il mutuo fondiario, quale risulta dalla disciplina di cui agli artt. 38 ss D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, non è mutuo di scopo, poichè di esso non è elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinate finalità, nel caso di specie appare, pertanto, irrilevante, al fine di qualificare il mutuo in questione quale mutuo di scopo, che le somme corrisposte siano state concesse al fine di consentire il saldo di debiti meno garantiti di altre società del gruppo con rilascio di ipoteca a garanzia del contratto di mutuo. Peraltro, nel mutuo fondiario, il finanziamento dietro garanzia ipotecaria ben può essere finalizzato allo scopo soggettivo che le parti si prefiggono, e, se questo è costituito dall’utilizzo della somma per sanare debiti pregressi verso la banca, non per ciò solo può predicarsene l’illiceità.

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Corte d’Appello Brescia Sezione 1 Civile Sentenza 30 aprile 2019 n. 730

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d’Appello di Brescia, Sezione Prima civile, composta dai Sigg.:

Dott. Vittoria Gabriele – Presidente

Dott. Annamaria Laneri – Consigliere

Dott. Elisa Fichera – Consigliere Ausiliario rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile n. 2003/2016 R.G. promossa con atto di citazione notificato in data 16-23/12/2016 n. 304 Cron. Reg. notifiche in proprio avv. Riccardo Bistolfi di Acqui Terme e posta in decisione all’udienza collegiale del 28/02/2018

da

(…) S.N.C. (CF (…)) in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. BI.RI. di Alessandria, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Se.Fe. in via (…) – Brescia, come da procura in calce all’atto di citazione di primo grado.

APPELLANTE

contro

(…) S.P.A. (c.f. (…)) (società costituita dalla fusione di (…) Società Cooperativa a responsabilità limitata, e (…) Società Cooperativa – che già a suo tempo aveva incorporato il (…)) in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti BO.AR. e AB.DA. ed elettivamente domiciliato nello studio dell’avv. GO.RO. in VIA (?) – 25121 BRESCIA; in calce alla comparsa di risposta del 01/04/2017.

APPELLATO

In punto: appello a sentenza del Tribunale di Bergamo sezione III, dGU dott. Ma.Ca. pubblicata in data 17/05/2016 n. 1638/2016

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 18/07/2013 (…) S.N.C. (…) proponeva avanti il Tribunale di Bergamo contro il (…) SPA (ora (…) S.P.A) il giudizio n. 8599/13 RG chiedendo

“- in via principale nel merito: dichiarare, alla luce di quanto esposto nella premessa del presente atto, la nullità del contratto di mutuo fondiario contratto in data 30 settembre 2011 con il (…) (rogito Dottoressa (…), Notaio in Bergamo, Repertorio numero (…), Raccolta numero (…)), di Euro 1.500.000;

– sempre in via principale nel merito: dichiarare, per le ragioni esposte nella premessa del presente atto, l’inesistenza giuridica, ovvero la nullità dell’ipoteca iscritta a garanzia del sovra indicato mutuo fondiario in favore del (…), ordinando al Direttore della competente conservatoria dei RR.II. di provvedere, con esonero da ogni sua responsabilità, all’annotazione della emananda sentenza;

– sempre nel merito, in via subordinata alla precedente: accertare per tutti i motivi esposti nella premessa del presente atto e, per l’effetto, dichiarare la nullità del contratto di mutuo fondiario contratto in data 30 settembre 2011 con il (…) (rogito Dottoressa (…), Notaio in Bergamo, Repertorio numero (…), Raccolta numero (…)), di Euro 1.500.000 per violazione della Antitrust n. 287 del 1990;

– sempre nel merito: accertare per tutti i motivi esposti nella premessa del presente atto e, per l’effetto, dichiarare la nullità della clausola di pattuizione degli interessi corrispettivi contenuta nel contratto di mutuo fondiario contratto in data 30 settembre 2011 con il (…) (rogito Dottoressa (…), Notaio in Bergamo, Repertorio numero (…), Raccolta numero (…)), di Euro 1.500.000 e, per conseguenza, dichiarare che i medesimi sono dovuti esclusivamente al tasso ex art. 117 T.U.B., nelle misure e nel tempo vigenti, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1419, secondo comma, 1815, primo comma, 1284, terzo comma, ultimo periodo, codice civile;

