Il diritto alla casa, perciò, non può tradursi nel diritto di occupare, arbitrariamente, ossia in mancanza di un apposito titolo abilitativo, costituito da un provvedimento amministrativo di assegnazione, ovvero di una specifica posizione legittimante, prevista dalla legge, un alloggio pubblico a proprio piacimento, ancorché l’occupante abbia i requisiti soggettivi di accesso al beneficio.

Tribunale Roma, Sezione 6 civile Sentenza 8 aprile 2019, n. 7676

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale Ordinario di Roma

Sezione Sesta Civile

Il Tribunale ordinario di Roma – Sesta Sezione civile, in composizione monocratica, in persona del giudice Roberta Nardone, nell’udienza dell’8.4.2019, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni della parte presente, ha pronunciato, ai sensi dell’art. 429 c.p.c., la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 46379del Ruolo generale affari contenziosi dell’anno 2018

tra

(…) (C.F. (…)) rappresentata e difesa – giusta procura in atti – dagli avvocati Am.Ca. e Lu.Di. presso il cui studio in

ricorrente

e

(…) (CF (…)) in persona del Direttore Generale rappresentato e difeso giusta procura speciale in atti dall’avv. Gi.Br. presso il cui studio in Roma, Via (…) è elettivamente domiciliato

resistente

FATTO E DIRITTO

Con ricorso notificato in data, la sig.ra (…) adiva codesto Tribunale per sentir annullare – ed in via pregiudiziale sospendere – il decreto (prot. n. (…) del 25.5.2018) con il quale, in data 25.5.2018, (…) le intimava il rilascio dell’immobile sito in R., Piazza (…), fabbr. 1, sc. FF, int. 2 (cod. immobile (…)), sul presupposto che la ricorrente fosse un’occupante senza titolo.

Chiedeva, dunque, la sig.ra (…) il riconoscimento del proprio diritto ad abitare l’immobile e, comunque, in via subordinata di vedersi consentire di abitare l’immobile de quo per il tempo necessario ad ottenere una sistemazione alternativa.

Deduceva, in primo luogo, la sig.ra (…) di avere occupato l’alloggio di cui è causa versando in stato di necessità, giacché sprovvista di reddito, non proprietaria di alcun immobile e con un figlio minore a carico.

Faceva presente la ricorrente che il diritto ad un alloggio le veniva, altresì, riconosciuto da molti trattati internazionali sui diritti umani, di rango primario nel sistema delle fonti e che, comunque, essendo in possesso dei requisiti di cui alla L.R. n. 12 del 1999 poteva essere beneficiaria di un’assegnazione in regolarizzazione secondo l’art. 53 L.R. n. 27 del 2006.

Concludeva la sig.ra (…) per l’accoglimento delle proprie istanze, specificando, in via ulteriore, di avere diritto ad essere inserita nell’elenco dei “Richiedenti assistenza alloggiativa temporanea” in base alla Deliberazione del Consiglio Comunale n. 110 del 23.5.2005.

Si costituiva (…), contestando tutto quanto ex adverso dedotto.

Deduceva (…) che l’originaria assegnataria dell’alloggio di cui trattasi era la sig.ra (…), il cui figlio, in data 12.4.2017 aveva spontaneamente riconsegnato l’immobile.

Faceva presente parte resistente che la sig.ra (…), in data 8.5.2017, aveva comunicato all’Ente di aver occupato l’abitazione de quo, senza aver mai presentato istanza per il subentro né aver ricevuto alcun formale provvedimento di assegnazione da parte dell'(…).

Eccepiva, altresì, (…) che la ricorrente non aveva provveduto al pagamento di alcun corrispettivo (canoni e oneri) a far data dall’inizio dell’occupazione e che pertanto si era morosa della somma di Euro 12.167,46 come da schede contabili che allegava.

Precisava parte resistente che lo stato di necessità non costituiva titolo all’occupazione e che nel caso di specie, non rintracciandosi alcun legame di parentela con la legittima assegnataria o con il suo nucleo familiare, non poteva realizzarsi nemmeno un ipotesi di subentro.

Concludeva (…) per il rigetto dell’avversaria domanda e, in via riconvenzionale, accertata la debenza delle somme a titolo di indennità di occupazione, per la condanna della sig.ra (…) al pagamento di Euro 12.167,46.

Differita l’udienza e concesso a parte ricorrente termine per contro dedurre in merito alla riconvenzionale, la sig.ra (…) contestava l’ammontare delle somme richieste dall'(…) non adeguate rispetto allo stato dell’immobile, fatiscente e sprovvisto di porta di ingresso.

