Per acclarare la sussistenza, o meno, del nesso eziologico tra il comportamento del sanitario e l’evento morte si rende necessario ricostruire tutti gli anelli della catena causale. Il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica -, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa, l’evento non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. Il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, cosicché, all’esito del ragionamento probatorio, che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori eziologici alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con alto grado di credibilità razionale. Alla luce dei principi sopra esposti, emerge come il giudizio controfattuale debba essere effettuato valutando la specifica attività che era richiesta al medico in quel determinato caso, ad esempio, una diagnosi che non è stata fatta o una terapia non somministrata o un intervento non effettuato. Sussiste il nesso eziologico tra l’omessa adozione, da parte del medico, delle misure necessarie a rallentare o bloccare il decorso della patologia e il decesso del paziente, qualora si accerti, secondo il principio di controfattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con modalità migliorative, anche sotto il profilo dell’intensità della sintomatologia dolorosa.

Tribunale|Bergamo|Sezione 3|Civile|Sentenza|1 marzo 2023| n. 409

Data udienza 28 febbraio 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI BERGAMO

SEZIONE III CIVILE

Il Tribunale, nella persona del giudice onorario dott. Cristina Mondini ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al N. 8312/2018 R.G. promossa da:

– (…) (C.F. (…)), (…) (C.F. (…)), (…) (C.F. (…)), in proprio e in qualità di congiunti, eredi e successori a titolo universale della signora (…) (C.F. (…)), deceduta in data 01.09.2008 a Lecco;

– (…) (C.F. (…)) e (…) (C.F. (…)), in proprio e in qualità di congiunti di (…);

– (…) (C.F. (…)), in proprio ed in qualità di congiunta, erede e successore a titolo universale della signora M.R. (C.F. (…)), deceduta in Abbiategrasso (MI) in data 31.07.2016, con gli avvocati SA.PA. e PA.FU.;

– RICORRENTI –

CONTRO:

– AZIENDA (…) (C.F. (…)) con l’avv. RO.MA.;

– (…) S.R.L. (C.F. (…) e P.I. n. (…)), con gli avvocati CO.BE., VI.GE. E ST.DA.;

– (…) S.P.A. C.F. e P. I.V.A. (…), con gli avvocati VI.LA. E DA.RA.;

– (…) S.P.A. (C.F. e P. I.V.A. (…)), con l’avvocato FE.CA.;

– (…) S.P.A., (P. I.V.A. (…)), con l’avvocato FR.RO.;

– (…) S.P.A. (C.F. e P.I. (…)), con l’avvocato GU.MA.;

-RESISTENTI-

E CON LA CHIAMATA IN CAUSA DI:

– DOTT. (…) (C.F. (…)), con gli avvocati UB.RO. E UR.RO.;

– (…) S.P.A. (C.F. e P. I.V.A. (…)) con l’avvocato OM.CH.;

– (…) S.P.A. (P. I.V.A. (…)), con l’avv. FR.RO..

– TERZI CHIAMATI –

MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO

Con ricorso ex art. 702 bis gli odierni attori chiedevano, oltre all’acquisizione del fascicolo d’ufficio del procedimento ex art. 696 – bis c.p.c. incardinato avanti il Tribunale di Bergamo con R.G. 13383/2015, in via principale, la condanna dei sanitari resistenti al risarcimento di tutti i danni morali, patrimoniali, non patrimoniali ed ogni altro tipo di danno, di seguito elencate:

Euro 21.170,00 relativi alla quantificazione del danno temporaneo dal giorno dell’operazione al giorno del decesso della signora (…), calcolati in base alle Tabelle di Milano, da dividersi in considerazione del rispettivo grado di parentela e all’interno dello stesso grado in parti uguali;

Euro 109.851,00 quantificati, in relazione a quanto stabilito dalle Tabelle di Milano, per il risarcimento del danno per lo stato di lucida agonia patito dalla de cuius, da dividersi in via paritaria tra gli aventi diritto;

