In caso di investimento di un pedone, il conducente del veicolo investitore può vincere la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054, comma 1, c.c., attraverso la prova che non vi fosse alcuna possibilità di evitare l’evento; tale prova non è insita nell’accertamento del comportamento colposo del pedone, in quanto è necessario che sia fornita la prova non solo che il predetto abbia tenuto una condotta anormale e ragionevolmente non prevedibile, ma anche che il conducente abbia adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, pure sotto il profilo della velocità della guida mantenuta. Invero, per il disposto dell’art. 141 del codice della strada, il conducente di un veicolo deve essere in grado di garantire in ogni caso l’arresto tempestivo dello stesso, evitando ogni pericolo per la sicurezza delle persone con la conseguenza che, applicandosi in ogni caso la presunzione di colpa di cui all’art. 2054, comma 1, c.c., egli resta gravato dall’onere di dare la prova liberatoria, dimostrando che il mancato tempestivo arresto del veicolo e le conseguenti lesioni sono stati determinati da cause in tutto o in parte a lui non imputabili. Ne discende, che il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo (imprudente o in violazione di una regola comportamentale) del pedone, in quanto occorre che la condotta di quest’ultimo configuri per come si è manifestata una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, idonea da sola a produrre l’evento. Può poi affermarsi che, alla stregua dei consolidati principi richiamati, quand’anche fosse stato adeguatamente dimostrato il comportamento colposo del pedone, ciò non avrebbe consentito in ogni caso di superare la presunzione di colpa posta dall’art. 2054 c.c.
Tribunale|Vallo della Lucania|Civile|Sentenza|28 aprile 2023| n. 373
Data udienza 27 aprile 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Vallo della Lucania, Sezione Civile, in persona del giudice monocratico dr.ssa Chiara Sangiuolo, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 1166 del Ruolo Generale degli affari contenziosi dell’anno 2012, avente ad oggetto: lesione personale
TRA
(…) (c.f. (…) ), rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall’avv. Cr.Sa. ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Pa.Ma. sito in Agropoli, alla via (…);
ATTORE
E
(…) (c.f. (…) );
CONVENUTO CONTUMACE
NONCHÈ
SOCIETÀ (…) (c.f. (…) ), in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Am.Do. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Agropoli, al C.so (…);
CONVENUTA
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato, il sig. (…) conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Vallo della Lucania, il sig. (…) e la Società (…), in persona del legale rapp.te p.t., al fine di sentirli condannare in solido, previo accertamento di responsabilità, al risarcimento dei danni patiti a causa del sinistro verificatosi in data 20.08.2011, alle ore 08:45 circa, in via N. – località C. del C., in prossimità del (…) e (…), nel Comune di Montecorice, quantificati nella misura di Euro 434.500,00 (danno biologico pari al 15% = 60.000,00; danno morale = 40.000,00; danno esistenziale = Euro 25.000,00; I.T.T. pari a giorni 60 = Euro 6.000,00; I.T.P. al 50% pari a giorni 60 = 3.000,00; spese mediche = Euro 500,00; danno da perdita di chance = Euro 300.000,00);
l’istante insisteva poi per la concessione di una provvisionale pari al 50% della presumibile entità del danno liquidato e comunque non inferiore ad Euro 120.000,00 ovvero nella diversa misura ritenuta congrua, il tutto con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
Esponeva in particolare l’attore che, nelle circostanze di tempo e di luogo sopra indicate, mentre camminava regolarmente sulla mano destra ed al di fuori della linea continua delimitante la carreggiata riservata al transito veicolare, veniva investito dall’autovettura Fiat modello Panda di colore bianco targata (…)e condotta dal proprietario (…), la quale procedeva in direzione da Case del Conte verso il bivio di Giungatelle;
