le nuove opere richieste dal committente costituiscono varianti in corso d’opera ove, pur non comprese nel progetto originario, siano necessarie per l’esecuzione migliore, ovvero a regola d’arte dell’appalto o, comunque, rientrino nel piano dell’opera stessa e, invece, sono lavori extracontrattuali se siano in possesso di una individualità distinta da quella dell’opera originaria, pur ad essa connessi, ovvero ne integrino una variazione quantitativa o qualitativa oltre i limiti di legge. Sicché, nel primo caso, l’appaltatore è, in linea di principio, obbligato ad eseguirle, mentre, nel secondo, le opere debbono costituire oggetto di un nuovo appalto. Per lavori extra contratto di appalto si debbono intendere, pertanto, tutte quelle opere diverse ed estranee rispetto al progetto originario che, ad esempio, possono venire eseguite – per convenienza in termini di tempo e costo – in concomitanza con i lavori preventivamente pattuiti. Pertanto, per tutte quelle modifiche che alterano radicalmente l’oggetto originale del contratto d’appalto è necessario che venga stipulato un nuovo contratto di appalto. Su tali basi la ditta appaltatrice può eseguire e, quindi, richiedere il pagamento di lavori extra contratto solo se questi risultino pattuiti ed autorizzati.

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Corte d’Appello|Campobasso|Civile|Sentenza|9 gennaio 2023| n. 10

Data udienza 9 gennaio 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI CAMPOBASSO – Collegio civile – riunita in camera di consiglio, nelle persone dei Magistrati:

dr. Maria Grazia d’ERRICO Presidente

dr. Gianfranco PLACENTINO Consigliere

dr. Catello MARESCA Consigliere rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di appello n. 22/2020 R.G. avverso la sentenza n. 459/2018 non definitiva e la sentenza definitiva n. 513/2019, pronunciate dal Tribunale di Campobasso in composizione monocratica (nel proc. n. 1983/2016 R.G.) aventi ad oggetto: contratto di appalto

TRA

(…), di (…) (PIVA (…)), in persona dell’omonimo titolare, rappresentato e difeso giusta procura in calce alla citazione in appello dall’avv. (…), ed elettivamente domiciliato in Campobasso alla via (…) presso lo studio dell’avv. (…) (posta certificata: (…)),

APPELLANTE

E

(…), (C.F. (…)), rappresentata e difesa, dall’avv. (…) in virtù di mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta in appello, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Campobasso alla Via (…)

APPELLATO

CONCLUSIONI

All’udienza collegiale del 16/03/2022 la causa è stata riservata per la decisione, con assegnazione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., sulle conclusioni formulate con note scritte depositate dai procuratori delle parti, i quali, si sono riportati ai rispettivi atti introduttivi ed a tutti gli atti difensivi.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. – Con la sentenza non definitiva n. 459/2018, depositata il 29.06.2018, il Tribunale di Campobasso, pronunciando sulla domanda dell’odierno appellante, così decideva:

“- accerta l’inesatto inadempimento delle parti delle obbligazioni derivanti a loro carico del contratto di appalto tra le medesime intercorse, rimette sul ruolo istruttorio con separata ordinanza per pronunciare sulla domanda riconvenzionale della convenuta e provvedere nelle relative statuizioni di condanna: – spese regolate con la sentenza definitiva”.

Il prosieguo del giudizio di primo grado, a seguito della disposta CTU, conduceva alla sentenza definitiva n. 513/2019 del 5.9.2019, con la quale il Tribunale di Campobasso così provvedeva: “- accoglie la domanda riconvenzionale e condanna l’attrice al pagamento in favore della signora (…), già defalcata la somma di Euro 4.284,19 oltre Iva quale saldo residuo in favore della ditta di (…), dell’importo di Euro 20.255,95, oltre Iva, con aliquote di legge, nonché gli interessi legali con decorrenza dalla domanda fino al saldo; – condanna la (…) di (…) al pagamento in favore dell’avv. (…), dichiaratosi antistatario, delle spese di lite che determina in complessivi Euro 4.835,00 oltre rimborso spese generali, nella misura del 15% IVA e CPA con aliquota di legge e se dovute, nonché Euro 237,00 a titolo di rimborso, pone in via definitiva le spese di CTU a carico dell’attrice”.

