Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 15 gennaio 2018, n. 764

in caso di societa’ gia’ cancellata dal registro delle imprese, il ricorso per la dichiarazione di fallimento puo’ esserle notificato, ai sensi dell’articolo 15, comma 3, l. fall., nel testo successivo alle modifiche apportategli dal Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 17 conv., con modif., dalla L. n. 221 del 2012, all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) dalla stessa in precedenza comunicato al registro delle imprese.

 

 

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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 15 gennaio 2018, n. 764

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. CENICCOLA Aldo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10645/2016 proposto da:

(OMISSIS) (CF (OMISSIS)) nella qualita’ di liquidatore e legale rapp.te della (OMISSIS) s.r.l., nonche’ quale socia di quest’ultima societa’, e (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione (CF (OMISSIS)), in persona del legale rapp.te p.t., anch’essa quale socia della (OMISSIS) s.r.l., rapp.ti e difesi per procura a margine del ricorso dagli avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS);

– ricorrenti –

e

(OMISSIS) s.r.l. (CF (OMISSIS)) in persona del legale rapp.te p.t., rapp.to e difeso per procura allegata al ricorso dall’avv. (OMISSIS), presso il quale elettivamente domicilia in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) e FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., in persona del curatore;

– intimati –

avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Firenze n. 507/2016 depositata il 5.4.2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 14 settembre 2017 dal relatore dr. Aldo Ceniccola.

RILEVATO

che:

con sentenza n. 507 del 2016 la Corte di Appello di Firenze rigettava il reclamo proposto da (OMISSIS), in proprio e quale legale rapp.te della (OMISSIS) s.r.l., e dalla (OMISSIS) s.r.l., con l’intervento di (OMISSIS) s.r.l., cosi’ confermando il fallimento della (OMISSIS) s.r.l. dichiarato dal Tribunale di Siena;

in particolare la Corte, riconoscendo la legittimita’ dell’intervento di (OMISSIS) (che aveva acquistato dalla fallita un immobile con atto che poteva essere oggetto di un’ingiusta azione revocatoria fallimentare) e ritenendo non inammissibile per tardivita’ la costituzione di (OMISSIS) (creditore istante la dichiarazione di fallimento), osservava in primo luogo che destinatario della notifica del ricorso di fallimento, proposto nei riguardi di una societa’ cancellata ex articolo 10 legge fall., e’ pur sempre il liquidatore della societa’ e non gia’ i singoli soci (in cio’ richiamando Cass. n. 18138 del 2013 e n. 10105 del 2014) e che pienamente valida doveva considerarsi la notifica avvenuta all’indirizzo Pec risultante dal registro delle imprese ai sensi dell’articolo 15, comma 3, legge fall.;

quanto poi al merito, premesso che il ricorso di fallimento era stato proposto da (OMISSIS) creditore nei confronti della (OMISSIS) per essere cessionario di un credito originariamente vantato dalla Progeco s.r.l., respingeva la censura proposta dai reclamanti secondo cui la cedente non aveva adempiuto all’obbligo contrattuale di notificare la cessione al debitore ceduto entro il 30.7.2008 e che comunque la cessione non era stata notificata: in primo luogo, infatti, l’obbligo del cedente di notificare entro una certa data costituiva un obbligo meramente interno al rapporto tra cedente e cessionario, irrilevante per la sfera giuridica del debitore ceduto; in secondo luogo, poi, rilevava che la notifica della cessione ben poteva avvenire sia mediante l’atto di citazione, con il quale il cessionario intimi il pagamento al ceduto, sia successivamente nel corso del giudizio;

quanto poi al rilievo secondo il quale l’atto di cessione doveva ritenersi simulato o risolto, avendo il cedente continuato a coltivare il processo in appello per l’accertamento del credito litigioso ceduto, osservava che da un lato non emergeva nel caso concreto alcun segno di simulazione o risoluzione dell’atto di cessione e che dall’altro la partecipazione del cedente al giudizio di appello circa l’accertamento del credito litigioso (nonostante fosse stato gia’ ceduto) derivava dall’applicazione del principio espresso dall’articolo 111 c.p.c. secondo cui il successore a titolo particolare (ossia il cessionario) puo’ ma non necessariamente deve intervenire nel processo in corso;

