nell’ipotesi in cui l’immobile offerto in restituzione dal conduttore si trovi in stato non corrispondente a quello descritto dalle parti all’inizio della locazione, per accertare se il rifiuto del locatore di riceverlo sia o meno giustificato, occorre distinguere a seconda che la cosa locata risulti deteriorata per non avere il conduttore adempiuto all’obbligo di eseguire le opere di piccola manutenzione durante il corso della locazione, ovvero per avere il conduttore stesso effettuato trasformazioni e/o innovazioni, cosi’ che, nel primo caso (trattandosi di rimuovere deficienze che non alterano la consistenza e la struttura della cosa, e non implicano l’esplicazione di un’attivita’ straordinaria e gravosa) l’esecuzione delle opere occorrenti per il ripristino dello status quo ante rientra nel dovere di ordinaria diligenza cui il locatore e’ tenuto per non aggravare il danno, ed il suo rifiuto di ricevere la cosa e’ conseguentemente illegittimo, salvo diritto al risarcimento dei danni; nel secondo caso invece (poiche’ l’esecuzione delle opere di ripristino implica il compimento di un’attivita’ straordinaria e gravosa), il locatore puo’ legittimamente rifiutare la restituzione della cosa locata nello stato in cui essa viene offerta.
Il contratto di locazione e le principali obbligazioni da esso nascenti.
Indennità per la perdita dell’avviamento commerciale ex art. 34 L 392/1978
La successione nel contratto di locazione ad uso abitativo.
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Corte di Cassazione, Sezione 6 3 civile Ordinanza 27 dicembre 2017, n. 30960
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. ROSSETTI Enrico – rel. Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24200/2015 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.R.L.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 479/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 17/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 13/07/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.
RILEVATO
che:
nel 2013 (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero dinanzi al Tribunale di Brescia la societa’ (OMISSIS) S.r.l., esponendo che:
(-) nel 1993 concessero in locazione alla societa’ convenuta un capannone;
(-) al momento della restituzione, l’immobile presentava danni eccedenti il normale degrado;
(-) per ottenere il risarcimento dei danni consistenti nelle spese necessarie per il restauro dell’immobile avevano dapprima proposto un ricorso per accertamento tecnico preventivo, e poi convenuto in giudizio la societa’ (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Brescia, ottenendone la condanna al risarcimento del danno, quantificato dal Tribunale nella somma di Euro 4.989,48, con sentenza passata in giudicato (sentenza n. 3417 del 2011);
(-) tale condanna, tuttavia, non esauriva il pregiudizio patrimoniale patito dagli attori; il conduttore, infatti, era tenuto al pagamento dell’indennizzo previsto dall’articolo 1591 c.c., per tutto il tempo occorrente all’accertamento dei danni ed al restauro dell’immobile;
chiesero pertanto la condanna della (OMISSIS) al pagamento del suddetto indennizzo, con decorrenza dalla scadenza del contratto (31 agosto 2003) fino alla fine di marzo 2007, ovvero al momento in cui, avvenuto il deposito della relazione di consulenza nell’ambito del precedente giudizio di accertamento tecnico preventivo, fu possibile avviare ed ultimare i lavori di ripristino;
con sentenza 10 aprile 2014 n. 1393, il Tribunale di Brescia accolse solo in parte la domanda, condannando la societa’ (OMISSIS) al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 3.115; il Tribunale pervenne a tale decisione ritenendo che:
(-) l’immobile era stato rilasciato ad agosto del 2003;
(-) al momento del rilascio, non presentava danni eccedenti la normale usura;
(-) il rifiuto dei locatori di accettare la riconsegna era percio’ illegittimo;
(-) gli attori potevano percio’ pretendere l’indennizzo ex articolo 1591 c.c., per il periodo di soli due mesi, pari alla presumibile durata dei lavori di restauro dell’immobile, secondo la valutazione compiuta dal Tribunale nella precedente sentenza pronunciata inter partes, ed ormai passata in giudicato;
con sentenza 17 aprile 2015 n. 479, la Corte d’appello di Brescia rigetto’ il gravame di (OMISSIS) e (OMISSIS);
la Corte d’appello, per quanto in questa sede ancora rileva, ritenne che:
(-) si era formato il giudicato sulla legittimita’ del recesso della conduttrice, avvenuto ad agosto 2003;
(-) il rifiuto dei locatori di ricevere la restituzione dell’immobile (giustificato con la illegittimita’ del recesso) era, pertanto, illegittimo;
(-) si era formato il giudicato sulla circostanza che l’immobile, al momento della restituzione, presentava danni tali da richiedere lavori di restauro della durata di due mesi;
(-) i locatori avevano percio’ diritto al risarcimento del danno da mora, ex articolo 1591 c.c., per il periodo di soli due mesi, pari alla presumibile durata dei lavori di restauro;
la sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso fondato su quattro motivi ed illustrato da memoria; la societa’ intimata non si e’ difesa.
