Nel caso di specie quindi non potrebbe trovare applicazione l’art. 1815 comma 2 c.c. invocato, bensì una riconduzione degli interessi di mora nei limiti del tasso soglia ai sensi degli artt. 1419, comma 2 c.c. e 1339 c.c., trattandosi di ai più sopravvenuta in corso di rapporto: l’art. 1815 comma 2.c.c, fa difatti riferimento alle prestazioni di natura “corrispettiva” gravanti sul mutuatario a prestazioni collegate allo svolgimento fisiologico del rapporto, collocandosi invece, come già rilevato, gli interessi moratori nella fase patologica conseguente all’inadempimento, solo eventuale, del mutuatario. Ne consegue che, in conclusione, non possa in ogni caso ritenersi esclusa in radice la esistenza di un residuo credito dell’istituto bancario.

 

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Tribunale Roma, Sezione 4 civile Sentenza 16 settembre 2014

TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE CIVILE

riunito in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati:

Dott. FEDERICA D’AMBROSIO Presidente

Dott. BARBARA PERNA giudice rel.

Dott. SIMONA, SANSA giudice

nel procedimento iscritto al n. 53311/2014 reg. gen. vedente tra BANCA SPA nei confronti di DEBITORE SRL.;

sciogliendo la riserva assunta all’esito dell’udienza camerate tenutasi in data 3 settembre 2014;

ha pronunciato la presente:

ORDINANZA

Letta l’ordinanza emessa in data 22 luglio 2014 dal Tribunale di Roma in persona della dottoressa (omissis) (G.O.T.), con cui é stata disposta la sospensione, dell’efficacia del titolo esecutivo precettato dalla BANCA nei confronti della DEBITORE SRL;

letti gli atti ed esaminata la documentazione prodotta;

OSSERVA

Il giudice adito, con l’opposizione a precetto in sede cautelare ex art. 615 comma primo c.p.c. ha sospesa l’efficacia, esecutiva dei titolo ritenendo sussistente il fumus circa la nullità delle clausole contrattuali che individuavano gli interessi, corrispettivi e moratori applicabili, aderendo dunque alla interpretazione proposta dall’opponente circa, l’orientamento espresso dalla Cassazione nella sentenza n. 350/2013.

Nel proprio provvedimento il giudice di prime cure fa, infatti proprie le risultanze della consulenza di parte prodotta dall’opponente che, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia, procede al cumulo dei tassi. pattuiti per gli interessi moratori con quello previsto in contratto per gli interessi corrispettivi.

In altre parole il giudice onorario redattore della impugnata ordinanze afferma che gli interessi moratori debbano essere computati nel TAEG – con conseguente loro incidenza ai fini del calcolo dell’eventuale superamento del tasso soglia di cui all’art. 2 della legge 108/1996.

A sostegno di tale affermazione cita la sentenza della corte di Cassazione n. 5324 del 2003 che secondo il giudice di prime cure affermerebbe appunto che gli interessi di mora vadano computati ai fini della determinazione del tasso complessivamente pattuito, cumulandolo a quello indicato per gli interessi corrispettivi.

Tuttavia la Cassazione nella citata sentenza si limita ad affermare che anche gli interessi muratori debbano essere sottoposti al vaglio delle disposizioni antiusura e contenute le determinazioni dei tassi soglia.

Quanto poi alla sentenza n. 350 del 2013 ugualmente richiamata dal giudice di prime cure, deve ritenersi che l’orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione con tale ultima sentenza, la quale ha affermato il principio secondo cui, “ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c. e dell’art. 644 c.p., si considerano usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge al momento in cui sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, e quindi anche a titolo d’interessi muratori”, vada correttamente interpretato.

Ed invero la sentenza della Cassazione da ultimo richiamata conferma che anche la pattuizione relativa al saggio degli interessi moratori deve essere oggetto di valutazione in ordine al superamento, con tale pattuizione, del tasso soglia, senza tuttavia esprimere, il principio che i tassi pattuiti, con funzioni distinte ed autonome, a titolo di naturale remuneratività del denaro ed a titolo di mora, debbano essere considerati unitariamente.

In altri temimi le considerazioni svolte dalla Corte di Cassazione nella richiamata sentenza n. 350/2013 non possono condurre alla interpretazione invocata dalla parte opponente e fatta propria dal giudice di prima cure e, quindi, alla valutazione del superamento dei tasso usuraio previa operazione di addizione tra il tasso pattuito per gli interessi corrispettivi e per gli interessi monitori.

A tale riguardo, giova richiamare ancora una volta il passaggio della sentenza predetto in cui la Corte di Cassazione, con principio che si condivide, precisa che “si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori così richiamando anche Corte Costituzionale sent. n. 29 del 25.2.2002. In altri termini, facendone applicazione nella fattispecie concreta, i giudici di legittimità hanno confermato, che anche la pattuizione relativa al saggio degli interessi moratori deve essere oggetto di valutazione in ordine al superamento, con tale pattuizione, del tasso soglia, senza tuttavia aver espresso il principio ritenuto dall’opponente, ossia che i tassi pattuiti, con funzioni distinte ed autonome, a titolo di naturale remuneratività del denaro ed a titolo di mora, debbano essere considerati unitariamente.

