l’interest rate swap (IRS) è il contratto derivato che prevede l’impegno reciproco delle parti di pagare l’una all’altra, a date prestabilite, gli interessi prodotti da una stessa somma di denaro, presa quale astratto riferimento e denominata “nozionale”, per un dato periodo di tempo. Nell’ambito del contratto di IRS assume rilevanza il cd. mark to market (MTM) o costo di sostituzione, ossia l’attualizzazione del differenziale dei flussi di cassa che le parti si scambiano nel corso del rapporto. Il “mark to market” è disciplinato dall’art. 203 T.U.F. e dall’art. 2427 bis comma I n. 1 c.c., sebbene non si rinvenga una disciplina precipua di tali ” interest rate swap” IRS. Per MTM s’intende principalmente la stima del valore effettivo del contratto ad una certa data (anche se, in astratto, il mark to market non esprime un valore concreto ed attuale, ma una proiezione finanziaria). Il mark to market è, dunque, tecnicamente un valore e non un prezzo, una grandezza monetaria teorica calcolata per l’ipotesi di cessazione del contratto prima del termine naturale. Più precisamente è un metodo di valutazione delle attività finanziarie che si contrappone a quello storico o di acquisizione attualizzato mediante indici di aggiornamento monetario, che consiste nel conferire a dette attività il valore che esse avrebbero in caso di rinegoziazione del contratto o di scioglimento del rapporto prima della scadenza naturale. Esso rappresenta, pertanto, il valore corrente di mercato del contratto e il costo al quale una parte può anticipatamente estinguere il contratto. È necessario che gli elementi ed i criteri utilizzati per la determinazione dello stesso siano esplicitati nel contratto, ai fini della formazione dell’accordo in ordine alla misura dell’alea, definita perciò “alea razionale”.

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Corte d’Appello|Roma|Sezione 2|Civile|Sentenza|17 gennaio 2023| n. 332

Data udienza 17 gennaio 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI ROMA

SECONDA SEZIONE CIVILE

Specializzata in materia d’impresa

Riunita in camera di consiglio e composta da:

Dott.ssa Gianna Maria Zannella Presidente Relatore

Dott.ssa Marina Tucci Consigliere

Dott. Camillo Romandini Consigliere

Ha emesso la seguente

SENTENZA

Nel giudizio civile di II grado, iscritto al n.r.g. 4918/2018, riservato in decisione all’udienza collegiale dell’17.01.2023, tenuta con modalità cartolari come da decreto di questa Corte del 09.12.2022, previa concessione di termini anticipati alle parti per depositare memorie conclusionali, al fine di rendere la sentenza ex art. 281 sexies c.p.c., sostituita la discussione orale dallo scambio di memorie tra le parti e vertente tra:

(…) S.R.L. C.F. e P.IVA (…), in persona del legale rappresentante p.t., Elett.te dom.ta in Roma, Viale (…), presso lo studio dell’Avvocato (…), che lo rappresenta e difende per procura in calce all’atto di citazione in appello

APPELLANTE

E

(…) S.p.A., C.F. e P.IVA (…), in persona del legale rappresentante p.t.,

Elett.te dom.ta in Roma, Via (…), presso lo studio degli Avvocati (…), che la rappresentano e difendono per procura generale alle liti del 23.02.2022 per atto Notaio (…) di Roma n. rep. 8913 – n. racc. 5096.

APPELLATA E APPELLANTE INCIDENTALE

Oggetto: appello avverso la sentenza n. 7868/2018 del Tribunale di Roma, pubblicata in data 18.04.2018

Conclusioni:

