la funzione della commissione di estinzione anticipata non è quella di remunerare l’erogazione del credito, come richiesto dalla L. n. 108 del 1996 ai fini della valutazione della usurarietà dei tassi pattuiti, bensì quella di compensare la Banca mutuante delle conseguenze economiche per sé negative derivanti dall’estinzione anticipata del debito da restituzione, nell’ipotesi in cui il mutuatario intenda esercitare la facoltà di recesso prima della scadenza naturale del contratto. Si tratta, dunque, del costo connesso alla facoltà attribuita al mutuatario di rimborsare anticipatamente il debito evitando, così, il pagamento degli interessi futuri e non è dunque collegata alla erogazione del credito. Trattandosi, poi, di una facoltà, il mutuatario sopporta tale costo solo se decide – cosa peraltro neppure avvenuta nel caso di specie – di avvalersene nel suo interesse per estinguere anticipatamente il mutuo.

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Tribunale Roma, Sezione 1 civile Sentenza 25 marzo 2019, n. 6301

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI ROMA

XVII Sezione civile

in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Fausto Basile, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 21067 del R.G.A.C.C. dell’anno 2017, e vertente

tra

(…) e (…) rappresentati e difesi, anche disgiuntamente, giusta procura a margine dell’atto di citazione, dagli Avv.ti Ca.Sb. e An.Pe. ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Roma, Lungotevere (…);

ATTORI

e

(…) S.p.A., incorporante il (…) Soc. coop. e (…) Soc. Coop. a.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, giusta procura speciale alle liti in calce all’atto di comparsa di costituzione e risposta, dall’Avv. Ba.Na. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, via (…);

OGGETTO: mutuo ipotecario; usura.

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione ritualmente notificato, (…) e (…) hanno citato in giudizio, dinanzi all’intestato Tribunale, il (…) Società Cooperativa (di seguito anche solo la Banca), al fine di contestare l’illegittimità di alcune condizioni pattuite con il contratto di mutuo ipotecario stipulato con la Banca convenuta in data 03.06.2008 (rep. n. (…) – racc. n. (…) a rogito Notaio P.L.) per la complessiva somma di 189.000,00 euro da restituirsi in 360 rate a decorrere dalla data indicata nel piano di ammortamento (doc. n. 1).

In data 29.01.2014, le parti hanno chiesto la sospensione del pagamento delle rate di mutuo dalla rata scaduta del 31.10.2013 alla rata scadente del 31.03.2015 (doc. n.3). Sicché, a far data dal 18.05.2015, la somma mutuata risultava complessivamente pari ad Euro 192.385.63,00.

Ciò posto, con riferimento al contratto de quo, gli attori hanno lamentato la pattuizione di interessi corrispettivi e moratori in misura superiore a quella consentita in violazione della normativa antiusura ex L. n. 108 del 1996, l’indeterminatezza dell’oggetto del mutuo azionato e l’indebita applicazione di interessi anatocistici per effetto dell’applicazione di un piano di ammortamento c.d. alla francese.

In particolare, sulla scorta di valutazioni e calcoli contenuti nelle consulenze di parte (doc. n. 5), parte attrice ha dedotto la usurarietà del tassi di interesse in ragione anche della sommatoria dei due tassi contrattuali, nonché degli oneri accessori e delle ulteriori spese rilevanti ai fini del superamento del tasso soglia usurario da parte dei tassi effettivi globali.

L’attrice ha dunque chiesto l’accertamento della pattuizione di interessi usurari e, per l’effetto, la gratuità del contratto di mutuo ex art. 1815, comma 2, c.c., la ripetizione di quanto corrisposto alla Banca a titolo di usura, nonché la rideterminazione dei rapporti dare – avere inter partes.

In via istruttoria, ha richiesto disporsi CTU contabile al fine di confermare le risultanze del perito di parte.

Si è costituito in giudizio il (…) S.p.A. chiedendo, in via preliminare, di dichiararsi la nullità dell’atto di citazione sul presupposto della genericità e vaghezza delle allegazioni ivi contenute; nel merito, il rigetto delle domande avversarie in quanto infondate in fatto e in diritto.

