al fine di accertare se sia manifestamente eccessiva, agli effetti dell’articolo 1384 c.c., la clausola penale che attribuisca al concedente, nel caso di inadempimento dell’utilizzatore, l’intero importo del finanziamento e in piu’ la proprieta’ del bene, occorre considerare se detta pattuizione attribuisca allo stesso concedente vantaggi maggiori di quelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto, tenuto conto che il risarcimento del danno spettante al concedente deve essere tale da porlo nella stessa situazione in cui si sarebbe trovato se l’utilizzatore avesse esattamente adempiuto.

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di leasing si consiglia la lettura del seguente articolo: Il contratto di leasing o locazione finanziaria

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 12 giugno 2018, n. 15202

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13369/2016 proposto da:

(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE IN CONCORDATO PREVENTIVO, in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, in persona del Procuratore Speciale Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4528/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 26/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/02/2018 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

FATTI DI CAUSA

La societa’ (OMISSIS) s.p.a., allora (OMISSIS) s.p.a., con ricorso ex articolo 702 bis c.p.c., conveniva in giudizio la (OMISSIS) s.r.l., allora (OMISSIS) s.p.a., cui aveva concesso un immobile in leasing, per ottenere la risoluzione per inadempimento dell’utilizzatrice nel pagamento dei canoni, e la restituzione del bene.

Si costituiva la (OMISSIS) s.r.l. manifestando la disponibilita’ al rilascio dell’immobile e domandando in via riconvenzionale la condanna al pagamento delle somme riscosse dal concedente per canoni, per un’indennita’ da sinistro e per l’escussione di una fideiussione.

Il tribunale dava atto della restituzione del bene ed escludeva in primo luogo la restituzione dell’indennita’ assicurativa in quanto afferente a sinistro occorso all’immobile di proprieta’ del concedente; escludeva poi la restituzione dell’importo erogato a titolo di fideiussione in quanto versato da soggetto che aveva garantito l’adempimento dell’utilizzatrice la quale aveva omesso il pagamento dei ratei. Infine, il giudice di primo grado rigettava anche la domanda di restituzione dei canoni in forza di una clausola contrattuale che disciplinava gli effetti della risoluzione anticipata del contratto, prevedendo la detrazione, dalle somme dovute dall’utilizzatore, dell’importo ricavato dalla vendita del bene restituito, ritenendola idonea a escludere la possibilita’ di un ingiusto arricchimento del concedente in danno dell’utilizzatore.

La corte di appello, investita del gravame dalla (OMISSIS) in concordato preventivo, lo rigettava negando, innanzi tutto, che fosse emerso un pregiudizio ai diritti di difesa in relazione alla dedotta mancata assegnazione dei termini di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, alla prima udienza successiva alla trasformazione del rito sommario in ordinario. Confermava nel resto la decisione di prima istanza, osservando, in particolare, che la clausola pattizia sopra menzionata per un verso, come rilevato dal tribunale, non era in contrasto con la “ratio” sottesa alla previsione di cui all’articolo 1526 c.c., come confermato dalla previsione sul punto dell'(attuale) L. Fall., articolo 72 quater; per altro verso rilevando che lo stesso articolo 1526 c.c., al comma 2, prevedeva la possibilita’ di convenire l’irripetibilita’ delle rate pagate, titolo d’indennita’, salva riduzione giudiziale secondo le circostanze.

Avverso questa decisione ricorre per cassazione la (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione e in concordato preventivo, affidandosi a quattro motivi.

Resiste con controricorso la (OMISSIS) s.p.a. che ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1526 c.c. e articolo 112 c.p.c., poiche’ la corte di appello avrebbe errato nell’omettere di trarre le conseguenze dall’incontestato rilievo della natura traslativa del leasing, cui accedeva l’applicazione analogica della previsione sull’obbligo di restituzione dei canoni alla risoluzione anticipata, salvo diritto all’equo compenso, e fermo quello al risarcimento dei danni connessi all’inadempimento, ove domandati, come invece non accaduto.