la (…) S.r.l. ha concluso chiedendo il rigetto dell’appello incidentale ex adverso proposto per essere infondato ed in aperto contrasto con le risultanze processuali nonché si insiste per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate nell’atto di appello, che di seguito si riportano: “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, ritenere fondati i motivi esposti con il presente gravame e, per l’effetto, in riforma parziale della sentenza n. 7868/2018 del 09.04.2018, pubblicata il 18.04.2018, non notificata, emessa dal Tribunale di Roma, 9A sezione civile, Giudice Dott. Basile, nella causa rubricata al n. R.G. 43876/2015, e per l’effetto così statuire: 1) condannare la (…) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al rimborso, anche sotto forma di risarcimento del danno, di tutte le somme pagate dalla (…) S.r.l. in virtù del contratto IRS n. 5534128, dichiarato nullo, dal 30.05.2015 al 31.08.2017, per un importo complessivo di Euro 41.972,72, con gli interessi legali sulle somme dovute dalla Banca convenuta maggiorati degli interessi contrattuali, e delle somme dipendenti dalla capitalizzazione degli interessi stessi, derivanti dal conto corrente affidato sul quale tali somme sono state addebitate, con gli interessi maturati e maturandi anche convenzionali e/o risarcitovi e sino al soddisfo dal dì di ogni singolo pagamento, anche eventualmente a titolo di indebito; 2) condannare la Banca appellata, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento in favore di (…) S.r.l. di ogni danno ulteriore da liquidarsi secondo le risultanze di giudizio o, in subordine, in via equitativa; 3) condannare la Banca appellata, in persona del legale rappresentante pro tempore, per la condotta processuale tenuta, anche ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., da determinarsi in via equitativa; 4) condannare la Banca appellata al pagamento delle spese di lite del primo grado di giudizio, da liquidarsi, previa compensazione per la metà, in Euro 10.693,50, oltre spese ed accessori di legge; 5) porre le spese di CTU, così come liquidate in primo grado, interamente a carico della Banca appellata, e, per l’effetto, condannare la stessa a restituire a (…) S.r.l. l’importo di Euro. 765,00 dalla stessa già corrisposto alla (…) quale ristoro di quanto anticipato al CTU in applicazione della sentenza impugnata, oltre la somma che se del caso verrà corrisposta dalla (…) Srl nelle more del presente giudizio a saldo delle spettanze del Ctu.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio;

la (…) ha concluso chiedendo di “accogliere il presente appello ed in riforma dell’impugnata sentenza, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa: – in via principale, rigettare l’appello avversario in quanto infondato in fatto ed in diritto; – nel merito, accogliere l’appello incidentale proposto dalla (…) S.p.A. per l’integrale riconoscimento delle domande proposte in primo grado e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarare la validità del contratto IRS e per l’effetto condannare la (…) S.r.l. in persona del legale rappresentante p.t. a restituire alla (…) S.p.A. gli importi corrisposti dalla stessa in esecuzione della sentenza impugnata, pari ad Euro 143.759,66, oltre interessi legali dalla data del pagamento (21.05.2018) al soddisfo e oltre al maggior danno ex art. 1224 co. 2 c.c., commisurato nell’applicazione su tale importo dal giorno del pagamento al saldo del tasso medio per le aperture di credito in conto corrente rilevato e pubblicato in G.U. ex art. 2 co. 1 L. 07.03.1996 n. 108, in considerazione dell’attività di erogazione del credito esercitata da (…). Con vittoria di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio”

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con atto di citazione notificato in data 2 luglio

2015, (…) S.r.l. ha convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la (…) S.p.A. (d’ora in poi: (…)) chiedendo:

“Con riferimento al contratto di finanziamento n. 11383:

1) accertato che la Banca convenuta, all’atto della sottoscrizione del contratto di finanziamento n. 11383, ha stabilito interessi da qualificarsi usurari, dichiarare la nullità delle relative clausole e la gratuità ab origine del contratto, e per l’effetto condannare la (…) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a restituire alla (…) S.r.l. tutti gli interessi usurari e/o contra legem corrisposti sul finanziamento, pari alla data del 07.04.2015 ad Euro 110.205,00, o nella somma maggiore o minore che verrà quantificata in corso di causa, anche a mezzo di CTU contabile, nonché quelli eventualmente versati nel corso del procedimento, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal momento della corresponsione al soddisfo;

2) in ogni caso, dichiarare ai sensi dell’art. 1284 c.c., 1283 c.c. e 1419 c.c., la nullità della clausola dell’interesse moratorio in quanto anatocistico e, per l’effetto, condannare la (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, a restituire alla (…) S.r.l. tutti gli interessi contra legem eventualmente corrisposti a seguito dell’applicazione dell’anatocismo, nonché quelli eventualmente versati nel corso del procedimento, così come verranno determinati in corso di causa anche a mezzo di CTU contabile, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal momento della corresponsione al soddisfo;