La causa, di natura documentale, veniva decisa all’udienza dell’8.4.2019.

La domanda va rigettata per quanto di seguito specificato.

L’art. 11 della L.R. n. 12 del 1999 stabilisce i requisiti soggettivi per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica. Questi requisiti devono essere posseduti dai soggetti richiedenti l’assegnazione e, limitatamente ad alcuni, anche dai componenti del nucleo familiare.

Il possesso dei requisiti non determina, però, automaticamente il diritto all’assegnazione, giacché è necessario partecipare ad una procedura pubblica in cui l’Ente gestore, verificata l’esistenza delle condizioni e tramite la formazione di una graduatoria, con un formale provvedimento procede all’assegnazione dopo aver compiuto le verifiche richieste dalla legge, sicché, di per sé l’integrazione delle circostanze di cui all’art. 11 citato L.R. n. 12 del 1999 non consente il sorgere di un diritto all’abitazione.

Seppur la sig.ra (…) affermi di possedere alcuni dei requisiti stabiliti dalla legge, l’assenza di partecipazione alla procedura amministrativa di assegnazione determina l’irregolarità della sua posizione, giacché l’Ente non ha autorizzato l’abitazione.

L’art. 12 della L.R. n. 12 del 1999 disciplina, invece, le ipotesi di subentro nell’assegnazione per i soggetti – appartenenti al nucleo familiare originario o ampliato – legati da vincoli di parentela con l’assegnatario. Il subentro avviene previa istanza all'(…) che, come per l’assegnazione, provvede alla verifica dell’esistenza dei requisiti richiesti e, necessariamente, deve prestare esplicito consenso tramite formale provvedimento affinché la posizione del subentrante divenga regolare.

La sig.ra (…) non è legata da alcun tipo di rapporto con l’assegnataria dell’alloggio de quo, sicché non è possibile configurare nel caso di specie un’ipotesi di diritto al subentro.

Quanto allo stato di necessità questo costituisce una scriminante solo del fatto penalmente sanzionabile, a nulla rilevando in questo contesto; parimenti, quanto al riferimento alla normativa sovranazionale in materia di diritti umani, non si nega qui l’esistenza di un diritto all’abitazione tutelato, ma la sua estensione non è tale da giustificare il mancato rispetto di procedure definite ex lege, il contrasto con il diritto dei soggetti che legittimamente partecipano alle procedure di assegnazione e rispettano le previsioni e la legittimazione dell’Ente a rientrare, comunque, in possesso dell’immobile di sua proprietà.

Peraltro, va pure ricordato che la Corte costituzionale nello scrutinare una norma di legge regionale, che intendeva “regolarizzare” l’occupazione abusiva di alloggi di edilizia sovvenzionata, ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale (escludendo dalla sanatoria coloro che avessero occupato successivamente alla data limite), osservando che “una normativa consolidante situazioni di fatto costituitesi illegalmente a danno di assegnatari già individuati in pubbliche graduatorie, è di per sé causa di ben più gravi e durature tensioni sociali, oltre che esempio di diseducazione civile, dimostrandosi ai cittadini rispettosi delle leggi che essi, anziché tutelati, sono spogliati delle loro spettanze a favore di chi, anche se spinto dall’impulso di soddisfare l’esigenza fondamentale dell’abitazione ha violato la legge.

Si tocca qui uno dei principi costitutivi dell’ordine giuridico, il divieto di farsi ragione da sé con lesione del diritto altrui.

Ogni norma che sopravvenga ad omologare fatti conseguiti alla violazione del neminem laedere si pone fuori del quadro dei valori su cui è costruito lo Stato di diritto” (Corte cost., sent., 24-1-1992, n. 16, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 2, primo e secondo comma, nonché dell’art. 5, terzo comma, della legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana in data 1-2 maggio 1991).

Quanto, poi, all’invocato diritto , costituzionalmente garantito, alla “casa” esso non può voler dire diritto di occupare arbitrariamente, sine titulo, un immobile di proprietà aliena, men che meno di proprietà pubblica: nessuna norma costituzionale, né di legge ordinaria, né alcuna convenzione internazionale consente che si possa ledere la proprietà altrui, la quale, anzi, è oggetto di garanzia costituzionale (art. 42 Cost.), oltre ché della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (art. 1 del Protocollo addizionale n. (…):

“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale”), in via generale ed ancor più quando trattasi di proprietà pubblica di alloggi di “edilizia residenziale pubblica destinata all’assistenza abitativa per i nuclei familiari in condizioni disagiate” (art. 2 L.R. 6 agosto 1999, n. 12). Valgono, poi, anche a tale riguardo, le considerazioni espresse dal giudice delle leggi nella pronuncia poco sopra richiamata (Corte cost., sent., 24-1-1992, n. 16).