Euro 688.025,00, relativi al danno da lesione dell’aspettativa di vita della signora (…), calcolati considerando un valore pari ad Euro 145 al giorno per 13 anni, in base alle statistiche illustrate nelle Tavole di mortalità della popolazione residente in Italia per l’anno 2010, da dividersi in considerazione del rispettivo grado di parentela e all’interno dello stesso grado in parti uguali;

danni non patrimoniali quantificati sulla base delle Tabelle di Milano e delle risultanze peritali del dott. (…), nominato CTU nella procedura di ATP, sopra citata, così suddivisi:

Euro 248.940,00 per ciascun figlio, e u r o 84.075,00 per i signori (…) e (…) ed Euro 42.037,50 per la signora (…) (quest’ultima concorre per 1/2 rispetto al risarcimento spettante al fratello per morte di un altro fratello, avendo la stessa una sorella, figlia anch’essa della signora (…), la quale tuttavia non fa parte della presente causa, relativi al risarcimento del danno da lutto per morte della signora (…) quantificato sulla base delle Tabelle dell’Osservatorio della Giustizia civile di Milano nonché sulla sentenza della Cassazione Civile Sez. III n. 21230/2016;

somma calcolata secondo le Tabelle di Milano o in via equitativa dal Giudice per il danno morale riflesso da lesione del rapporto parentale;

importo dovuto in relazione all’obbligo di assistenza, calcolato secondo il criterio del triplo della pensione sociale; inoltre, a favore della signora (…): il rimborso delle spese medico-legali poste a carico della stessa sia ante causam sia in corso del procedimento ex art. 696 – bis c.p.c., quantificate complessivamente in Euro 28.181,60.

Si costituiva il (…) chiedendo, in via principale, il rigetto delle domande dei ricorrenti.

Si costituiva la (…) chiedendo, in via principale, di rigettare le domande formulate nei confronti del (…) e, comunque, quelle formulate nei confronti della Compagnia e comunque, nella ipotesi di accoglimento delle domande dei ricorrenti, ove ritenuta sussistere l’operatività della garanzia assicurativa invocata da (…) e nei limiti in cui verrà accertata, salvo in ogni caso gravame, mantenere l’obbligo indennitario di (…) S.P.A., dedotte franchigie e scoperti contrattualmente previsti, entro l’importo del massimale assicurato, con esclusione del vincolo di solidarietà.

Si costituiva il dottor (…) chiedendo, in via principale, il rigetto di ogni domanda di parte attrice, stante l’assenza di nesso di causalità e/o la totale mancanza di colpa professionale e/o responsabilità medica del Dr. (…) in merito all’evento dedotto in giudizio e, per l’effetto, assolvere il terzo chiamato da tutte le domande contro il medesimo formulate, ivi incluse quelle di garanzia e manleva anche di regresso così come svolte dal (…) Spa.

Si costituiva (…) Spa chiedendo, in via principale, di assolvere il dottor (…) dalle domande formulate nei suoi confronti dai ricorrenti e dalle altre parti in giudizio, con conseguente assorbimento della domanda di garanzia e manleva dal primo formulata la compagnia e, comunque, nell’ipotesi in cui fosse accertata una responsabilità o corresponsabilità del dottor (…), previa determinazione dell’effettivo grado di colpa in capo allo stesso in ordine ai fatti per cui è causa, che il Tribunale dichiari la stessa Compagnia assicuratrice tenuta a garantire e manlevare il Dott. (…), con riferimento alla garanzia di responsabilità Civile Professionale verso terzi di cui alla polizza n. (…), per la sola quota di responsabilità accertata in capo al medesimo, entro il massimale di polizza indicato in Euro. 1.000.000,00 ed entro i limiti e nei termini di cui alle ulteriori condizioni di polizza e di legge, respingendo ogni diversa domanda proposta nei confronti di (…) s.p.a. dal dottor (…).