– sempre nel merito, in via subordinata alla domanda principale: accertare per tutti i motivi esposti nella premessa del presente atto e, per l’effetto, dichiarare la nullità della clausola di pattuizione degli interessi moratori, contenuta nel contratto di mutuo fondiario contratto in data 30 settembre 2011 con il (…) (rogito Dottoressa (…), Notaio in Bergamo, Repertorio numero (…), Raccolta numero (…)), di Euro 1.500.000 e, per conseguenza, dichiarare che i medesimi sono dovuti esclusivamente al tasso ex art. 117 T.U.B., nelle misure e nel tempo vigenti, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1419, secondo comma, 1815, primo comma, 1284, terzo comma, ultimo periodo, codice civile” (cfr. cit. avv., pp. 16-18).

A sostegno di dette domande l’attrice allegava in fatto: di aver garantito nell’agosto 2011, sino alla concorrenza di Euro 2.014.182,00, le obbligazioni contratte da (…) S.r.l. (altra società, al pari dell’attrice, di proprietà della famiglia (…)) nei confronti del (…); che al 31.8.2011 l’esposizione debitoria di (…) verso l’Istituto, guardando alla sola categoria dei crediti per cassa, ammontava a Euro 1.644.494,00 per “rischi autoliquidanti” ed a Euro 877.888,00 per “rischi a revoca”; che in data 30.9.2011, su sollecitazione della Banca, aveva stipulato “mutuo fondiario” di Euro 1.500.000,00 n. (…) rep. Notaio (…) di Bergamo da rimborsarsi in 10 anni e con interessi al tasso Euribor tre mesi maggiorato del saggio del 3,75% (ISC pari al 5,9953%); che nella medesima data la mutuante aveva accreditato la somma di Euro 1.500.000,00 sul c/c n. (…) in essere presso la filiale di Lovere; che contestualmente “(…) aveva dato disposizione di bonificare a proprio favore” il complessivo importo di Euro 1.435.506,56, di cui la somma di “euro 36.506,56 a saldo delle rate scadute e degli interessi di mora maturati sul finanziamento nr. (…) erogato in favore della Società in data 26 febbraio 2007”, la somma di “euro 1.225.000,00 a favore della (…) ed accreditata sul conto corrente “cedenti salvo buon fine” di quest’ultima con il numero (…) in essere presso la filiale di (…) del (…)”, la somma di “euro 151.000,00 a favore della (…) ed accreditata sul conto corrente “cedenti salvo buon fine” di quest’ultima, contraddistinto con il numero 0307/002940 in essere presso la filiale di Brescia del (…)” e la somma di “euro 23.000,00 a favore della P. S.r.l., altra società le cui quote sono detenute dalla Famiglia (…)”).

In diritto (…) S.n.c. deduceva la “nullità del mutuo fondiario” che si sarebbe perfezionato in frode alla legge ex art. 1344 c.c., cioè in frode all’art. 39 D.Lgs. n. 385 del 1933, la simulazione del contratto e che lo stesso fosse sprovvisto di causa in concreto; la “nullità del mutuo fondiario per violazione della legge Antitrust”; la “nullità della clausola sulla determinazione del tasso di interesse” e, infine, la “nullità dell’anatocismo concretamente applicato dalla Banca mutuante”.

Si costituiva in giudizio la (…) SOCIETÀ COOPERATIVA, incorporante il (…), eccependo la infondatezza della prospettazione dell’attrice ed domandando l’integrale rigetto delle avverse domande.

Venivano depositate le memorie istruttorie nelle quali l’attrice chiedeva l’ammissione di prove orali e che venisse disposta c.t.u.

Il Giudice, ritenendo che le istanze istruttorie non fossero idonee a fornire alcun apporto alle questioni di diritto introdotte nel giudizio fissava l’udienza di precisazione delle conclusioni.

Il Tribunale di Bergamo con la sentenza n. 1638/2016, depositata in data 17 maggio 2016 rigettava tutte le domande attoree con conseguente condanna a rifondere le spese di lite in favore della convenuta.

