ai fini del riconoscimento del diritto al compenso per l’attivita’ prestata, l’onere della prova dell’iscrizione all’albo dei mediatori cosi’ come previsto nella L. n. 39 del 1989 puo’ essere assolto anche mediante l’indicazione del numero d’iscrizione nel ruolo degli agenti di affari in mediazione tenuto presso la locale Camera di Commercio, non essendo impedito alla parte di fornire la prova per presunzioni. Una volta accertata la prova dell’iscrizione della societa’ o del suo legale rappresentante, anche se fornita per presunzioni, non vi è altro onere probatorio a carico dell’attore mediatore e ciò in quanto: l’iscrizione nell’albo professionale configura, infatti, un atto di accertamento costitutivo dello “status” di professionista che opera erga omnes fino a quando non intervenga un provvedimento di cancellazione. Per pretendere il suo compenso il mediatore e’ percio’ tenuto a provare l’iscrizione quale fatto costitutivo del suo diritto, ma non anche e ulteriormente l’attualita’ della sua iscrizione, avendo gia’, con l’indicazione del numero, fornito prova dello specifico fatto positivo contrario alla intervenuta cancellazione, anche se in via presuntiva.

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Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|6 ottobre 2022| n. 29051

Data udienza 24 maggio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BELLINI Ubaldo – Presidente

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. PAPA Patrizia – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2484-2019 proposto da:

(OMISSIS) S.A.S. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante (OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma, via Famagosta 2, presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso con indicazione della pec;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 4833/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, sez. prima civile, pubblicata il 9/11/2018 e notificata il 13/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/5/2022 dal consigliere Dott. PATRIZIA PAPA.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante (OMISSIS) convenne in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Busto Arsizio, (OMISSIS) quale acquirente e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) quali venditori per sentirli condannare al pagamento delle provvigioni a lui spettanti per l’attivita’ di mediazione spesa per la conclusione della compravendita di un fondo agricolo. Con sentenza n. 1537/16, il Tribunale rigetto’ la domanda per difetto di prova dell’iscrizione di (OMISSIS) all’albo dei mediatori.

L’attrice appello’ soltanto nei confronti dei venditori (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), sostenendo che il Tribunale non avesse correttamente esaminato le prove offerte, in particolare alcuni documenti sottoscritti dai (OMISSIS) in occasione di altre compravendite immobiliari conclusesi nel (OMISSIS) e all’inizio del (OMISSIS) (l’attivita’ di mediazione era stata svolta per sua intermediazione, da cui risultava l’iscrizione e che avesse comunque pronunciato ultra petita, negando il diritto alla chiesta provvigione su una questione – la mancanza di iscrizione – mai sollevata dai convenuti e non rilevabile d’ufficio.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 4833/2018, pubblicata il 9/11/18 e notificata il 13/11/18, ha rigettato l’impugnazione, escludendo la violazione del principio dispositivo perche’ i convenuti (OMISSIS) avevano contestato il diritto alla provvigione per mancata produzione del certificato di iscrizione all’albo sin dalla comparsa di costituzione in primo grado e, in ogni caso, perche’ l’iscrizione sarebbe fatto costitutivo del diritto e l’eccezione della sua mancanza costituirebbe mera allegazione difensiva; ha sostenuto quindi che i documenti offerti per provare l’iscrizione al registro dei mediatori non costituissero comunque prova idonea del presupposto del diritto al compenso in quanto formatisi “in un diverso contesto”; ha aggiunto sul punto che da tali documenti non risultava se il numero fosse quello effettivamente corrispondente all’iscrizione all’albo, ne’ se l’iscrizione fosse ancora attuale (i documenti prodotti erano riferiti ad attivita’ di mediazione svolta nel (OMISSIS), laddove l’attivita’ di mediazione per cui era giudizio era stata svolta nel (OMISSIS)).

Avverso questa sentenza ha spiegato ricorso per cassazione (OMISSIS) s.a.s. affidato a tre motivi.

Gli intimati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) non hanno svolto attivita’ difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, rubricato “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., n. 3) con riferimento alla L. 3 febbraio 1989, n. 39, articolo 6 nonche’ al Decreto Legislativo 26 marzo 2010, n. 59, articolo 73, comma 6” la ricorrente ha lamentato che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto non sussistente l’iscrizione all’albo nonostante sia stato indicato il numero REA.

1.2. Con il secondo motivo, rubricato “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., n. 3) con riferimento agli articoli 115, 116 c.p.c., e articolo 167 c.p.c., comma 1” la ricorrente ha lamentato che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto non probante il contenuto dei documenti in assenza di specifica e tempestiva contestazione da parte dei convenuti.

1.3. Con il terzo motivo, rubricato “violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’articolo 2967 c.c.” la ricorrente ha lamentato che la Corte d’appello non abbia correttamente applicato il principio dell’onere probatorio laddove ha ritenuto non provata l’attualita’ dell’iscrizione: al contrario, l’iscrizione al REA era stata provata a mezzo dei documenti offerti e, in conseguenza, era onere dei convenuti provare “il fatto estintivo del diritto” consistente nella mancanza di attualita’ dell’iscrizione.

2. Il secondo motivo, esaminato per primo per logica espositiva, e’ infondato.

Il principio di non contestazione non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati; tale specificita’, invero, non puo’ certamente essere riscontrata anche in riferimento al contenuto dei documenti prodotti dalla parte, atteso che l’onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le difese delle parti; soltanto l’esame contrapposto di tali atti, infatti, consente al giudice e alle parti stesse di verificare immediatamente quali siano i fatti accertati perche’ riconosciuti o non specificamente contestati e quali quelli ancora controversi sui quali svolgere istruttoria (Sez. 3, Sentenza n. 22055 del 2017).

