Il legittimario che agisce in riduzione ha l’onere di allegare e provare, oltre la propria qualità di erede necessario, l’avvenuta lesione della legittima, nonché l’esistenza degli atti da ridurre, precisandone l’ordine cronologico. Allegare la lesione della legittima implica definirne il suo valore e a tal fine occorre individuare esattamente il patrimonio relitto (sia avendo riguardo alla sua composizione, sia al suo valore calcolato al momento del decesso del de cuius), individuare le disposizioni lesive da riunire fittiziamente, cioè contabilmente, al patrimonio relitto (art. 556 c.c.) nonché precisare le donazioni e i legati ricevuti e per cui non vi sia stata dispensa (art. 564, comma 2, c.c.). Il legittimario in particolare, ha l’onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia, o meno, avvenuta, ed in quale misura, la lesione della sua quota di riserva, potendo solo in tal modo il giudice procedere alla sua reintegrazione. L’azione di riduzione, indipendentemente dall’uso di formule sacramentali, richiede, poi, oltre alla deduzione della lesione della quota di riserva, l’espressa istanza di conseguire la legittima, previa determinazione di essa mediante il calcolo della disponibile e la susseguente riduzione della donazione posta in essere in vita dal de cuius.

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Tribunale|Tivoli|Civile|Sentenza|13 gennaio 2023| n. 16

Data udienza 21 dicembre 2022

Il Tribunale di Tivoli

riunito in camera di consiglio nelle persone dei signori Magistrati:

dr.ssa Francesca Coccoli – Presidente rel. est.

dr. Francesco Lupia – Giudice

dr.ssa Rosa Maria Bova – Giudice

nella causa iscritta al n. …/2017 del ruolo generale delle controversie civili, pendente:

tra

S.V., nata il (…);

rappresentata e difesa dall’avv. …

attrice

e

S.P.F., nato il (…);

rappresentato e difeso dall’avv. …

convenuto

avente ad oggetto: impugnazione di testamento.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con citazione ritualmente notificata V.S. conveniva in giudizio P.F.S..

Esponeva che in data 3 dicembre 2014 era stato pubblicato dal Notaio L.C. il testamento olografo di R.S., madre delle odierne parti in causa, deceduta il 19 novembre 2014, recante la data del 5 settembre 2008, con il quale la de cuius aveva disposto della propria quota di proprietà di un terzo dell’appartamento in P. S., via G. G. 23, in favore del figlio P.F.S..

Tanto premesso e deducendo che già al momento della stesura del testamento R.S. si trovasse in stato di incapacità naturale a causa dell’insorgenza di una serie di malattie manifestate sin dal 2005, concludeva chiedendo volersi:

“In via preliminare:

1) Dichiarare aperta la successione della sig.ra R.S. alla data del decesso e la qualità di eredi legittimi a legittimari della sig.ra V.S. e del Sig. P.F.S.;

2) Per le ragioni indicate in premesse, sempre in via preliminare, accertare e dichiarare la nullità e/o inefficacia, ovvero comunque annullare, il testamento olografo della sig.ra R.S. datato 05/09/2008 pubblicato in data (…) presso il Notaio dr. L.C. Repertorio n. (…) Raccolta n. (…); in subordine, ridurre, ex art. 554 c.c., le disposizioni di tale testamento, in quanto lesive della quota legittima riservata alla figlia V.S., procedendo conseguentemente alla formazione delle quote ereditarie e legittime in applicazione delle norme di legge.

In via principale:

3) Procedere allo scioglimento della comunione ereditaria, conseguentemente alla formazione delle due quote ereditarie, e disporre la divisione in relazione alle singole quote e, in caso di ravvisata non materiale divisibilità degli immobili, ordinare la vendita all’incanto con formazione successiva di separate masse liquide da ripartire fra i singoli coeredi;

4) Porre ogni spesa di divisione a carico del sig. P.F.S.;

5) Disporre a carico del sig. S. l’obbligo di pagamento a favore della sig.ra V.S. delle spese funebri sostenute dalla medesima per la defunta R.S. per un totale di Euro 3.850,00, condannando il convenuto alla refusione di una somma in proporzione alla sua quota ereditaria;

6) Emettere ogni altro provvedimento ritenuto opportuno e consequenziale. In ogni caso:

7) Condannare il sig. P.F.S. al pagamento in favore della sig.ra V.S. della somma di Euro 300,00 mensili, o in quella diversa somma, maggiore o minore, ritenuta equa dal Giudice, per il periodo di tempo in cui il sig. P.F.S. ha occupato in maniera esclusiva ed indebita la quota di proprietà della sig.ra V.S. relativa all’immobile sito in P. S. (R.) in via G. G. n. 23 e del locale cantina ad esso adiacente, decorrente dalla morte della sig.ra R.S. e fino all’effettiva occupazione de medesimi.