Con il secondo motivo di ricorso prospetta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1526 c.p.c., commi 1 e 2, articoli 1322, 1384 c.c. e L. Fall., articolo 72 quater, in uno agli articoli 99, 101, 112, 115, 342, 345 c.p.c. e articolo 24 Cost., poiche’ la corte di appello avrebbe errato svolgendo un autonomo accertamento circa il contenuto della clausola penale pattizia di cui all’articolo 15 del contratto sulla regolazione degli effetti economici della risoluzione anticipata, descritta in narrativa, finendo quindi per applicare la disciplina prevista dall’ordinamento per la diversa fattispecie di fallimento dell’utilizzatore, in erronea deroga a quella del codice civile, e nell’accordare il trattenimento delle somme incassate, in particolare come canoni, senza apposita “reconventio reconventionis”.

Con il terzo motivo di ricorso prospetta la violazione e falsa applicazione degli articoli 99, 100, 101, 112, 115, 342, 345 c.p.c., articoli 24 e 111 Cost., poiche’ la corte di appello avrebbe errato nel rilevare il difetto di interesse a impugnare la pronuncia del tribunale sulla cessazione della materia del contendere, in ordine alla restituzione dell’immobile, posto che era stato censurato anche l’erroneo rigetto della connessa domanda riconvenzionale sulla ripetizione delle somme introitate dal concedente inclusive di quelle relative all’indennita’ assicurativa e all’escussione della fideiussione. In particolare, la liquidazione assicurativa avrebbe riguardato attrezzature di proprieta’ dell’utilizzatrice deducente, e le somme percepite in forza della fideiussione sarebbero state da imputare a canoni rimasti non pagati. Con riferimento alle suddette imputazioni nulla aveva dedotto la controparte, sicche’ la corte di appello avrebbe anche in tal caso violato il principio dispositivo e i contrapposti diritti di difesa.

Con il quarto motivo di ricorso prospetta la violazione e falsa applicazione degli articoli 80 bis disp. att. c.p.c. e articolo 183 c.p.c., poiche’ la corte di appello avrebbe errato nell’escludere pregiudizi difensivi dalla mancata assegnazione dei termini per le precisazioni assertive, alla prima udienza di trattazione successiva alla trasformazione del rito da sommario in ordinario, posto che l’appendice scritta era stata sollecitata per depositare una perizia di parte volta a dimostrare il valore dell’immobile, e in tal modo sostenere le ragioni della decisiva qualificazione in termini traslativi del leasing, cui accedeva l’applicabilita’ analogica dell’articolo 1526 c.c., omessa dallo stesso giudicante.

2. In primo luogo va disattesa l’eccezione di inammissibilita’ dei motivi di ricorso perche’ basati su una mescolanza di addotte violazioni di plurime e accomunate norme di legge, posto che, come emerge dai punti che seguono, le censure permettono di enucleare distintamente le sottese ragioni, anche se accorpate.

2.1. I primi due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono infondati.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito innanzi tutto che l’introduzione nell’ordinamento, tramite il Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, articolo 59, dell'(attuale) L. Fall., articolo 72 quater, non consente di ritenere superata la distinzione tra leasing finanziario e traslativo, e le differenti conseguenze che da essa derivano nell’ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore (Cass., 29/04/2015, n. 8687). La norma della Legge fallimentare non risulta cioe’ applicabile in luogo dell’articolo 1526 c.c., perche’ non disciplina la risoluzione del contratto di leasing (traslativo), ma il suo scioglimento quale conseguenza del fallimento dell’utilizzatore, essendo dunque destinata a disciplinare una fattispecie diversa.

E’ stato peraltro precisato che l’articolo 72 quater, trova circoscritta applicazione solo nel caso in cui il contratto di leasing sia pendente al momento del fallimento dell’utilizzatore, mentre, ove si sia gia’ anteriormente risolto, occorre distinguere a seconda che si tratti di leasing finanziario o traslativo, solo per quest’ultimo potendosi utilizzare, in via analogica, l’articolo 1526 c.c. (Cass., 09/02/2016, n. 2538, Cass., 13/02/2017, n. 3750, Cass., 07/09/2017, n. 20890, Cass., 15/09/2017, n. 21476).

