in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore di un immobile concesso in leasing traslativo – quale rapporto soggetto alla disciplina inderogabile di cui all’articolo 1526 cod. civ. – e’ tardiva, e, quindi, inammissibile, la richiesta di applicazione, avanzata dal concedente soltanto all’esito dell’istruttoria di primo grado (e, dunque, oltre le preclusioni assertive di cui all’articolo 183 cod. proc. civ.), della clausola, inserita nel contratto intercorso tra le parti, di irripetibilita’ dei canoni riscossi, in guisa di fatto estintivo del diritto alla restituzione degli stessi canoni fatto valere tempestivamente dall’utilizzatore.
Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di leasing si consiglia la lettura del seguente articolo: Il contratto di leasing o locazione finanziaria
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 12 settembre 2014, n. 19272
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere
Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3719-2011 proposto da:
(OMISSIS) SPA (OMISSIS), in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo l studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SPA (OMISSIS), in persona del Curatore pro tempore, dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 455/2010 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 30/10/2010 R.G.N. 481/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/06/2014 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. – La (OMISSIS) S.p.A., concedente in locazione finanziaria, con un duplice contratto, alla (OMISSIS) S.p.A., un’unita’ immobiliare sita nel Comune di (OMISSIS), con atto di citazione del 12 ottobre 2004 conveniva la societa’ utilizzatrice davanti al Tribunale di Udine per sentire accertare l’intervenuta risoluzione del contratto per inadempimento, in ragione del mancato pagamento dei canoni, e condannare la stessa (OMISSIS) S.p.A. alla riconsegna del cespite.
1.1. – Costituitasi in giudizio, la (OMISSIS) S.p.A. chiedeva che la riconsegna del bene fosse condizionata alla restituzione degli importi di euro 1.045.644,43 ed euro 44.514,50, corrispondenti ai canoni di leasing gia’ versati.
1.2. – Il Tribunale di Udine, con sentenza del luglio 2006, dichiarava l’avvenuta risoluzione del contratto per inadempimento di (OMISSIS) S.p.A. e la condannava al rilascio degli immobili; condannava la (OMISSIS) S.p.A. a corrispondere alla medesima (OMISSIS) gli importi anzidetti.
Il Tribunale osservava che non era contestato l’inadempimento della societa’ utilizzatrice, che, del resto, aveva richiesto, in via riconvenzionale, la restituzione delle somme corrisposte a titolo di canone. Inoltre, la societa’ attrice non aveva mai domandato il riconoscimento di un equo compenso ai sensi dell’articolo 1526 c.c., comma 1, la’ dove non aveva rilievo “la mera produzione in giudizio dei contratti di locazione finanziaria … a fronte dell’espressa domanda di (OMISSIS) di ottenere la restituzione integrale dei canoni corrisposti in ragione della natura traslativa dei contratti di leasing”.
2. – Avverso questa decisione proponeva appello la (OMISSIS) S.p.A., nel corso del cui giudizio falliva la (OMISSIS) S.p.A., con conseguente riassunzione della causa ad iniziativa della stessa societa’ appellante.
2.1. – Il gravame – incentrato, nella sostanza, a censurare la affermata mancanza, a fronte della domanda di restituzione dei canoni da parte della (OMISSIS) S.p.A., di una “puntuale eccezione” di irripetibilita’ dei canoni in base a clausola contrattuale – veniva rigettato dalla Corte di appello di Trieste con sentenza resa pubblica il 30 ottobre 2010.
La corte territoriale evidenziava che soltanto in seguito alla concessione, al termine della fase istruttoria di primo grado, dell’ordinanza ex articolo 186-quater cod. proc. civ., l’appellante aveva invocato “l’esistenza di una clausola contrattuale che escludeva la ripetizione di quanto corrisposto” a titolo di canoni del rapporto di leasing, la cui qualificazione in termini di leasing traslativo, disciplinato in via analogica dall’articolo 1526 cod. civ., siccome accertata in primo grado, non era stata piu’ contestata in sede di impugnazione. Sicche’, la pretesa non ripetibilita’ dei canoni appariva “istanza risarcitoria sicuramente non proposta nella presente lite”, che invece la societa’ concedente aveva l’onere di proporre. In altri termini, quanto alla allegazione della clausola sulla irripetibilita’ dei canoni, “astrattamente idonea a provocare l’estinzione del diritto (alla restituzione dei medesimi) vantato ed azionato dalla parte convenuta (salve, ovviamente, le ulteriori conseguenze processuali e sostanziali di cui all’articolo 1526 c.c., comma 2)”, il giudice di appello riteneva, per l’appunto, che, “ferma restando la clausola nella sua esistenza, alla parte interessata incombeva farla valere in giudizio, ovviamente nei tempi e nei modi processuali a cio’ deputati, come domanda ovvero come eccezione”.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre la (OMISSIS) S.p.A. sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso il Fallimento (OMISSIS) S.p.A..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Con il primo mezzo e’ denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 112, 166 e 167 cod. proc. civ.