In particolare, a sostegno della propria difesa, la Banca ha dedotto l’infondatezza della tesi di parte attrice fondata sulla sommatoria degli interessi corrispettivi e moratori ai fini della rilevazione dell’usura, nonché l’erroneità delle avverse prospettazioni in punto di indeterminatezza dell’oggetto contrattuale e di pretesa applicazione anatocistica degli interessi collegate all’ammortamento alla francese.

All’udienza di prima comparizione del 21.09.2017, il Giudice ha concesso i termini ex art. 183, comma 6, c.p.c., rinviando la causa per l’eventuale ammissione dei mezzi istruttori.

All’udienza del 31.01.2018, ritenuta la causa documentalmente istruita, è stata fissata l’udienza per la precisazione delle conclusioni.

All’udienza del 16.01.2019, sulle conclusioni trascritte in epigrafe, la causa è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione alle parti dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Le domande di parte attrice sono infondate e, pertanto, vanno rigettate per i seguenti motivi.

Con riferimento alla dedotta usurarietà dei tassi di interesse del contratto di mutuo de quo, non è innanzitutto condivisibile la tesi della sommatoria dei tassi di interesse corrispettivi e moratori, sul quale si fondano, quantomeno in parte, le domande di accertamento della pattuizione di interessi usurari e di ripetizione della somme indebitamente corrisposte alla Banca a titolo di interessi non dovuti.

In primo luogo, il Tribunale ritiene che la verifica tesa a determinare se i tassi di interesse pattuiti e applicati al contratto di mutuo siano usurario o meno, ai sensi della L. n. 108 del 1996, dovrebbe involgere soltanto gli interessi corrispettivi e non anche gli interessi moratori.

Tuttavia, è noto il contrario orientamento di legittimità, secondo il quale “si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori” (Cass., 9 gennaio 2013, n. 350).

Tale decisione richiama espressamente quanto affermato da Corte Cost., 25 febbraio 2002, n. 29, per la quale “il riferimento, contenuto nell’art. 1, comma 1, del D.L. n. 394 del 2000, agli interessi “a qualunque titolo convenuti” rende plausibile … l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori”, e si pone sulla scia di quanto affermato, tra le altre, da Cass.. 4 aprile 2003, n. 5324, Cass. 17 novembre 2000, n. 14899, e Cass. 22 aprile 2000, n. 5286.

Tale orientamento, peraltro, è stato recentemente ribadito da Cass., 5598/17 e da Cass. 23192/2017.

Quest’ultima pronuncia, in particolare, non ha avallato né la tesi della sommatoria dei tassi di interesse, né quella del raffronto dei tassi di interessi moratori con TSU basato sulle rilevazioni trimestrali dei decreti ministeriali emanati in esecuzione della L. n. 108 del 1996 con riferimento ai soli interessi corrispettivi.

La S.C. ha invece riconosciuto l’erroneità della decisione che basa l’accertamento del mancato superamento del tasso soglia antiusura sulla sola base dell’assunto che non sarebbe consentito cumulare il tasso degli interessi corrispettivi con il tasso degli interessi moratori. Cosicché si imporrebbe una separata verifica in ordine al superamento del tasso soglia usurario da parte dei soli interessi moratori, senza alcuna sommatoria con quelli corrispettivi.

Da ultimo, con l’ordinanza n. 27442/18 la III Sez. della Corte di Cassazione ha ribadito tale orientamento proprio in considerazione della identità di funzione tra interessi corrispettivi e interessi moratori.

Ciononostante, il riferito orientamento giurisprudenziale, benché autorevole, non appare condivisibile, in quanto sembra trascurare la diversa funzione assolta dagli interessi corrispettivi e dagli interessi moratori, i primi, costituenti il corrispettivo previsto per il godimento diretto di una somma di denaro, avuto riguardo alla normale produttività della moneta (cfr. Cass. 22 dicembre 2011, n. 28204), i secondi, rappresentanti una liquidazione anticipata, presuntiva e forfettaria del danno causato dall’inadempimento o dal ritardato adempimento di un’obbligazione pecuniaria.