In questo quadro e’ stato anche di recente ribadito il principio generale per cui al leasing traslativo si applica la disciplina della vendita con riserva della proprieta’, sicche’, in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, quest’ultimo ha diritto alla restituzione delle rate riscosse solo dopo la restituzione della cosa, mentre il concedente ha diritto, oltre al risarcimento del danno, a un equo compenso per l’uso dei beni oggetto del contratto (Cass., 20/09/2017, n. 21895, citata ad altri fini, qui trattati sub 2.2., nella memoria della resistente).

Cio’ posto, deve d’altra parte rilevarsi che la giurisprudenza, in applicazione del disposto di cui all’articolo 1526 c.c., comma 2, ha osservato come, nel caso, le parti possano convenire l’irripetibilita’ dei canoni versati al concedente in esito alla risoluzione del contratto, con patto avente natura di clausola penale che ne preclude, nel giudizio successivamente instaurato, la rilevabilita’ d’ufficio e la deducibilita’ dopo il decorso dei termini di cui all’articolo 183 c.p.c., trattandosi di eccezione (e non necessariamente domanda) in senso stretto (Cass., 12/09/2014, n. 19272).

Nella fattispecie in scrutinio e’ rimasto accertato che si versa in ipotesi di leasing traslativo, e che le parti hanno regolato (all’articolo 15 del contratto, non trascritto ma dal contenuto sintetizzato e pacifico) gli effetti della risoluzione anticipata dell’accordo prevedendo la detrazione, dalle somme dovute dall’utilizzatore, dell’importo ricavato dalla futura vendita del bene restituito.

Deve quindi e innanzi tutto rilevarsi che non e’ venuta in gioco l’applicazione della L. Fall., articolo 72 quater, ma quello di una clausola ritenuta dalla corte di appello: a) conforme alla “ratio” dell’articolo 1526 c.c. (pag. 7 della sentenza); b) sussumibile nella cornice della clausola penale ammessa dall’articolo 1526 c.c., comma 2 (pag. 9).

Il richiamo all’articolo 72 quater, e’ stato quindi effettuato, dalla corte territoriale, quale argomento a sostegno della suddetta ricostruzione, e non quale norma da applicare al caso (pag. 8 della sentenza: “si consideri inoltre che il regolamento pattizio in esame non e’ difforme da quanto stabilito dal nuovo testo della L. Fall., articolo 72..”).

Nello stesso senso depone oggi, ancora piu’ in generale, la L. 4 agosto 2017, n. 124, articolo 1, commi 136-139 (legge annuale per la concorrenza e il mercato 2018), che disciplinando le locazioni finanziarie, indicate come comprensive dei leasing immobiliari (comma 137), stabilisce analoga disposizione, con specificazioni sulla detrazione, dal ricavato dalla collocazione del bene a valori di mercato, delle spese, oltre che del residuo credito in linea capitale e del prezzo di opzione d’acquisto. Il tutto in uno a una puntuale disciplina inerente ai suddetti valori di mercato.

2.1.1. La sussunzione del patto nei termini di clausola penale e’ dunque conforme alla giurisprudenza di questa corte, che, peraltro, ha avuto modo di precisare che al fine di accertare se sia manifestamente eccessiva, agli effetti dell’articolo 1384 c.c., la clausola penale che attribuisca al concedente, nel caso di inadempimento dell’utilizzatore, l’intero importo del finanziamento e in piu’ la proprieta’ del bene, occorre considerare se detta pattuizione attribuisca allo stesso concedente vantaggi maggiori di quelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto, tenuto conto che il risarcimento del danno spettante al concedente deve essere tale da porlo nella stessa situazione in cui si sarebbe trovato se l’utilizzatore avesse esattamente adempiuto (Cass., 07/01/2014, n. 888; sulla portata generale della possibilita’ di esercitare d’ufficio i poteri ex articolo 1384 c.c., di recente, cfr. Cass., 25/10/2017, n. 25334, punto 3). Ottica in cui va detto si e’ posta la corte territoriale quando ha argomentato dalla L. Fall., articolo 72, che tipizza la tutela spettante alla curatela dell’utilizzatore fallito, attribuendole il diritto di ripetere l’eventuale maggior valore che dalla vendita del bene (a prezzo di mercato) ricavi il concedente, rispetto alle utilita’ che la parte avrebbe tratto dal contratto qualora finalizzato con il riscatto del bene. Il tutto nella prospettiva che qualora la liquidazione del bene non avvenga, non vi puo’ essere in concreto una locupletazione che eluda il limite, appena richiamato, ai vantaggi perseguiti e legittimamente conseguibili dal concedente in forza del contratto, fermo restando che la clausola in cui, come nel caso, non risulti richiamata la collocazione del bene a prezzi di mercato dovra’ esser letta negli stessi termini alla luce del parametro della buona fede contrattuale, ex articolo 1375 c.c..

