Infatti, l’obbligo di restituire la conduttore il deposito cauzionale unitamente agli eventuali interessi non corrisposti annualmente sorge una volta che il contratto di locazione si sia risolto e il conduttore abbia integralmente adempiuto le sue obbligazioni: tuttavia il locatore non può trattenere la relativa somma a tempo indeterminato dopo la riconsegna dell’immobile, potendo altrimenti in conduttore agire per la restituzione anche con il ricorso alla procedura monitoria. Infatti l’obbligazione del locatore di restituire al conduttore il deposito cauzionale dal medesimo versato in relazione gli obblighi contrattuali sorge al termine della locazione non appena avvenuto il rilascio dell’immobile locato, con la conseguenza che, ove il locatore trattenga la somma anche dopo il rilascio dell’immobile da parte del conduttore, senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, della stessa a copertura di specifici danni subiti, il conduttore può esigerne la restituzione. Infatti, una volta terminato il rapporto locatizio e riconsegnato l’immobile, il deposito cauzionale non assolve più la funzione di garanzia prevista dalla legge, e il locatore è gravato dall’obbligo restitutorio della cauzione a suo tempo incassata, salvo l’ipotesi in cui abbia agito in giudizio per ottenere il risarcimento di specifici danni cagionati dal conduttore. Né il rifiuto di restituire il deposito cauzionale non può essere giustificato da mere allegazioni del locatore.

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Tribunale Roma, Sezione 6 civile Sentenza 26 febbraio 2019, n. 2870

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale Ordinario di Roma

Sezione Terza Civile

Il Tribunale ordinario di Roma – VI Sezione civile, in composizione monocratica, in persona del giudice dott.ssa Roberta Nardone, nell’udienza del 06/02/2019, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni della parte presente, ha pronunciato, ai sensi dell’art. 429 c.p.c., la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 56177 del Ruolo generale affari contenziosi dell’anno 2017

tra

(…) (C.F. (…)), rappresentata e difesa – giusta procura in atti – dall’avv. TO.GI., presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, Via (…)

ricorrente

e

(…) (C.F. (…)), rappresentato e difeso – giusta procura in atti – dall’avv. PA.LU., presso il cui studio è elettivamente domiciliato in VIALE (…) 00100 ROMA

resistente

Fatto e diritto

Con ricorso ex art. 447-bis c.p.c., notificato in data 29.09.2017 la Sig.ra (…) conveniva in giudizio il Sig. (…) per ivi sentire accertare e dichiarare la nullità dell’art. 2 del contratto di locazione del 16.7.2014 relativo all’immobile sito in R., C.ne G. n.190 b piano III int.8 per violazione dell’art. 13, comma 4, L. n. 431 del 1998 con condanna del locatore, sig. (…), alla restituzione delle somme indebitamente percepite e pari a Euro 12.794,40 oltre interessi legali dalla data di presentazione della domanda giudiziale al tasso di cui all’art. 1284, comma 4, c.c., ovvero nella misura ritenuta di giustizia e alla restituzione dell’importo di Euro 1.500,00 versato a titolo di deposito cauzionale, oltre interessi ex art. 11 L. n. 392 del 1978 nonché interessi moratori o, comunque, legali dalla data di riconsegna dell’immobile. Con vittoria di spese, del giudizio.

Premetteva la ricorrente che il contratto era stato stipulato ai sensi dell’art.2 comma e L. n. 431 del 1998; che nella proposta di contratto si dava atto della presenza del salvavita, invece risultato assente; che inoltre nell’immobile erano comparse muffe scaturenti dalle infiltrazioni delle pareti che avevano reso l’immobile inagibile, al punto che parte conduttrice, avvalendosi della facoltà di cui all’art.8 del contratto, era receduta anticipando il rilascio parte al 10.3.2017 senza che le venisse restituito il deposito cauzionale a suo tempo versato.

Rilevava in punto di diritto che il canone applicato , Euro 750,00 mensili, era risultato superiore a quello massino definito dagli Accordi Locali, mentre il deposito cauzionale non poteva essere trattenuto e con esso gli interessi legali maturati.

Si costituiva parte resistente contestando quanto ex adverso dedotto.

Rilevava come il canone pattuito fosse conforme anche ai parametri indicati nella Scheda per la determinazione del canone concordato redatta dall’A.A.R.; che per i primi due anni e mezzo del rapporto locatizio mai la ricorrente si era lamentata della mancanza del dispositivo salvavita; che detto dispositivo era presente come risultante dalla proposta di locazione immobiliare;

che dopo le prime segnalazione della ricorrente il locatore si era attivato per la sostituzione di quello precedente; che le infiltrazioni verificatesi erano conseguenza del guasto di una condotta condominiale.