Difatti, il tasso di mora ha un’autonoma funzione risarcitoria per il fatto, solo eventuale e imputabile al mutuatario, del mancato o del ritardato pagamento e la sua incidenza va rapportata al protrarsi ed alla gravità della inadempienza, del tutto diversa dalla funzione di remunerazione propria degli interessi corrispettivi (cfr. Trib. Milano, 22 maggio 2014; Trib. Verona, 9 aprile 2014; Trib. Brescia, 16 gennaio 2014).

Sebbene la distinzione tra le due figure risultasse meno sfumata sotto il vigore dell’art. 41 cod. comm., il quale ammetteva l’automaticità della produzione di interessi non moratori limitatamente ai soli rapporti oggettivamente commerciali, non può per ciò solo ritenersi che l’ art. 1282 c.c. sia sovrapponibile all’art. 1224 c.c. e che, dunque, gli interessi corrispettivi e quelli moratori possano porsi sullo stesso piano, in quanto, come evidenziato anche da autorevole dottrina, sono identificabili diverse situazioni in cui si verifica un’esigibilità o un ritardo nel pagamento senza una corrispondente situazione di mora (quale, ad esempio, il caso del corrispettivo pecuniario divenuto esigibile per l’appaltatore dopo la consegna e l’accettazione dell’opera da parte dell’appaltante, esigibile anche qualora non sia decorso il termine per l’ adempimento), situazioni riconducibili nell’alveo della prima disposizione, ma non in quello della seconda, il cui ambito di applicazione è circoscritto in quello della prima.

Le due tipologie di interessi si distinguono anche sul piano della disciplina applicabile, in quanto gli interessi moratori sono dovuti, a differenza di quelli corrispettivi, dal giorno della mora e a prescindere dalla prova del danno subito, ai sensi dell’art. 1224, primo comma, c.c., e vengono introdotti coattivamente ex lege, per il caso dell’inadempimento, anche in un rapporto contrattuale che non li abbia originariamente previsti, attesa la loro natura latamente punitiva (cfr. Trib. Roma, 16 settembre 2014).

Inoltre, le due figure di interessi si pongono in rapporto di alternatività, in quanto la lettura congiunta degli artt. 1182, terzo comma, e 1219, secondo comma, punto terzo, c.c., porta ad affermare che, qualora si tratti di obbligazioni pecuniarie portables e sia scaduto il termine per l’adempimento, l’ambito di applicazione dell’art. 1282 c.c., riconducibile agli interessi corrispettivi, risulti completamente affievolito.

Infatti, non appena il credito diventa liquido ed esigibile si costituiscono le condizioni ed i presupposti per l’applicazione dell’art. 1224 c.c., norma questa prevalente in base al principio di specialità ex art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale; sicché in tal caso interessi corrispettivi ed interessi moratori, in via di principio, non si cumulano, ma sono dovuti solo i secondi (cfr. ABF – Collegio di Milano, 3 giugno 2014, n. 3577; ABF – Collegio di Napoli, 20 novembre 2013, n. 5877).

In considerazione della evidenziata funzione di liquidazione forfettaria e anticipata del danno da inadempimento assolta dagli interessi moratori, a questi va applicata la disciplina prevista per la clausola penale, con la conseguenza che, qualora la loro misura sia eccessiva, troverà applicazione lo strumento della riduzione giudiziale ex art. 1384 c.c., ma non potrà farsi ricorso alla loro completa eliminazione (cfr. Trib. Napoli, 12 febbraio 2014; ABF – Collegio di coordinamento, 28 marzo 2014, n. 1875; ABF – Collegio di Napoli, 13 gennaio 2014, n. 125).