8) Condannare il convenuto alla restituzione delle somme indebitamente pagate a titolo di IMU dalla sig.ra V.S. per la somma eccedente la quota di sua proprietà dell’appartamento sito in P. S. (R.) in via G. G. n. 23 e del locale cantina ad esso adiacente; condannare altresì il convenuto alla restituzione a favore della sig.ra V.S. delle somme indebitamente pagate da questa per la tassa sui rifiuti TARI e/o TASI per i medesimi immobili di cui sopra; infine condannare l’odierno convenuto alla restituzione pro quota delle spese e rette pagate alla sig.ra V.S. alla casa di riposo “Cristo Vive”;

9) Condannare il sig. P.F.S. al pagamento delle spese di lite del presente giudizio nonché al pagamento delle spese di giudizio dell’ATP ivi comprese le spese di CTU e CTP oltre IVA e CPA”.

Si costituiva in giudizio P.F.S., contestando la fondatezza delle pretese di controparte, delle quali chiedeva il rigetto, e domandando in via riconvenzionale volersi:

“previo accertamento e collazione delle somme già percepite direttamente e/o indirettamente dall’attrice S.V. a titolo di donazione e/o relative ai prelevamenti e movimentazioni bancarie e/o postali sui depositi e/o conti correnti postali e/o libretti postali accesi presso la sede delle Poste di Palombara Sabina intestati a S.R. e/o cointestati a T.F. figlio di S.V. e/o con delega al ritiro della Sig.ra S.V., rapporti su cui erano versati somme di denaro di spettanza della madre S.R., disporre conseguentemente lo scioglimento della comunione ereditaria dei beni caduti in successione, secondo la valutazione e formazione delle singole quote di spettanza con predisposizione di un progetto di divisione che tenga conto di quanto già percepito dalla Sig.ra S.V. direttamente e/o indirettamente a titolo di donazione e/o prelevamenti dai rapporti di credito della madre S.R. ed in caso di indivisibilità dei beni da dividersi disporre la vendita degli stessi e l’attribuzione delle quote di spettanza ai singoli condividenti nel caso in cui non venga chiesta e/o disposta assegnazione e/o attribuzione in natura.

Condannare la Sig.ra S.V. al rimborso pro quota delle spese di TARI e/o TASI spese condominiali e di gestione dei beni tutte così come verranno accertate e ritenute di giustizia.

Respingere tutte le altre domande in quanto infondate in fatto ed in diritto e comunque non provate.

Con vittoria di spese, diritti, onorari, competenze del giudizio e/o secondo i parametri vigenti, rimborso forfettario al 15%, Iva e Cpa come per legge, del presente giudizio e di quello di ATP, spese di CTP e spese di CTU, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge su tutte le somme dovute e che verranno liquidate”.

All’udienza con trattazione scritta del 21 settembre 2022 5 la causa, istruita sulla base della documentazione acquisita in atti, è stata trattenuta in decisione, con assegnazione del termine di sessanta giorni per comparse conclusionali e di ulteriori venti giorni per memorie di replica, ed è stata infine decisa nella camera di consiglio del

Nella qualità di figlia di R.S. e di erede legittima di quest’ultima, V.S., invocando la declaratoria di nullità, o in alternativa una pronuncia di annullamento del testamento olografo redatto da R.S., per incapacità di intendere e di volere della testatrice, ha domandato dichiararsi aperta, anche in proprio favore, la successione legittima della de cuius.

Emerge dalla documentazione acquisita in atti che R.S., deceduta in Tivoli data 19 novembre 2014, con testamento olografo redatto il 5 settembre 2008, pubblicato in Notaio L.C. il (…) con verbale n. rep. (…), racc. (…), aveva così disposto:

“io S.R.

lascio a mio figlio P.F.

la mia parte della casa

perché si è sposato da solo io

non lo aiutato perché non lo (segno di cancellatura)

potevo e riconosco di fare il mio

dovere la mama

S.R.

cinque settembre 2008

Vo che mia fa (segno di cancellatura)

Voglio che mia figlia che aceti la mia

(segno non leggibile) Volontà

la mamma

S.R.”.

