In proposito occorre ricordare che, il modulo di constatazione amichevole di sinistro stradale, quando è sottoscritto dai conducenti coinvolti e completo in ogni sua parte, compresa la data, genera una presunzione “iuris tantum” valevole nei confronti dell’assicuratore, valida fino a prova contraria, del fatto che il sinistro si sia verificato con le modalità ivi indicate, la quale può ovviamente essere superata, ma è necessario che il giudice del merito ne spieghi le ragioni. Quale dichiarazione sottoscritta da una delle parti a un terzo estraneo al giudizio, inoltre, il suddetto modulo, assume valore di confessione stragiudiziale e, a norma dell’art. 2735 c.c., produce i medesimi effetti della confessione giudiziale ed è pertanto liberamente apprezzata dal giudice. In sostanza, tale modulo CID assume valore indiziario circa i fatti relativi al sinistro nei confronti dei soggetti terzi estranei alla lite (conducente dell’autoveicolo), potendo contribuire a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo. Ora, nel caso concreto, nel CID si intersecano due dichiarazioni una del terzo che si è assunto la piena ed esclusiva responsabilità dell’accaduto e quella del danneggiato che ha confermato tale dinamica del fatto.
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Tribunale|Palermo|Sezione 1|Civile|Sentenza|31 maggio 2022| n. 944
Data udienza 18 maggio 2022
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI PALERMO
PRIMA SEZIONE CIVILE
riunita in camera di consiglio e composta dai magistrati:
1) Dott. Daniela Pellingra Presidente
2) Dott. Barone Maria Letizia Consigliere
3) Dott. Cintia Emanuela Nicoletti Consigliere
di cui il terzo relatore ed estensore, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 55/2020 del R.G. di questa Corte di Appello, promossa in questo grado
da
COMUNE DI ALTOFONTE, in persona del Sindaco pro-tempore, con sede in Altofonte, Piazza (…), (C.F.: (…)) elettivamente domiciliato in Altofonte, via (…), presso lo studio dell’Avv. Gi.Re., che lo rappresenta e difende
APPELLANTE
contro
(…) nato (…), (C.F.: (…) rappresentato e difeso dall’Avv. Ga.Ma., ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo, ubicato a Palermo, viale (…)
APPELLATO
FATTO E DIRITTO
1. Con atto di citazione notificato in data 5 luglio 2016, (…) convenne, innanzi al Tribunale di Palermo, il COMUNE di ALTOFONTE, esponendo che il 6 gennaio 2015, intorno alle ore 10.30, mentre percorreva la via Veronica sita in Altofonte, alla guida della propria bicicletta, era caduto a terra riportando gravi danni fisici, consistiti anche nella frattura della tibia e del perone, tali da richiedere l’intervento del 118, e che tale evento era avvenuto esclusivamente poiché in loco l’asfalto era fortemente dissestato, a causa della cattiva manutenzione del manto stradale.
Chiese, pertanto, che il COMUNE di ALTOFONTE, quale proprietario e responsabile della manutenzione e della custodia delle strade, ai sensi degli artt. 2051 e 2043 c.c., fosse condannato al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti nella misura di Euro 43.493,60 ovvero della maggiore o minore somma ritenuta equa dal Tribunale, anche sulla scorta di apposita C.T.U., oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Nel costituirsi in giudizio, il COMUNE di ALTOFONTE eccepì l’improcedibilità della domanda, per mancato esperimento della procedura di negoziazione assistita e ne contestò la fondatezza, sostenendo che il sinistro subito dall’attore era imputabile esclusivamente alla condotta tenuta dal medesimo, considerando che il (…) procedeva a bordo della sua bicicletta, in una situazione, quindi, nella quale la velocità avrebbe dovuto essere ridotta, così da scorgere e superare eventuali anomalie del manto stradale, tenuto conto, altresì, delle ottimali condizioni di visibilità.
Il convenuto, inoltre, contestò la sproporzione della richiesta risarcitoria, effettuata secondo le tabelle Milanesi (nelle quali il risarcimento si considera omnicomprensivo) e di una voce aggiuntiva di danno non patrimoniale.