Precisava che con la missiva dell’11.01.2017, oltre ad avanzare doglianze per l’asserita mancanza del salvavita e per la presunta rottura dell’impianto di riscaldamento, la ricorrente si era avvalsa della facoltà di cui all’art. 8 del contratto di locazione, manifestando formalmente la facoltà di recesso oltre a contestare la congruità del canone;

che, quindi, con decisione unilaterale ed arbitraria informava che la restituzione dell’immobile sarebbe avvenuta in data 10.03.2017, senza rispettare il termine semestrale di preavviso, poiché per asserite gravi ragioni di salute cagionate, a dire della conduttrice, dalla muffa presente nell’immobile, la stessa si era vista costretta a reperire altra abitazione;

che in detta data veniva sottoscritto il verbale di riconsegna dell’appartamento in cui le parti, diversamente da quanto in precedenza lamentato dalla ricorrente, davano reciprocamente atto del buono stato dell’immobile, ad eccezione delle infiltrazioni presenti nel solo locale cucina dovute, peraltro alla perdita condominiale e quanto al deposito cauzionale il Sig. (…) si riservava di rimetterlo alla Sig.ra S. a breve, nell’ottica di cui all’art. 3 del contratto di locazione, “previa verifica sia dello stato dell’unità immobiliare sia dell’osservanza di ogni obbligazione contrattuale” e senza corrispondere al locatore quanto dovuto a titolo di indennità di mancato preavviso e di oneri condominiali.

Contestava, quindi, di dover restituire il deposito cauzionale atteso anche il contenuto dell’art.3 del contratto. Asseriva come dovuti : il preavviso da marzo a luglio 2017 – per un importo di Euro 3.750,00 (Euro 750,00 x 5 mensilità); a titolo di conguaglio oneri condominiali, per l’ anno 2015 pari a Euro 142,21; per l’anno 2016 pari a Euro 131,65; rate condominiali da gennaio a luglio 2017 (7 mensilità) per Euro 246,41; riscaldamento 2017 per Euro 112,16. Somme le predette che richiedeva in via riconvenzionale.

Replicava la ricorrente che, con riferimento alla indennità di mancato preavviso, il (…) aveva rinunciato a percepire detta indennità, promettendo la riconsegna del deposito cauzionale.

Ribadiva che il contratto si era risolto a cagione dell’inadempimento del locatore, il quale non era tempestivamente intervenuto a fronte di plurime infiltrazioni che rendevano l’immobile non abitabile; nè il locatore aveva allegato il danno che sarebbe stato conseguenza del mancato rispetto del termine per il preavviso.

Quanto alle morosità condominiali, eccepiva il difetto di prova.

Disposta CTU sull’importo del canone dovuto ed espletate le prove orali, la causa veniva decisa all’udienza del 6.2.2019 con lettura del dispositivo.

Le domande delle parti sono, entrambe, parzialmente fondate.

par.1.Sulla nullità dell’art.2 del contratto: determinazione canone c.d. “concordato”.

La pattuizione del canone locatizio (art.2) nella misura di Euro 750,00 mensili è risultata superiore al massimo consentito ai sensi dell’art. 2, comma 3, L. n. 431 del 1998 (c.d. contratto a canone concordato) secondo le tabelle risultanti dalla Convenzione nazionale regolata dal D.M. 30 dicembre 2002, che definiscono per ogni zona, in base a parametri ben precisi, l’ammontare del canone di locazione applicabile e precisamente, l’Accordo territoriale per il comune di Roma del 5.2.2004.

Le indagini del CTU hanno confermato che il canone pattuito tra le parti di Euro 750,00 mensili supera quello massimo imposto dalla normativa di riferimento per i contratti, come quello in esame, stipulato ai sensi dell’art. 2, comma 3, L. n. 431 del 1998.

Il CTU ha quantificato il canone mensile dovuto in Euro 491,04.

Ne discende la nullità dell’art. 2 del contratto di locazione ai sensi dell’art. 13, comma 4, L. n. 431 del 1998 con diritto della parte ricorrente – ai sensi degli artt. 2033 c.c. e 13, comma 6, L. n. 431 del 1998 – alla restituzione di tutte le somme mensilmente versate a titolo di canone di locazione e superiori al canone massimo dovuto per come individuato nella consulenza tecnica d’ufficio.

La L. n. 431 del 1998 sancisce la nullità di quelle pattuizioni volte “ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito, per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie, dagli accordi definiti in sede locale” (cfr. art. 13, comma 4).