Avverso tale sentenza, la (…) S.n.c. (…) ha proposto appello, con atto di citazione notificato il 16-23/12/2016, chiedendone l’integrale riforma e correlata richiesta di accoglimento delle domande dalla stessa formulate nel giudizio di primo grado.

Si costituiva in giudizio il (…) SPA, società costituita a seguito di fusione societaria tra (…) Società Cooperativa, che già aveva incorporato il (…) spa, e (…) Società Cooperativa a r.l., eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

Alla udienza del 28/2/18, precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini di legge per conclusionali e repliche.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appellante (…), con il primo motivo, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile la domanda di nullità della clausola del contratto di mutuo ipotecario che prevede interessi oltre la soglia usuraria e l’assenza di comunicazione dell’Indice Sintetico di Costo – ISC.

Il Tribunale (cfr. p. 6 sentenza), ha ritenuto che la domanda inerente la pretesa usurarietà dei tassi, proposta solo nella memoria ex art. 183 sesto comma n. 2 cpc, sia inammissibile in quanto tardiva.

Il motivo di appello, come svolto, si concentra nel merito, a parte l’intitolazione dello stesso, sullo sviluppo delle difese che si deduce essere già state enunciate negli scritti di primo grado.

Allo scopo va rivolta attenzione al contenuto delle domande proposte nei due diversi giudizi.

Nell’originario atto introduttivo (…) ha svolto specifiche conclusioni, tra l’altro, con esplicita richiesta di “…accertare per tutti i motivi esposti nella premessa del presente atto e per l’effetto dichiarare la nullità della clausola di pattuizione degli interessi corrispettivi contenuta nel contratto di mutuo fondiario contratto in data 30/09/2011 con il (…)…e per conseguenza dichiarare che i medesimi sono dovuti esclusivamente al tasso ex art. 117 TUB nelle misure e nel tempo vigenti ai sensi del combinato disposto degli artt. 1419, secondo comma, 1815 primo comma, 1284 terzo comma ultimo periodo, codice civile…”.

In via subordinata alla domanda principale ha chiesto di “…accertare…e per l’effetto dichiarare la nullità della clausola di pattuizione degli interessi moratori, contenuta nel contratto di mutuo fondiario contratto in data 30/09/2011 con il (…)…e per conseguenza, dichiarare che i medesimi sono dovuti esclusivamente al tasso ex art. 117 TUB, nelle misure e nel tempo vigenti ai sensi del combinato disposto degli artt. 1419, secondo comma, 1815, primo comma, 1284 terzo comma ultimo periodo codice civile…” (cfr. pp. 17-18 atto di citazione del 05/07/2013).

La difesa dell’appellante non evidenzia, affatto, quale sia l’errore del Giudice di prime cure, limitandosi alla mera trascrizione delle conclusioni (cfr. pp. 8-9 atto di citazione).

Tali conclusioni, in realtà, non sono coincidenti con quelle formulate in primo grado in cui è stato richiamato il disposto dell’art. 1815 c.c. primo comma senza che vi sia stata alcuna allegazione, nemmeno nella parte espositiva dell’atto di citazione, circa l’usurarietà degli interessi.

Solo le conclusioni formulate nel presente giudizio contengono il riferimento al secondo comma del medesimo articolo 1815 c.c..

A ciò è da aggiungere che nella memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2 c.p.c., (…) pur contestando l’applicazione “…di un tasso ultralegale maggiore di quanto pattuito per iscritto dalle parti…”(cfr. p. 4 memoria n. 2 ex art. 183 cpc) non ha prodotto i decreti ministeriali sulla base dei quali andrebbe verificata l’illiceità dei tassi applicati.

La produzione di detti decreti è, invero, indispensabile ai fini della prova del superamento del tasso di usura.

E’ stato infatti affermato che il principio jura novit curia non è applicabile ai Decreti periodicamente emanati dal competente Ministero, recanti la rilevazione del TEGM applicabile nei trimestri di riferimenti, ai sensi della L. n. 108 del 1996, e che pertanto devono risultare oggetto di apposita allegazione ad opera della parte interessata.