2.– Con atto di citazione in appello, notificato il 10 gennaio 2020, la (…) di (…), censurava la sentenza non definitiva n. 459/2018 depositata il 29.06.2018, e la sentenza definitiva n. 513/2019 depositata il 15.09.2019, emesse nel procedimento R.G. 1183/2016 del Tribunale di Campobasso, non notificate, chiedendo, in riforma della stessa:

1.-) in via pregiudiziale e cautelare sospendere e/o revocare la provvisoria esecutorietà delle sentenze impugnate, per i motivi tutti meglio dedotti nel presente atto,

2.-) in via principale e nel merito, dichiarare le nullità della sentenza non definitiva n. 459/2018 del Tribunale di Campobasso depositata il 29.06.2018, per violazione dell’art.112 c.p.c., per le motivazioni di cui alla parte espositiva del presente atto e, in particolar modo riferita al chiesto pagamento dell’importo di Euro 49.677,99, quale saldo dei lavori quantificati nel computo metrico sottoscritto dalle parti;

3.-) dichiarare le nullità della sentenza non definitiva n. 459/2018 del Tribunale di Campobasso depositata il 29.06.2018, per violazione dell’art.112 c.p.c., per le motivazioni di cui alla parte espositiva del presente atto e, in particolar modo riferita al chiesto pagamento dell’importo di Euro 2.433,16, quale saldo della fattura n.6 del 2013 della ditta (…);

4.-) in subordine accertare e condannare la signora (…) al pagamento dell’importo di Euro 49.677,99, quale saldo dei lavori effettuati dalla ditta (…), come certificati e quantificati nel computo metrico sottoscritto dalle parti;

5. -) accertare con CTU, che espressamente si chiede, tutte le opere eseguite dalla ditta (…) pari ad Euro 53.872,99 extra contratto;

6.-) accertare e condannare la signora (…) al pagamento dell’importo di Euro 19.867,29 più Iva, quale saldo dei lavori effettuati dalla ditta (…), per la realizzazione della pensilina con impianto fotovoltaico;

7. -) accertare e condannare la signora (…) al pagamento dell’importo di Euro 4.283,00 quale saldo dei lavori effettuati dalla ditta (…), come certificati e quantificati nel conto finale per il miglioramento sismico;

8. -) accertare e dichiarare la inammissibilità della domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni della (…), per non aver dimostrato di averli tempestivamente denunziati, costituendo tale denuncia una condizione dell’azione

9.-) accertare e dichiarare la inammissibilità della domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni della (…), per non aver dimostrato di averli tempestivamente denunziati, entro il termine biennale come per legge e per contratto, e pertanto prescritta conseguentemente dichiarare che nulla è dovuto dalla ditta (…) alla (…), nemmeno l’Iva, secondo e le aliquote;

10.-) accertare e dichiarare la nullità della CTU redatta dall’architetto (…) per non aver comunicato al consulente di parte ing. (…), una bozza della stessa:

11.-) condannare la (…) al pagamento degli interessi moratori come per legge,

12.-) condannare la (…) al pagamento degli onorari per il doppio grado del giudizio da attribuire al sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario,

13.-) condannare la (…) alla restituzione di quanto assegnato dal G.E. del Tribunale di Campobasso, come da ordinanza del 26.10.2020 emessa nel procedimento n. R.G. Es. n. 167/20, oltre interessi e rivalutazione monetaria,