Il superiore orientamento della citata giurisprudenza di legittimità sembra porsi in contrasto anche con la ratio sottesa alla fattispecie delittuosa del reato di usura – che sanziona, all’art. 644 c.p., la condotta di chi si fa dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari quale corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità – da individuarsi, come desumibile anche dal disposto del comma terzo del medesimo articolo, nel divieto di convenire un corrispettivo sproporzionato per la concessione in godimento del denaro di altra utilità.

Per le suesposte ragioni, dovrebbero assumere rilevanza, ai fini dell’integrazione degli estremi dell’usura, solo quelle prestazioni di natura corrispettiva (siano esse interessi convenzionali, remunerazioni, commissioni o spese diverse da quelle legate ad imposte e tasse) legate alla fisiologica attuazione del programma negoziale, non essendo possibile estendere l’ambito di applicazione della fattispecie in esame anche alle prestazioni riconducibili alla mora debendi (cfr. Tribunale Verona 9 aprile 2014; in materia penale, vedi Trib. Torino, GUP, 10 giugno 2014).

Tale interpretazione appare suffragata dalla stessa giurisprudenza di legittimità, laddove ha affermato che “la “clausola penale” per la sua funzione (desumibile dal dettato degli artt. 1382 – 1386 c.c.) ex se, non può essere considerata come parte di quel “corrispettivo” che previsto dall’art. 644 c.p. può assumere carattere di illiceità, poiché sul piano giuridico l’obbligazione nascente dalla clausola penale non si pone come corrispettivo dell’obbligazione principale, ma come effetto derivante da una diversa causa che è un inadempimento”, a meno che le parti non abbiano dissimulato il pagamento di un corrispettivo, attraverso un simulato e preordinato inadempimento (cfr. Cass., Sez. II, n. 5683 del 25/10/2012 – dep. 05/02/2013 – (…)).

Non appare calzante, in senso opposto, il riferimento al dettato dell’art. 1 comma 1, D.L. n. 394 del 2000, convertito, con modificazioni, nella L. n. 24 del 2001, secondo cui “ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”, legge emanata al dichiarato fine di evitare effetti pregiudizievoli in ordine alla stabilità del sistema creditizio nazionale che sarebbero potuti derivare dall’orientamento giurisprudenziale (v. Cass. n. 14899/00, cit.) propenso a riconoscere la sopravvenuta usurarietà dei tassi di interesse, benché legittimi al momento della conclusione del contratto di mutuo, per effetto della variazione medio tempore del c.d. tasso-soglia.

Non può, infatti, riconoscersi a tale norma, in considerazione della sua natura di interpretazione autentica, carattere innovativo rispetto alla disciplina dettata dall’art. 644 c.p. e, come tale, idonea ad ampliare la fattispecie delittuosa del reato di usura, includendo anche oneri non ricollegabili alla erogazione del credito.

Sotto altro profilo, occorre rilevare che i decreti del Ministero dell’economia e delle finanze con cui, in attuazione della L. n. 108 del 1996, sono periodicamente individuati i tassi effettivi globali medi rilevanti ai fini dell’usura tengono in considerazione soltanto gli interessi corrispettivi e non anche gli interessi moratori.

A partire dal D.M. del 25 marzo 2003, è stato precisato espressamente che i tassi effettivi globali medi non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento e che l’indagine statistica condotta a fini conoscitivi dalla (…) e dall’Ufficio Italiano dei Cambi già all’epoca aveva rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali.

In data 3 luglio 2013, successivamente all’emanazione della richiamata pronuncia della Cassazione, la (…) ha diffuso un Comunicato secondo il quale gli interessi di mora, pur essendo soggetti alla normativa anti-usura, sono esclusi dal calcolo del TEGM, in ragione del fatto che trattasi di oneri eventuali la cui debenza ed applicazione cadono solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente e ha conseguentemente chiarito che, in assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori, adotterà, nei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, il criterio in base al quale i TEGM pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo.