La Corte territoriale avrebbe errato nell’attribuire “all’accordo contrattuale vigente tra le parti natura di eccezione in senso stretto”, con conseguente applicazione della relativa disciplina. La clausola contrattuale che, alla risoluzione del rapporto, “regola la sorte delle rate versate nel corso del leasing dedotto in giudizio” varrebbe, infatti, a contrastare la domanda di restituzione delle rate sul piano degli elementi costitutivi del diritto affermato, la’ dove, al contrario, l’eccezione non rilevabile d’ufficio accede a fatti diversi dagli elementi costitutivi della pretesa e tali da infirmarne l’efficacia.
In particolare, nel caso di specie, la parte avrebbe contestato, attraverso l’esistenza della anzidetta clausola contrattuale, un elemento costitutivo dell’altrui pretesa e, segnatamente, quello relativo alla asserita “mancanza di apposita regolamentazione della sorte dei pagamenti periodici”. Si tratterebbe, dunque, di mera difesa che la Corte territoriale avrebbe erroneamente preteso che fosse proposta dalla parte, cosi ricomprendendo, in violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ., “nel divieto di pronuncia questioni non riservate esclusivamente all’iniziativa di parte”.
Posto, dunque, che nessuna eccezione e’ rinvenibile nel caso di specie, nessuna preclusione per scadenza del termine di produzione dell’atto contenente la disciplina convenzionale del rapporto, tempestivamente depositato, era maturata.
Nel ritenere un onere di attivazione a carico della parte interessata, il giudice di appello non avrebbe, quindi, considerato che la disciplina di cui all’articolo 1526 cod. civ. era “applicabile al caso di specie, in quanto le parti non disposero diversamente”; sicche’, a fronte della produzione di una clausola contrattuale contenente una diversa regolamentazione pattizia, che la parte poteva invocare nel momento ritenuto piu’ opportuno, la Corte territoriale avrebbe dovuto pronunciare l’irripetibilita’ delle somme versate dal concedente.
2. – Con il secondo mezzo e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione dell’articolo 1526 cod. civ..
La Corte territoriale avrebbe errato nell’applicare analogicamente l’articolo 1526 cod. civ., giacche’ tale norma sopperirebbe soltanto alla mancanza di un’autonoma disciplina contrattuale della sorte delle rate pagate. Ne deriva, pertanto, che l’articolo 1526 cod. civ. non ha ragione di essere applicato allorquando il rapporto e’ regolato direttamente dalla volonta’ delle parti, nella specie diretta ad escludere la ripetibilita’ delle stesse somme.
3. – I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati.
3.1. – Lo scrutinio, per poter investire il fondo delle censure, altrimenti inammissibili (per palese difetto di autosufficienza, non avendo la ricorrente neppure trascritto l’esatto contenuto della clausola contrattuale intorno alla quale ruotano le doglianze, ne’ avendo indicato la specifica sede processuale ove reperire il documento contrattuale che la contiene), e’ focalizzato sulla esistenza certa di una clausola, presente nei contratti di leasing immobiliare inter partes, di irripetibilita’ dei canoni versati dall’utilizzatore durante il rapporto di locazione finanziaria, che, pertanto, rimangono convenzionalmente trattenuti dal concedente; clausola cosi definita dal giudice di merito ed oggetto del suo accertamento, come tale rimasta incontestata dalle parti.
3.2. – Occorre, altresi’, premettere che la qualificazione del rapporto contrattuale in termini di leasing traslativo, su cui gia’ la Corte territoriale aveva ritenuto fosse intervenuto giudicato (in assenza di contestazioni mosse dall’allora societa’ appellante alla sentenza di primo grado esplicitamente statuente in tal senso), e’ rimasta priva di censure anche in questa sede.
Cosi come e’ assolutamente pacifico che la (OMISSIS) S.p.A. abbia per la prima volta richiesto l’applicazione della clausola convenzionale di irripetibilita’ dei canoni soltanto all’esito della fase istruttoria di primo grado; dunque, allorquando erano maturate le relative preclusioni assertive poste dall’articolo 183 cod. proc. civ., cosi’ come ritenuto dal giudice di appello nel rilevare, per l’appunto, l’intempestivita’ dell’iniziativa della parte interessata.