14.-) condannare l’avv. (…) alla restituzione di quanto assegnato dal G.E. del Tribunale di Campobasso, come da ordinanza del 26.10.2020 emessa nel procedimento n. R.G. Es. n. 167/20, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Si è costituita tempestivamente l’appellata (…), con comparsa depositata il 27/04/2020, eccependo l’inammissibilità dell’impugnazione ex art. 348 bis c.p.c. e comunque chiedendone il rigetto, con riproposizione delle eccezioni e deduzioni dedotte in primo grado, il tutto con vittoria delle spese. Con ordinanza del 30/04/2020, questo Collegio provvedeva in ordine alla richiesta di inibitoria dell’esecutività o dell’esecuzione delle sentenze impugnate (sentenza non definitiva n. 459/’18 e sentenza definitiva n. 513/’19 del Tribunale di Campobasso), formulata ai sensi dell’art. 283 c.p.c. nell’atto di citazione dall’appellante (…) nei confronti dell’appellata (…) e reiterata con le note scritte autorizzate -istanza da intendersi riferibile alla sentenza definitiva, unica contenente capi di condanna suscettibili di esecuzione-, escludendo la sussistenza del fumus boni juris dell’impugnazione – avuto riguardo, in particolare, all’eccezione di decadenza o prescrizione sollevata dal (…) -che risulta tardiva- ed all’asserita nullità della ctu. 3.– Col primo motivo, l’appellante eccepisce la nullità della sentenza non definitiva n. 459/2018 per omessa pronuncia, in relazione alla propria richiesta avanzata al Tribunale di riconoscere il pagamento del saldo per i lavori effettuati, come quantificati nel computo metrico, redatto il 28.04.2011.

Detratti gli acconti ricevuti, resterebbe un saldo a favore della ditta (…) pari ad Euro 49.677,99 sul computo metrico originario, e di Euro 2.433,14 sulla fattura n. 6 del 2013, sulla cui richiesta di pagamento il Tribunale avrebbe omesso ogni valutazione. Tanto rileverebbe, ad avviso dell’appellante sotto tre aspetti: in primis, implicherebbe la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, traducendosi in una violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex. art. 112 c.p.c. In secondo luogo, l’appellante invoca il principio di non contestazione e ritiene che debbano considerarsi, quindi, come non contestati – e perciò provati – i fatti esplicitamente o implicitamente ammessi in relazione ai lavori eseguiti, come descritti, specificati e quantificati nel computo metrico. Pertanto, questi fatti, cioè i lavori eseguiti e quantificati dovevano essere ritenuti ammessi dalla controparte e, quindi, ritenuti provati dal Tribunale. Sotto un terzo profilo l’appellante invoca una presunta “ricognizione di debito” riguardo ai lavori eseguiti e contabilizzati nel computo metrico sottoscritto per un importo totale di Euro 290,530,11.

Il motivo è infondato e va respinto.

Alcuna omessa valutazione può essere invocata, avendo, invece, correttamente argomentato il giudice di primo grado in ordine a tutte le contestazioni proposte dall’attore. Come si evince dalla motivazione della sentenza non definitiva suindicata, infatti, risulta correttamente inquadrato l’oggetto della decisione e sufficientemente argomentato il percorso logico che ha condotto alla decisione. In particolare, il giudice ha distinto i lavori per cui esisteva un contratto, specificando quali di quelli indicati nel computo metrico fossero stati eseguiti, e quelli extra contratto. Così, per quanto riguarda il saldo dei lavori contrattuali eseguiti, dal conto finale dei lavori, sottoscritto dal direttore dei lavori e dall’impresa, risulta un credito di Euro 4.284,19, correttamente riconosciuto dal giudice, quale somma spettante alla ditta di costruzione. E, peraltro, tanto è esplicitamente riportato dallo stesso attore fin dall’atto di citazione in primo grado.

Altro tema, invece, sono le ulteriori opere in contestazione che non risultano nel contratto di appalto, stipulato e sottoscritto dalle parti il 9/10/2009, cioè tutte le opere ulteriori, i lavori extra contratto che la ditta sostiene di aver eseguito. Ed anche su tale oggetto correttamente e diffusamente si sofferma il giudice impugnato, arrivando alla conclusione, particolarmente argomentata, che trattandosi di lavori distinti, qualitativamente e quantitativamente significativi, avrebbero dovuto essere oggetto di un nuovo autonomo contratto. E dagli atti non risulta provato che la committente avesse fatto richiesta di eseguire ulteriori lavori extra contratto. In tal modo, non risulta alcuna violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex. art. 112 c.p.c., soffermandosi il giudice su tutti i profili di contestazione attivati. Allo stesso modo sul secondo profilo di contestazione, non possono in alcun modo ritenersi come non contestati – e perciò provati – i lavori solo perché descritti, specificati e quantificati nel computo metrico. Tanto che, analizzando i lavori effettivamente eseguiti, è riconosciuta dal giudice di primo grado una differenza tra il valore dei lavori contrattuali eseguiti, risultanti dal conto finale dei lavori, sottoscritto dal direttore dei lavori e dall’impresa, e la somma effettivamente versata dalla committente. E tale differenza di Euro 4.284,19, come sopra riportato, è stata riconosciuta a credito per la ditta appaltatrice. Proprio tale discordanza, oggetto di contestazione esplicita, vale ad escludere la invocata ricognizione di debito riguardo ai lavori solo contabilizzati nel computo metrico, ma non tutti correttamente eseguiti. Non può accedersi, quindi, alla tesi dell’appellante che intende sostenere una corrispondenza automatica tra lavori indicati nel computo metrico e lavori eseguiti, rivendicando il completo pagamento dei primi, ritenendoli implicitamente riconosciuti dalla controparte come realizzati.