che a causa dell’urto il corpo dell’attore piroettava compiendo una rotazione di circa 180 e per l’effetto l’emisoma destro veniva proiettato sull’autovettura, cadendo successivamente al suolo; che, allertati i soccorsi, l’attore veniva immediatamente trasportato presso l’ospedale civile di Agropoli e sottoposto d’urgenza ad un primo intervento al polso destro a seguito della frattura scomposta pluriframmentaria riportata nel sinistro;
che, successivamente, subiva un altro intervento presso l’ospedale Cardarelli di Napoli, resosi necessario per l’evidente e non sufficiente riduzione della frattura operata nel primo nosocomio;
che, precisamente, a seguito del sinistro l’attore riportava le seguenti lesioni: “frattura esposta a collo di cigno del polso destro; contusione polpaccio sinistro; frattura esposta epifisi distale di radio e scafoide carpale destro” come indicate nella cartella clinica dell’ospedale civile di Agropoli;
che, prima dell’evento traumatico, l’istante svolgeva l’attività di insegnamento nonché l’attività di fisioterapista della riabilitazione in un centro di sua esclusiva titolarità e gestione;
che, al termine della malattia residuavano postumi invalidanti quantificati dal dr. (…), specialista in medicina legale e delle assicurazioni, nella misura del 15% di (…), con un’incidenza sulla sua capacità lavorativa specifica di fisioterapista del 30%;
aggiungeva poi l’attore, da poco separato con la moglie, che in occasione del sinistro si trovava in vacanza con i due figli piccoli i quali, a causa dell’evento traumatico venivano temporaneamente abbandonati e poi affidati a familiari che provvedevano a farli rientrare nella propria città di residenza;
precisava ancora che, in seguito alla separazione, era obbligato a versare un assegno alimentare per il mantenimento dei figli pari ad Euro 800,00 mensili, facendo affidamento su un incremento reddituale derivante dalla propria attività libero professionale, aspettativa svanita a seguito dell’occorso incidente, determinante uno stato di grave disagio economico;
deduceva pertanto di aver subito un danno biologico, morale, esistenziale e da perdita di chance o di capacità lavorativa, avendo dovuto abbandonare definitivamente la sua risalente attività di fisioterapista della riabilitazione svolta in un centro di sua esclusiva titolarità e gestione da cui traeva un reddito medio di circa Euro 12.000,00 con cui integrava il suo stipendio di professore di educazione fisica; deduceva, altresì,
che prima della chiusura, presso il centro di riabilitazione lavorava anche la ex coniuge dr.ssa A.M., con la conseguenza che, laddove non fosse stato chiuso, avrebbe avuto un cospicuo incremento di redditività individuale; rappresentava che, a causa del sinistro, soffriva di un disturbo traumatico da stress che si riverberava sulla propria vita familiare;
che, invano, aveva provveduto a costituire in mora per tre volte e ad effettuare una contestuale richiesta di risarcimento danni alla società (…) (cfr. racc. allegate in atti), compagnia assicuratrice del veicolo che aveva cagionato in sinistro, la quale tuttavia non aveva provveduto entro novanta giorni ad inviare la proposta di cui all’art. 148 D.Lgs. n. 209 del 2005, né ad indicare i motivi per i quali non era possibile formulare congrua offerta, con ciò ponendo in essere una condotta rilevante ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.; che veniva esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione e, successivamente, adita l’autorità giudiziaria per ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti, contenuti nella somma di Euro 500.00,00.
Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio la società (…), in persona del legale rapp.te p.t., la quale, in via preliminare insisteva per il rigetto della richiesta di provvisionale, stante l’insussistenza dei presupposti di legge per la sua concessione;
eccepiva, poi, l’improponibilità della domanda attorea per omessa indicazione di tutti i requisiti richiesti dalla legge per la costituzione in mora (ovvero dell’entità delle lesioni subite e dell’attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti) nonché l’infondatezza in fatto e in diritto, con conseguente rigetto della stessa, con vittoria di spese di lite.