In tal senso si sono espresse le Sezioni Unite della stessa Suprema Corte, secondo cui: “…la natura di atti meramente amministrativi dei decreti ministeriali (nella specie, il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 23 gennaio 2004, attuativo del divieto di procedere all’aggiornamento dell’indennità di confine) rende ad essi inapplicabile il principio “iura novit curia” di cui all’art. 113 cod. proc. civ., da coordinarsi, sul piano ermeneutico, con il disposto dell’art. 1 delle preleggi (che non comprende, appunto, i detti decreti tra le fonti del diritto), con la conseguenza che, in assenza di qualsivoglia loro produzione nel corso del giudizio di merito, deve ritenersene inammissibile l’esibizione, ex art. 372 cod. proc. civ., in sede di legittimità, dovendosi comunque escludere, ove invece gli atti e i documenti siano stati prodotti nel corso del giudizio di merito, la sufficienza della loro generica indicazione nella narrativa che precede la formulazione dei motivi, attesa la necessità della “specifica” indicazione della documentazione posta a fondamento del ricorso, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., che richiede la precisa individuazione della fase di merito in cui la stessa sia stata prodotta…” (cfr. Cassazione Civile SSUU 29 aprile 2009, n. 9941; conf. Cassazione Civile Sez. 3, 26 giugno 2001, n. 8742).

Va, pertanto, evidenziato il carente adempimento all’onere di allegazione e prova imposte dalla disciplina del processo rispondente al brocardo “…iudex iuxta alligata et probata iudicare debet…”.

La Corte, dunque, esaminati gli atti di causa, ritiene che nel caso in esame non sia stato assolto l’onere della prova che incombeva indubitabilmente sulla odierna appellante.

(…), infatti, nel precedente grado di giudizio, ha prodotto solo visure camerali ed estratti dalla Centrale Rischi riferiti alle parti in causa, oltre che alcuni di estratti conto riferiti ai propri rapporti di conto corrente ed a quelli della (…), documenti insufficienti per condurre ad una positiva valutazione delle difese nelle quali non si rinviene, oltretutto, specifica esplicitazione delle ragioni per le quali dovrebbero essere ritenuti non dovuti gli interessi contestati (cfr. p. 18 e p. 22 atto di appello).

Le considerazioni che precedono impediscono anche il rilievo officioso dei profili di nullità invocati in conclusionale (cfr. p. 14 conclusionale del 30/04/2018).

Né può soccorrere l’eventuale ammissione di una consulenza di ufficio, effettivamente già richiesta in primo grado ma non disposta dal Giudice Istruttore, e poi non formalmente richiesta nuovamente in appello, ma solo in comparsa conclusionale.

In assenza di idonea allegazione circa la usurarietà degli interessi ed attesa la mancata produzione dei decreti ministeriali, la consulenza tecnica d’ufficio sarebbe del tutto esplorativa apparendo finalizzata a sopperire al mancato assolvimento dell’onere della prova che incombe sulla parte.

Per quanto attiene la domanda riferita alla pretesa carenza di comunicazione dell’Indicatore Sintetico di Costo ed alla non corretta indicazione del detto dato nel contratto va rilevata la novità della questione (e la conseguente tardività della relativa domanda) essendo essa stata posta solo in appello; ciò ferma restando la mera valenza informativa dell’ISC, attesa la natura del foglio informativo e del documento di sintesi, con esclusione che si possa prospettare una causa di nullità del contratto salvo nel caso, qui non ricorrente, di cui all’art. 125 TUB.

Da ciò discende la non rilevabilità d’ufficio della questione in esame.

Per le ragioni sopra esposte il motivo esaminato, sotto tutti i diversi profili (sia quanto alla nullità della clausola per violazione della normativa antiusura che quanto alla pretesa non corretta comunicazione dell’Indicatore Sintetico di Costo ISC) è infondato.

Con il secondo motivo di appello si censura la sentenza nel punto in cui afferma che tale “…legittimo anatocismo è stato, ai sensi dell’art. 6 medesima delibera, debitamente sottoscritto dall’attrice in seno al contratto di mutuo all’art. 5…” (cfr. p. 12 sentenza), deducendo che nel caso in esame vi è “…indeterminatezza ed indeterminabilità del tasso di riferimento…” (cfr. p. 23-24 appello).