4.– Con il secondo motivo, l’appellante, deduce l’erronea contraddittoria e carente motivazione della decisione, al fine di dimostrare l’insussistenza dei presupposti di fatto che hanno indotto erroneamente il giudice di primo grado a rigettare la propria domanda, relativa al pagamento dei lavori ulteriori non previsti nell’originario computo metrico. In particolare, si sostiene che non si tratterebbe di lavori extra contratto, bensì costituenti varianti in corso d’opera o, comunque, approvati dalla committenza. Anche su questo punto l’appello va rigettato.

Preliminarmente deve considerarsi corretto l’inquadramento, effettuato dal giudice di primo grado, dei lavori come extra contratto, seguendo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 9767/2016), secondo la quale le nuove opere richieste dal committente costituiscono varianti in corso d’opera ove, pur non comprese nel progetto originario, siano necessarie per l’esecuzione migliore, ovvero a regola d’arte dell’appalto o, comunque, rientrino nel piano dell’opera stessa e, invece, sono lavori extracontrattuali se siano in possesso di una individualità distinta da quella dell’opera originaria, pur ad essa connessi, ovvero ne integrino una variazione quantitativa o qualitativa oltre i limiti di legge. Sicché, nel primo caso, l’appaltatore è, in linea di principio, obbligato ad eseguirle, mentre, nel secondo, le opere debbono costituire oggetto di un nuovo appalto. Per lavori extra contratto di appalto si debbono intendere, pertanto, tutte quelle opere diverse ed estranee rispetto al progetto originario che, ad esempio, possono venire eseguite – per convenienza in termini di tempo e costo – in concomitanza con i lavori preventivamente pattuiti. Pertanto, per tutte quelle modifiche che alterano radicalmente l’oggetto originale del contratto d’appalto è necessario che venga stipulato un nuovo contratto di appalto (cfr. Cass. n. 18204/2020).

Su tali basi la ditta appaltatrice può eseguire e, quindi, richiedere il pagamento di lavori extra contratto solo se questi risultino pattuiti ed autorizzati. Nel caso di specie, le prove assunte in primo grado non hanno fatto emergere con esattezza e per conoscenza diretta la reale portata delle ulteriori opere affidate e se siano state eseguite su ordine della committente. L’unico teste, sul punto esaminato all’udienza del 14 marzo 2018, che riferisce genericamente di “altri lavori nello stesso cantiere” è (…), il quale, però, sulla loro entità ha dichiarato: “non sono a conoscenza di quali altri lavori extracontrattuali furono eseguiti dalla ditta (…), comunque, non ricordo”.

Peraltro, quelle che l’appellante indica come ulteriori opere eseguite sono, in parte, già indicate nel computo metrico iniziale e difficilmente enucleabili rispetto ai lavori già ivi indicati (come la fornitura di coperchi in cemento vibrato per pozzetti, l’intonaco premiscelato su pareti nuove, o la realizzazione di massetto retinato) ed in parte, assolutamente, eccentriche rispetto all’originario oggetto dell’appalto (come lo smontaggio di finestre o la fornitura e messa in opera di pavimentazione e di battiscopa). Vi sono, poi, indicati lavori extra contratto, che vengono specificamente contestati da controparte e descritti come danni subiti, o come attività eseguite da altri operai (falegnami) o ditte chiamate successivamente, anche dai testi (…) e (…) (ascoltati all’udienza del 14 marzo 2018), come la demolizione della parete della camera da letto (necessaria per far passare i mezzi della ditta), o il montaggio degli infissi. Vi sono, ancora, dei lavori che sono stati riconosciuti mancanti o eseguiti in maniera parziale ed incompleta anche dal CTU nella relazione del 24/01/2019, quali quelli delle scale e delle finestre vano scala – con infissi fuori piombo ed assenza di soglie – e dei battiscopa diffusamente risultati mancanti.

