i fini dell’accertamento dell’intento ritorsivo del licenziamento, non è sufficiente la deduzione di appartenenza del lavoratore ad un sindacato, o la sua partecipazione attiva ad attività sindacali, ma è necessaria la prova della sussistenza di un rapporto di causalità tra tali circostanze e l’asserito intento di rappresaglia, dovendo, in mancanza, escludersi la finalità ritorsiva del licenziamento. In altri termini è necessario specificatamente dimostrare, con onere a carico del lavoratore, che l’intento discriminatorio e di rappresaglia per l’attività svolta abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà del datore di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso.

 

Tribunale Roma, Sezione Lavoro civile Sentenza 10 settembre 2018, n. 6415

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE LAVORO

Il Tribunale, nella persona del giudice designato Dott. Daniela Bracci

Alla udienza del 10/09/2018 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa lavoro di I grado iscritta al N. 5425 + 5426 + 5428 del 2018 R.G. promossa da:

(…), (…) E (…), parti ricorrenti con il patrocinio dell’avv. An.Ma.

contro:

(…) SOC. COOP. in persona del legale rappresentante p.t. sig. R.M. residente in v.le D. L. 18 C. (C.), con sede legale in L. v.le C. snc, contumace

RESISTENTE

OGGETTO: Licenziamento individuale per giust. motivo oggettivo

FATTO E DIRITTO

Con distinti ricorsi depositati il 15.2.2018, (…), (…) e (…) adivano il Tribunale di Roma in funzione di GL chiedendo la nullità o l’annullamento del licenziamento loro intimato dalla convenuta l’1.8.2017; per l’effetto chiedevano di ordinare alla convenuta la reintegra nel posto di lavoro con condanna al pagamento dell’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal licenziamento alla reintegra, in subordine chiedevano dichiararsi la risoluzione del rapporto di lavoro e la condanna della convenuta al pagamento in favore di ciascun ricorrente di un’indennità risarcitoria pari a 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto , oltre il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali e con gli accessori di legge ed il favore delle spese di lite, da distrarsi.

Deducevano di aver lavorato per la convenuta dall’1.4.2016 all’1.8.2017, data del licenziamento; di essere stati assunti l’1.4.2016 a seguito di cambio appalto con contratto part-time di 18 ore settimanali, con qualifica di operaio pulitore ed inquadramento nel II livello ccnl (…); di aver sempre lavorato in Roma presso l’appalto della R. di viale (…) e di viale (…); di aver lavorato con orario 6.00/9.00 su turno articolato sull’intera settimana per complessive 18 ore settimanali; che con ordine di servizio del luglio 2017 la (…) soc. coop. aveva chiesto a tutti i lavoratori di viale (…) e di viale (…) di aderire entro il 21.7.2017 alla richiesta di riduzione oraria perché la società “ha subito una contrazione dell’attività lavorativa con conseguente riduzione dei ricavi”; che i ricorrenti, per il tramite del sindacato cui erano iscritti, aveva contestato ed impugnato l’illegittima riduzione unilaterale dell’orario di lavoro; che con lettera ar dell’1.8.2017 la convenuta aveva provveduto con effetto immediato a licenziare i ricorrenti per asserito motivo oggettivo, asserendo che la scelta era stata effettuata su base comparativa; che nella realtà la scelta era stata effettuata sul discrimine di natura sindacale; che tutti i ricorrenti erano iscritti al sindacato CUB – Lavoratori Autorganizzati Uniti; di aver impugnato il licenziamento con lettera del 21.8.2017 per il tramite del sindacato; che successivamente al recesso datoriale, la convenuta aveva assunto altro personale; che i licenziamenti de quibus erano discriminatori e ritorsivi; che in ogni caso erano privi di giustificato motivo oggettivo. Svolte considerazioni in diritto, concludevano chiedendo al Giudice del Lavoro l’accoglimento della domanda.

Fissata l’udienza, non si costituiva in giudizio la (…) soc. coop., che veniva dichiarata contumace all’udienza del 23.4.2018.

Alla medesima udienza veniva disposta la riunione dei procedimenti per connessione oggettiva e parzialmente soggettiva.

Indi all’udienza del 10.9.2018 la causa veniva discussa e decisa con sentenza pronunciata ex art. 429 co. 1 c.p.c., dando lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto.

OSSERVA IL GIUDICE che il ricorso è meritevole di accoglimento per quanto di ragione.

Sul licenziamento ritorsivo e discriminatorio

Il divieto di licenziamento discriminatorio, sancito dall’art. 4 della L. n. 604 del 1966, dall’art. 15 stat. Lav e dall’art. 3 L. n. 108 del 1990, è suscettibile – in base all’art. 3 Cost.e sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di diritto antidiscriminatorio e antivessatorio, in particolare, nei rapporti di lavoro, a partire dall’introduzione dell’art. 13 Trattato CE, da parte del Trattato di Amsterdam del 1997 – di interpretazione estensiva, sicché l’area dei singoli motivi vietati comprende anche il licenziamento per ritorsione o rappresaglia, ossia dell’ingiusta e arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore quale unica ragione del provvedimento espulsivo, essendo necessario, in tali casi, che il lavoratore dimostri, anche per presunzioni, che il recesso sia stato motivato esclusivamente dall’intento ritorsivo (cfr. Cass. n. 24648 del 3.12.2015).