Pare opportuno in linea teorica osservare, prima di esaminare gli elementi dedotti alla base delle azioni di nullità ed annullamento alternativamente esercitate, come l’incapacità naturale, ai sensi dell’art. 591 c.c., debba ritenersi motivo di annullamento e non già di nullità del testamento.

L’unica ipotesi in cui, infatti, la incapacità di intendere o di volere del testatore possa essere tale da condurre alla declaratoria di nullità è quella concernente il caso di chi sia completamente assente a se stesso, di chi non sia dunque per nulla compos sui, come l’ipnotizzato, il pazzo o colui che si trovi in stato d’incoscienza totale.

Questa, tuttavia, non sembra essere la fattispecie da parte attrice invocata.

L’incapacità naturale del disponente, che ai sensi dell’art. 591 cod. civ. determina l’invalidità del testamento, postula, purtuttavia, l’esistenza “.. non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, bensi la prova che, a cagione di una infermità transitoriao permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi; peraltro, poiché lo stato di capacità costituisce la regola e quello di incapacità l’eccezione, spetta a chi impugni il testamento dimostrare la dedotta incapacità, salvo che il testatore non risulti affetto da incapacità totale e permanente, nel qual caso grava, invece, su chi voglia avvalersene provarne la corrispondente redazione in un momento di lucido intervallo” (Cass. 23 dicembre 2014 n. 27351; Cass. 18 aprile 2005 n. 8079).

Così individuato l’istituto giuridico invocato, e il regime probatorio che ne governa il giudiziale accertamento, le domande di nullità e di annullamento del testamento proposte dall’attore debbono ritenersi infondate.

Deduce V.S., a ragione delle richieste formulate, che l’incapacità della de cuius sarebbe derivata da uno stato di “deficit cognitivo di grado intermedio interessante la memoria a breve termine” in cui ella si sarebbe venuta a trovare già dall’anno 2005, come rilevato nel verbale medico della Commissione di prima istanza di Guidonia Montecelio U. RM25 del 7.12.2005, stato aggravatosi nel corso dei successivi anni.

L’istruzione del giudizio è stata espletata attraverso le prove testimoniali articolate da entrambe le parti, oltre che sulla base della documentazione acquisita in atti. E’ stato disposto, inoltre, un accertamento tecnico d’ufficio al fine di accertare la eventuale sussistenza di uno stato di incapacità di intendere e di volere della de cuius.

Dalle prove testimoniali più significative è emerso quanto segue:

F.M., collaboratrice domestica della signora R.S. per circa tre anni, a far data all’incirca dal 24 dicembre 2008, ha riferito che all’epoca la de cuius, pur non essendo allettata, ” … non ci stava con la memoria; pensava a tutto la figlia V. riguardo ai pagamenti e i contributi a me, ci pensavano lei e la figlia E. …. per la spesa ci pensava la figlia; lei non poteva fare la doccia da sola, al massimo riusciva ad andare in bagno da sola … Io ho cominciato all’incirca il 24 dicembre 2008, e all’epoca R. quando veniva il genero la domenica che le portava da mangiare, lei il giorno dopo mi diceva che era venuto un signore che le aveva portato da mangiare; non lo riconosceva, non ricordava i nomi dei nipoti; dimenticava le cose, pure quando andavo io, mi chiedeva chi fossi, anche se ero stata da lei la mattina stessa, aveva vuoti di memoria ..”;

la teste M.G.P., legata sin dall’adolescenza da rapporti di amicizia con le odierne parti in causa, ha riferito che nel periodo da luglio a ottobre 2008 la S. era pienamente lucida, presente nel dialogo e capace di riconoscere familiari ed amici.

In difetto di risultanze certe in ordine allo stato di capacità di intendere e di volere della testatrice al 5 settembre 2008, data di redazione del testamento olografo, o al periodo immediatamente antecedente e successivo, (neppure la deposizione del medico curante è stata idonea a comprovare uno stato di alterazione significativa e permanente delle capacità cognitive nel periodo interessato), la documentazione medica prodotta è stata sottoposta, nel corso del giudizio, all’analisi ed esame del consulente tecnico d’ufficio.