Si costituiva (…) chiedendo, in via preliminare, dichiarare l’intervenuta prescrizione quinquennale da fatto illecito per i danni iure proprio richiesti dai ricorrenti;

in via principale, respingere ogni avversa pretesa, da chiunque formulata nei confronti di (…).

Si costituiva il (…) chiedendo di dichiarare l’intervenuta prescrizione quinquennale da fatto illecito per i danni richiesti iure proprio dai ricorrenti; in via principale, il rigetto di ogni diversa pretesa.

Si costituiva (…) chiedendo, oltre alla dichiarazione di avvenuta prescrizione del diritto al risarcimento dei danni richiesti iure proprio dai ricorrenti, di rigettare tutte le domande svolte nei confronti di (…) S.p.a..

Si costituiva in giudizio anche la (…), terza chiamata da parte di (…), chiedendo in via principale, il rigetto delle domande di parte ricorrente.

La domanda dei ricorrenti è parzialmente fondata e viene accolta per quanto di ragione.

Dalla CTU medico-legale e infettivologica e dai relativi chiarimenti, depositati rispettivamente in data 26 novembre 2021 e 31 marzo 2022, di evince che: “Il quadro clinico di (…), al momento del primo ricovero presso il (…) (06.04.2008) era caratterizzato da varie patologie ( gonalgia sinistra per grave gonartrosi, in paziente affetta da ipertensione arteriosa dislipidemia, obesità, diabete mellito II, IRC, cardiopatia ipertrofica,con lieve insufficienza valvolare e lieve ipertensione polmonare, artrosi polidistrettuale e insufficienza venosa)”. Sulla base di tale quadro clinico, l’indicazione all’intervento di artroprotesi di ginocchio risultava corretta. La profilassi antibiotica perioperatoria con ampicillina e gentamicina, invece, non risultava adeguata al caso di specie, ” richiedente la somministrazione di cefalosporina di prima e seconda generazione in dose singola +/- vancomicina 1 g e.v.” Al momento del secondo ricovero presso il (…) (17.05.2008), l a signora (…), in aggiunta alle patologie soprariportate, presentava, “infezione periprotesica di ginocchio sinistro”.

La risoluzione di tale quadro clinico, in conformità con le linee guida e le raccomandazioni previste all’epoca dei fatti in oggetto, prevedeva una revisione protesica in due tempi o l’espianto della protesi seguito da artrodesi di ginocchio.

La causa del decesso della signora (…) si identificava in ” un’insufficienza multiorgano conseguente a shock settico, instauratosi nel contesto di un’infezione periprotesica causata da S. Aureus, contratta in occasione dell’intervento d’artroprotesi di ginocchio effettuato in data 07.04.2008 presso il (…). Con l’espianto della protesi infetta non si sarebbe verificato, con elevata probabilità, l’exitus della donna”.

Nella gestione clinica della signora (…), presso tutti nosocomi ((…), Ospedale di Mariano Comense, Policlinico San Marco di Osio Sotto, (…) di (…)) in cui venne trattata nell’arco dell’intera vicenda clinica, si ravvisavano profili di colpa, inquadrabili in termini di negligenza, imprudenza e imperizia. Tenuto conto che tali profili censurabili avevano concorso al decesso della donna, risultava pacifico asserire, sempre secondo i sopra citati Consulenti, seguendo il criterio del “più probabile che non”, che un’adeguata gestione della stessa ne avrebbe consentito la sopravvivenza.

I Consulenti ritenevano idonea la seguente ripartizione della responsabilità in relazione alla gravità della rispettiva colpa: 65% (…), 15% (…) di (…), 10% Ospedale di Mariano Comense, 5% Policlinico di San Marco di Osio Sotto.

In sede di chiarimenti veniva ripartita la quota di responsabilità (70%) nel complesso attribuita, al dottor (…) e al (…), nella misura del 50% al dottor (…) e del 20% al (…).