sull’ulteriore questione proposta dai reclamanti, che lamentavano la mancata considerazione del fatto che il credito ceduto era stato oggetto, dopo la sentenza di appello, di un pendente ricorso per cassazione, la Corte osservava che la maggior parte delle censure spese attraverso tale ricorso erano incentrate su una critica alla c.t.u. e quindi, trattandosi di censure di fatto, non era possibile formulare una prognosi favorevole circa l’esito del ricorso per cassazione;

infine, rispondendo ad una corrispondente censura formulata dai reclamanti, la Corte territoriale evidenziava la sussistenza dello stato di insolvenza della societa’ debitrice, non potendosi prendere in considerazione la titolarita’ in capo a quest’ultima del credito nei confronti di (OMISSIS) s.r.l. atteso che tale credito risulterebbe esigibile solo dopo tre anni dal rogito di vendita risalente all’anno 2014;

avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), quale socia e legale rapp.te della (OMISSIS) s.r.l., e (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, anch’essa quale socia della fallita, affidato a 5 motivi, nonche’ (OMISSIS) s.r.l., con ricorso articolato su 4 motivi. (OMISSIS) s.r.l. ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

va in primo luogo dato atto dell’inammissibilita’ della costituzione di (OMISSIS) in mancanza della necessaria procura speciale;

si tratta di due ricorsi proposti in pari data avverso la medesima sentenza della Corte di Appello: il primo avanzato dalla societa’ di capitali fallita e dai due soci limitatamente responsabili; il secondo proposto da una societa’ intervenuta nel procedimento prefallimentare (onde resistere ad una dichiarazione di fallimento che potrebbe esporla all’esercizio di un’azione revocatoria da parte della curatela);

sul primo ricorso, proposto dalla societa’ fallita, si osserva quanto segue; il primo motivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 4 e 5, con il quale la ricorrente lamenta la tardivita’ della produzione documentale versata in sede di reclamo da (OMISSIS) (ricorrente per la dichiarazione di fallimento che solo tardivamente e dinanzi alla Corte di Appello avrebbe provveduto a produrre i documenti specificamente indicati a pag. 24 del ricorso), e’ infondato;

infatti secondo quanto condivisibilmente statuito da Cass. n. 2235 del 2017 “nel giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, come disciplinato dall’articolo 18 l.fall. (nel testo novellato dal Decreto Legislativo n. 169 del 2007), il termine per la costituzione della parte resistente (nella specie, il Pubblico Ministero) e’ perentorio, anche in mancanza di un’espressa dichiarazione normativa. La sua inosservanza, tuttavia, non determina, per chi vi sia incorso, decadenza dal diritto di opporsi al predetto reclamo, potendo lo stesso intervenire nel relativo procedimento, produrre nuovi documenti ed indicare, anche per la prima volta, i mezzi di prova di cui intende avvalersi per dimostrare la sussistenza dei presupposti della fallibilita’”;

il secondo motivo si sofferma, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sulla circostanza che la cessione del credito non sarebbe mai stata notificata al debitore ceduto e comunque era stata risolta o simulata, ma l’argomento e’ gia’ stato esaustivamente e correttamente esaminato dalla Corte territoriale;

in primo luogo la decisione impugnata ha fatto corretta applicazione del principio enunciato da Cass. n. 20143 del 2005, secondo cui “la notificazione al debitore ceduto, prevista dall’articolo 1264 cod. civ., non si identifica con quella effettuata ai sensi dell’ordinamento processuale, ma costituisce un atto a forma libera che, come tale, puo’ concretarsi in qualsivoglia atto idoneo a porre il debitore nella consapevolezza della mutata titolarita’ attiva del rapporto obbligatorio, senza che risulti prescritto, ai fini della efficacia della cessione, che questa sia notificata al debitore prima che quest’ultimo sia citato in giudizio. Pertanto, la notificazione della cessione puo’ essere effettuata anche mediante comunicazione scritta – eventualmente mediante citazione in giudizio con la quale il cessionario intima il pagamento al debitore ceduto o anche successivamente, nel corso del giudizio”;

in secondo luogo la Corte territoriale, con un accertamento insindacabile in questa sede, ha rilevato l’insussistenza di prove circa la simulazione o la risoluzione dell’atto di cessione;

la terza censura, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, si basa sull’asserito omesso esame della denuncia penale presentata dal ricorrente nei confronti di (OMISSIS);

il motivo e’ inammissibile mirando ad introdurre in questa sede fatti nuovi e non evidenziati innanzi alla Corte territoriale (la quale ha specificato, a pag. 4 dell’impugnata sentenza, come la parte reclamante nulla avesse dedotto sulla rilevanza della denunzia penale prodotta all’udienza del 11.3.2016);

