Nell’ipotesi di condominio minimo, ovvero di condominio composto da due partecipanti con diritti di comproprietà paritari sui beni comuni, le delibere devono essere adottate con l’apporto di entrambi. In mancanza di unanimità l’unico rimedio esperibile per superare lo stallo decisionale è quello di adire l’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 c.c., non potendosi ricorrere al criterio maggioritario.  Ancora, trattandosi, di condominio costituito da due soli condomini, seppur titolari di quote diseguali, ove si debba procedere all’approvazione di deliberazioni che – come quella di nomina dell’amministratore – richiedano comunque sotto il profilo dell’elemento personale, l’approvazione con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti, ex art. 1136, comma 2, c.c., la valida espressione della volontà assembleare suppone la partecipazione di entrambi i condomini e la decisione “unanime”, non potendosi ricorrere al criterio maggioritario.

Corte d’Appello|Napoli|Sezione 6|Civile|Sentenza|13 luglio 2022| n. 3284

Data udienza 1 luglio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di appello di Napoli, sesta sezione civile, così composta:

dott.ssa Assunta d’Amore – presidente

dott. Antonio Quaranta – consigliere

dott. Giorgio Sensale – consigliere rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile n.L. n. 849 del 2020 R.G. di appello contro la sentenza del Tribunale di Napoli n.1375 del 6 febbraio 2020

tra

(…) nato a N. il (…) e (…) nata a N. il (…), rappresentati e difesi dall’avvocato (…) (con studio in Napoli al Corso (…)

e

(…) tutti rappresentati e difesi dagli avvocati (…) e (…) (domiciliati presso lo studio del primo in Napoli alla (…)

e

(…) rappresentato e difeso dall’avvocato (…) (con studio in Napoli alla Via (…)

nonché

(…) rappresentati e difesi dagli avvocati (…) (con studio in Portici alla Via

nonché

(…) rappresentata e difesa dall’avvocato (…) (con studio in Napoli alla Via (…)

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

I. Il giudizio di primo grado

Con atto di citazione consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica il 1 aprile 2015 (…) esponevano:

1. di essere proprietari pro quota dell’unità immobiliare al piano terra dell’edificio ubicato in N. alla Via(…) (vincolato sin dal 1971 in area protetta per i beni storici, artistici e architettonici, nonché soggetta a vincolo MIBAC della Soprintendenza con decreto dell’8 luglio 1999, avente efficacia retroattiva) appartenente per le ulteriori quote indivise ad (…) omonimo cugino del primo, mentre l’abitazione al primo piano era in comproprietà di (…) e (…) (proprietari esclusivi anche del sottotetto, raggiungibile attraverso un scala interna non accessibile ai terzi);

2. che i danti causa dei coniugi (…) e (…) avevano posto in essere modificazioni non assentite, giacché avevano abbassato la quota del solaio rispetto a quella originaria al fine di rendere abitabile il sottotetto e che, richiesta dai già menzionati coniugi alla Soprintendenza l’autorizzazione all’esecuzione di lavori di restauro e consolidamento, l’originaria approvazione dell’ente era stata revocata con provvedimenti prot. (…) del mese di marzo del 2013 e prot. (…) del mese di febbraio del 2015, coi quali si era richiesto a tutti i proprietari il risanamento, mediante un progetto unitario, delle parti private e comuni;

3. in di accordo fra i proprietari, era stato promosso ricorso ex art. 1105 c.c. dai proprietari del primo piano per cui il Tribunale aveva nominato amministratore ad acta l’ingegner (…) che aveva convocato l’assemblea dei comunisti in data 3 marzo 2015, con la presenza dei coniugi (…) e (…) e di un rappresentante di (…) in assenza dell’altro (…) e degli attori, e aveva approvato le opere di messa in sicurezza del fabbricato in conformità al progetto del 2 luglio 2010 (la cui esecuzione era stata prima esclusa con la nota prot. (…), a meno che non si fosse raggiunta un’approvazione assembleare, e poi autorizzata, limitatamente alle opere di messa in sicurezza), di fatto approvandolo integralmente con l’esclusione di una sola voce relativa a lavori da eseguire in proprietà privata.

Ciò premesso e assumendo l’invalidità della delibera anzi detta, perché adottata col voto dei soli comproprietari di una quota pari alla metà dell’intero dei beni comuni (in violazione del quorum costitutivo e deliberativo di cui all’articolo 1108 c.c.) e perché pregiudizievole agli interessi di alcuni dei partecipanti (essendosi aggirati i divieti della Soprintendenza e legittimato l’abuso edilizio integrato dall’abbassamento della quota del sottotetto), gli attori convenivano innanzi al Tribunale di Napoli (…) (quale amministratrice ad acta) e solo gli altri comproprietari dell’unità immobiliare al piano terra, perché fosse dichiarata l’inesistenza giuridica, la nullità e, comunque, l’invalidità e inefficacia della delibera adottata il 3 marzo 2015.

