico del convenuto le spese della consulenza tecnica d’ufficio già liquidate.

Così deciso in Piacenza il 9 gennaio 2023.

Depositata in Cancelleria il 10 gennaio 2023.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.