Per tutto il tempo di vigenza contrattuale di 30 mesi (da settembre 2014 a febbraio 2017) la conduttrice ha versato la somma di Euro 750,00 anziché quella dovuta di Euro 491,04 e, quindi, ha diritto a vedersi restituito l’importo mensile di Euro 258,96.

Moltiplicando tale somma con quella della durata mensile del patto locatizio, deriva un importo complessivamente dovuto per Euro 7.768,80.

Inoltre, dal momento della presente sentenza sono dovuti gli interessi legali attesa la intervenuta odierna “liquidazione” della somma dovuta.

Quanto alla questione del salvavita, proprio in considerazione dell’assenza del predetto sino al mese di gennaio 2017, il CTU ha catalogato l’immobile de quo nella fascia di oscillazione bassa (cfr. pag, 16 dell’elaborato peritale).

Il CTU, infatti, ha correttamente tenuto conto della situazione (oggettiva) sussistente al momento del perfezionamento del negozio. Il salvavita – al di là di quanto menzionato nella proposta contrattuale – risulta essere stato installato nell’immobile (solo) nel gennaio 2017 come precisato e verificato dal CTU a pagg.13 e 14 dell’elaborato (cfr. Dichiarazione di conformità dell’impianto a regola d’arte del 16.1.2017 ).

par.2. Deposito cauzionale

E’ pacifico che l’immobile sia stato rilasciato in data 10.3.2017 e che il locatore non ha lamentato né denunciato danni all’immobile, né ha avanzato domande ai sensi dell’art.1590 c.c. neanche in questa sede

Nel verbale di rilascio le parti precisavano, infatti: “il sig. (…) con riferimento alla restituzione del deposito cauzionale, previsto dall’art. 2 del contratto di locazione, pari ad Euro 1.500,00, si riserva di rimetterlo alla sig.ra S. a breve” e davano atto del buono stato del bene “ad eccezione per le infiltrazioni nel locale cucina” (all. 13) imputabili a terzi (condominio per quanto infra par.3.).

Poiché è pacifico che il deposito non sia stato restituito, la domanda va accolta.

L’art. 3 del contratto di locazione sottoscritto dalle parti prevede che “il deposito cauzionale così costituito viene reso al termine della locazione, previa verifica sia dello stato dell’unità immobiliare sia dell’osservanza di ogni obbligazione contrattuale” (cfr. pag. 2 del contratto qui allegato al doc. 2).

Per legge il diritto alla restituzione del deposito cauzionale sorge con il rilascio dell’immobile e lo stesso non può essere “ritenuto” dal locatore”.

Infatti, l’obbligo di restituire la conduttore il deposito cauzionale unitamente agli eventuali interessi non corrisposti annualmente sorge una volta che il contratto di locazione si sia risolto e il conduttore abbia integralmente adempiuto le sue obbligazioni: tuttavia il locatore non può trattenere la relativa somma a tempo indeterminato dopo la riconsegna dell’immobile, potendo altrimenti in conduttore agire per la restituzione anche con il ricorso alla procedura monitoria.

Infatti l’obbligazione del locatore di restituire al conduttore il deposito cauzionale dal medesimo versato in relazione gli obblighi contrattuali sorge al termine della locazione non appena avvenuto il rilascio dell’immobile locato, con la conseguenza che, ove il locatore trattenga la somma anche dopo il rilascio dell’immobile da parte del conduttore, senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, della stessa a copertura di specifici danni subiti, il conduttore può esigerne la restituzione (Cass. civile, sez. VI, 25 febbraio 2015, n. 3882 conforme ai precedenti Cass.civ., sez. III, 21 aprile 2010, n.9442 e Cass. civ. sez.III, 15 ottobre 2002, n. 14655).

Infatti, una volta terminato il rapporto locatizio e riconsegnato l’immobile, il deposito cauzionale non assolve più la funzione di garanzia prevista dalla legge, e il locatore è gravato dall’obbligo restitutorio della cauzione a suo tempo incassata, salvo l’ipotesi in cui abbia agito in giudizio per ottenere il risarcimento di specifici danni cagionati dal conduttore. Né il rifiuto di restituire il deposito cauzionale non può essere giustificato da mere allegazioni del locatore ( Tribunale Larino, civile, 14 gennaio 2016, n. 7).

Al di là della previsione contrattuale, quindi, non può il locatore procedere ad una autoliquidazione delle proprie spettanze (che costituirebbe una compensazione non consentita tra un credito liquido – quello del conduttore avente ad oggetto il deposito – e uno non liquido – quello del locatore) con la conseguenza che una eventuale compensazione poteva avvenire solo in via giudiziale.