Con riferimento al contratto-quadro del 21.01.2011 e all’IRS n. 5534128. 1) in via principale: dichiarare nullo, per contrarietà alle norme imperative o per mancanza di causa, il contratto-quadro per operazioni su strumenti finanziari derivati del 21.01.2011 e/o l’operazione IRS contrassegnata con n.5534128; 2) in via subordinata: annullare, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1427 e 1439 c.c., il contratto-quadro per operazioni su strumenti finanziari derivati del 21.01.2011 e/o l’operazione IRS contrassegnata con n. 5534128 per le ragioni tutte esposte in narrativa, ovvero, subordinatamente, accertata l’ipotesi di dolo incidente ex art. 1440 c.c., condannare la banca convenuta al risarcimento dei danni conseguenti;

3) in via di ulteriore subordine: accertati gli inadempimenti nonché le violazioni precontrattuali e contrattuali della Banca convenuta, come descritte in narrativa, dichiarare la risoluzione del contratto-quadro per operazioni su strumenti finanziari derivati del 21.01.2011 e/o dell’operazione IRS contrassegnata con n. 5534128, o comunque condannare la banca convenuta al risarcimento dei danni conseguenti; e, per l’effetto anche di una sola delle richieste pronunce,

4) condannare la (…) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al rimborso, anche sotto forma di risarcimento del danno, di tutte le somme pagate dalla (…) S. r. l. in virtù dei contratti de quo per liquidazioni alle scadenze contrattuali e/o per commissioni o costi anche impliciti, inclusi gli interessi passivi maturati sul relativo conto di regolazione, al netto delle eventuali somme eventualmente percepite dalla società esponente, e che si quantificano in Euro 173.502,70, o la somma maggiore o minore che dovesse risultare nel corso del giudizio, anche all’esito di CTU contabile. Il tutto oltre alle somme che al medesimo titolo venissero addebitate alla società attrice dalla Banca convenuta in qualsiasi modo e sotto qualsiasi forma nel corso del giudizio o successivamente, ed oltre agli altri importi eventualmente maggiori che derivassero dall’accertamento in fatto, con gli interessi legali sulle somme dovute dalla Banca convenuta maggiorati degli interessi contrattuali, e delle somme dipendenti dalla capitalizzazione degli interessi stessi, derivanti dal conto corrente affidato sul quale tali somme sono state addebitate, con gli interessi maturati e maturandi anche convenzionali e/o risarcitori e sino al soddisfo dal dì di ogni singolo pagamento, anche eventualmente a titolo di indebito; 5) condannare la Banca convenuta, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento in favore di (…) S.r.l. di ogni danno ulteriore da liquidarsi secondo le risultanze di giudizio o, in subordine, in via equitativa.

6) condannare la Banca convenuta, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento da responsabilità aggravata per immotivata mancata partecipazione alla procedura di mediazione e a rimborsare le spese relative”

Si è costituita in giudizio la (…) chiedendo il rigetto di tutte le domande proposte da parte attrice e, in subordine, in caso di condanna al pagamento delle somme in favore della società attrice, di disporre la compensazione delle stesse con gli importi dovuti alla banca dalla società medesima.

La causa è stata istruita con CTU contabile, ed è stata trattenuta in decisione previa assegnazione dei termini per il deposito delle conclusionali e repliche.

Con sentenza n. 7868/2018 il Tribunale di Roma ha respinto le domande spiegate da (…) S.r.l. con riferimento all’usurarietà del contratto di finanziamento ed ha dichiarato la nullità per difetto di causa in concreto del contratto di interest rate swap n. 5534128, per assenza della bilateralità dell’alea assunta dalle parti. Pertanto, il giudice ha condannato la (…) alla restituzione, in favore di (…) S.r.l., della somma di euro 134.117,55, oltre interessi legali dal 15.06.2017 fino al saldo effettivo. Il Tribunale ha poi compensato le spese di lite e le spese di CTU in misura della metà ed ha condannato la (…) al pagamento della restante metà a favore di (…) S.r.l..

Avverso la sentenza la (…) S.r.l. ha proposto appello, con atto di citazione notificato in data 11.07.2018, eccependo: l’omessa e/o erronea decisione sulla domanda di ripetizione delle somme addebitate alla stessa dall’appellata nel corso del giudizio; l’omessa e/o erronea decisione sulla domanda di risarcimento del maggior danno subito dalla stessa; l’omessa e/o erronea decisione sulla domanda di condanna della (…) per la mancata accettazione della proposta conciliativa formulata dal giudice e l’omessa e/o erronea applicazione dell’art. 96, comma 3, c.p.c.; l’erronea quantificazione e liquidazione delle spese di lite ed erronea ripartizione interna delle spese di CTU.