con la quarta censura, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente evidenzia l’erroneita’ della sentenza impugnata per aver addotto l’insussistenza di una ragionevole contestazione del credito, posto a fondamento del ricorso di fallimento, dalla circostanza che nel ricorso per cassazione pendente (e volto a contestare l’esistenza di quel credito) siano state fatte valere censure di mero fatto, tali da non potersi formulare una prognosi ragionevole circa l’esito positivo del giudizio di cassazione;

evidenzia la ricorrente che le censure mosse nel pendente ricorso erano invece incentrate sulla violazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 e dunque sull’omesso esame di fatti decisivi, non apparendo corretto l’addotto richiamo a circostanze di fatto necessariamente richiamabili per evidenziare proprio l’omesso esame del fatto decisivo;

il motivo e’ inammissibile;

il ricorrente, al fine di contrastare le argomentazioni della Corte, si e’ limitato ad evidenziare di aver articolato il motivo di ricorso ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, ma cio’ non e’ affatto sufficiente per smentire quanto ritenuto dalla Corte di Appello in sede di valutazione prognostica, atteso che con grande scrupolo ed approfondimento quest’ultima ha preso in considerazione uno ad uno i motivi di ricorso per cassazione (ravvisando in questi ultimi essenzialmente censure in fatto), sicche’ non e’ sufficiente, per contrastare efficacemente tale ragionamento, il mero riferimento dell’articolo 360 cod. proc. civ., n. 5 in assenza di specifici argomenti volti concretamente a censurare il percorso seguito dalla Corte;

il quinto motivo, con il quale il ricorrente si duole, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, dell’omessa considerazione dello stato di liquidazione della fallenda ai fini della verifica dello stato di insolvenza e’ infondato: non solo, infatti, il ricorrente non specifica di avere formulato tale censura anche innanzi alla Corte di merito, ma in ogni caso, riguardo allo stato di insolvenza, quest’ultima ha reso una ampia e puntuale motivazione (cfr. pag. 8 dell’impugnata sentenza);

per quanto riguarda il ricorso proposto da (OMISSIS) s.r.l. si osserva quanto segue;

con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 6, comma 1 e articolo 15, comma 4, legge fall., nonche’ degli articoli 1264, 1372 e 1453 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, avendo la Corte territoriale omesso di verificare la legittimazione attiva del creditore istante, trascurando l’assenza di notifica dell’atto di cessione ovvero la circostanza che la cessione del credito doveva considerarsi risolta o comunque non validamente eseguita;

il motivo e’ infondato per le ragioni gia’ esposte in relazione al secondo motivo articolato dal primo ricorrente (e gia’ risolte mediante il richiamo al principio statuito da Cass. n. 20143 del 2005);

il secondo motivo, con il quale lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 5 legge fall. e dell’articolo 112 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, e l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, pone questioni sostanzialmente identiche al quinto motivo del primo ricorso e va dichiarato infondato per le medesime ragioni;

il terzo mezzo evidenzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 15, comma 3, legge fall., del Decreto Legge 29 novembre 2008, n. 185, articolo 16, comma 6, nonche’ dell’articolo 24 Cost. e articolo 6 Cedu, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte territoriale errato nel trascurare l’eccepita inesistenza della notifica a mezzo Pec dell’istanza di fallimento e del decreto di convocazione, avvenuti all’indirizzo di posta elettronica di una societa’ ormai estinta;

il motivo e’ infondato avendo la Corte territoriale fatto corretta applicazione del principio enunciato da Cass. n. 602 del 2017 secondo cui “in caso di societa’ gia’ cancellata dal registro delle imprese, il ricorso per la dichiarazione di fallimento puo’ esserle notificato, ai sensi dell’articolo 15, comma 3, l. fall., nel testo successivo alle modifiche apportategli dal Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 17 conv., con modif., dalla L. n. 221 del 2012, all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) dalla stessa in precedenza comunicato al registro delle imprese”; il quarto motivo, concernente la tardivita’ dei documenti dimessi in sede di appello dal reclamato, e’ infondato per le ragioni gia’ esposte in relazione al secondo motivo articolato dal primo ricorrente (e gia’ risolte mediante il richiamo al principio statuito da Cass. n. 2235 del 2017); le considerazioni che precedono impongono dunque il rigetto di entrambi i ricorsi; nulla per le spese essendo rimaste intimate le parti vittoriose.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi; nulla per le spese.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quarter, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.