In esito all’istruzione consistita nell’acquisizione di documentazione, nell’assunzione di prova testimoniale e nell’espletamento di CTU, con sentenza n. 3035/2019 del 18 luglio 2019, emessa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., il giudice di prime cure condannò il COMUNE di ALTOFONTE al pagamento in favore del (…) della complessiva somma di Euro 20.861,50, di cui Euro 20.358,00, a titolo di danno non patrimoniale già attualizzato ed Euro 503,50, a titolo di danno patrimoniale corrispondente alle spese mediche sostenute da rivalutare, oltre interessi a decorrere dalla data dell’evento dannoso sino al soddisfo, calcolati secondo il principio enunciato dalle S.U. con sentenza n. 1712/1995, nonché alla refusione delle spese di lite, comprese quelle relative alla disposta consulenza.
A sostegno della decisione, rilevò che:
– era stato provato il fatto storico del verificarsi del sinistro e la sua riconducibilità a un’anomalia presente sul manto stradale;
– la responsabilità dell’evento dannoso subito da parte attrice era ascrivile al COMUNE di ALTOFONTE, in quanto proprietario del tratto di strada nel quale si trovava il dissesto che aveva provocato il sinistro;
– il teste (…) aveva confermato la prospettazione attorea e dunque la presenza di tale irregolarità consistente in una grande buca in prossimità della curva ed aveva altresì riferito che il (…) era caduto all’interno della stessa, precisando che il giorno del sinistro, mentre stava percorrendo la via Veronica sita in Altofonte a piedi e in salita, aveva visto (…) procedere in senso opposto e “incappare” nella suddetta buca ed altresì che il predetto “nello scivolare “era “andato ad impattare contro un’autovettura che si era fermata lungo la carreggiata”;
– dalla produzione fotografica prodotta da parte attrice, nella quale era ritratta l’anomalia stradale, si desumeva che il ciclista nulla avrebbe potuto fare per evitarla, se non rischiando di essere investito dall’autovettura sopraggiunta nel senso opposto di marcia (circostanza riferita dal teste), sulla quale era andato comunque ad urtare dopo essere caduto a causa della presenza della buca;
– non era stato dimostrato in giudizio che il (…) già conoscesse i suddetti luoghi e, neppure, che l’anomalia fosse in qualche modo segnalata o comunque verificatasi in tempo non sufficiente a rendere esigibile da parte del custode un intervento di messa in sicurezza;
– il COMUNE di ALTOFONTE, in definitiva, non aveva fornito la prova circa l’adozione di tutte le misure necessarie e idonee ad evitare l’evento dannoso o che il fatto fosse riconducibile al “fortuito”;
– il nominato C.T.U. aveva accertato, all’esito di un’indagine medica coerente e lineare, avvalorata anche dal tenore dei documenti clinici in atti, un’invalidità permanente del (…) pari all’8%, nonché un’inabilità temporanea di complessivi 60 giorni (di cui 30 per I.T.A e 30 per I.T.P. al 50%);
– poteva essere liquidato il danno non patrimoniale in complessivi Euro 20.358,00, secondo quanto previsto nelle tabelle del Tribunale di Milano (anche in considerazione dell’assenza di comprovate circostanze soggettive per una personalizzazione del danno biologico, con riguardo al suo aspetto dinamico relazionale) e il danno patrimoniale in Euro 503,50, connesso alle spese mediche documentate, la cui congruità era stata altresì attestata dal CTU;
– pertanto, il COMUNE di ALTOFONTE andava condannato a corrispondere al (…) la complessiva somma di Euro 20.861,50, con gli interessi quantificati anno per anno sulle somma via via rivalutata dall’epoca del fatto al soddisfo, secondo il criterio di cui alla sentenza della Suprema Corte n. 1712/1995.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto appello il COMUNE di ALTOFONTE per quattro motivi.
3. Si è costituito in giudizio (…), che ha resistito all’impugnazione e ha richiesto, nel merito, la conferma della sentenza di primo grado e, in ogni caso, il rigetto di tutte le domande di controparte in quanto infondate.