CONSIDERATO
che:
col primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata e’ affetta dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 (nel testo modificato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).
nell’illustrazione del motivo, i ricorrenti formulano una tesi cosi’ riassumibile:
(a) la Corte d’appello ha ritenuto che i locatori rifiutarono la riconsegna dell’immobile invocando l’illegittimita’ del recesso del conduttore; ha soggiunto che il recesso del conduttore, tuttavia, fu legittimo; ha concluso, pertanto, che fu il rifiuto dei locatori di accettare la restituzione dell’immobile ad essere illegittimo;
(b) la Corte d’appello, tuttavia, ha omesso di considerare il “fatto decisivo” costituito dalla circostanza che i locatori rifiutarono la riconsegna dell’immobile per due diverse ragioni:. sia invocando l’illegittimita’ del recesso da parte della Euro strade, sia “in ragione dei danni riscontrati sul bene locato (…), e della indisponibilita’ di parte convenuta a riparare ai danni procurati all’immobile”;
dopo avere invocato il suddetto error in indicando, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, nella parte conclusiva dell’illustrazione del motivo i ricorrenti invocano anche la nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, invocando un vizio di motivazione; il motivo e’ per un verso inammissibile, e per altro verso infondato, in tutti e due i profili in cui si articola;
in primo luogo il motivo e’ inammissibile perche’ la deduzione del vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, deve avvenire a pena d’inammissibilita’ indicando quale sia il fatto trascurato, quando sia stato dedotto, come sia stato provato, e quale sia la sua rilevanza (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014); nel caso di specie la seconda delle suddette indicazioni non e’ esaustiva: i ricorrenti, infatti, a pag. 6, terzo capoverso, del proprio ricorso, affermano di avere dedotto, “a pag. 4 dell’atto di appello”, che il rifiuto di ricevere la riconsegna dell’immobile era dovuto anche ai danni che lo stesso presentava; va da se’, tuttavia, che una simile deduzione, se compiuta per la prima volta in grado di appello, sarebbe tardiva ed inammissibile, e come tale improduttiva di effetti; sicche’ correttamente la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare una allegazione non esaminabile;
in ogni caso, il motivo sarebbe comunque infondato, perche’ il fatto che si assume non esaminato dalla Corte d’appello era privo di decisivita’;
questa Corte, infatti, ormai da molto tempo (per l’esattezza, dal 1970) ha piu’ volte affermato che nell’ipotesi in cui l’immobile offerto in restituzione dal conduttore si trovi in stato non corrispondente a quello descritto dalle parti all’inizio della locazione, per accertare se il rifiuto del locatore di riceverlo sia o meno giustificato, occorre distinguere a seconda che la cosa locata risulti deteriorata per non avere il conduttore adempiuto all’obbligo di eseguire le opere di piccola manutenzione durante il corso della locazione, ovvero per avere il conduttore stesso effettuato trasformazioni e/o innovazioni, cosi’ che, nel primo caso (trattandosi di rimuovere deficienze che non alterano la consistenza e la struttura della cosa, e non implicano l’esplicazione di un’attivita’ straordinaria e gravosa) l’esecuzione delle opere occorrenti per il ripristino dello status quo ante rientra nel dovere di ordinaria diligenza cui il locatore e’ tenuto per non aggravare il danno, ed il suo rifiuto di ricevere la cosa e’ conseguentemente illegittimo, salvo diritto