Con comparsa di costituzione e risposta, si è costituita in giudizio la (…) chiedendo, in via principale, il rigetto dell’appello in quanto infondato in fatto ed in diritto e proponendo appello incidentale al fine di dichiarare la validità del contratto di interest rate swap e per l’effetto condannare la (…) S.r.l. alla restituzione degli importi corrisposti in esecuzione della sentenza, oltre interessi legali dalla data di pagamento al soddisfo e maggior danno ex art. 1224, co. 2, c.c..

In seguito, è stata fissata l’udienza odierna per la precisazione delle conclusioni e la decisione, udienza che si è tenuta con modalità cartolari, previa concessione di termini anticipati alle parti per depositare memorie conclusionali, al fine di rendere la sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. -sostituita la discussione orale dal deposito di memorie;

2. L’esame di motivi dell’appello principale presuppone la valutazione in ordine alla validità del contratto di interest rate swap; risulta pertanto necessario – nel dovuto ordine logico-giuridico -esaminar e dapprima l’appello incidentale proposto dalla (…).

La (…) ha eccepito l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che il contratto derivato dovesse essere dichiarato nullo per mancanza di causa in concreto, in difetto di alea bilaterale.

Ad avviso della Corte, l’appello incidentale è infondato e va respinto.

Giova premettere che l’interest rate swap (IRS) è il contratto derivato che prevede l’impegno reciproco delle parti di pagare l’una all’altra, a date prestabilite, gli interessi prodotti da una stessa somma di denaro, presa quale astratto riferimento e denominata “nozionale”, per un dato periodo di tempo.

Nell’ambito del contratto di IRS assume rilevanza il cd. mark to market (MTM) o costo di sostituzione, ossia l’attualizzazione del differenziale dei flussi di cassa che le parti si scambiano nel corso del rapporto. Il “mark to market” è disciplinato dall’art. 203 T.U.F. e dall’art. 2427 bis comma I n. 1 c.c., sebbene non si rinvenga una disciplina precipua di tali ” interest rate swap” IRS. Le Sezioni Unite con la sentenza n. 8770/2020 hanno precisato che “nei fatti, per MTM s’intende principalmente la stima del valore effettivo del contratto ad una certa data (anche se, in astratto, il mark to market non esprime un valore concreto ed attuale, ma una proiezione finanziaria). Il mark to market è, dunque, tecnicamente un valore e non un prezzo, una grandezza monetaria teorica calcolata per l’ipotesi di cessazione del contratto prima del termine naturale. Più precisamente è un metodo di valutazione delle attività finanziarie che si contrappone a quello storico o di acquisizione attualizzato mediante indici di aggiornamento monetario, che consiste nel conferire a dette attività il valore che esse avrebbero in caso di rinegoziazione del contratto o di scioglimento del rapporto prima della scadenza naturale”.

Esso rappresenta, pertanto, il valore corrente di mercato del contratto e il costo al quale una parte può anticipatamente estinguere il contratto. È necessario che gli elementi ed i criteri utilizzati per la determinazione dello stesso siano esplicitati nel contratto, ai fini della formazione dell’accordo in ordine alla misura dell’alea, definita perciò “alea razionale”.

In particolare, devono essere esplicitati i costi impliciti e prospettati i c.d. “scenari probabilistici”.

L’incerta individuazione del mark to market si traduce nell’indeterminabilità dell’oggetto contrattuale e comporta la nullità del contratto cfr. ancora la giurisprudenza di legittimità su richiamata).

Nei contratti interest rate swap, è possibile che ” lo squilibrio futuro sopravvenuto fra i flussi di cassa, che sia attualizzato al presente, può essere oggetto di nuove prognosi ed indurre le parti a sciogliere il contratto”: così, recentissima, Cass. del 2021 n. 21830.

In tal caso viene in rilievo il mark to market, sinora descritto.

Neil’ interest rate swap – come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità da ultimo citata (punto 2.9.3. della motivazione)- il “mark to market deve contenere anche la formula matematica che consenta di attualizzarlo, perché tale elemento possa dirsi determinato e, quindi, possa ritenersi valido il contratto che lo contiene. Nel caso di specie difetta una chiara indicazione dei parametri ed in particolare della formula matematica, sulla base dei quali operare una misurazione del mark to market. L’art. 23 del contratto quadro prevede che: “per “mark to market” si intende, ad una certa data, il valore attuale dei flussi di cassa futuri delle singole operazioni, calcolato sulla base dei fattori di sconto riferibili a ciascun flusso e desunti dalla curva dei tassi di interesse e dalla curva di volatilità esistente sui mercati finanziari alla suddetta data”.