In particolare, l’assicurazione convenuta precisava che, in occasione del sinistro, l’autovettura (…) procedeva lentamente (“a passo d’uomo”), mantenendo strettamente la sua destra e non oltrepassando la linea delimitante il margine destro della carreggiata, e che il sig. (…) “non utilizzava il marciapiede ed affiancando altra persona nel mentre gesticolava, camminava invadendo la corsia di marcia della (…)”;
contestava in ogni caso il quantum della somma richiesta a titolo di risarcimento dei danni in quanto eccessiva e sproporzionata rispetto alle lesioni asseritamente riportate; eccepiva, infine, l’improcedibilità della domanda in quanto l’attore non permetteva al fiduciario RMA in constat, contravvenendo all’obbligo di collaborazione sullo stesso gravante.
Benché regolarmente citato, non si costituiva invece in giudizio il sig. (…), di cui va pertanto dichiarata la contumacia.
Concessi i termini ex art. 183, sesto comma, c.p.c., la causa veniva istruita con l’escussione di cinque testimoni.
Nel corso del giudizio veniva espletata una consulenza tecnico d’ufficio, nella quale veniva riconosciuta la sussistenza del nesso eziologico tra le lesioni riportate dall’attore (“Frattura esposta di Colles a destra con instabilità rado ulnare distale e coinvolgimento post-traumatico dei nervi del polso”) e il sinistro occorso in data 20.08.2011, stabilendo che a seguito dei due interventi effettuati al polso destro, “vi fu un periodo di inabilità temporanea assoluta di giorni 7 (sette). Il periodo d’inabilità temporanea parziale, ad una media del 75%, fu di 39 (trentanove) giorni e coincide con il lasso di tempo nel quale il (…) è stato portatore di fissatore esterno Hoffman. Il periodo d’inabilità temporanea parziale, ad una media del 50%, è quello riconducibile all’espletamento della fisioterapia e che ebbe una durata di giorni 44 (quarantaquattro);
Gli esiti di lesione determinano un danno biologico permanente pari all’11 (undici)%. Essi allo stato attuale sono stabili. Nel tempo, considerata la localizzazione articolare delle menomazioni, è postulabile, con buona probabilità d’accadimento, la comparsa di artrosi post-traumatica; Gli esiti incidono sulla capacità lavorativa specifica del (…) riducendola parzialmente ovvero nella percentuale pari 20 %; La menomazione di cui è portatore l’infortunato condiziona la vita di relazione del periziato. Esse comporta una personalizzazione del danno biologico in misura non superiore al 10 %; Le spese mediche e di cure sono state di Euro 213,814 e vanno considerate congrue”
Dopo alcuni rinvii, la causa, all’udienza del 10.11.2022 veniva assunta in decisione previa concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle relative memorie di replica.
Tanto premesso, ritiene il giudicante che la domanda sia meritevole di accoglimento nei limiti di seguito indicati.
Innanzitutto, la domanda è proponibile, risultando allegata agli atti la regolare e tempestiva richiesta di risarcimento dei danni inoltrata alla (…) s.p.a., compagnia di assicurazione del veicolo (…) di colore bianco targato SA721826 ed essendo invano decorso il termine legislativamente previsto per la formulazione di un’offerta; per quel che concerne l’eccezione di parte convenuta relativa all’improponibilità della domanda per incompletezza della richiesta risarcitoria contenuta nella raccomandata di messa in mora, ritiene il giudicante che la stessa sia infondata e che vada rigettata, condividendo sul punto il principio di recente espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 30/09/2016, n.19354, secondo cui
“La richiesta di risarcimento che la vittima di un sinistro stradale deve inviare all’assicuratore del responsabile, a pena di improponibilità della domanda giudiziale ex art. 145 c.ass., è idonea a produrre il suo effetto in tutti i casi in cui contenga gli elementi necessari e sufficienti perché l’assicuratore possa accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l’offerta,essendo pertanto irrilevante, ai fini della proponibilità suddetta, la circostanza che la richiesta sia priva di uno o più dei contenuti previsti dall’art. 148 c.ass., qualora gli elementi mancanti siano superflui ai fini della formulazione dell’offerta risarcitoria da parte dell’assicuratore”.