al risarcimento dei danni; nel secondo caso invece (poiche’ l’esecuzione delle opere di ripristino implica il compimento di un’attivita’ straordinaria e gravosa), il locatore puo’ legittimamente rifiutare la restituzione della cosa locata nello stato in cui essa viene offerta (cosi’ gia’ la sentenza “capostipite”, ovvero Sez. 3, Sentenza n. 958 del 07/04/1970; in seguito, sempre nello stesso senso, tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 6798 del 18/06/1993; Sez. 3, Sentenza n. 16685 del 26/11/2002; Sez. 3, Sentenza n. 5459 del 14/03/2006; (Sez. 3, Sentenza n. 12977 del 24/05/2013);
nel caso di specie, il ricorso non contiene alcuna allegazione chiara e netta (in violazione del precetto di cui all’articolo 366 c.p.c., n. 3) di quali fossero i danni presenti dall’immobile al momento della restituzione; cio’ impedisce a questa Corte di sapere se fossero necessari lavori di manutenzione ordinaria, ovvero lavori “straordinari e gravosi” (secondo la distinzione sopra riassunta) e, di conseguenza, se il rifiuto di ricevere l’immobile potesse astrattamente ritenersi legittimo o meno; vale la pena aggiungere che, nel caso di specie, l’importo dei lavori di restauro e’ stato quantificato (al netto dell’incameramento della cauzione) in Euro 4.989,48 del 2011, importo che non appare astrattamente idoneo a giustificare il rifiuto della riconsegna, alla luce dei principi di correttezza – (articoli 1175 c.c.) e buona fede (articolo 1375 c.c.); di conseguenza, anche ad ammettere che la Corte d’appello sia incorsa nell’omesso esame d’un fatto, quel fatto non risulta essere stato decisivo, perche’ anche se il giudice d’appello l’avesse esaminato, avrebbe dovuto concludere che il locatore non puo’ rifiutare la restituzione dell’immobile sol perche’ abbisogni di lavori di restauro, salvo il caso che tali lavori siano straordinari e gravosi; col secondo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3; e’ denunciata, in particolare, la violazione degli – articoli 1590 e 1591 c.c.;
deducono, al riguardo, una tesi giuridica cosi’ riassumibile:
(-) il conduttore aveva restituito ai locatori un immobile bisognevole di restauro;
(-) legittimamente, pertanto, i locatori ne avevano rifiutato la consegna;
(-) ergo, era irrilevante stabilire se i locatori avessero o non avessero formalmente contestato alla (OMISSIS) di non voler accettare la restituzione dell’immobile perche’ danneggiato: quel rifiuto era infatti in ogni caso legittimo, e tanto sarebbe dovuto bastare per l’accoglimento della loro domanda;
il motivo e’ infondato, sebbene la motivazione della Corte d’appello sul punto debba essere corretta;
in primo luogo, infatti, la previsione di cui all’articolo 1591 c.c. (secondo cui “il conduttore in mora a restituire la cosa e’ tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”) e’ applicabile ovviamente alle ipotesi in cui, scaduta l’efficacia del contratto di locazione, il conduttore permanga nella detenzione dell’immobile; ma non certo all’ipotesi in cui il conduttore abbia dichiarato di voler recedere dal contratto e, nonostante la contestazione del locatore circa la legittimita’ del recesso, quest’ultimo si riveli alla fine legittimo;
in secondo luogo, per quanto gia’ detto in precedenza, la circostanza che l’immobile concesso in locazione presenti, al momento della restituzione, la necessita’ di lavori di restauro, non e’ da sola sufficiente a giustificare il rifiuto della riconsegna da parte del locatore, occorrendo altresi’ che i suddetti lavori siano straordinari ed onerosi, fermo restando ovviamente il diritto del locatore al risarcimento del danno anche nel caso in cui fossero necessari lavori non straordinari ed onerosi;
la Corte d’appello, pertanto, ha pronunciato una sentenza conforme a diritto, perche’ in assenza di precise deduzioni circa la natura onerosa e straordinaria di quei lavori, ha ritenuto illegittimo il rifiuto della riconsegna dell’immobile;
col terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 (si lamenta, in particolare, la violazione degli articoli 1590 e 1591 c.c.); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 (nel testo modificato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).