3.3. – Cio’ precisato, giova rammentare che, nella giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, Cass., sez. un., 3 febbraio 1998, n. 1099; Cass., sez. un., 27 luglio 2005, n. 15661; Cass., 24 novembre 2009, n. 24680; Cass., 5 agosto 2013, n. 18602), le eccezioni in senso stretto (cioe’ le eccezioni rilevabili soltanto ad istanza di parte) si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte, ovvero in quelle in cui il fatto costitutivo dell’eccezione, corrispondendo alla titolarita’ di un’azione costitutiva, richiede, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico, il tramite di una manifestazione di volonta’ della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale).
La distinzione tra eccezioni in senso stretto ed eccezioni in senso lato (o le mere difese) assume, ai fini processuali, un rilievo ancor piu’ spiccato in conseguenza della ordinanza interlocutoria n. 10531 del 7 maggio 2013 delle Sezioni Unite civili di questa Corte, con la quale si e’ affermato che “il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non e’ subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed e’ ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto”.
Con cio’, anche il profilo processuale della mancata o intempestiva allegazione dei fatti non produce conseguenze pregiudizievoli per la parte, ove il documento sia stato ritualmente acquisito in giudizio (come nella specie non e’ contestato).
3.4. – E’ in questo contesto che occorre, quindi, esaminare le censure della ricorrente, le quali, in ogni caso, non colgono nel segno.
Va, infatti, evidenziato che l’applicazione, seppur in via analogica, della disciplina dettata in tema di risoluzione per inadempimento del contratto dall’articolo 1526 cod. civ. al leasing traslativo, una volta che il rapporto contrattuale sia stato in tal senso qualificato, non e’ sussidiaria rispetto alla volonta’ delle parti, bensi’ inderogabile (tra le altre, Cass., 27 settembre 2011, n. 19732; in precedenza Cass., 29 marzo 1996, n. 2909), comportando, in linea generale, nel caso di inadempimento dell’utilizzatore, la restituzione dei canoni gia’ corrisposti, salvo il riconoscimento di un equo compenso in ragione dell’utilizzo dei beni (tale da remunerare il solo godimento e non ricomprendere anche la quota destinata al trasferimento finale di essi), oltre al risarcimento dei danni.
La clausola di irripetibilita’ dei canoni riscossi dal concedente, la cui previsione convenzionale e’ contemplata dallo stesso articolo 1526 cod. civ., comma 2 (con conseguente potere riduttivo del giudice “secondo le circostanze”), e’ da qualificarsi come clausola penale, giacche’ volta alla predeterminazione del danno risarcibile nell’ipotesi di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore (cosi specificamente Cass. n. 2909 del 1996, cit., e Cass., 17 luglio 2008, n. 19697, non massimata; nella medesima prospettiva, Cass., 2 marzo 2007, n. 4969; Cass., 28 agosto 2007, n. 18195 del 2007 e n. 4969 del 2007 Cass., 17 gennaio 2014, n. 888).
Ed e’ principio consolidato (Cass., 25 gennaio 1997, n. 771; Cass., 15 ottobre 2007, n. 21587; Cass., 24 aprile 2008, n. 10741) quello per cui, in assenza di richiesta di applicazione della clausola penale, non puo’ di ufficio il giudice statuire su di essa, neanche a seguito della pronuncia di risoluzione del contratto, attesa la natura autonoma della domanda di pagamento della penale rispetto a quella di risoluzione contrattuale (autonomia che si apprezza anche rispetto alla domanda di risarcimento del danno).
L’operativita’ della clausola penale e’, dunque, rimessa esclusivamente all’iniziativa della parte e, pertanto, al di la’ del fatto che essa integri solitamente una domanda, ove in ipotesi si presti a paralizzare una diversa e contrapposta pretesa, essa non puo’ essere annoverata tra le eccezioni in senso lato, bensi’ nelle eccezioni in senso stretto, sottratte al rilievo officioso del giudice e disciplinate, invece, dall’articolo 112 cod. proc. civ..
3.5. – E’ pertanto da confermare la sentenza impugnata che si e’ attenuta al seguente principio di diritto: in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore di un immobile concesso in leasing traslativo – quale rapporto soggetto alla disciplina inderogabile di cui all’articolo 1526 cod. civ. – e’ tardiva, e, quindi, inammissibile, la richiesta di applicazione, avanzata dal concedente soltanto all’esito dell’istruttoria di primo grado (e, dunque, oltre le preclusioni assertive di cui all’articolo 183 cod. proc. civ.), della clausola, inserita nel contratto intercorso tra le parti, di irripetibilita’ dei canoni riscossi, in guisa di fatto estintivo del diritto alla restituzione degli stessi canoni fatto valere tempestivamente dall’utilizzatore.
6. – Il ricorso va, pertanto, rigettato e la societa’ ricorrente, in quanto soccombente, condannata al pagamento, in favore della curatela fallimentare controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE
rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida, in favore della curatela fallimentare controricorrente, in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 200,00, per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.