Nel caso di specie, sulla base della documentazione agli atti ritiene il giudicante che l’attore abbia fornito alla compagnia assicuratrice tutti gli elementi in base ai quali formulare un’offerta risarcitoria, con la conseguenza che la domanda deve ritenersi proponibile.
L’eccezione di improcedibilità della domanda per avere l’attore rifiutato di sottoporsi a visita medica, in tal modo contravvenendo all’onere di collaborazione con la controparte, è priva di pregio in quanto l’attore ha contestato tale eccezione, replicando di essersi reso disponibile a sottoporsi alle visite mediche, come effettivamente si può constatare nelle svariate raccomandate di costituzione in mora, in allegato alle memorie istruttorie di primo termine.
Dall’istruttoria espletata, consistita nell’escussione dei testi ammessi e nell’acquisizione della documentazione prodotta dalle parti, è emersa la responsabilità esclusiva del convenuto contumace, conducente il veicolo (…) di colore bianco, targato (…). Invero, i testi escussi nell’interesse dell’attore (…), (…) e (…), fratello ed amici dello stesso, tutti presenti al momento del fatto, hanno confermato la dinamica del sinistro descritta in citazione, ovvero che mentre stavano percorrendo la strada “in fila indiana”, essendo la strada stessa sprovvista di marciapiede, sentivano il rumore dell’urto e, voltandosi, vedevano il (…), ultimo della fila, riverso sul cofano della (…) e poi in terra; hanno altresì affermato, con dichiarazioni concordati ed inequivoche, che l’automobile proseguiva la tratta, fermandosi soltanto qualche metro più avanti, mentre il (…) rovinava al suolo.
Di contro, non pienamente attendibili risultano le dichiarazioni rese dai testi di parte convenuta, (…) e (…), pure presenti al momento del sinistro; il primo ha affermato che l’automobile in questione procedeva a velocità moderata e che il sig. (…), mentre passeggiava accanto ad un’altra persona, veniva urtato dallo specchietto destro dell’automobile, cadendo a terra; il secondo, che ha riferito di trovarsi in compagnia di (…), ha dichiarato che l’impatto avveniva tra la (…) e uno dei due ciclisti che percorreva la strada al fianco della carreggiata, il quale veniva urtato dallo specchietto destro dell’autovettura; ribadiva, nel corso della deposizione, che le due persone interessate dal sinistro non camminavano a piedi bensì a bordo di una bicicletta e che procedevano affiancate. Orbene, ritiene il giudicante che le dichiarazioni del teste (…) non siano attendibili, avendo lo stesso riferito la circostanza, non corroborata da alcun altro elemento di prova, di uno scontro tra un’autovettura ed un ciclista; sul punto, invece, dalle dichiarazioni rese dai testi di parte attrice nonché dal teste (…), può dirsi comprovata la ricostruzione della dinamica del sinistro nel senso dell’investimento dell’attore, che camminava a piedi, e la (…) di colore bianco.
Peraltro, è lo stesso teste di parte convenuta (…) a riferire che dopo lo scontro dell’autovettura con l’attore, quest’ultimo, impattato dallo specchietto destro, cadeva a terra; la circostanza che l’attore camminasse accanto ad un’altra persona, riferita dal teste R., non è idonea a parere del Tribunale a determinare un concorso di colpa nell’attore nella causazione del sinistro, in quanto sfornita di adeguati riscontri e pertanto isolata. Pertanto, che la responsabilità dell’evento sia da ascrivere in via esclusiva a (…) emerge altresì da quanto dichiarato dal teste di parte attrice (…): costui ha riferito che il vigile urbano intervenuto sui luoghi affermava di essersi raccomandato tante volte con il figlio del (…) di non consentire più a quest’ultimo di guidare l’automobile, da ciò presumendosi la circostanza di non poco rilievo di una guida incauta del convenuto o almeno non completamente rispettosa delle norme del codice della strada.