In definitiva, quindi, rispetto ai lavori extra contratto, questi non risultano specificamente provati, ed anzi su molte voci, come riportato, vi è la prova contraria che non siano stati eseguiti o, comunque, terminati dalla ditta (…).

Inoltre, l’oggetto del contratto di appalto originario era per lavori di riparazione danni e miglioramento sismico controllato di un fabbricato danneggiato dal sisma del 31.10.2002 e succ., e concerneva fondamentalmente, come risulta dal computo metrico in atti, opere di demolizione, di scavi, di costruzione e posa in opera di travi e di strutture armate di fondazione, di formazione di pali e di fornitura di barre in acciaio.

La consistenza degli ulteriori lavori che l’appellante assume aver eseguito è, quindi ad ogni modo, relativa ad opere assolutamente diverse dall’originario oggetto del contratto che riguarda, come visto, esclusivamente lavori di riparazione danni e miglioramento sismico controllato. Questo, unitamente all’entità dei lavori extracontrattuali per un importo di Euro 53.872,99, imponeva necessariamente che le parti pattuissero un “nuovo contratto di appalto prevedendo la qualità, quantità ed il corrispettivo delle opere da realizzare”, come correttamente è specificato nella sentenza non definitiva di primo grado n. 459/2018.

E non risulta provato neanche che in corso d’opera la committente abbia pattuito oralmente ed eventualmente a quali condizioni con l’impresa appaltatrice gli ulteriori lavori extra contratto, come emerge dalle prove testimoniali assunte dai testi (…), (…) e (…), questi ultimi con la posizione qualificata di progettista e direttore dei lavori, e di collaudatrice. Come correttamente deciso in primo grado, quindi, l’assenza di un contratto scritto e l’esito della prova testimoniale non hanno, quindi, confermato né la reale consistenza dei lavori extra contratto, nè l’esistenza di un accordo sulla loro esecuzione. Per tali motivi, l’appello deve ritenersi infondato.

5.– Con il terzo motivo, l’appellante ritiene errata la motivazione che ha condotto il giudice di primo grado a rigettare la domanda di pagamento della pensilina, individuando un nuovo debitore, al posto della (…). Anche tali motivazioni sarebbero errate e smentite dai documenti depositati, da cui emergerebbe che la pensilina è stata realizzata dalla committente (…) e sul suolo di sua esclusiva proprietà.

Il motivo va respinto.

Anche in ordine al pagamento del corrispettivo relativo ai lavori per la realizzazione della pensilina devono condividersi le motivazioni della sentenza impugnata, secondo cui non ne debba rispondere la signora (…), sia perché in giudizio vi è stata l’ammissione del signor (…), sentito all’udienza del 14 marzo 2018, e sia perché non risulta stipulato alcun contratto con la convenuta, mentre vi è una fattura intestata e pagata dallo stesso (…). A nulla rilevano, in senso contrario, la proprietà dell’immobile e l’indicazione della committenza differente sulla documentazione tecnica, elementi smentiti dalle suddette risultanze istruttorie dell’ammissione del (…) e del pagamento della prima relativa fattura.

6.– Con il quarto motivo, l’appellante contesta la sentenza definitiva n. 513/2019, che avrebbe erroneamente accolto la domanda riconvenzionale della (…), pur essendo trascorso dalla consegna dei lavori, il termine biennale, per chiedere l’eliminazione dei vizi dell’opera a spese dell’appaltatore o la riduzione del prezzo, e il risarcimento del danno in caso di colpa dell’appaltatore.

L’appello sul punto deve essere rigettato in quanto inammissibile.