4. Respinta l’istanza di sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza, con ordinanza dei giorni 20/29 maggio 2020, la causa è stata infine rimessa all’udienza collegiale del 16 febbraio 2020, trattata con le modalità di cui all’art. 221 co. IV D.L. 19 maggio 2020 n. 34, convertito in L. 17 luglio 2020 n. 77 e in pari data assunta in deliberazione, con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle eventuali memorie di replica.
5. L’appello è fondato.
Con il primo motivo di gravame, il COMUNE di ALTOFONTE ha criticato la sentenza impugnata in quanto fondata su una erronea ricostruzione del fatto, non avendo il Giudice di primo grado correttamente valutato tutti i mezzi istruttori e, segnatamente, alcuni documenti decisivi ai fini del decidere, come il modello di constatazione amichevole di incidente sottoscritto dal (…) e da tale (…), contenuto nel fascicolo dell’attore, nel quale era rappresentata una diversa dinamica del fatto.
Con il secondo motivo, l’appellante ha censurato l’erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione del provvedimento impugnato, avendo il Giudice di primo grado fornito una motivazione del tutto generica, oltre che scevra da ogni riferimento alla fattispecie concreta, privilegiando la prospettazione dell’attore, confermata dalla prova dichiarativa raccolta, ma trascurando di prendere in considerazione gli altri elementi documentali distonici emersi in sede istruttoria sui quali peraltro le parti avevano dibattuto e che consentivano di ritenere che esistesse una prova liberatoria in ordine alla responsabilità dell’ente pubblico.
Con il terzo motivo, il COMUNE di ALTOFONTE ha denunziato, in via subordinata, l’erroneità del provvedimento impugnato anche sotto il profilo della mancata valutazione del comportamento colposo tenuto dal (…), connotato da distrazione e imprudenza, in ogni caso idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e l’evento, avuto riguardo alle condizioni di piena visibilità in loco e tenuto conto della tipologia del veicolo a bordo del quale il danneggiato procedeva, che imponeva in sé una ridotta velocità.
Con il quarto ed ultimo motivo, infine, l’appellante ha impugnato il capo della sentenza con cui era stato condannato al pagamento delle spese processuali, atteso che la circostanza che la domanda di parte attrice era stata accolta solo parzialmente e per un importo inferiore rispetto a quello dalla stessa domandato, avrebbe dovuto indurre quanto meno ad una compensazione delle spese di lite e non già una condanna integrale dell’Ente comunale.
I primi due motivi, da esaminare congiuntamente poiché intrinsecamente connessi, sono fondati.
II COMUNE di ALTOFONTE, come già anticipato, si duole del fatto che il Tribunale abbia omesso di valutare tutti i mezzi istruttori prodotti in giudizio, così procedendo a delineare una erronea e superficiale ricostruzione del fatto storico, corredata da motivazione assolutamente carente.
Segnatamente, l’appellante rileva che, nel corso del giudizio di primo grado, lo stesso (…) aveva depositato, tra gli atti a corredo del proprio atto introduttivo, un modello di constatazione amichevole di incidente (c.d. CID), sottoscritto dal medesimo e dal (…), in qualità di conducente del veicolo coinvolto nel sinistro stradale, proprio lo stesso giorno dell’evento (06.01.2015) e dunque nelle immediatezze del fatto, dal quale emergeva una dinamica del tutto diversa rispetto a quella propugnata dall’appellato e che il Giudice di prime cure aveva posto a fondamento del proprio convincimento.
Ed invero, nel documento in questione, (…), terzo estraneo alla lite, si attribuisce l’esclusiva responsabilità dell’accadimento dichiarando che: “affrontando la curva a gomito, non vedendo il ciclista, finivo nella sua carreggiata, colpendolo e facendolo cadere”.