Nella relazione depositata in data 5 gennaio 2022 il nominato c.t.u., dr. Ga.Br., medico legale, specialista in psichiatria, dopo aver esaminato il testamento olografo impugnato evidenzia che “salta chiaramente all’occhio l’estrema semplicità dell’atto in questione”; “L’impegno cognitivo necessario è stato evidentemente minimo e certamente alla portata anche di un’anziana donna di 86 anni, pur tenuto conto che dall’esame dello scritto emergono elementi suggestivi di un certo decadimento cognitivo, anche considerata la bassa scolarità del soggetto”. Rilevato che la prova della affermata incapacità della S. al momento della redazione del testamento è sostanzialmente affidata da parte attrice al verbale dell’accertamento della Commissione medica per l’invalidità recante la data del 14.9.2005, e dunque risalente a tre anni prima della redazione del testamento oggetto di causa, il CTU evidenzia quanto segue:

“All’epoca la donna di anni 83, fu riconosciuta invalida al 100% e con necessità di assistenza continua (indennità di accompagnamento ex L. n. 18 del 1980). Il quadro clinico descritto dalla Commissione medico-legale era connotato da:

– ipertensione arteriosa;

– sindrome ansioso-depressiva;

– artrosi polidistrettuale;

– ipoacusia;

– pregresso intervento di cataratta bilaterale;

– deambulazione possibile con appoggio monolaterale;

– umore tendenzialmente depresso;

– deficit cognitivo di grado intermedio interessante la memoria a breve termine (MMSE 17/30; ADL 3/6, IADL 5/8).

Il certificato dimostra come all’epoca la donna fosse affetta da una serie di patologie (motorie e cognitive) la cui incidenza complessiva ha comportato il riconoscimento della necessità per l’anziana di un’assistenza continua. Se si considera però solo la valutazione dell’integrità delle funzioni cognitive è evidente come il risultato ottenuto al Mini Mental State Examination sia indicativo di undecadimento cognitivo lieve (MMSE = 17). Tale valutazione standardizzata, studiata negli anni 70 da Folstein10, è ampiamente utilizzata nella pratica clinica della valutazione delle funzioni cognitive dei soggetti anziani. E’ un test di facile e rapida somministrazione, è sufficientemente attendibile nel determinare il grado del deficit cognitivo e nel monitorarne la progressione in condizioni di demenza.

E’ composto da 30 item, in parte verbali, in parte di performance, che esplorano orientamento spaziotemporale, memoria a breve termine, memoria a breve termine, attenzione, calcolo mentale, linguaggio (nelle componenti di comprensione, ripetizione, denominazione, lettura e scrittura), prassia costruttiva. Il punteggio ottenuto esprime il grado di deterioramento cognitivo secondo tale scala: 30 – 24 ………… Nessuna compromissione 24 – 20 ………… Sospetta compromissione 19 – 17 ………… Compromissione lieve 16 – 10 ………… Compromissione moderata 9 – 0 …………. Compromissione grave Il risultato ottenuto dalla sig.ra S., come detto, è stato di 17/30, indicativo un deterioramento cognitivo lieve, ancorché al limite basso di tale fascia di valutazione. Un decadimento, quindi, non della gravità prevista dalla legge per invocare l’annullamento di un testamento per incapacità naturale del testatore; tale incapacità, come detto, non si configura in una qualsiasi condizione patologica, anche transitoria, che sia astrattamente suscettibile di influenzare il volere del testatore, ma solo in quella alterazione del processo di formazione e di manifestazione della volontà che renda il medesimo assolutamente privo della coscienza del significato dei propri atti e ne escluda, di conseguenza, la capacità di autodeterminazione (vedi Sentenza Cassazione Civile n. 9081 del 15/04/2010). Ad ulteriore conferma di un quadro di decadimento cognitivo lieve, la sig.ra S. aveva dimostrato una certa autonomia nella attività del vivere quotidiano con un punteggio di 3 su 6 alla scala ADL, Attività di base della Vita Quotidiana, come FARE IL BAGNO (vasca, doccia, spugnature), VESTIRSI (prendere i vestiti dall’armadio e/o cassetti, inclusa, biancheria intima, vestiti, uso delle allacciature e/o delle), TOILETTE (andare nella stanza da bagno per la minzione e l’evacuazione, pulirsi, rivestirsi), SPOSTARSI, CONTINENZA DI FECI E URINE, ALIMENTAZIONE; è stata anche riconosciuta capace di una certa autonomia nelle Attività della Vita Quotidiana attraverso l’uso di Strumenti (IADL) con una valutazione addirittura di 5/8 rispetto ad attività come ABILITA’ AD USARE IL TELEFONO, SPOSTAMENTI FUORI CASA, ASSUNZIONE DEI PROPRI FARMACI , USO DEL PROPRIO DENARO, FARE LA SPESA, CURA DELLA CASA, FARE IL BUCATO. Si dispone solo dei punteggi ottenuti nelle due scale e non i fogli risposta e non si è in grado di sapere quali fossero le specifiche attività che l’anziana era ancora in grado di compiere, ma i risultati sono comunque certamente indicativi di un grado di autonomia compatibile solo con un deficit cognitivo lieve, moderato al massimo, tenuto conto che la disautonomia della donna era determinata anche dalle sue limitazioni motorie e dall’ipoacusia, da fattori dunque estranei al suo funzionamento psichico nel determinarne la valutazione di assistenza continuativa”.