Tuttavia, premesso che la pronuncia giurisprudenziale invocata a sostegno del cumulo, ad avviso di questo collegio, si presta ad una interpretazione, già sopra, indicata, rispetto a quella proposta alla debitrice esecutata, anche a voler trarre dalla sentenza n. 350/2013 il principio della necessità del cumulo tra interessi corrispettivi ed interessi moratori, si tratterebbe di principio che, anche ove così autorevolmente espresso, non potrebbe ad avviso del Tribunale essere condiviso, e ciò in relazione alla diversità ontologica e funzionale delle due categorie di interessi, che non ne consente il mero cumulo.

Difatti, il tasso di mora ha una autonoma fruizione, quale penalità per il fatto, imputabile al mutuatario e solo eventuale, del ritardato pagamento, e quindi la sua incidenza va rapportata al protrarsi, ed alla gravità della inadempienza del tutto diversa dalla funzione di remunerazione, propria degli interessi corrispettivi (tra le tante cfr. Tribunale Milano 22 maggio 2014, Verona 9 aprile 2014, Tribunale di Brescia 16 gennaio 2014, Tribunale di Trani 25 gennaio 2014).

Va poi considerato come l’intero impianto normativo in materia di usura, infatti, si fonda sull’integrazione extratestuale di una norma penale c.d. “in bianco” (come tale non suscettibile di interpretazione analogica, secondo i principi delle “pre – leggi”), nella quale si fa riferimento alle prestazioni di natura “corrispettiva” gravanti sul mutuatario, legate alla fisiologica. attuazione del programma negoziale. Gli oneri che, come gli interessi di mora, non partecipano di questa natura “corrispettiva”, non rilevano ai fini dell’individuazione dei tasso “effettivo” da raffrontare alla soglia.

A ben guardare gli interessi moratori rientrano tra quelle prestazioni “accidentali” (e perciò, meramente eventuali) sinallagmaticamente riconducibili al futuro inadempimento e destinate ad assolvere, in chiave punitiva, alla funzione di moral suasion finalizzata alla realizzazione del “rite adimpletum contractum”.

Ed infatti proprio a dimostrazione di questa natura latamente “punitiva”, l’art. 1224 c.c. introduce coattivamente, per caso dell’inadempimento, gli interessi di mora in uno schema contrattuale che non li abbia originariamente previsti.

A conferma della differenza antologica e funzionale correttamente la Banca d’Italia, chiamata ad effettuare trimestralmente le rilevazioni, dei tassi medi ai fini dell’applicazione della l. 1108/1996, non comprende del calcolo del TEG gli interessi di mora. Tuttavia, ed è questo un punto da rimarcare come molto significativo, la Banca d’Italia non omette del tutto di considerare gli interessi di mora ai fini della L. 108/1996, ma ne fa oggetto di separata rilevazione (nella misura del 2,1%); Se il supremo organo di vigilanza svolge tale separata rilevazione, non vi è ragione logica per sostenere’ l’additività dei due tassi da raffrontare ad un valore – soglia che, in realtà, non ricomprende affatto i tassi di mora (il tasso soglia è individuato secondo un meccanismo di calcolo a partire dal TEGM, che, come detto, non prende in considerazione i tassi di mora).

Infine, anche ove si volesse accedere alle interpretazioni fornite dalla parte reclamata, il risultato non sarebbe quello invocato, nell’opposizione ed accolto dal giudice che ha emesso il provvedimento ex art. 615 comma primo impugnato.

Va premesso che dall’esame delle pattuizioni contenute in contratto l’esistenza di una clausola di salvaguardia esclude in radice la usurarietà del tasso pattuito.

Nel caso di specie quindi non potrebbe trovare applicazione l’art. 1815 comma 2 c.c. invocato, bensì una riconduzione degli interessi di mora nei limiti del tasso soglia ai sensi degli artt. 1419, comma 2 c.c. e 1339 c.c., trattandosi di ai più sopravvenuta in corso di rapporto (si veda anche Cass. n. 602/2013): l’art. 1815 comma 2.c.c, fa difatti riferimento alle prestazioni di natura “corrispettiva” gravanti sul mutuatario a prestazioni collegate allo svolgimento fisiologico del rapporto, collocandosi invece, come già rilevato, gli interessi moratori nella fase patologica conseguente all’inadempimento, solo eventuale, del mutuatario. Ne consegue che, in conclusione, non possa in ogni caso ritenersi esclusa in radice la esistenza di un residuo credito dell’istituto bancario.

Atteso che l’oggetto della opposizione proposta ai sensi dell’art. 615 comma 1, c.c. è la contestazione del diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata, deve quindi rilevarsi che, allo stato, la contestazione operata non conduce a ritenere la opposizione assistita dal. necessario fumus di fondatezza che giustifichi la conferma della sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo nel suo complesso.

Ne segue raccoglimento del reclamo e la revoca del provvedimento di sospensione emesso dal giudice di prime cure.

P.Q.M.

Le spese saranno liquidate unitamente al merito.

Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio così provvede:

ACCOGLIE il reclamo e per l’effetto revoca il provvedimento di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo, reso dal giudice di prime con l’ordinanza impugnata

SPESE unitamente al merito

Si comunichi.

Così deciso in Roma il 3 settembre 2014.

Depositata in Cancelleria il 16 settembre 2014.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.