Sostiene l’appellante che, a prescindere dalla patologia derivante dall’applicazione degli interessi moratori, l’ammortamento utilizzato dall’allora (…) S.p.A. (ora (…) S.p.A.) nel contratto di finanziamento in esame, conterrebbe una formula di matematica attuariale che prevede l’applicazione dell’interesse “composto” e non quello “semplice” previsto dal codice civile con conseguente applicazione di un tasso ultralegale e, quindi, superiore a quello fissato per iscritto in contratto.

Il Tribunale ha ritenuto che la questione relativa all’ammortamento alla francese sia stata proposta tardivamente solo nella memoria n. 2 ex art. 183 cpc.

Tale statuizione non merita censure: anche al riguardo deve ribadirsi quanto già in precedenza evidenziato e cioè la mancata allegazione del tema in questione e formulazione della domanda in atto di citazione, con conseguente suo rigetto per tardività.

Ciò fermo restando che l’ammortamento alla francese, “…trattandosi di una pattuizione che ha il solo scopo di scaglionare nel tempo le due distinte obbligazioni del mutuatario (capitale e interessi), essa non è idonea a mutarne la natura nè ad eliminarne l’autonomia…” (cfr. Cassazione civile sentenze n. 2593/2003, n. 3479/1971, n. 1724/1977, n. 9653/2001, n. 28663/13, n. 2072/2013, n. 603/2013) ed altresì che “…nei mutui ad ammortamento, la formazione delle rate di rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico del 16 mutuatario, aventi ad oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l’altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento, che sono ontologicamente distinte e rispondono a diverse finalità; di conseguenza, il fatto che nella rata esse concorrano, allo scopo di consentire all’obbligato di adempiervi in via differita nel tempo, non è dunque sufficiente a mutare la natura né ad eliminarne l’autonomia…” (cfr. Cassazione civile, sez. I, 22 Maggio 2014, n. 11400).

Con il terzo motivo di appello (…) censura la sentenza nel punto in cui il Tribunale esclude che “…possa ritenersi nullo il contratto di mutuo stipulato per estinguere pregressi debiti del mutuatario verso terzi o verso lo stesso mutuante così come esclusa la nullità nel casi di destinazione della somma mutuata per estinguere debiti di terzi o terze società…” (cfr. p. 10 sentenza).

L’appellante deduce che il negozio avrebbe dovuto essere dichiarato nullo per “…mancanza di traditio…” ed altresì essendo fondato su una errata “…esposizione debitoria alla data di erogazione del mutuo…” nonché per il fatto che in forza di esso la banca avrebbe “…acquisito una causa illegittima di prelazione…” (cfr. p. 25 e ss appello).

Sostiene la società (…) che, nel caso in esame, sarebbe mancata la fase della materiale consegna del denaro al mutuatario difettando, quindi, un elemento fondamentale del contratto.

Sul punto il Tribunale ha statuito che “…la somma è stata non solo accreditata sul c/c dell’attrice, ma anche da quest’ultimo poi destinata ai vari pagamenti. L’attrice assume, richiamando quanto deriva dall’estratto conto del suo c/c, come buona parte delle somme siano state poi accreditate alla (…). Anche tale secondo passaggio non appare illegittimo e ciò perché in questi casi il mutuatario sceglie di devolvere la somma a favore della terza società e quindi non ha senso dolersi del mancato beneficio della provvista perché l’accredito di essa è stato compiuto a favore della terza società scelta dall’attrice…” (cfr. p. 10 sentenza).

Il ragionamento contenuto nella sentenza impugnata non è stato specificatamente censurato.

D’altra parte, dalla documentazione prodotta in giudizio e, in particolare dall’estratto conto (cfr. doc. 6 fascicolo Banca) emerge che l’accredito effettuato dalla Banca è prima transitato sul conto corrente dell’odierna appellante e, quindi, è senz’altro entrato nella sua disponibilità, e, poi, è stato, trasferito sul conto corrente delle altre società.

Detto movimento risulta essere stato effettuato su espressa disposizione di bonifico dell’appellante ed oltretutto non è mai stato contestato. Da ciò discende che, esso, è quindi riconducibile alla volontà della mutuataria.

Per quanto riguarda la questione relativa alla entità della esposizione debitoria alla data di erogazione del mutuo (…) si limita a richiamare il contenuto di altre cause promosse sia da (…) che da (…) srl al fine di fare accertare la sostanziale erroneità del computo degli interessi conteggiati nei rispettivi conti bancari.