L’indeterminabilità della definizione del mark to market è stata rilevata anche dal consulente tecnico d’ufficio.

Ne consegue la nullità del contratto di IRS. La sentenza di primo grado sul punto deve pertanto essere confermata.

3. Ad avviso della Corte, anche l’appello principale è infondato e non va accolto.

3.1. Con il primo motivo di appello la società appellante principale ha censurato la sentenza nella parte in cui ha condannato la (…) alla restituzione degli addebiti compiuti in esecuzione del contratto derivato dichiarato nullo sino alla data del 31.05.2015 e non degli importi illegittimamente addebitati successivamente a tale data.

Il motivo non è fondato.

La declaratoria di nullità del contratto comporta l’applicazione delle regole dettate dall’art. 2033 c.c., con conseguente obbligo restitutorio delle somme versate. Le restituzioni non seguono automaticamente alla caducazione del contratto, ma esigono la domanda di parte.

In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 6664/2018 secondo cui: “accertata la nullità del contratto d’investimento, il venir meno della causa giustificativa delle attribuzioni patrimoniali comporta l’applicazione della disciplina dell’indebito oggettivo, di cui agli artt. 2033 ss. c.c., con il conseguente sorgere dell’obbligo restitutorio reciproco, subordinato alla domanda di parte ed all’assolvimento degli oneri di allegazione e di prova, avente ad oggetto, da un lato, le somme versate dal cliente alla banca per eseguire l’operazione e, dall’altro lato, i titoli consegnati dalla banca al cliente e gli altri importi ricevuti a titolo di frutti civili o di corrispettivo per la rivendita a terzi, a norma dell’art. 2038 c.c., con conseguente applicazione della compensazione fra i reciproci debiti sino alla loro concorrenza”.

Gli importi che l’appellante ritiene siano stati addebitati dalla (…) nel corso del giudizio e non conteggiati dal tribunale sono riferibili al periodo ricompreso tra il 30.08.2015 e il 31.08.2017. Gli stessi risultano anteriori per la gran parte alle memorie ex 183, comma 6, c.p.c. ed in ogni caso precedenti all’udienza di precisazione delle conclusioni.

Tuttavia, nelle memorie di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c., depositate il 20.07.2016, non è presente alcun riferimento a tali somme e in sede di precisazione delle conclusioni, all’udienza del 24.01.2018, nel giudizio di primo grado si è riportata alle conclusioni rassegnate negli atti difensivi, nelle quali ha chiesto genericamente la condanna della banca al rimborso degli addebiti nei confronti della società, in virtù dei contratti oggetto del giudizio alla società in qualsiasi modo e sotto qualsiasi forma nel corso del giudizio o successivamente.

Invero, solo con la comparsa conclusionale la società ha quantificato esattamente gli addebiti, riportando analiticamente gli stessi. Non può, pertanto, essere accolta la domanda di restituzione di detti importi, in quanto non tempestivamente proposta.

3.2. Con il secondo motivo di appello, l’appellante ha lamentato l’omessa pronuncia del giudice di primo grado sulla domanda di risarcimento del maggior danno, causato dalla condotta scorretta tenuta dalla convenuta. In particolare, la società appellante ha contestato alla banca: l’aver sollecitato la sottoscrizione del contratto pur essendo consapevole del difetto della funzione di copertura dello stesso; l’imputazione del pagamento effettuato per la rata periodica del contratto di finanziamento al ripianamento del flusso negativo generato dal derivato e, solo per la parte residua, all’estinzione della rata mensile del finanziamento; il rifiuto della proposta conciliativa. Pertanto, l’appellante ha chiesto il risarcimento del maggior danno consistente nel danno da mancata disponibilità degli importi indebitamente corrisposti, nonché comprensivo anche delle somme corrisposte a titolo di compenso al Dr. (…) e all’Avv. (…).

Ne ha chiesto la liquidazione, ex art. 1224 II comma c.c., nella differenza tra il tasso di rendimento netto dei titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi, o tra il tasso di inflazione, se superiore e quello degli interessi legali, se inferiore, come individuato dalla giurisprudenza di legittimità.