Pertanto, laddove si sostenga che la verifica del superamento del tasso soglia antiusura riguardi anche gli interessi moratori, appare incoerente e del tutto illogico utilizzare, ai fini dell’accertamento dell’usurarietà dei tassi di interesse di mora soglie determinate con riferimento ai soli interessi corrispettivi e agli oneri connessi all’erogazione del credito.

Anche l’interpretazione del dato normativo condotta sotto il profilo più strettamente economico conduce alla conclusione della impossibilità di attribuire rilevanza, ai fini del superamento del tasso soglia usurario, agli interessi moratori.

Difatti, come evidenziato nella richiamata Comunicazione della (…), l’esclusione degli interessi moratori dal calcolo dell’usura evita di considerare nella media operazioni con andamento anomalo, per cui se si prendessero in considerazione anche tali interessi, potrebbe determinarsi un eccessivo innalzamento delle soglie, in danno della clientela, così frustrando le stesse finalità della normativa.

Sarebbe d’altro canto incongruo ritenere che l’usurarietà degli interessi moratori possa essere accertata sulla base di un tasso soglia stabilito senza tener conto dei maggiori costi indotti, per il creditore, dall’inadempimento del debitore (ABF, Collegio di Roma, decisione n. 260 del 17 gennaio 2014, (…)).

Da ultimo, va evidenziato che, portando alle estreme conseguenze logiche il citato orientamento della giurisprudenza di legittimità, si dovrebbe concludere nel senso della non coerenza dei decreti ministeriali emanati in attuazione della L. n. 108 del 1996 con le norme di rango primario della stessa Legge, in quanto adottati sull’erroneo presupposto della non rilevanza degli interessi moratori, con conseguente inapplicabilità a questi ultimi delle soglie fissate per i soli interessi corrispettivi e gli ulteriori oneri connessi all’ erogazione del credito.

Tuttavia, nonostante le argomentazioni svolte, il Tribunale, preso atto del superiore orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia di interessi usurari, non si limita ad affermare l’illegittimità della tesi della sommatoria delle diverse tipologie di tassi di interesse ai fini della verifica del superamento della soglia antiusura, ma procederà ad un’autonoma verifica in ordine all’eventuale superamento del TSU da parte degli interessi di mora.

A tal fine, va in ogni caso richiamata l’anzidetta impossibilità di comparare elementi tra di loro disomogenei: da una parte, gli interessi di mora convenzionalmente pattuiti, dall’altra, con il TEGM rilevato sulla media degli interessi corrispettivi praticati dagli intermediari finanziari abilitati.

Per cui, la verifica dell’eventuale usurarietà del tasso di mora va effettuata raffrontandolo con un TSU determinato previa maggiorazione del TEGM dei 2,1 punti percentuali rilevati dalla (…) nell’ambito dei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, e poi aumentato della metà.

Su tale questione è recentemente intervenuta la Terza Sezione della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27442/18, (già citata) che, dopo aver confermato la tesi dell’applicabilità anche agli interessi moratori della disciplina inerente gli interessi usurari, ha ritenuto, incidentalmente, non applicabile l’aumento del TEGM della suddetta percentuale del 2,1. al fine di determinare il tasso soglia comprensivo della valutazione dei tassi moratori (definendola un’operazione “fantomatica”).

Il Tribunale non condivide tale affermazione, peraltro espressa solo nelle notazioni finali del lungo percorso motivazionale della predetta ordinanza.

A tale riguardo, infatti, oltre alle argomentazioni innanzi esposte in argomento, va tenuto conto del principio della necessità di comparare dati tra di loro omogenei, affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite n.16303 del 2018 intervenuta in materia del calcolo di interessi usurari in presenza della pattuizione di commissioni di massimo scoperto.

In realtà, la necessità di utilizzare e confrontare dati tra di loro omogenei appare evidente anche nel caso degli interessi moratori e legittima l’utilizzo, ai fini della verifica del superamento del TSU, della maggiorazione media del 2,1% indicata nei D.M. di rilevazione dei TEGM con riferimento agli interessi stabiliti contrattualmente in caso di ritardato pagamento rispetto a quelli corrispettivi.