La ricorrente, d’altra parte, sostiene che la clausola penale sarebbe stata fatta valere in violazione del principio dispositivo.

L’affermazione non ha fondamento.

Va anzi rilevato in contrario che, come emerge dallo stesso ricorso (pagg. 6, 11, 15-17): a) il tribunale aveva gia’ rilevato e fatto applicazione del regime emergente dalla clausola contrattuale; b) come eccepito anche in controricorso (pag. 27), la (OMISSIS) non allega di aver impugnato e non risulta aver impugnato questo capo della sentenza di prime cure, in punto di violazione dell’articolo 112 c.p.c..

E’ quindi evidente che sotto alcun profilo risulta una violazione del principio dispositivo, neanche in chiave di mancata domanda di trattenimento dei ratei riscossi, posto che si e’ solo trattato del rigetto della domanda di ripetizione di quelle somme gia’ nella disponibilita’ della (OMISSIS), in forza della rilevata clausola contrattuale.

2.2. Il terzo motivo di ricorso e’ parimenti infondato.

La corte territoriale non ha dichiarato cessata la materia del contendere omettendo la pronuncia sulla domanda riconvenzionale della (OMISSIS), bensi’ ha accertato (contrariamente a quanto assunto in controricorso) l’intervenuta riconsegna dell’immobile, disattendendo per i motivi sopra ricostruiti la domanda riconvenzionale sulla ripetizione dei canoni.

Quanto poi alla domanda di ripetizione delle somme introitate a titolo assicurativo e fideiussorio, la corte territoriale (pag. 11) ha confermato e fatto proprie le “esaustive” motivazioni del tribunale, secondo cui (pag. 24 del ricorso): a) l’indennita’ liquidata dall’assicurazione era relativa a danni all’immobile della concedente; a) le somme escusse a titolo fideiussorio erano state incamerate proprio perche’ garantivano il (pacifico) inadempimento dell’utilizzatore.

Sul primo punto la ricorrente assume che si sarebbe trattato di danni ad attrezzature di sua proprieta’, tema che si infrange contro l’accertamento in fatto riservato al giudice di merito e come tale non censurato.

Sul secondo punto la ricorrente argomenta da un’imputazione a canoni che non coglie ne’ censura utilmente la “ratio decidendi” appena esposta.

Al contempo, per entrambi i profili, analogamente a quanto visto riguardo ai ratei, va osservato che non si e’ trattato di una pronuncia oltre il richiesto, bensi’ della negazione della fondatezza della domanda di ripetizione avanzata dalla (OMISSIS).

2.3. Il quarto motivo e’ manifestamente infondato.

La ricorrente sostiene di essere stata pregiudicata nei propri diritti difensivi dalla mancata assegnazione dei termini ex articolo 183 c.p.c., comma 6, all’udienza di trattazione seguente il mutamento del rito da sommario in ordinario, deducendo che avrebbe cosi’ potuto precisare e provare quanto necessario a chiarire la natura traslativa del leasing.

La suddetta configurazione contrattuale, pero’, e’, come visto e come rilevato dalla stessa ricorrente (pagg. 9 e seguenti del ricorso), del tutto pacifica.

Deve ribadirsi che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarita’ dell’attivita’ giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subi’to dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che e’ inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare concretamente anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass., 18/12/2014, n. 26831; nello stesso senso cfr. recentemente, Cass., 09/08/2017, n. 19759; Cass., 27/11/2017, n. 28229). Ragioni qui allegate ma evidentemente prive di fondatezza secondo quanto appena osservato.

3. Spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, che liquida in Euro 30.000,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15 per cento di spese forfettarie oltre accessori legali.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.