Relativamente alla domanda riconvenzionale di risarcimento danni, l’odierna appellante non ha eccepito alcuna prescrizione e/o decadenza in primo grado, né all’udienza del 13/02/2017, né nelle memorie ex art. 183, VI comma n. 1 del 15/03/2017 e comma n. 2 del 14/04/2017, né nelle successive udienze e, neanche, nella comparsa conclusionale del 10/06/2018. La contestazione appare per la prima volta solo nelle note conclusionali depositate il 23/07/2019 per l’udienza di precisazione delle conclusioni e ne va, quindi, constatata la irrecuperabile tardività e dichiarata, in questa sede l’inammissibilità.

6.1 — Analogo discorso vale per la connessa eccezione, che viene effettuata nel medesimo motivo di appello, legata all’esistenza del collaudo, che varrebbe come tacita accettazione, anche per facta concludientia, per cui spetterebbe, poi, al committente dimostrare tempestivamente l’esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate. Anche tale eccezione viene, infatti, travolta dalla sanzione di inammissibilità per tardività.

7.– Con il quinto motivo, l’appellante contesta la mancata trasmissione al CTP della relazione o della bozza da parte del CTU nominato in primo grado. Tale inadempimento comporterebbe la nullità della consulenza tecnica.

Anche tale motivo di appello deve essere disatteso.

Dagli atti di causa emerge che all’udienza del 18/07/2018 il giudice, dopo il conferimento dell’incarico al CTU: “autorizza le parti a nominare propri consulenti tecnici fino alla data di inizio delle operazioni di consulenza, che il CTU fissa per il giorno 3.9.2018 ore 9.30”. Come risulta dall’elaborato peritale del CTU, le operazioni sono iniziate regolarmente alle 9,30 del 3/9/2018 ed hanno avuto termine con la chiusura del verbale alle ore 11.00, per poi proseguire con un altro sopralluogo fissato al 09/11/2018 e preceduto da pec inviata dallo stesso CTU ai difensori delle parti. La nomina del consulente di parte attrice è stata inviata a mezzo pec al CTU alle 17:09 del 3/9/2018 (vedi allegato dal CTU al verbale di sopralluogo), e quindi, risulta tardiva, quando le operazioni erano iniziate e concluse da alcune ore e, comunque, oltre il termine indicato dal giudice nel provvedimento del 18/07/2018.

Né può ritenersi sanante la comunicazione telefonica del difensore dell’attore, intervenuta attraverso il telefono dell’avvocato della convenuta, nel corso del sopralluogo, che preannunciava l’intenzione di nominare il proprio CTP. Giustamente, quindi, il CTU ha inviato le successive comunicazioni e la bozza della consulenza solo agli avvocati regolarmente costituiti. 8.–Alla pronuncia adottata consegue la condanna dell’appellante a rimborsare all’appellata le spese del presente grado di giudizio, liquidate in dispositivo in base al D.M. n.55/’14, sulla base del valore della controversia ed ai parametri tra minimi e medi per le attività prestate (studio, introduttiva, trattazione/inibitoria e decisionale).

Ricorrono i presupposti, nei confronti dell’appellante di cui all’art. 13, co. 1 -quater del DPR 115/2002, applicabile ai procedimenti iniziati successivamente al 31 gennaio 2013, per i casi di impugnazione integralmente respinta o dichiara inammissibile.

– P.Q.M. –

La Corte di Appello di Campobasso – Collegio civile,

pronunciando definitivamente sull’appello avverso la sentenza non definitiva n. 459/2018 e la sentenza definitiva n. 513/2019 del Tribunale di Campobasso in composizione monocratica introdotto, con citazione notificata il 10/01/2020, dalla (…) di (…) nei confronti di (…), così provvede:

1) rigetta l’appello;

2) condanna l’appellante a rimborsare all’ avv.to (…), dichiaratosi antistatario, le spese del presente grado, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi al difensore, oltre rimborso forfettario del 15%, Iva e Cpa come per legge;

3) dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 13, c. 1-quater del DPR 115/2002, nei confronti dell’appellante.

Deciso nella camera di consiglio della Corte del 9 gennaio 2023.

Depositata in Cancelleria il 9 gennaio 2023.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: aspetti generali del contratto di appalto

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.