La Cassazione in più occasioni ha sottolineato come si renda necessario ricostruire tutti gli anelli della catena causale per acclarare la sussistenza, o meno, del nesso eziologico tra il comportamento del sanitario e l’evento morte.

“Il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica -, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa, l’evento non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. Il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, cosicché, all’esito del ragionamento probatorio, che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori eziologici alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con alto grado di credibilità razionale”.

Alla luce dei principi sopra esposti, emerge come il giudizio controfattuale debba essere effettuato valutando la specifica attività che era richiesta al medico in quel determinato caso, ad esempio, una diagnosi che non è stata fatta o una terapia non somministrata o un intervento non effettuato. Sussiste il nesso eziologico tra l’omessa adozione, da parte del medico, delle misure necessarie a rallentare o bloccare il decorso della patologia e il decesso del paziente, qualora si accerti, “secondo il principio di controfattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con modalità migliorative, anche sotto il profilo dell’intensità della sintomatologia dolorosa” (Cass. Pen. 18573/2013).

Per tutto quanto sopra esposto e per quanto rilevato in maniera chiara e precisa dai CC.TT.UU. nella loro relazione peritale, si ritiene che l’accertamento del nesso causale tra la condotta negligente delle strutture sanitarie e del medico dottor (…) e l’evento morte, sia stato operato e che la responsabilità dell’evento sia addebitabile, in percentuale e in relazione alla diversa gravità/grado di colpa alle parti resistenti, così come sarà indicato in seguito.

Per quanto concerne l’eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento danni iure proprio, occorre considerare che il decesso delle signora (…) avveniva in data 1 settembre 2008. Secondo la tesi di parte resistente, il primo atto interruttivo era occorso nel 2015, con l’intrapreso procedimento di ATP, o prima ancora, con le richieste degli eredi avanzate in fase stragiudiziale nell’anno 2013.

Per tali ragioni, i resistenti ritengono spirato il termine prescrizionale quinquennale per far valere il diritto al risarcimento.

(…), (…), (…), infatti, richiamavano la giurisprudenza di legittimità (Cassazione civile, sez. III, Sentenza del 08.07.2020, n. 14258), ribadendo il principio secondo cui la struttura ospedaliera deve certamente ritenersi responsabile contrattualmente dei danni cagionati al paziente dei quali egli stesso chieda il risarcimento, ma ciò non può estendersi ai suoi congiunti in ordine al danno da menomazione o perdita del rapporto parentale. Sul punto, la Corte ha richiamato un proprio precedente del 2012 secondo cui il rapporto contrattuale deve intendersi intercorrente tra la struttura ed il ricoverato, mentre per i parenti del de cuius vige il principio della responsabilità aquiliana.

La figura del contratto con efficacia protettiva verso il terzo, nel campo della responsabilità per colpa medica, quindi, non può trovare applicazione per le pretese risarcitorie azionate iure proprio dai parenti del de cuius. Questo perché il paziente rimane l’unica parte della relazione contrattuale e, pertanto, la Corte non ritiene che i parenti possano vantare un interesse direttamente collegato alla corretta prestazione contrattuale. La giurisprudenza della Cassazione ha ribadito, conformemente anche alle precedenti pronunce, che il diritto vantato autonomamente dai congiunti del de cuius nei confronti della struttura ospedaliera, per perdita del rapporto parentale, in caso di morte del paziente, deve rientrare nell’alveo della responsabilità aquiliana con relativo termine prescrizionale quinquennale di cui all’art. 2947 c.c..

Gli eredi (…) contestavano che il termine di prescrizione decorresse dal momento in cui le parti hanno la conoscibilità / percezione effettiva/oggettiva della negligenza o della colpa grave del personale medico nella causazione dell’evento morte.

Tale conoscibilità effettiva si sarebbe configurata solo all’esito della consulenza medica di parte (2013), quando i consulenti avevano riferito che vi sarebbe stata una condotta negligente dei medici e che la stessa avrebbe causato l’evento morte della de cuius.