Pertanto la domanda di restituzione va accolta. Peraltro, sul deposito cauzionale, sono dovuti dalla dazione (luglio 2014) gli interessi legali ex art. 11 L. n. 392 del 1978 che avrebbero dovuto “essere corrisposti al conduttore alla fine di ogni anno”.

par.3 Domanda riconvenzionale: indennità di mancato preavviso e degli oneri condominiali.

La domanda riconvenzionale è solo in parte fondata.

E’ pacifico che l’immobile è stato riconsegnato in data 10.3.2017 (doc. 10).

Tuttavia il contratto inter partes è cessato per effetto del recesso unilateralmente esercitato dalla conduttrice con mail dell’11.1.2017 (quindi per decisione unilaterale non per fatto astrattamente imputabile al locatore e, ciò sebbene già mostrava di essere a conoscenza della mancanza del salvavita e già lamentava la presenza di infiltrazioni).

A nulla rileva la successiva mail del 24.2.2017 con la quale la conduttrice anticipava la data di rilascio al mese di marzo 2017 (autoriducendosi quindi il periodo di preavviso previsto dall’art.8 del contratto).

Il contratto è, in sostanza, cessato per iniziativa unilaterale della conduttrice – non perché risolto per inadempimento del locatore, inadempimento peraltro non provato : da cui l’obbligo del conduttore al versamento della indennità di preavviso di mesi sei . L’art. 3, ult. comma, L. n. 431 del 1998, stabilisce che il conduttore può sempre recedere dal contratto di locazione, qualora ricorrano gravi motivi, ma in tali casi egli ne deve (comunque) dare preavviso sei mesi prima rispetto alla data in cui intende porre fine alla locazione.

È pacifico, poi, che il mancato rispetto del termine di preavviso comporta l’obbligo per il conduttore di corrispondere al locatore il pagamento di sei canoni mensili a partire dalla comunicazione del recesso ovvero dal rilascio dell’immobile in caso di omessa comunicazione preventiva, sempre che l’immobile medesimo non venga locato a terzi (Cfr. Cass. Civ., sent. n. 18167/2012) e ciò indipendentemente dal fatto che il rilascio sia avvenuto in epoca anteriore (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13092 del 24/05/2017).

Né appare condivisibile la prospettazione della ricorrente secondo cui, stante l’avvenuta riconsegna dell’immobile, e la redazione del verbale, sottoscritto contestualmente da entrambe le parti, il Sig. (…) avrebbe accettato senza riserva alcuna il rilascio anticipato con rinuncia alla indennità.

Di tale rinuncia non vi è prova e i documenti prodotti dimostrano il contrario.

Infatti, con scambio di mail del 14.12.2016, il locatore ha precisato di non voler procedere ad una risoluzione consensuale del contratto d’affitto, ma ha puntualmente richiesto alla conduttrice di ufficializzare la propria volontà di recesso, nel rispetto del termine semestrale di preavviso (doc. 14).

La Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di ribadire che

“(…) la rinuncia al compenso per il periodo di preavviso non può desumersi dal mero silenzio del locatore – conformemente del resto ai principi generali in materia contrattuale, per cui il silenzio non è normalmente significativo, quale dichiarazione di volontà – ma avrebbe dovuto risultare da dichiarazioni, atti o comportamenti inequivocabili in tal senso.

Tale non è la mera accettazione in restituzione delle chiavi dell’appartamento: comportamento in certa misura necessitato, a fronte dell’abbandono dei locali da parte del conduttore, e comunque inidoneo di per sé solo a dimostrare la rinuncia del locatore al pagamento del corrispettivo per l’intera durata del periodo di preavviso al quale avrebbe avuto diritto per legge” (Cfr. Cass. Civ., sent. n. 15769/2015).

Pertanto, secondo l’insegnamento della giurispudenza “(…) il recesso esercitato dal conduttore produce effetti, determinando la cessazione della locazione, dalla scadenza del termine semestrale di preavviso previsto in contratto, e fino a tale termine il conduttore è tenuto a versare i canoni, indipendentemente dal momento (eventualmente anteriore) di materiale rilascio dell’immobile (Cass. n. 25136/2006; Cass. n. 9415/2011).

La sola circostanza che il locatore ed il conduttore, prima della scadenza della locazione, si siano accordati in merito alle modalità di riconsegna dell’immobile, non costituisce prova della risoluzione consensuale del contratto, tantomeno della rinuncia del locatore all’indennità di mancato preavviso” (Cfr. Cass. Civ., n. 19429/2016).

Diversamente sarebbe stato, ma non è così, se il contratto fosse stato dichiarato risolto per inadempimento del locatore.