Prosegue il CTU rilevando che “Nel caso in esame, non vi è alcuna documentazione sanitaria a riguardo tra il 2005 ed il 2008, nulla cioè che possa giustificare il raggiungimento, nel giro di tre anni, di un livello di deficit cognitivo grave che pertanto può essere probabilisticamente escluso. D’altra parte, il Giudice Tutelare chiamato a decidere nel 2009 circa la necessità di provvedere ad una misura di protezione giuridica della persona, dopo aver ascoltato l’amministranda, scrive: “Seppur sono perfettamente evidenti le difficoltà correlate all’età, le risposte date dalla beneficiaria in sede di audizione hanno però dato il senso di una coscienza e di una posizione assolutamente negativa rispetto alla nomina di un soggetto deputato alla sua cura … volontà chiara, inequivoca, consapevole”. Rispetto ai quesiti posti, la documentazione sanitaria disponibile, una lettera di dimissione infermieristica relativa al periodo dal 02/11/2011 al 14/11/2011 e quella relativa all’anno 2014, certificato medico e scheda biografica di ricovero del dott. S., non sono utili rispetto alla valutazione della capacità di intendere e di volere al momento di testare nel 2008″…..

L’esame della documentazione datata 2014 evidenzia un peggioramento delle condizioni di salute generali dell’anziana signora, ormai 92enne, che in poco tempo ne hanno determinato l’exitus, avvenuto nel novembre dello stesso anno. Dal certificato del 17/07/2014 del dr. S. si apprende che la donna per una caduta accidentale avvenuta tempo prima aveva subito un’infrazione del collo chirurgico del collo dell’omero; era ormai diventata incapace di deambulare e a mantenere la stazione eretta (condizione all’origine dell’ulcera da decubito al gluteo sinistro in fase di risoluzione riportata nello scritto?), con un deficit della funzionalità renale, tutte condizioni che certamente hanno determinato un aggravamento del deficit cognitivo rispetto a quello ipotizzabile nel 2011 (e ancor di più rispetto al periodo 2008) e che nel luglio 2014 viene ormai così definito: “sindrome dementigena con progressivo decadimento cognitivo e disorientamento spazio-temporale”.

La documentazione esaminata, dunque, non ha dimostrato la sussistenza, alla data del 05/09/2008, di una condizione di decadimento cognitivo grave tale da rendere la sig.ra R.S. non in grado di esprimere liberamente e consapevolmente le proprie ultime volontà”.

Conclude, pertanto, il CTU affermando che, ” … esaminata la documentazione sanitaria, tenuto conto della difficoltà insita in una valutazione ex post delle capacità cognitive di un soggetto a distanza di 13 anni dal fatto e a 7 anni dal suo decesso, è possibile ragionevolmente escludere che la sig.ra R.S. si trovasse in una condizione di incapacità naturale al momento in cui, il 05/09/2008 ha espresso le proprie volontà testamentarie. L’accertamento sugli atti non ha dimostrato che, all’epoca dei fatti, la donna fosse affetta da un deterioramento cognitivo del grado normativamente previsto per l’annullamento di un testamento”.