E’ pur vero che la Corte costituzionale ha riconosciuto “un diritto all’abitazione” (o “alla casa”), quale “diritto sociale fondamentale” (sentenza 23-5-2008, n. 166; sentenza 19-11-1991, n. 419; sentenza 25-2-1988, n. 217; sentenza 7-4-1988, n. 404; sentenza 25-2-1988, n. 217), che è riconducibile “fra i diritti inviolabili dell’uomo di cui all’art. 2 della Costituzione” (ordinanza 26-2-2010, n. 76), ed è “riscontrabile nell’art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (New York, 10 dicembre 1948) e nell’art. 11 del Patto internazionale dei diritti economici, sociali e culturali (approvato il 16 dicembre 1966 dall’Assemblea generale della Nazioni Unite e ratificato dall’Italia il 15 settembre 1978, in seguito ad autorizzazione disposta con L. 25 ottobre 1977, n. 881)” (sentenza 7-4-1988, n. 404); ma ha al tempo stesso affermato che tale diritto deve essere soddisfatto (“anche se nei limiti della disponibilità delle risorse finanziarie”) – da parte dei pubblici poteri (sentenza 25-2-1988, n. 217) – mediante “un servizio pubblico” – quello, appunto, dell’edilizia residenziale pubblica – “deputato alla provvista di alloggi per i lavoratori e le famiglie meno abbienti” (sentenza 11-6-2014, n. 168; sentenza 21-3-2007, n. 94; sentenza 7-12-1994, n. 417; sentenza 25-2-1988, n. 217), in adempimento di un “dovere, gravante sulla collettività” (sentenza 5-6-2000, n. 176; sentenza 17-2-1987, n. 49), “al fine di assicurare un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti (art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea)” (sentenza 11-6-2014, n. 168), e che il concreto soddisfacimento di tale diritto viene assicurato, attribuendo ai soggetti appartenenti a categorie particolarmente disagiate “una posizione preferenziale” nell’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, “compatibilmente con la effettiva disponibilità di alloggi nei diversi territori” (sentenza 23-5-2008, n. 166).

Il diritto alla casa, perciò, non può tradursi nel diritto di occupare, arbitrariamente, ossia in mancanza di un apposito titolo abilitativo, costituito da un provvedimento amministrativo di assegnazione, ovvero di una specifica posizione legittimante, prevista dalla legge, un alloggio pubblico a proprio piacimento, ancorché l’occupante abbia i requisiti soggettivi di accesso al beneficio.

In conclusione, la sig.ra (…) risulta, ad oggi, una mera occupante senza titolo su dichiarazione della stessa (dichiarazione allegata in atti), non avendo prodotto alcuna prova in merito al possesso di un valido titolo; non è rinvenibile un regolare contratto di locazione e, ad oggi, non risulta che la ricorrente abbia provveduto al pagamento dell’indennità di occupazione.

L’indennità di occupazione, calcolata così come da prospetto contabile allegato, va corrisposta per la sola circostanza di aver abitato l’immobile senza che vi fosse un regolare contratto di locazione, a nulla rilevando lo stato dell’immobile ovvero la sua abitabilità.

La ricorrente va, dunque, condannata a corrispondere all'(…) quanto dovuto a titolo di indennità di occupazione.

Per tutto quanto di sopra, la domanda va rigettata ed accolta la riconvenzionale della resistente.

Le spese di lite seguono la soccombenza.

Per Questi Motivi

Il Tribunale ordinario di Roma – VI Sezione civile, in persona del giudice Roberta Nardone, sulla domanda proposta da (…) nel contraddittorio di (…) così decide:

rigetta la domanda;

accoglie la riconvenzionale e condanna (…) al pagamento in favore di (…) della somma di Euro 12.167,46 a titolo di indennità di occupazione, oltre i canoni scaduti e da scadere sino al rilascio;

condanna (…) alla refusione delle spese di lite in favore di (…) che liquida in Euro 1.500,00 per compensi oltre accessori di legge e rimborso forfettario (15%).

Così deciso in Roma l’8 aprile 2019.

Depositata in Cancelleria l’8 aprile 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.