Alla stregua delle considerazioni fin qui esposte, nel caso di specie, valutati i dati oggettivi che emergono dal contratto di mutuo in contestazione (doc. n. 1, fasc. parte attrice) si rileva innanzitutto che il tasso degli interessi corrispettivi è stato inizialmente pattuito nella misura fissa del 6,280%, con ISC dichiarato del 6,5825%, quindi al di sotto della soglia antiusura del 9,06%, secondo il parametro all’epoca vigente: TEGM del 6,04% per il periodo aprile – giugno 2008 per i mutui ipotecari a tasso fisso.

Quanto alla dedotta usurarietà del tasso degli interessi di mora, esso è stato pattuito aumentando di 2 punti nominali annui il tasso vigente ratione temporis per il mutuo. Dunque, al momento della conclusione del contratto era pari 8,280%; percentuale inferiore non solo a quella del tasso soglia usurario del 12,21%, ottenuto previa maggiorazione del TEGM del 2,1% di cui si è innanzi detto, ma anche a quella del TSU del 9,06 ottenuta senza alcuna maggiorazione.

A tal fine neppure può essere presa in considerazione, come invece ha fatto la perizia di parte prodotta in atti, l’incidenza di oneri e commissioni e spese ulteriori rispetti a quelli già calcolati nell’ISC, ivi inclusa la commissione di estinzione anticipata.

Difatti, la funzione della commissione di estinzione anticipata non è quella di remunerare l’erogazione del credito, come richiesto dalla L. n. 108 del 1996 ai fini della valutazione della usurarietà dei tassi pattuiti, bensì quella di compensare la Banca mutuante delle conseguenze economiche per sé negative derivanti dall’estinzione anticipata del debito da restituzione, nell’ipotesi in cui il mutuatario intenda esercitare la facoltà di recesso prima della scadenza naturale del contratto.

Si tratta, dunque, del costo connesso alla facoltà attribuita al mutuatario di rimborsare anticipatamente il debito evitando, così, il pagamento degli interessi futuri e non è dunque collegata alla erogazione del credito.

Trattandosi, poi, di una facoltà, il mutuatario sopporta tale costo solo se decide – cosa peraltro neppure avvenuta nel caso di specie – di avvalersene nel suo interesse per estinguere anticipatamente il mutuo.

Ne consegue che, i risultati esposti e le conclusioni raggiunte dalla perizia di parte rappresentano il risultato di un calcolo arbitrario che non tiene in alcun conto la metodologia e le formule indicate nelle Istruzioni della (…) per la determinazione del TEGM relativo agli interessi corrispettivi.

In effetti, la questione del computo nel TEG delle commissioni, remunerazioni e spese collegate all’erogazione del credito richiede necessariamente l’esercizio di discrezionalità tecnica per la definizione della relativa formula matematica e, a tal fine, la scelta operata dalla (…) appare del tutto congrua e ragionevole, nell’ambito della ricordata discrezionalità.

Secondo la giurisprudenza, infatti, “le Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura” emanate dalla (…), oltre a rispondere alla elementare esigenza logica e metodologica di avere a disposizione dati omogenei al fine di poterli raffrontare, hanno anche natura di norme tecniche autorizzate, posto che, da un lato, l’attribuzione della rilevazione dei tassi effettivi globali alla (…) è stata via via disposta dai vari decreti ministeriali annuali che si sono succeduti a partire dal D.M. 23 settembre 1996 per la classificazione in categorie omogenee delle operazioni finanziarie, e dall’altro lato i decreti ministeriali trimestrali con i quali sono resi pubblici i dati rilevati, all’art. 3 hanno sempre disposto che le banche e gli intermediari finanziari, al fine di verificare il rispetto del tasso soglia, si attengono ai criteri di calcolo indicati nelle “Istruzioni” emanate dalla (…). Le “Istruzioni” in parola sono pertanto autorizzate dalla normativa regolamentare e sono necessarie per dare uniforme attuazione al disposto della norma primaria di cui all’art. 644, quarto comma, c.p.” (Trib. Milano, 21-10-2014).