deducono che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che il locatore sin dall’agosto del 2003 potessero disporre dell’immobile, e di conseguenza far eseguire i necessari lavori di restauro; affermano che in realta’ la restituzione dell’immobile avvenne soltanto nel 2005, e solo nel 2007, in esito al giudizio di accertamento tecnico preventivo, fu possibile accertare i danni e stimarne l’importo;
il motivo e’ infondato nella parte in cui lamenta la violazione di legge, inammissibile nella parte restante;
si e’ gia’ detto, infatti, che l’offerta di restituzione al locatore d’un immobile danneggiato non legittima sempre e comunque il rifiuto della riconsegna, ma puo’ giustificare tale rifiuto solo quando i danni siano tali da richiedere lavori di restauro, particolarmente onerosi; e va da se’ che il concetto di “onerosita’” dei lavori di restauro non coincide con quello di “danni eccedenti il normale degrado”;
i ricorrenti, per contro, mostrano di ritenere che qualsiasi danno all’immobile, quale che ne sia l’entita’, possa giustificare il rifiuto della restituzione da parte del locatore; cosi’ tuttavia non e’, con la conseguenza che la sentenza impugnata non ha violato gli articoli 1590 e 1591 c.c., per avere ritenuto illegittimo il rifiuto di ricevere la restituzione d’un immobile danneggiato; ne’ la questione concernente la effettiva sussistenza della gravita’ e dell’onerosita’ dei lavori di restauro da eseguire ha mai formato oggetto di dibattito processuale;
nella parte in cui lamenta il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, infine, il motivo e’ manifestamente inammissibile per totale mancanza di illustrazione;
col quarto motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 (nel testo modificato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134);
deducono che la Corte d’appello avrebbe adottato una motivazione contraddittoria, la’ dove ha ritenuto che il danno da ritardato rilascio andasse commisurato al periodo di due mesi, necessari per il restauro dell’immobile;
tale motivazione sarebbe contraddittoria perche’ la Corte d’appello dapprima ha affermato che i locatori potevano legittimamente rifiutare la consegna dell’immobile per il tempo necessario all’accertamento dei danni; d’altro canto, pero’, ha trascurato di considerare che l’accertamento dei danni richieste nel caso di specie un anno esatto, pari al tempo intercorso tra il deposito del ricorso per accertamento tecnico preventivo e il deposito della relazione di consulenza da parte dell’ausiliario incaricato dal Tribunale;
il motivo e’ inammissibile;
dopo avere ricordato che l’errore consistito nell’omesso esame d’un fatto decisivo non coincide con la “contraddittorieta’ della motivazione”, e che quest’ultimo oggi puo’ essere censurato solo in limitati casi, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, va ribadito che il vizio di “contraddittoria motivazione”, dopo – la riforma dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, e’ ipotizzabile soltanto nell’ipotesi di motivazioni che contengano affermazioni tra loro assolutamente inconciliabili, e la cui inconciliabilita’ emerga ictu osarli, senza alcuna necessita’ di elaborazione od interpretazione da parte del lettore (cosi’ le Sezioni Unite di questa Corte, nella gia’ ricordata sentenza n. 8053 del 2014); tale ipotesi non ricorre nel caso di specie, nel quale la Corte d’appello, con accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, ha ritenuto che:
(a) nulla vietava ai locatori di instare immediatamente per un accertamento tecnico preventivo, senza attendere due anni;
(b) due mesi fossero piu’ che sufficienti per la riparazione dei danni; si tratta di valutazioni in fatto che, giuste o sbagliate che fossero, non si presentano manifestamente contraddittorie;
non e’ luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della intimata; il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si da’ atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17).
P.Q.M.
(-) rigetta il ricorso;
(-) da’ atto che’ sussistono i presupposti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.