Ora tale dinamica del fatto risulta in palese in contrasto con quella dedotta nell’atto di citazione, nei successivi atti del primo grado di giudizio e in appello, nonché con la ricostruzione prospettata dal teste (…), conoscente dell’appellato, che, all’udienza del 15 dicembre 2017, tenutasi dopo che le parti avevano già interloquito sul documento testé menzionato con le memorie di cui all’art. 183 co. VI n. 2 c.p.c., ha invece testualmente riferito: “… (…) è caduto proprio dentro la buca ed a causa della buca stessa. La buca era abbastanza grande, e per quel che mi ricordo la buca si trovava sui luoghi da tempo. La carreggiata non è molto larga quindi quando le macchine salgono devono allargarsi e invadere un poco la corsia opposta, quindi ritengo che l’autovettura si sia fermata avendo visto che lungo la carreggiata opposta c’era (…) con la sua bicicletta. La buca è quella rappresentata dalle foto che mi vengono mostrate anche se non si vedono bene in quanto in bianco e nero. L’incidente è avvenuto alle 10:30/11:00 circa. Praticamente (…) è caduto alla mia altezza circa… Qualcuno ha pensato che il conducente dell’autovettura avesse investito (…) ma in realtà (…) è finito contro l’autovettura dopo essere caduto a causa della buca. Io sono certo che il sig. (…) sia caduto sulla buca e dopo sia finito contro l’autovettura che tra l’altro era ferma…” (vedi verbale dell’udienza citata).
Secondo il Giudice di primo grado, tuttavia, alla luce della produzione fotografica e tenuto conto della dichiarazione del citato teste, il COMUNE di ALTOFONTE non poteva che ritenersi l’unico soggetto responsabile dell’evento dannoso, ex art. 2051 c.c., in quanto proprietario del tratto di strada dissestato, avendo reputato il fatto causalmente riconducibile esclusivamente alla condizione del manto stradale.
Il Tribunale, in definitiva, nonostante la presenza di due diverse plausibili ricostruzioni del sinistro, ha comunque fondato il proprio convincimento unicamente sulla prova testimoniale, prescindendo dall’esame dell’ulteriore documento (CID) sottoscritto, per di più, dallo stesso (…) e limitandosi a rilevare che: “Il teste escusso ha invero riferito che la buca presente lungo la sede stradale percorsa dall’attore era grande e che in quel frangente proveniva un’autovettura dal senso di marcia opposto, rendendo quindi inevitabile il dissesto della carreggiata in parte impegnata dall’autovettura proveniente dal senso opposto di marcia ed in parte dissestata. Né peraltro il Comune ha dimostrato l’esistenza di un percorso alternativo onde evitare di transitare nella parte di carreggiata su cui insisteva il dissesto… appare evidente che il ciclista nulla avrebbe potuto fare, per evitare l’anomalia stradale, se non rischiando di essere investito dal veicolo predetto, sul quale comunque è andato ad impattarvi dopo essere caduto a causa della presenza della buca”.
Reputa il Collegio che l’assunto non sia affatto condivisibile e che il documento trascurato dal Tribunale, posto a confronto con la prova dichiarativa, risulti avere una notevole valenza proprio in quanto sottoscritto dallo stesso (…), che non ha mai disconosciuto la sua sottoscrizione, né ha dato spiegazioni plausibili al riguardo.
D’altra parte, il terzo conducente dell’autoveicolo non avrebbe avuto ragione di sottoscrivere il modulo ove avesse ritenuto a sé non ascrivibile la responsabilità del fatto.
In tale documento si legge, infatti, che il conducente del veicolo mentre girava a destra (e dunque non era affatto fermo, come sostenuto dal teste – “ritengo che l’autovettura si sia fermata avendo visto che lungo la carreggiata opposta c’era (…) con la sua bicicletta… Io sono certo che il sig. (…) sia caduto sulla buca e dopo sia finito contro l’autovettura che tra l’altro era ferma” -), affrontando la curva a gomito, invadeva la sede stradale riservata alla circolazione in senso inverso, così investendo il ciclista.
Peraltro, sebbene nel modulo del CID sia contenuto uno spazio apposito, non risulta annotata la presenza di alcun testimone presente sui luoghi, né, per altro verso, si evince alcun riferimento all’esistenza di una buca sui luoghi che ben avrebbe potuto quanto meno attenuare la responsabilità ammessa dal conducente del veicolo.