Il giudice istruttore designato, rigettata la richiesta di sospensione della delibera impugnata e ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri partecipanti alla comunione, ossia degli odierni appellanti (…) disponeva che si si esperisse anche nei riguardi di costoro la procedura obbligatoria di mediazione.

(…) eccepiva l’improcedibilità della domanda, perché non preceduta dal tentativo obbligatorio di mediazione, e la sua infondatezza, essendosi ella limitata con spirito collaborativo a invitare tutti i comunisti a predisporre un progetto delle opere nel rispetto ovviamente dei vincoli e precetti amministrativi del Comune e Soprintendenza, invito cui gli attori non avevano inteso aderire, preferendo invece contestare il suo operato.

(…) (in proprio e in rappresentanza della minore (…) (nato nel (…)) e (…)si opponevano alla domande degli attori, deducendo di avere approvato il progetto autorizzato dalla Soprintendenza e sottoposto alla loro attenzione dall’ingegnere (…) nella sua qualità di amministratrice ad acta, per il quale non era necessario il raggiungimento della maggioranza dei condomini, avendo la (…) e seguito l’incarico ricevuto di far eseguire le opere necessarie all’eliminazione del pericolo nel rispetto delle procedure di legge.

(…)(nato nel (…)) aderiva alla domanda degli attori.

(…)invece, eccepivano l’inammissibilità (per l’inosservanza del termine di legge dalla conoscenza della delibera impugnata), l’improcedibilità (per il mancato ricorso alla mediazione obbligatoria) e l’infondatezza della domanda.

Con sentenza del 7 febbraio 2020 il Tribunale di Napoli, in persona del giudice unico Roberta De Luca, così provvedeva: a) dichiara il difetto di legittimazione passiva di (…) b) accoglie l’opposizione e, per l’effetto, dichiara la nullità della delibera assunta dall’assemblea dei comunisti dell’edificio sito in N. alla Via (…) in data 03.03.2015; c) condanna (…) in proprio ed in qualità di genitore esercente la potestà sulla minore(…) al pagamento, in solido, in favore degli attori (…) e delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 649,55 per spese vive ed Euro 7.764,00 per compensi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, C.P.A. ed I.V.A., se dovuta, come per legge; d) compensa integralmente le spese di lite nel rapporto processuale fra gli attori ed i convenuti (…) e) condanna (…) al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.

II. Le ragioni della sentenza appellata

Il giudice di primo grado ha rigettato l’eccezione di decadenza per la mancata notificazione della domanda nel termine di cui all’articolo 1137 c.c. nei confronti di tutti i comproprietari, ritenendo che, vertendosi in ipotesi di nullità della deliberazione (e non di annullabilità), il termine anzidetto sarebbe inoperante: infatti, nel condominio “minimo”, ossia composto da due partecipanti con diritti di comproprietà paritari sui beni comuni, le delibere avrebbero bisogno dell’approvazione da parte di entrambi e, “In mancanza di unanimità l’unico rimedio esperibile per superare lo stallo decisionale è quello di adire l’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 c.c., non potendosi ricorrere al criterio maggioritario (Cfr. Cass. civ., sent. n. 5329 del 02.03.2017)”.

Ha escluso, inoltre, l’improcedibilità della domanda, eccepita sia dalla (…) che dai condomini (…) e (…) dando atto del tempestivo deposito dell’istanza di mediazione, prima nei confronti degli originari convenuti (in data 1 ottobre 2015, nel termine di quindici giorni dalla comunicazione dell’ordinanza del 15 settembre 2015, avutasi il 16 settembre 2015), quindi rispetto alle parti nei cui confronti era stato integrato il contraddittorio (in data 23 febbraio 2016, nel rispetto del termine di quindici giorni dalla pronuncia dell’ordinanza resa all’udienza del 16 febbraio 2016), rilevando altresì che nella prima istanza di mediazione era stato indicato che “in data 3/3/15 l’assemblea dei partecipanti alla comunione ha adottato una delibera viziata da giuridica inesistenza per assenza di pluralità dei condomini, peraltro in pregiudizio degli assenti avendo deliberato l’esclusione di lavori in violazione della normativa edilizia e del vincolo storico-artistico della soprintendenza”, e che nella seconda, quanto all’oggetto, si leggeva “opposizione a delibera assembleare per vizi di forma (carenza assoluta del quorum deliberativo) e di merito (realizzazione di lavori abusivi in esecuzione della delibera così come approvata) con conseguente giuridica inesistenza e/o nullità assoluta e comunque invalidità della delibera”: l’oggetto della mediazione sarebbe stato, perciò, sufficientemente determinato e coincidente sia con il petitum della domanda azionata in giudizio che con la sua causa petendi, ovvero con le ragioni giuridiche che sorreggevano la richiesta, considerato anche che i chiamati in causa (…) e (…) al momento della ricezione dell’avviso di convocazione, erano già stati resi edotti dell’oggetto del giudizio, risalendo il perfezionamento della notifica dell’atto di chiamata in causa al 1 marzo 2016.