Dunque, dall’esame delle suddette risultanze probatorie, si ritiene infondata l’eccezione di parte convenuta circa il comportamento imprudente dell’attore che avrebbe concorso alla causazione dell’event, in quanto sfornita di adeguata prova.
Invero, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, in caso di investimento di un pedone, il conducente del veicolo investitore può vincere la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054, comma 1, c.c., attraverso la prova che non vi fosse alcuna possibilità di evitare l’evento; tale prova non è insita nell’accertamento del comportamento colposo del pedone, in quanto è necessario che sia fornita la prova non solo che il predetto abbia tenuto una condotta anormale e ragionevolmente non prevedibile, ma anche che il conducente abbia adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, pure sotto il profilo della velocità della guida mantenuta (cfr. Cass. Civ., sez. 3, ord. 9856/22).
Invero, per il disposto dell’art. 141 del codice della strada, il conducente di un veicolo deve essere in grado di garantire in ogni caso l’arresto tempestivo dello stesso, evitando ogni pericolo per la sicurezza delle persone con la conseguenza che, applicandosi in ogni caso la presunzione di colpa di cui all’art. 2054, comma 1, c.c., egli resta gravato dall’onere di dare la prova liberatoria, dimostrando che il mancato tempestivo arresto del veicolo e le conseguenti lesioni sono stati determinati da cause in tutto o in parte a lui non imputabili (Cass. civile sez. III, 12 novembre 1998, n. 11444 ).
Ne discende, che il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo (imprudente o in violazione di una regola comportamentale) del pedone, in quanto occorre che la condotta di quest’ultimo configuri per come si è manifestata una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, idonea da sola a produrre l’evento.
Nel caso di specie una tale prova liberatoria non è stata in alcun modo fornita dal conducente, rimasto contumace nel presente giudizio, né dalla compagnia assicuratrice convenuta; può poi affermarsi che, alla stregua dei consolidati principi richiamati, quand’anche fosse stato adeguatamente dimostrato il comportamento colposo del pedone, ciò non avrebbe consentito in ogni caso di superare la presunzione di colpa posta dall’art. 2054 c.c.
Tanto premesso, si ritiene che la responsabilità del sinistro debba essere ascritta in via esclusiva alla condotta di guida del conducente della (…).
In relazione al quantum debeatur, si ritiene risarcibile il danno biologico subito dall’attore, condividendo le conclusioni del CTU, poiché immuni da vizi logico scientifici. Il CTU ha calcolato un danno biologico permanente nella misura dell’11%, individuando un periodo di ITP di 7 giorni, un periodo di ITP al 75% di 39 giorni ed un periodo di ITP al 50% di 44 giorni.
Quanto ai criteri di liquidazione del danno biologico permanente va adottato il criterio del c.d. punto di invalidità, con adeguamento del valore medio di esso alle particolarità della fattispecie, secondo il calcolo c.d. tabellare (cfr. Cass. civ., n. 6023/2001; n. 5910/2001; n. 6873/2000; n. 4852/1999).