Si rileva, altresì, che l’appellato non ha mai menzionato la presenza di un’autovettura al momento e sui luoghi del sinistro, se non per controdedurre in ordine al CID prodotto e valorizzato dalla controparte, affermando, solo in sede di memorie istruttorie, che dagli accertamenti successivamente svolti dalla (…) assicurazione, a mezzo di un proprio fiduciario, “è risultato che il ciclista aveva perso il controllo del mezzo a causa delle cattive condizioni della strada, e che in seguito alla caduta aveva urtato l’autovettura Renault”.
Occorre precisare, tuttavia, che il (…) non ha fornito alcun elemento relativo all’indagine asseritamente svolta dal predetto fiduciario, che avrebbe condotto ad escludere la responsabilità del conducente dell’autovettura nel CID affermata a chiare lettere, essendo stato prodotto soltanto un atto indirizzato alla (…) contenente la dichiarazione di rinuncia a qualsiasi richiesta formulata con lettera precedente di messa in mora, del quale, però, non è stata parimenti fornita nessuna prova di invio, né di ricezione da parte dei soggetti interessati.
Ciò posto, va rammentato che il criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno, mentre al custode spetta l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo anche della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso, che può anche essere esclusiva (Cass. n. 30775/2017 e n. 2483/2018).
Il fortuito può peraltro consistere anche nel fatto del terzo quando la condotta di quest’ultimo, estranea al custode, è di per sè idonea a provocare il danno a prescindere dall’uso della cosa in custodia, avendo valenza autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile e risultando perciò dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell’evento lesivo (Cass. n. 26533/2017 e n. 18317/2015).
Deve in sostanza ritenersi che l’art. 2051 c.c., se pur configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno.
Nel caso di specie, detto necessario nesso eziologico non risulta essere stato compiutamente provato dal (…).
Quest’ultimo, infatti, se pur non tenuto alla denuncia del sinistro stradale in quanto non rientrante nel novero dei soggetti a ciò onerati per legge (artt. 5 L. 39/1977 e 143 D.Lvo 209/2005), ha comunque provveduto, unitamente al conducente dell’autoveicolo coinvolto nel sinistro, a compilare il citato documento, dichiarando essersi verificata una dinamica del fatto assolutamente diversa rispetto a quella allegata successivamente nei propri atti difensivi in entrambi i gradi di giudizio.
In proposito occorre ricordare che, secondo un costante indirizzo giurisprudenziale, il modulo di constatazione amichevole di sinistro stradale, quando è sottoscritto dai conducenti coinvolti e completo in ogni sua parte, compresa la data, genera una presunzione “iuris tantum” valevole nei confronti dell’assicuratore, valida fino a prova contraria, del fatto che il sinistro si sia verificato con le modalità ivi indicate, la quale può ovviamente essere superata, ma è necessario che il giudice del merito ne spieghi le ragioni (Cass. n. 29146/2017).
Quale dichiarazione sottoscritta da una delle parti a un terzo estraneo al giudizio, inoltre, il suddetto modulo, assume valore di confessione stragiudiziale e, a norma dell’art. 2735 c.c., produce i medesimi effetti della confessione giudiziale ed è pertanto liberamente apprezzata dal giudice (Cass. sent. 2659/2003; n. 8525/2004; n. 27005/2005).
In sostanza, tale modulo CID assume valore indiziario circa i fatti relativi al sinistro nei confronti dei soggetti terzi estranei alla lite (conducente dell’autoveicolo), potendo contribuire a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo (Cass. sent. n. 21554/2020).
Ora, nel caso concreto, nel CID si intersecano due dichiarazioni una del terzo che si è assunto la piena ed esclusiva responsabilità dell’accaduto e quella del danneggiato che ha confermato tale dinamica del fatto.
Ciò nonostante il Giudice di primo grado, come detto, ha fondato il proprio convincimento basandosi esclusivamente sulla prova testimoniale, ovvero sulla ricostruzione fornita dal teste (…), omettendo ogni valutazione dell’altro e assai rilevante elemento, ossia la dichiarazione contenuta nel modulo CID resa dal (…), che costituisce anch’essa prova liberamente valutabile del fatto storico.