Tale iniziativa giudiziaria, tuttavia, non è stata proposta e in ogni caso sarebbe stata infondata.

Infatti, quanto all’assenza del salvavita, ammesso che ciò possa integrare un inadempimento grave, era una mancanza ben visibile all’atto della stipula , quindi costituiva, al più, un vizio non occulto, accettato e di cui la parte non avrebbe potuto dolersi per fondare una domanda risolutiva ; quanto alle infiltrazioni nell’immobile le risultanze processuali, tra cui la deposizione dell’amministratore di condominio (oltre che la missiva del 24.11.2017 :doc.9 resistente), consentono di escluderne la addebitabilità al locatore.

Mentre la natura temporanea del disagio patìto dalla conduttrice – prontamente risolto come emerge anche dalla perizia redatta dall’Architetto B., nella quale si legge:”

(…) Nella cucina è presente una macchia causata da una vecchia perdita ma non vi sono tracce di umidità attuale. Pertanto il giudizio è che l’appartamento, rispetto alle attuali condizioni di utilizzo, sia in buono stato di conservazione” – non consente di attribuirgli il carattere della gravità.

Ne discende l’obbligo della sig. S. di corrispondere la detta indennità (parametrata sul canone rideterminato dal CTU), pari a Euro 2455,2 (5 canoni da marzo a luglio 2017 avendo corrisposto il dovuto sino al mese di febbraio 2017) oltre interessi legali dalla presente sentenza al saldo effettivo.

Risulta invece infondata la domanda avanzata in via riconvenzionale dal sig. (…) e attinente gli oneri condominiali quantificati in euro in Euro632,43. Va infatti sottolineato che il condominio resta estraneo al contratto di locazione stipulato tra il singolo condomino ed il conduttore, di talché – fermo restando che l’onere di pagare le spese condominiali – l’inadempimento del conduttore potrebbe far luogo alla pronunzia di risoluzione del contratto ma il credito che il condomino/locatore vanti in giudizio nei confronti del proprio inquilino si può atteggiare esclusivamente a diritto di rimborso delle spese anticipate per conto del conduttore (Cass. n.12769.1998: “gli oneri accessori costituiscono un mero rimborso spese anticipate dal locatore”).

In altri termini, il locatore che non abbia anticipato gli oneri condominiali non può agire in giudizio, in nome proprio, per far valere un diritto altrui (art. 81 c.p.c.), e cioè per esigere, in vece del condominio, il pagamento di un credito maturato da quest’ultimo, nei riguardi di esso condomino (così anche Trib. Roma sez. VI sent. n. 23755/2015 dott. Im.)

Ciò posto, non avendo il resistente né dedotto, né documentato, di avere anticipato la spesa di cui ha chiesto il rimborso la domanda va respinta.

Atteso l’esito complessivo del giudizio sussistono giustificati motivi per dichiarare le spese di lite compensate tra le parti in ragione di 1/3.

Per la restante quota (2/3), in applicazione del principio della soccombenza parte resistente va condannata alla refusione in favore della ricorrente e al pagamento delle spese occorse per la CTU.

Per Questi Motivi

Il Tribunale di Roma, sez. sesta civile, in persona del giudice dott.ssa Roberta Nardone, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (…) nei confronti di (…), così decide:

accoglie il ricorso per quanto di ragione e per l’effetto dichiara la nullità dell’art.2 del contratto di locazione del 16.7.2014 in quanto attributivo al locatore di un canone superiore a quello massimo definito negli accordi conclusi in sede locale;

letto l’art.13 co.6 della L. n. 431 del 1998 condanna (…) alla restituzione in favore di (…) della somma di Euro 7.768,80 indebitamente percepita oltre interessi legali dalla presente sentenza al saldo effettivo;

condanna (…) alla restituzione in favore della ricorrente della somma di Euro 1500,00 oltre interessi legali dal mese di Luglio 2014 alla restituzione effettiva;

in accoglimento per quanto di ragione della domanda riconvenzionale condanna (…) al pagamento in favore di (…) della somma di Euro 2455,2 per indennità di mancato preavviso oltre interessi legali dalla presente sentenza al saldo effettivo;

dichiara le spese di lite compensate tra le parti in ragione di 1/3;

condanna parte resistente alla refusione in favore della ricorrente della restante quota di 2/3 delle spesse di lite, quota che si liquida in Euro 3200,00 per compensi, oltre a Euro 280,00 per esborsi, ed accessori di legge e rimborso forfetario (15%).

Pone le spese di CTU a carico del resistente.

Fissa in gg.30 il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Roma il 7 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.