In applicazione di tale criterio, si fa ricorso alle tabelle di liquidazione del danno biologico predisposte dal Tribunale di Milano condivisibilmente considerate dalla Suprema Corte quale riferimento unico nazionale e recentemente aggiornate per adattarle alla variazione del costo della vita intercorsa dall’anno in cui è stata redatta la precedente versione (Cass. civ., ord. n. 134/2013; Cass. civ., sent. n. 2228/2012; Cass. civ., n. 18641/2011; Cass. civ., n. 14402/2011; Cass. civ., n. 12408/2011 secondo cui: “la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell’integrità psico-fisica presuppone l’adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi che, in difetto di previsioni normative (come l’art. 139 del codice delle assicurazioni private, per le lesioni di lieve entità conseguenti alla sola circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), vanno individuati in quelli tabellari elaborati presso il tribunale di Milano, da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto”, nonché da ultimo, negli stessi termini, Cass. civ., 20.05.2015, n. 10263, in cui si evidenzia la “vocazione nazionale” delle tabelle milanesi, ‘in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell’equità valutativa, e ad evitare (o quantomeno a ridurre) … ingiustificate disparità di trattamento che finiscano per profilarsi in termini di violazione dell’art. 3, comma 2, Cost.”; Cass. civ., sez. III, 04.02.2016, n. 2167; Cass., 20/5/2015, n. 10263; Cass., 18/11/2014, n. 24473; Cass., 30/6/2011, n. 14402; Cass. civ., 29.09.2015, n. 19211; Cass. civ., sez. III, 18.05.2017, n. 12470).
Le citate tabelle considerano il danno morale come voce integrante della più ampia categoria del danno non patrimoniale, proponendone una liquidazione congiunta al danno biologico. Nel caso di spese, a titolo di danno biologico permanente va riconosciuto all’attore un risarcimento pari ad Euro 25.290,00 calcolato secondo l’ultima versione delle tabelle milanesi aggiornate, applicando la percentuale di invalidità permanente dell’11%, in relazione all’età dell’attore (…), quarantasettenne all’epoca dei fatti (20.8.2011).
Non appare equo incrementare questo importo, dal momento che non si ritengono adeguatamente provate in relazione al danno dinamico relazionale ed alla sofferenza psichica e morale provata dal danneggiato circostanze tali da comportare la personalizzazione massima del valore individuato dal CTU. Nel caso di specie, non sono stati invero adeguatamente documentati una sofferenza ed un turbamento tali, né un peggioramento considerevole degli aspetti dinamico-relazionali della vita dell’attore, dipendenti dal danno biologico patito, con la conseguenza che alcuna personalizzazione può essere operata.
Per quel che riguarda il danno biologico temporaneo, sempre in applicazione delle tabelle di Milano nell’ultima versione disponibile (del 2021), ed utilizzando quindi quale parametro il valore il punto base di Euro 99,00 per ogni giorno di inabilità assoluta, deve essere liquidato all’attore, a titolo di danno biologico temporaneo, un risarcimento pari ad Euro 5.766,75
(comprensivo dell’invalidità temporanea totale pari a Euro 693,00, dell’invalidità temporanea parziale al 75% di Euro 2.895,75, e dell’invalidità temporanea parziale al 50% Euro pari a Euro 2.178,00).
Ne discende che la somma dovuta in totale a titolo di risarcimento del danno biologico, permanente e temporaneo, totale e parziale, patito dall’attore in occasione del sinistro per cui è causa è pari a complessivi Euro 31.056,75 (Euro 25.290,00 + Euro 5.766,75).
Su tale somma, già rivalutata all’attualità, di Euro 31.056,75 devono essere calcolati gli interessi legali corrispondenti al ritardo patito per il conseguimento della somma dovuta a titolo risarcitorio a decorrere dalla data del sinistro (20.8.2011) sulla somma rivalutata anno per anno sino al soddisfo (Cass. SS.UU. n. 1712/1995).
Per quanto concerne il danno derivante dalla perdita della capacità lavorativa dell’attore, pure domandato dallo stesso, bisogna innanzitutto distinguere la capacità lavorativa generica da quella specifica: la prima è l’attitudine all’attività lavorativa da parte di un soggetto e rientra nella liquidazione del danno biologico; la seconda, invece, è suscettibile di un’autonoma liquidazione se determini una riduzione della capacità di guadagno (cfr. ex multis, Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 2011, n. 1879; Cass. civ., sez. III, 1 dicembre 2009, n. 25289; Cass. civ., sez. III, 11 agosto 2000, n. 10725).
Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, la capacità lavorativa specifica consiste nella diminuzione dei redditi del danneggiato a causa del sinistro patito, nei casi in cui la vittima non sia più in grado di percepire il medesimo reddito di cui godeva prima del sinistro, ovvero – nel caso in cui non fosse percettore di reddito – non possa più aspirare ad ottenere quel livello reddituale che avrebbe verosimilmente raggiunto in assenza della lesione; ovvero, infine, nel caso cui alleghi e dimostri – con probabilità non trascurabile – che, a causa del sinistro subito, abbia perduto la possibilità di conseguire un risultato favorevole sperato ed impedito dalla condotta illecita subito (cfr. Cass. civ., sez. lav., 08 ottobre 2007, n. 21014; Cass. civ., sez. III, 29 ottobre 2001 n. 13409; Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2001 n. 10289; Tribunale Lecce sez. II, 13/09/2018, n.2982).
E’ necessario, tuttavia, per poter procedere alla liquidazione del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, che il pregiudizio relativo sia adeguatamente allegato e provato, non essendo sufficiente la lesione della salute, quand’anche di non modesta entità, trattandosi non di un danno evento, ma di un danno conseguenza, che deve essere allegato e provato nell’an e nel quantum.
Il danno da capacità lavorativa specifica rappresenta un pregiudizio patrimoniale e futuro, che va valutato su base prognostica e, in caso di lesioni macro-permanenti quale quella ricorrente nel caso di specie (superiore al 10%), il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici in relazione all’an gravando invece sul danneggiato medesimo l’onere di dimostrare la riduzione dei propri redditi in seguito al sinistro (cfr. Cass. n. 21988 del 3 settembre 2019).
Applicando tali principi al caso di specie, deve ritenersi che la richiesta risarcitoria dei danni derivanti dalla perdita della capacità lavorativa specifica sia rimasta in concreto sfornita di prova, non essendo a tal fine sufficienti le conclusioni cui è giunto il CTU nell’elaborato peritale, attraverso il riconoscimento di una riduzione della capacità lavorativa specifica del 20%: invero, l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio no può supplire alle carenze probatorie delle parti.
Invero, come già evidenziato, la presunzione copre solo l’an dell’esistenza del danno, non anche il quantum, che dev’essere compiutamente allegato e dimostrato dall’attore, almeno nei casi in cui (come quello di specie) il danno possa essere provato nel suo specifico ammontare, continuando l’attore a svolgere la sua attività di insegnante di educazione fisica, e dunque a produrre reddito.
Se infatti il danno da perdita capacità lavorativa specifica è da individuarsi nella perdita della possibilità di percepire il reddito prodotto prima del danno evento, ovvero del sinistro, nel caso di specie si ritiene che l’attore non abbia dimostrato compiutamente tale pregiudizio, ciò desumendosi dalle risultanze probatorie in atti; invero, sono state prodotte le dichiarazioni dei redditi dal 2006 al 2011, dalle quali effettivamente si desume la percezione di un volume di affari pari, rispettivamente ad Euro 10.192,00 per il 2006, ad Euro 8.822,00 per il 2007, ad Euro 6.435,00 per i compensi dichiarati ed Euro 4.910,00 per il reddito da attività professionali ed artistiche nel 2008, ad Euro 8.626,00 per i compensi dichiarati ed Euro 3.734,00 per il reddito da attività professionali ed artistiche nel 2009, ad Euro 8.880,00 per redditi derivanti da attività professionale o artistica nel 2010, ad Euro 5.535,00 per redditi derivanti da attività professionale o artistica nel 2011. L’attore ha altresì prodotto copia del diploma di base di R.P.G. rilasciato dall’Università di (…), del diploma di formazione superiore in R.P.G. cervicali rilasciato dall’Università di (…), del diploma di formazione superiore in R.P.G. lesioni articolari rilasciato dall’Università di Saint Mont, del diploma metodica (…), dell’attestato di partecipazione al corso di prevenzione e rieducazione dello sportivo.