Per tali ragioni, le lettere di costituzione in mora avanzate il 18 ottobre 2013 (all.ti 27 – 28 ricorso per A.T.P.), inviate all’esito della consulenza medica di parte, avrebbero interrotto il termine di prescrizione quinquennale.

Tale tesi non può essere accolta in quanto risulta evidente che la percezione effettiva delle negligenze, commesse dalle strutture sanitarie che avevano come paziente la signora (…), si fosse manifestata ben prima dell’A.T.P., rivelandosi sin dall’inizio del percorso clinico intrapreso dalla stessa e palesandosi in tutta la sua drammaticità con la morte della signora stessa.

Non può non rilevarsi come proprio i continui passaggi da una struttura all’altra di quest’ultima, con il persistente aggravarsi della sua salute, rendevano pacifica ed evidente la conoscenza da parte degli odierni resistenti delle negligenze o comunque delle evidenti problematiche sorte.

In ogni caso, l’evento morte fa venir meno qualsivoglia doglianza da parte degli stessi in ordine al momento in cui si sia effettivamente palesata la consapevolezza dell’avvenuto sinistro nei confronti della de cuius, cioè l’1 settembre 2008, data dalla quale calcolare il termine prescrizionale quinquennale.

Pertanto, risulta pacifico che i diritti “iure proprio” dei ricorrenti siano prescritti e che, dunque, non possano essere riconosciuti.

Per contro, per ciò che concerne i danni “iure hereditatis”, la domanda di parte ricorrente deve essere parzialmente accolta.

Andrà, infatti, riconosciuto il risarcimento per il cd “danno biologico terminale”, ma non invece il “danno biologico temporaneo”, né il “danno da lesione dell’aspettativa della vita”.

Per ciò che concerne il “danno biologico terminale” esso viene quantificato in Euro 109.851,00, come previsto dalle Tabelle del Tribunale di Milano del 2018 per un danno che non può comunque superare i 100 giorni, compreso di personalizzazione massima al 50%.

Ciò in quanto è indubbio che gli accadimenti occorsi alla signora (…), dal primo ricovero sino al decesso, abbiano comportato quel “massimo sconvolgimento” richiesto dalla giurisprudenza per la personalizzazione del suddetto danno. La signora (…), infatti, ricoverata per un mero intervento ortopedico, ebbe a subire numerose ed inaspettate conseguenze, certamente non previste per il suo caso clinico, che l’hanno portata sino alla morte. Non si può non evidenziare come la stessa dall’aprile del 2008, sino al decesso del settembre 2008, abbia avuto un susseguirsi di ricoveri, presso le numerose strutture sanitarie oggi resistenti, evidentemente non risolutivi, che hanno fatto sì che il suo quadro clinico in pochi mesi si aggravasse in maniera irreversibile, sino all’esito nefasto per cui è causa.

Considerando, dunque, quanto acquisito dalle risultanze documentali nel presente procedimento de quo, non vi è alcun dubbio che la signora (…) abbia subito uno sconvolgimento totale della propria vita, acuito non solo da una evidente presa di coscienza per la perdita della propria autonomia, derivante da un inaspettato e repentino peggioramento delle proprie condizioni di salute, ma anche dai ripetuti e non risolutivi ricoveri, nonché dalla sofferenza che ciò per ella comportava, sino alla consapevolezza dell’approssimarsi della propria morte, stante tali gravi ed irreversibili conseguenze.

Per ciò che concerne, invece, il danno “biologico temporaneo”, per giurisprudenza pacifica della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (SS.UU. nn. 26972/3/4/5 dell’11/11/2008), esso risulta compreso nel danno biologico terminale già riconosciuto, in quanto si avrebbe un’evidente duplicazione delle poste di pregiudizio.