Orbene, l’aver del tutto omesso l’esame del suddetto documento prodotto dall’appellato già nel corso del giudizio di primo grado, nonostante l’evidente rilevanza in ordine alla decisione della causa, ha determinato, come opinato dall’appellante, un iter motivazionale del provvedimento impugnato che, complessivamente, non può che ritenersi generico ed insufficiente, in quanto fondato su un quadro probatorio del tutto parziale.
In sostanza, la ricostruzione del fatto operata dal primo Giudice non risulta solida ben potendo ritenersi che la dinamica del fatto sia stata diversa tenuto anche conto della intrinseca contraddittorietà della prova testimoniale, avendo affermato il teste di aver “dedotto” che l’autovettura era ferma, salvo poi sottolinearlo con certezza proprio in relazione alla diversa ricostruzione risultante dal CID, ossia quella che il (…) fosse stato invece investito dal veicolo che transitava nel senso opposto di marcia e che, proprio per la conformazione della strada, a gomito, era costretto a invadere in parte l’altra carreggiata per procedere avanti in salita (La carreggiata non è molto larga quindi quando le macchine salgono devono allargarsi e invadere un poco la corsia opposta, quindi ritengo che l’autovettura si sia fermata avendo visto che lungo la carreggiata opposta c’era (…) con la sua bicicletta).
Da un lato, infatti, il teste (…) ha dichiarato dinanzi al primo Giudice che “… Qualcuno ha pensato che il conducente dell’autovettura avesse investito (…) ma in realtà (…) è finito contro l’autovettura dopo essere caduto a causa della buca. Io sono certo che il sig. (…) sia caduto sulla buca e dopo sia finito contro l’autovettura che tra l’altro era ferma”.
Dall’altro, il modulo CID, come già evidenziato, avente la stessa efficacia probatoria della confessione giudiziale in virtù del combinato disposto degli artt. 2735 e 2733 c.c., attesta una ricostruzione completamente diversa del fatto storico e incompatibile con la testimonianza resa.
In conclusione, la palese discordanza degli elementi di giudizio emersi in sede istruttoria non può che far ritenere inattendibile la testimonianza raccolta in prime cure e comunque incerta la dinamica del fatto e conseguentemente non comprovato il nesso causale fra il dissesto presente nella sede stradale e l’incidente, fatto che induce ad escludere la responsabilità dell’appellante ai sensi degli artt. 2051 e 2043 c.c.
Per quanto esposto, la sentenza impugnata va integralmente riformata con conseguente rigetto della domanda originariamente proposta dal (…) nei confronti del COMUNE di ALTOFONTE.
6. Le spese di lite del doppio grado, comprese quelle della consulenza tecnica disposta in prime cure, seguono la soccombenza dell’appellato, dovendo ritenersi assorbite nelle superiori statuizioni tutte le altre richieste delle parti.
Infine, va disposta la trasmissione della presente sentenza e degli atti di causa alla Procura della Repubblica per le valutazioni di competenza con riguardo alla testimonianza resa in prime cure da (…).
P.Q.M.
La Corte, uditi i procuratori delle parti, definitivamente pronunciando, in riforma della sentenza n. 3035/2019, emessa il 18.06.2019 dal Tribunale di Palermo nel giudizio R.G. 12633/2016, appellata dal COMUNE DI ALTOFONTE nei confronti di (…) (…), con citazione del 2 gennaio 2020, rigetta la domanda proposta dal (…) nei confronti del COMUNE di ALTOFONTE con atto di citazione del 5 luglio 2016;
condanna (…) al pagamento delle spese processuali sostenute dal COMUNE di ALTOFONTE che liquida per il primo grado in Euro 3.000,00 e per il secondo in Euro 2.200,00, oltre, per entrambi i gradi, spese vive, spese generali, C.P.A. e I.V.A.;
lascia definitivamente a carico del (…) le spese relative alla consulenza tecnica disposta in prime cure;
dispone trasmettersi la presente sentenza e gli atti di causa alla Procura della Repubblica per le valutazioni di competenza in merito alla deposizione di (…) resa all’udienza del 15 dicembre 2017.
Così deciso in Palermo il 18 maggio 2022.
Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2022.
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