Diversamente non puo’ ritenersi, come prospettato dalla ricorrente, neppure quando il contenuto dei documenti sia stato “trascritto e versato nell’atto di citazione” in appello con cio’ costituendo “specifica allegazione (…) a sostegno dei motivi” di impugnazione (cosi’ in ricorso).

Sul punto, deve considerarsi che il potere – dovere di contestazione e’ posto dall’articolo 167 c.p.c., comma 1, in combinato con l’articolo 115 c.p.c., comma 1, quale riflesso processuale di quello di allegazione dei fatti costitutivi del diritto preteso ed e’ per questa correlazione che l’allegazione dev’essere connotata da precisione e specificita’: se lo e’, il giudice valutera’ se il convenuto abbia riconosciuto il fatto puntualmente allegato oppure abbia articolato una difesa incompatibile con la sua negazione, con cio’ ritenendone superflua la prova.

Questa valutazione, tuttavia, e’ evidentemente operazione propria del giudizio di primo grado, nel quale soltanto si definiscono irretrattabilmente thema decidendum e thema probandum, sicche’ non rileva a tal fine la condotta processuale tenuta dalle parti in appello (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2527 del 2018, Sez. U, Sentenza n. 2951 del 16/02/2016).

Cio’ precisato, sono invece fondati, nei limiti di seguito precisati, il primo e il terzo motivo, perche’ la Corte d’appello, confermando l’infondatezza della domanda di pagamento delle provvigioni per difetto di prova dell’iscrizione all’albo dei mediatori, ha reso una motivazione comunque non conforme a diritto.

Ha sostenuto, infatti, la Corte milanese che i documenti offerti – da cui a dire di parte attrice appellante risultava il numero di iscrizione al REA – fossero inidonei sia perche’ formatisi “in un diverso contesto”, cioe’ in occasione di diversa attivita’ di mediazione, seppure tra le stesse parti, sia perche’ non risultava se il numero fosse quello effettivamente corrispondente all’iscrizione all’albo, ne’ se l’iscrizione fosse ancora attuale.

Cosi’ motivando, la Corte territoriale non si e’ confrontata con il principio di diritto consolidato secondo cui “ai fini del riconoscimento del diritto al compenso per l’attivita’ prestata, l’onere della prova dell’iscrizione all’albo dei mediatori cosi’ come previsto nella L. n. 39 del 1989 puo’ essere assolto anche mediante l’indicazione del numero d’iscrizione nel ruolo degli agenti di affari in mediazione tenuto presso la locale Camera di Commercio, non essendo impedito alla parte di fornire la prova per presunzioni” (Sez. 2, Ordinanza n. 20556 del 2021).

Non era, pertanto, rilevante che l’iscrizione della societa’ (OMISSIS) s.a.s. nei repertori della Camera di commercio fosse stata provata con la produzione di documenti contrattuali inerenti altri rapporti di mediazione intercorsi con gli stessi convenuti (OMISSIS), risultando unicamente rilevante l’avvenuta indicazione del numero di iscrizione (cfr. Sez. 2, Ordinanza n. 14971 del 2022).

Invero, per il Decreto Legislativo 26 marzo 2010, n. 59, articolo 73 (che ha modificato la L. n. 39 del 1989 istitutiva, presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, del ruolo degli agenti di affari in mediazione), la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, verificato il possesso dei requisiti dalle autocertificazioni e dalle certificazioni prodotte, deve iscrivere i dati del mediatore nel registro delle imprese, se l’attivita’ e’ svolta in forma di impresa, oppure nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) previsto dalla L. 29 dicembre 1993, n. 580, articolo 8, e dal Decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, articolo 9, e successive modificazioni, assegnando la qualifica di intermediario per le diverse tipologie di attivita’, distintamente previste dalla L. 3 febbraio 1989, n. 39 (comma 3); ad ogni effetto di legge, i richiami al ruolo contenuti nella L. n. 39 del 1989, si intendono riferiti alle iscrizioni previste dal suddetto articolo 73 nel registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) (cfr. Sez. U, Sentenza n. 19161 del 02/08/2017).

Una volta accertata la prova dell’iscrizione della societa’ o del suo legale rappresentante, anche se fornita per presunzioni, la Corte territoriale non avrebbe dovuto porre altro onere probatorio a carico dell’attore mediatore: l’iscrizione nell’albo professionale configura, infatti, un atto di accertamento costitutivo dello “status” di professionista che opera erga omnes fino a quando non intervenga un provvedimento di cancellazione (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 11541 del 02/08/2002);

per pretendere il suo compenso il mediatore e’ percio’ tenuto a provare l’iscrizione quale fatto costitutivo del suo diritto, ma non anche e ulteriormente l’attualita’ della sua iscrizione, avendo gia’, con l’indicazione del numero, fornito prova dello specifico fatto positivo contrario alla intervenuta cancellazione, anche se in via presuntiva (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 14854 del 13/06/2013).

3. In accoglimento del ricorso, pertanto, l’impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, perche’ accerti se nei documenti prodotti risulti l’iscrizione di (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS) o di (OMISSIS) quale suo legale rappresentante e non in proprio nel registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) e se, in riferimento alla data dei documenti, l’iscrizione possa presumersi attuale.

Decidendo in rinvio, la Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, statuira’ anche sulle spese di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, rigettando il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata con rinvio in riferimento ai motivi accolti alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.