Non può essere poi riconosciuto l’asserito danno da lesione dell’aspettativa di vita in quanto non applicabile al caso in esame, sia per le condizioni di salute pregresse della signora (…) sia, comunque, per la mancata esatta prova di tale voce da parte dei ricorrenti.

Si ritiene infine da riconoscere il risarcimento di tutte le spese effettuate dalla signora (…), per la consulenza d’ufficio e di parte, per il procedimento ex art. 696-bis c.p.c. già concluso, per un importo complessivo di Euro 19.630,00.

Da quanto sin qui esposto ne deriva che i convenuti sotto citati debbano risarcire gli eredi della signora (…) per la somma di Euro 109.851,00 (oltre interessi, rivalutazione e devalutazione) a titolo di danno biologico terminale ed Euro 19.630,00 alla signora (…) per le spese di CTU e CTP relativamente alla procedura di ATP.

Come puntualmente e in maniera del tutto condivisibile è stato sostenuto dalla Consulenza Tecnica d’Ufficio, dalle operazioni peritali sono emerse differenti percentuali di responsabilità in capo ai convenuti, sulla scorta degli interventi (e delle loro conseguenze) compiuti sulla de cuius.

Pertanto, si ritiene che la ripartizione di tali responsabilità debba essere la seguente:

– Dott. (…) 50%

– (…) 20%

– (…) di (…) 15%

– Ospedale di Mariano Comense 10%

– Policlinico di San Marco di Osio Sotto 5%.

Non può poi essere riconosciuta alcuna rivalsa da parte del (…) nei confronti del Dott. (…) in quanto, per giurisprudenza pacifica, si ritiene che “la concessione di un diritto di regresso integrale ridurrebbe il rischio di impresa, assunto dalla struttura, al solo rischio di insolvibilità del medico convenuto con l’azione di rivalsa, salvo che, nel relativo giudizio, la struttura dimostri, oltre alla colpa esclusiva del medico rispetto allo specifico evento di danno sofferto dal paziente, da un lato, la derivazione causale di quell’evento da una condotta del sanitario del tutto dissonante rispetto al piano dell’ordinaria prestazione dei servizi di spedalità e, dall’altro, l’evidenza di un difetto di correlate trascuratezze, da parte sua, nell’adempimento del relativo contratto, comprensive di omissioni di controlli atti ad evitare rischi dei propri incaricati” (Cass. civ. n. 24688/2020). Come evidente da quanto emerso in corso di causa, per quanto vi siano stati dei chiari ed evidenti errori compiuti dal medico sulla paziente, essi non possono certamente essere considerati talmente gravi da determinare una rivalsa totale della struttura sanitaria nei suoi confronti, in quanto non si rileva né “colpa grave” o esclusiva nel suo operato, né la richiesta trascuratezza nell’adempimento della prestazione professionale.

Per quanto concerne, invece la manleva assicurativa nei confronti dei resistenti chiamati a rispondere dei danni sin qui descritti, si ritiene che il Dott. (…) debba essere garantito in toto dalla propria assicurazione “(…) S.p.A.”, in quanto operante la polizza sottoscritta tra le parti.

Viceversa, non può considerarsi operativa la polizza assicurativa stipulata tra il (…) e la società (…) in quanto la struttura sanitaria era assicurata con Milano Assicurazioni dall’01/10/2007 al 31/12/2008, operante in regime “claims made misto” e l’art. 9 “Inizio e termine della garanzia” stabiliva che “Per la garanzia RCT, premesso che la definizione di sinistro è la richiesta di risarcimento presentata dall’assicurato durante la vigenza di polizza, si conviene che la copertura vale per i sinistri (cioè richieste di risarcimento) avvenuti per la prima volta nel corso del periodo di efficacia della polizza a condizione che siano conseguenti a comportamenti colposi posti in essere per ogni struttura dalla data di seguito indicata: 1) “(…) – (…) Spa” dal 30/09/1998″. Dunque, la polizza assicurativa copriva i comportamenti colposi posti in essere dal 30/09/1998 (con retroattività quindi di 10 anni) purché le richieste di risarcimento fossero avvenute per la prima volta nel corso di efficacia della polizza, cioè tra l’01/10/2007 ed il 31/12/2008.