In motivo non è fondato.

L’odierna appellante nelle conclusioni formulate in primo grado ha chiesto genericamente risarcimento “di ogni danno ulteriore”. Solo nella comparsa conclusionale e nell’atto di appello, quindi al di fuori dei termini di legge, ha formulato la domanda di risarcimento del maggior danno ex art. 1224 II comma c.c. Il creditore di una obbligazione di valuta, il quale intenda ottenere il ristoro del pregiudizio da svalutazione monetaria, ha l’onere di domandare il risarcimento del maggior danno ai sensi dell’art. 1224, comma 2, c.c. (Cfr. Cass. n. 16565/2018), anche quando le somme siano richieste a titolo di indebito.

La domanda di risarcimento del maggior danno proposta in appello quindi, non può essere accolta, in quanto nuova ai sensi dell’art. 345 c.p.c.

3.3. Con terzo motivo di appello, la parte ha eccepito l’omessa pronuncia sulla domanda di condanna della convenuta ai sensi dell’art. 96, coma 3, c.p.c., per il rifiuto immotivato della proposta conciliativa. Il motivo è privo di pregio.

Sul punto il tribunale si è pronunciato ritenendo non provata la responsabilità aggravata della (…).

“L’accertamento della responsabilità aggravata, ex art. 96 c.p.c., discende esclusivamente da atti o comportamenti processuali concernenti il giudizio nel quale la domanda viene proposta, quali, ai sensi del comma 1, l’aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave o, per quanto riguarda il comma 3, l’aver abusato dello strumento processuale.” (Cass. Sezioni Unite ord. n. 25041/2021)

La condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. richiede l’accertamento, in capo alla parte soccombente, della mala fede (consapevolezza dell’infondatezza della domanda) o della colpa grave (per carenza dell’ordinaria diligenza volta all’acquisizione di detta consapevolezza), venendo in considerazione, a titolo esemplificativo, la pretestuosità dell’iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, la manifesta inconsistenza giuridica delle censure in sede di gravame ovvero la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione (Cfr. Cass. n. 22405 2018).

Non è ravvisabile in questo caso la mala fede o la colpa grave della banca, considerato anche la stessa ha motivato il rifiuto della proposta conciliativa, in quanto recepiva le risultanze della CTU contestate dalla stessa.

3.4. Con il quarto motivo d’appello la società appellante ha eccepito l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha quantificato le spese di lite prendendo in considerazione come parametro lo scaglione di valore della causa da euro 52.000,01 ad euro 260.000,00, inferiore rispetto a quello da applicare in base al valore della domanda di euro 280.000,00. Inoltre, ha lamentato l’erronea ripartizione interna delle spese della CTU, essendo stata espletata la stessa soltanto sul contratto di IRS. Il motivo non può trovare accoglimento. In tema di liquidazione delle spese processuali, quando, nel corso del giudizio, la pretesa attorea venga parzialmente soddisfatta, il valore della causa va determinato sempre in base al “decisum”, e non al “petitum”, come stabilito dall’art. 5, comma 1, terzo periodo, del d.m. n. 55 del 10 marzo 2014 (Cass. sent. n. 9237/2022). Infatti, a seguito del rigetto della domanda relativa all’usurarietà del contratto di finanziamento, il credito dell’appellante nei confronti della banca è stato quantificato in euro 134.117,55, oltre interessi legali dal 15.06.2017 fino al saldo effettivo.

Sulla base di questo valore andavano quantificate le spese processuali.

Pertanto, il Tribunale ha fatto corretta applicazione di tale principio.

Quanto alla ripartizione delle spese della CTU, la stessa risulta giustificata alla luce della parziale soccombenza della società in primo grado.

4. Il rigetto dell’appello principale e dell’appello incidentale giustifica la compensazione delle spese processuali del grado.

ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater d.p.r. n. 115 del 2002, introdotto con l. del 2012 n. 228 occorre dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il presente appello, se dovuto (Cass. S.U. n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Roma definitivamente pronunciando sull’appello principale avverso la sentenza di cui in epigrafe proposto da (…) S.R.L. nei confronti di (…) S.p.A., nonché sull’appello incidentale proposto da quest’ultimo: rigetta l’appello principale e quello incidentale; compensa le spese processuali del presente grado di giudizio;

dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante principale e dell’appellante incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il presente appello, se dovuto.

Roma, 17 gennaio 2023.

Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2023.

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