Rileva il Collegio che il mutuo di scopo risponde alla funzione di procurare al mutuatario i mezzi economici destinati al raggiungimento di una determinata finalità la quale, integrando la struttura del negozio, ne amplia la causa rispetto alla sua normale consistenza, sia in relazione al profilo strutturale, perché il mutuatario non si obbliga solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo concordato, mediante l’attuazione in concreto del programma negoziale, sia in relazione al profilo funzionale, perché nel sinallagma assume rilievo essenziale proprio l’impegno del mutuatario a realizzare la prestazione attuativa.

La destinazione delle somme mutuate alla finalità programmata assurge, pertanto, a componente imprescindibile del regolamento di interessi concordato, incidendo sulla causa del contratto fino a coinvolgere direttamente l’interesse dell’istituto finanziatore, ed è perciò l’impegno del mutuatario a realizzare tale destinazione che assume rilevanza corrispettiva, non essendo, invece, indispensabile che il richiamato interesse del finanziatore sia bilanciato in termini sinallagmatici, oltre che con la corresponsione della somma mutuata, anche mediante il riconoscimento di un tasso di interesse agevolato al mutuatario (cfr. Cass. 15929/2018).

Premesso che “il mutuo fondiario, quale risulta dalla disciplina di cui agli artt. 38 ss D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, non è mutuo di scopo, poichè di esso non è elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinate finalità” (Cass. 4792/2012), nel caso di specie appare, pertanto, irrilevante, al fine di qualificare il mutuo in questione quale mutuo di scopo, che le somme corrisposte siano state concesse al fine di consentire il saldo di debiti meno garantiti di altre società del gruppo con rilascio di ipoteca a garanzia del contratto di mutuo.

Peraltro, nel mutuo fondiario, il finanziamento dietro garanzia ipotecaria ben può essere finalizzato allo scopo soggettivo che le parti si prefiggono, e, se questo è costituito dall’utilizzo della somma per sanare debiti pregressi verso la banca, non per ciò solo può predicarsene l’illiceità (cfr. Cass. 28862/2013).

E ciò appare del tutto coerente con la situazione fattuale, in cui l’erogazione di denaro si è certamente realizzata.

Come innanzi esposto, il Tribunale ha accertato (e di detta circostanza viene fornita prova dalla stessa appellante che riproduce a p. 26 dell’appello l’estratto conto prodotto dallo stesso istituto bancario), che la somma è stata effettivamente accreditata sul conto corrente della mutuataria e ciò è sufficiente a far ritenere effettuata la traditio con conseguente obbligo di restituzione.

Inoltre, fermo restando che della costituzione di una causa illegittima di prelazione potrebbero dolersi altri creditori, nel caso di specie non ricorre alcuna illegittima trasformazione di un credito chirografario in credito ipotecario.

L’ipoteca sull’immobile è stata concessa esclusivamente a garanzia della restituzione della somma mutuata e non del pregresso credito dell’istituto bancario verso le altre società del gruppo.

Alla stregua di quanto esposto, l’appello va rigettato e la sentenza impugnata va confermata.

Al rigetto dell’appello segue la condanna dell’appellante a rimborsare alla società appellata le spese del grado, liquidate in dispositivo, in conformità ai criteri di cui alla tabella A approvata con D.M. 10 marzo 2014, n. 55 e dal D.M. 8 marzo 2018, n. 37 (valore dichiarato Euro 450.000).

Ricorrono, infine, i presupposti di cui al comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Brescia – Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando:

1) rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza del Tribunale di Bergamo, pubblicata in data 17/05/2016 n. 1638/2016.

2) condanna la (…) S.N.C. in persona del legale rappresentante p.t., a rimborsare a (…) S.P.A. in persona del legale rappresentante p.t., le spese del grado, che si liquidano in complessivi Euro 13.700,00, di cui Euro 4.200,00 per la “fase di studio”, Euro 2.500,00 per la “fase introduttiva” ed Euro 7.000,00 per la “fase decisionale”, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza, in capo a (…) S.N.C. in persona del legale rappresentante p.t., dei presupposti di cui al comma 1 quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Così deciso in Brescia il 20 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 30 aprile 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.