Nel caso in esame i ricorrenti non hanno adempiuto a tale onere probatorio, essendosi limitati a rilevare l’illegittimità del licenziamento per asserito giustificato motivo, intimato a seguito del loro rifiuto di accettare la riduzione di orario di lavoro proposta dalla convenuta, nonché in considerazione della loro appartenenza alla sigla sindacale che aveva diffidato la convenuta dall’effettuare la riduzione oraria.

Come evidenziato dai giudici di legittimità, ai fini dell’accertamento dell’intento ritorsivo del licenziamento, non è sufficiente la deduzione di appartenenza del lavoratore ad un sindacato, o la sua partecipazione attiva ad attività sindacali, ma è necessaria la prova della sussistenza di un rapporto di causalità tra tali circostanze e l’asserito intento di rappresaglia, dovendo, in mancanza, escludersi la finalità ritorsiva del licenziamento (cfr. Cass n. 14816 del 2015). In altri termini è necessario specificatamente dimostrare, con onere a carico del lavoratore, che l’intento discriminatorio e di rappresaglia per l’attività svolta abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà del datore di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso (cfr. Cass. n. 7188/2001).

Ora, nel caso in esame i ricorrenti sono stati licenziati per asserita riduzione dei posti di lavoro a seguito di contrazione dell’attività aziendale; tale riduzione dei posti di lavoro, secondo quanto espressamente indicato nella lettera di licenziamento (doc. 6 ricorso), è stata resa necessaria a seguito del rifiuto da parte dei lavoratori e delle loro rappresentanze sindacali, di accettare la proposta aziendale di riduzione oraria orizzontale.

Dalla lettura della lettera di licenziamento, si ricava che il rifiuto alla riduzione dell’orario è stato espresso dalla generalità dei lavoratori dell’azienda e non è stato accettato da tutti le sigle sindacali (quindi non solo dalla CUB, cui erano iscritti i ricorrenti).

Al riguardo la Cassazione ha evidenziato che il mero rifiuto del lavoratore alla trasformazione dell’orario di lavoro non è di per se sufficiente a giustificare il recesso datoriale, dovendo l’azienda comunque dimostrare la sussistenza di effettive esigenze economiche ed organizzative tali da non consentire il mantenimento della prestazione a tempo pieno (o dell’originaria prestazione oraria; cfr. Cass. n. 21875 del 2015).

Nel nostro caso la convenuta non ha fornito al riguardo alcuna prova, avendo preferito rimanere contumace.

Ciò comporta che i licenziamenti de quibus sono illegittimi perché privi di giustificato motivo; ma l’assenza di giustificato motivo del licenziamento non equivale a rendere discriminatorio il recesso datoriale, essendo necessario, per quanto sopra espresso, la prova di un quid pluris (non fornito dai ricorrenti).

In conclusione devono essere dichiarati illegittimi i licenziamenti intimati ai ricorrenti dalla convenuta con lettera del e per l’effetto ai sensi dell’art. 3 D.Lgs. n. 23 del 2015, vanno dichiarati estinti i rapporti di lavoro tra le parti alla data del licenziamento dell’1.8.2017 e la (…) soc. coop va condannata al pagamento in favore di ciascun ricorrente di un’indennità risarcitoria, non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a quattro mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio (Euro 870,00 x 4 per (…), Euro 678,00 x 4 per (…) ed Euro 962,15 per (…)), oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data della sentenza al saldo.

Si rappresenta che nulla è stato dedotto dai ricorrenti in relazione al computo dell’anzianità di servizio in precedenti appalti ai sensi dell’art. 7 D.Lgs. n. 23 del 2015.

Nel resto il ricorso va respinto.

Ai sensi dell’art. 91 c.p.c., la (…) soc. coop. va condannata a rifondere ai ricorrenti le spese di lite che, visto l’art. 4 commi e 2 D.M. n. 55 del 2014, si liquidano in Euro 1.570,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso spese generali del 15%, iva e cpa, da distrarsi.

P.Q.M.

Disattesa ogni diversa istanza, eccezione e deduzione:

DICHIARA ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO INTIMATO L’1.8.2017 DA (…) SOC. COOP AI RICORRENTI SIG.RI (…), (…) E (…).

DICHIARA ESTINTI I RAPPORTI DI LAVORO TRA LE PARTI ALLA DATA DEL LICENZIAMENTO DELL’1.8.2017 E CONDANNA (…) SOC. COOP AL PAGAMENTO IN FAVORE DEI RICORRENTI DELLE SEGUENTI INDENNITA’ RISARCITORIE, NON ASSOGGETTATE A CONTRIBUZIONE PREVIDENZIALE:

Euro 3.480,00 IN FAVORE DI (…),

Euro 2.712,00 IN FAVORE DI (…),

Euro 3.848,60 IN FAVORE DI (…),

OLTRE RIVALUTAZIONE MONETARIA ED INTERESSI LEGALI DALLA DATA DELLA SENTENZA AL SALDO.

RIGETTA I RESIDUI PROFILI DI RICORSO.

CONDANNA (…) SOC. COOP A RIFONDERE AI RICORRENTI LE SPESE DI LITE, CHE LIQUIDA IN Euro 1.570,00 PER COMPENSI DI AVVOCATO, OLTRE RIMBORSO SPESE GENERALI DEL 15%, IVA E CPA, DA DISTRARSI.

Così deciso in Roma il 10 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 10 settembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.