Pertanto, considerando ormai superata dalla giurisprudenza la nullità delle clausole “claims made”, risulta pacifico, anche da quanto rilevato durante la causa de qua, che la clausola in questione non fosse vessatoria e che, quindi, non essendovi stata alcuna richiesta di risarcimento danni per i fatti per cui è causa tra l’01/10/2007 ed il 31/12/2008, non può che essere dichiarata l’inoperatività della polizza tra la struttura sanitaria e la compagnia assicurativa.

Infine, si rileva la mancanza di legittimazione passiva della società (…) S.p.A. per la chiamata diretta in giudizio da parte dei ricorrenti, in qualità di compagnia assicuratrice della convenuta (…) S.p.A. Difatti, il danneggiato non può agire direttamente nei confronti dell’assicuratore del danneggiante, come invece accaduto, ma doveva essere chiamato in causa dal proprio assicurato. Nel caso de quo, tale chiamata in garanzia veniva rigettata dal Decidente in quanto ormai tardiva. Dunque, alcuna responsabilità potrà essere addebitata “direttamente” alla compagnia assicurativa, né essa potrà manlevare la (…) S.p.A. per i danni occorsi alla Sig. (…). Le spese di procedura, in favore degli eredi, saranno poste a carico dei sopra citati responsabili. In ragione della particolare natura della presente procedura si ritiene equo compensare le spese fra le restanti parti.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa o assorbita:

– condanna le parti dottor (…), (…), (…) di (…), Ospedale di Mariano Comense e Policlinico di San Marco di Osio Sotto a risarcire gli eredi della signora (…), vale a dire M., D. e G.P., per la somma di Euro 109.851,00, a titolo di danno biologico terminale ed Euro 19.630,00 alla signora (…), oltre rivalutazione monetaria sulla somma devalutata al dì del sinistro ed interessi legali sulla somma annualmente rivalutata, da ripartirsi nella seguente misura:

Dott. (…) 50%

(…) 20%

(…) di (…) 15%

Ospedale di Mariano Comense 10%

Policlinico di San Marco di Osio Sotto 5%;

– condanna altresì le parti dottor (…), (…), (…) di (…), Ospedale di Mariano Comense e Policlinico di San Marco di Osio Sotto, al rimborso, in favore degli eredi della signora (…) delle spese della presente procedura che liquida in Euro 14.103,00, di cui Euro 2.552,00 per la fase di studio, Euro 1.628,00 per la fase introduttiva, Euro 5.670,00 per la fase istruttoria, Euro 4.253,00 per la fase decisoria, oltre alle spese per la procedura di ATP, quantificate in Euro 7.015,00, di cui Euro 2.552,00 per la fase di studio, Euro 1.628,00 per la fase introduttiva ed Euro 2.835,00 per la fase istruttoria, oltre IVA e CPA come per legge, spese generali al 15%, ed anticipazioni per Euro 1.713,00 ed Euro 5.124,00 per spese sostenute per i CTP, da ripartirsi nella seguente misura:

Dott. (…) 50%

(…) 20%

(…) di (…) 15%

Ospedale di Mariano Comense 10%

Policlinico di San Marco di Osio Sotto 5%;

– pone definitivamente a carico del dottor (…), (…), (…) di (…), Ospedale di Mariano Comense e Policlinico di San Marco di Osio Sotto, le spese liquidate per la CTU espletata in corso di causa, da ripartirsi nella seguente misura:

Dott. (…) 50%

(…) 20%

(…) di (…) 15%

Ospedale di Mariano Comense 10%

Policlinico di San Marco di Osio Sotto 5%.

Così deciso in Bergamo il 28 febbraio 2023.

Depositata in Cancelleria l’1 marzo 2023.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.