Orbene, non può farsi a meno di notare che le dichiarazioni dei redditi prodotte dal 2006 al 2011, riferendosi all’anno di imposta precedente rispetto a quello della relativa presentazione, non danno contezza dell’effettiva contrazione dei redditi patita dall’attore in dipendenza del sinistro, avvenuto il 20.8.2011; difetta, dunque, la prova del nesso di causalità tra il sinistro e la contrazione del reddito, che l’attore assume essere insita nella cessazione dell’attività avvenuta il 30.9.2011.
Non si ha, invero, contezza in ordine al quantum dell’effettiva contrazione dei redditi nel periodo successivo al sinistro.
Tra l’altro, non può fare a meno di notarsi che il reddito derivante dall’attività libero professionale dell’attore aveva patito una contrazione già nel periodo di imposta del 2010, se si considera che dal modello unico del 2011 risulta la percezione di Euro 5.535,00 per redditi derivanti da attività professionale o artistica. Un ulteriore elemento a sostegno della mancanza di un’adeguata prova del nesso di causalità tra il sinistro e la riduzione del reddito si desume dall’analisi congiunta di tutte le risultanze probatorie emerse nel giudizio, in particolare dalla circostanza della separazione dell’attore dalla moglie, la quale unitamente al primo svolgeva attività libero professionale di fisioterapia nel centro di esclusiva titolarità e gestione di costui: la contrazione reddituale potrebbe infatti essere causalmente riconducibile al mancato svolgimento di attività lavorativa da parte della moglie, la quale avrebbe aperto un proprio cento di FKT in Napoli (cfr. comparsa conclusionale del convenuto). Ciò, peraltro, costituisce un ulteriore elemento dal quale desumere con verosimile certezza che il reddito prodotto dal centro di fisioterapia dell’attore non avrebbe avuto un considerevole innalzamento negli anni grazie al contributo lavorativo dell’attore e del coniuge separato, come invece prospettato dall’attore nei suoi atti difensivi.
Per quanto attiene, invece, alla perdita della capacità lavorativa generica, risolvendosi in una menomazione dell’integrità psico-fisica dell’individuo, è risarcibile in seno alla complessiva liquidazione del danno biologico (Cass. civ., sez. 3, sent. 17931/2019).
Il Tribunale, in conclusione, stabilisce che la somma in totale dovuta in solido dai convenuti nel presente giudizio a titolo di risarcimento del danno biologico, permanente e temporaneo, totale e parziale, patito dall’attore in occasione del sinistro per cui è causa è pari a complessivi Euro 31.056,75 (Euro 25.290,00 + Euro 5.766,75). Su tale somma, già rivalutata all’attualità, di Euro 31.056,75 devono essere calcolati gli interessi legali corrispondenti al ritardo patito per il conseguimento della somma dovuta a titolo risarcitorio a decorrere dalla data del sinistro (20.8.2011) sulla somma rivalutata anno per anno sino al soddisfo. A tale importo deve aggiungersi quello di Euro 213,814 per le spese mediche e di cure, come riconosciuto dal CTU. All’attore spettano altresì gli interessi legali sulla suindicata somma liquidata dalla presente pronuncia sino al soddisfo effettivo.
L’accoglimento solo parziale della domanda costituisce giustificato motivo per procedere alla compensazione delle spese di lite tra le parti in causa, ivi comprese quelle di CTU, liquidate con separato provvedimento.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:
1) dichiara la contumacia di (…);
2) dichiara (…) esclusivo responsabile del sinistro di cui è causa, e per l’effetto, condanna i convenuti in solido tra loro, al pagamento in favore di (…) della somma di Euro 31.270,56 oltre interessi calcolati come in motivazione; b) compensa integralmente le spese di lite, ivi comprese quelle di CTU.
Così deciso in Vallo Della Lucania il 27 aprile 2023.
Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2023.
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