Deve pertanto escludersi che una capacità di intendere e di volere della testatrice possa aver viziato le disposizioni di ultima volontà di R.S.. Poiché l’attrice, quindi, non è stata in grado di dimostrare l’assunto posto alla base delle proprie domande, l’azione volta all’annullamento del testamento va rigettata.

Neppure possono essere accolte le ulteriori domande di parte attrice e le domande riconvenzionali di parte convenuta, tenuto conto del fatto che né la prima, proponendo azione di riduzione delle disposizioni contenute nel testamento olografo per essere reintegrata nei diritti di legittimaria, né il convenuto, nel proporre domanda di collazione e di scioglimento della comunione ereditaria, hanno tuttavia allegato quale fosse la consistenza dell’asse ereditario e, nell’ipotesi di lesione, quale l’entità della stessa rispetto alla quota spettante come riserva per legge (ciò che esclude ogni possibilità di verifica della ipotizzata domanda) (cfr. App. Roma Sez. II, 10-09-2009).

Com’è noto, il legittimario che agisce in riduzione ha l’onere di allegare e provare, oltre la propria qualità di erede necessario, l’avvenuta lesione della legittima, nonché l’esistenza degli atti da ridurre, precisandone l’ordine cronologico.

Allegare la lesione della legittima implica definirne il suo valore e a tal fine occorre individuare esattamente il patrimonio relitto (sia avendo riguardo alla sua composizione, sia al suo valore calcolato al momento del decesso del de cuius), individuare le disposizioni lesive da riunire fittiziamente, cioè contabilmente, al patrimonio relitto (art. 556 c.c.) nonché precisare le donazioni e i legati ricevuti e per cui non vi sia stata dispensa (art. 564, comma 2, c.c.). Quanto appena allegato trova conforto nella giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione a mente della quale: “Il legittimario che propone l’azione di riduzione ha l’onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la legittima, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria, nonché il valore della quota di legittima violata dal testatore.

In particolare, ha l’onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia, o meno, avvenuta, ed in quale misura, la lesione della sua quota di riserva, potendo solo in tal modo il giudice procedere alla sua reintegrazione. L’azione di riduzione, indipendentemente dall’uso di formule sacramentali, richiede, poi, oltre alla deduzione della lesione della quota di riserva, l’espressa istanza di conseguire la legittima, previa determinazione di essa mediante il calcolo della disponibile e la susseguente riduzione della donazione posta in essere in vita dal de cuius (Cass. n. 14473/11; cfr. ex multis anche Sent. Sez. II n. 20830/16; Sent. Sez. II n. 1357 /17).

Detta dimostrazione della lesione, inoltre, non può essere attuata per il tramite di una C.T.U. che, evidentemente, sarebbe del tutto esplorativa. Ciò precisato, dal tenore delle allegazioni avverse e dalla produzione documentale versata in atti nonché alla luce delle superiori eccezioni e produzioni documentali, risulta evidente che parte attrice ha omesso di ottemperare ai suddetti oneri.

In altri termini, e pur a fronte delle deduzioni di parte convenuta, volte ad eccepire la sussistenza di un patrimonio fatto di risparmi, arretrati di pensione da invalidità civile ed investimenti della de cuius, parzialmente dall’attrice prelevato, la S. ha disatteso l’onere di indicare entro quali limiti sarebbe stata violata la propria quota di riserva, omettendo di determinare con esattezza il valore della massa ereditaria, nonché il valore della quota disponibile dal testatore.

Parimenti generiche sono risultate le allegazioni del convenuto a supporto delle domande riconvenzionali formulate.

Le domande di entrambe le parti vanno pertanto rigettate.

Nell’integrale rigetto delle pretese di parte attrice e di parte convenuta, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare integralmente compensate le spese tra le parti.

Le spese di CTU, disposta al fine di istruire la domanda di annullamento del testamento, sono poste definitivamente a carico di parte attrice.

P.Q.M.

Il Tribunale di Tivoli, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione, eccezione disattesa e reietta, così provvede:

1) respinge le domande formulate dalle parti;

2) dichiara compensate le spese di lite;

3) pone a carico di parte attrice le spese di CTU.

Conclusione

Così deciso nella camera di consiglio del 21 dicembre 2022.

Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2023.

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Il testamento olografo, pubblico e segreto.

La donazione art 769 c.c.

La revoca della donazione.

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