La necessità per il giudice di attenersi, ai fini dell’accertamento dell’usura oggettiva, alle metodologie e alle formule previste dalle Istruzioni della (…) per la determinazione dei TEGM ed utilizzate nei suddetti decreti ministeriali di rilevazione, è stata recentemente ribadita dalla S.C. nelle pronunce n. 12965/15 e 22270/16.

Trova pertanto applicazione il principio secondo il quale la perizia di parte prodotta in giudizio dall’attrice costituisce una mera allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, posto che il contenuto tecnico del documento non vale ad alterarne la natura, che resta quella di atto difensivo, e non può, quindi, essere oggetto di consulenza tecnica d’ufficio (così Cass. 6 agosto 2015 n. 16552; conf. Cass. S.U. 3 giugno 2013 n. 13902), la quale avrebbe natura meramente esplorativa, né può essere posta a base della presente decisione, fondandosi – come innanzi detto – su criteri non condivisibili, in quanto non conformi a quelli indicati nelle Istruzioni della (…).

Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, la domanda di parte attrice sull’asserita usurarietà del contatto di mutuo per cui è causa deve essere respinta.

In secondo luogo, relativamente alla presunta illegittimità del cd. piano di ammortamento alla francese applicato ai contratti di mutuo in esame, a causa dell’illegittimo effetto anatocistico che gli stessi produrrebbero, occorre rilevare che la caratteristica di tale piano di ammortamento non è quella di operare un’illecita capitalizzazione composta degli interessi, ma soltanto quella della diversa costruzione delle rate costanti in cui la quota degli interessi e quella di capitale variano al solo fine di privilegiare nel tempo la restituzione degli interessi rispetto al capitale.

Gli interessi convenzionali sono, quindi, calcolati sulla quota capitale ancora dovuta e per il periodo di riferimento della rata, senza capitalizzare in tutto o in parte gli interessi corrisposti nelle rate precedenti.

Né si può sostenere che si sia in presenza di un interesse composto per il solo fatto che il metodo di ammortamento alla francese determina inizialmente un maggior onere di interessi rispetto al piano di ammortamento all’italiana che, invece, si fonda su rate a capitale costante.

In realtà, il piano di ammortamento alla francese risulta più rispettoso del principio di cui all’art. 1194 c.c. in quanto prevede un criterio di restituzione del debito che privilegia, sotto il profilo cronologico, l’imputazione ad interessi rispetto quella al capitale.

In particolare, avuto specifico riguardo alla doglianza degli attori relativa alla capitalizzazione composta, va rilevato che le parti hanno espressamente pattuito il rimborso del mutuo mediante il pagamento di 360 rate posticipate calcolate secondo il metodo dell’ammortamento progressivo (appunto c.d. alla francese). E che, inoltre, hanno sottoscritto apposito piano di ammortamento, con ciò scientemente accettando le condizioni ivi previste (cfr. doc. n. 1., pag. 4, fasc. parte attrice).

Pertanto, anche tale doglianza è infondata e non merita accoglimento.

In conclusione, alla luce delle considerazioni innanzi svolte, le domande attoree sono infondate e, dunque, va respinte. Restano assorbite le ulteriori domande di parte attrice.

Le spese processuali vanno regolate secondo il criterio della soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo, secondo i parametri indicati dal D.M. n. 55 del 2014.

P.Q.M.

Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:

1) rigetta le domande proposte da (…) e (…) nei confronti di (…) S.p.A., in relazione al contratto di mutuo ipotecario stipulato in data 03.06.2008;

2) condanna parte attrice alla rifusione delle spese processuali in favore di (…) S.p.A. che liquida in complessivi Euro 2.738,00 per compenso professionale, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, IVA e CPA.

Così deciso in Roma il 25 marzo 2019.

Depositata in Cancelleria il 25 marzo 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.