Il Tribunale ha quindi ritenuto imputabile a un’autonoma scelta dei convenuti la loro mancata presenza all’incontro di mediazione, manifestata con dichiarazione di non adesione alla procedura datata 8 settembre 2016 e prodotta nel fascicolo di parte. Ha, inoltre, giudicato tardive (sì da non poter essere esaminate) le ulteriori eccezioni dei convenuti (…) e (…) concernenti la durata della procedura di mediazione e la sua non riferibilità al presente giudizio, nonché l’eccezione della (…) circa la sua mancata convocazione all’incontro di mediazione del 19 settembre 2016, perché espresse solo in comparsa conclusionale, atto dal valore meramente illustrativo delle precedenti difese. Ha, in ogni caso, escluso che potesse ricadere sulla parte una sanzione processuale ricollegata all’altrui operato, ovvero alla diligenza dell’organismo di mediazione nell’espletamento degli atti procedimentali allo stesso demandati, sicché un’eventuale omessa comunicazione dell’incontro di mediazione a una delle parti, se fosse stata, oltre che provata, tempestivamente e compiutamente eccepita, avrebbe avuto come conseguenza processuale non già la sanzione di improcedibilità dell’azione, bensì solo il rinvio della trattazione del processo ad altra data.

Superate le eccezioni preliminari anzidette, il primo giudice ha escluso la legittimazione passiva della (…) perché nominata dal tribunale al solo fine di supplire all’inerzia dei condomini nella gestione del bene comune, con poteri autonomi che le consentivano di agire svincolata dall’assemblea e dai condomini e senza alcun potere rappresentativo degli stessi: la convocazione dell’assemblea dei comunisti disposta dal Tribunale era finalizzata alla sola comunicazione del provvedimento presidenziale e dei lavori individuati dall’amministratore, non a caso selezionato nella persona di un ingegnere, ovvero di soggetto avente competenze tecniche in materia di progettazione ed esecuzione di lavori edili. Ciò nonostante, nel successivo sviluppo degli eventi, indipendentemente dal fatto che fosse stata proprio l’amministratrice ad acta a convocare l’assemblea dei comunisti, costei, di fatto, aveva demandato l’individuazione dei lavori a farsi alla decisione assembleare, assunta con la delibera impugnata.

Il tribunale ha, quindi, concluso dichiarando la nullità della delibera impugnata, il difetto di legittimazione passiva dell’amministratore ad acta e, per l’effetto, condannando i comproprietari convenuti in solido al pagamento, in favore degli attori (…) delle spese di lite, interamente compensate, invece, nel rapporto processuale tra gli attori e i convenuti (…) con la condanna, infine (ai sensi dell’articolo 8, comma 4 bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010), di (…) al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.

III. L’appello principale

Con citazione notificata il 4 giugno 2020 (e, quindi, nel rispetto del termine di trenta giorni ex art. 325 c.p.c., tenuto conto della notificazione della sentenza in data 6 aprile 2020 e della sospensione dei termini processuali fino all’11 maggio 2020, ai sensi dell’articolo 83, comma 2, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 e successive modifiche) (…) e (…) hanno proposto appello, dolendosi: a) della violazione delle norme sulla procedura di mediazione obbligatoria, che implicherebbe l’improcedibilità della domanda degli attori; b) dell’ omessa ed erronea valutazione delle loro eccezioni sull’intempestività dell’impugnazione della decisione assembleare e sulla legittimità dell’operato di amministratore giudiziario e dei condomini, in violazione dell’art. 1137 c.c.; c) dell’erroneità e contraddittorietà della decisione in ordine alla carenza di legittimazione passiva dell’amministratrice ad acta e, quindi, perché questa fosse condannata in manleva in loro favore, o comunque in solido con essi; d) dell’omessa valutazione dei motivi di merito da loro prospettati e delle prove raccolte in giudizio; e) dell’eccessività delle spese di lite liquidate.

A sostegno del gravame gli appellanti hanno riproposto l’eccezione di nullità della mediazione, poiché non sarebbe stato rispettato né il dettato temporale relativo alla sua conclusione, previsto normativamente, né quello formale e sostanziale dovuto alla mancata esplicitazione in detta procedura delle ragioni sottese alla medesima. Infatti, le parti attrici, oggi appellate, avrebbero promosso più cause con un petitum sempre diverso, ma con presupposto in fatto sempre identico, ossia la realizzazione degli interventi successivi all’ assemblea del 3 marzo 2015, e questo avrebbe delineato la necessità di altrettante procedure di mediazione che, per legge, avrebbero dovuto riguardare i singoli procedimenti a farsi, non essendovi alcuna previsione di legge che consenta una mediazione “generale” da utilizzare poi a piacimento in giudizi successivi dal petitum però diverso. Sul punto, hanno ribadito che giammai la convocazione a mediazione risalente al 2015 (n. 559/2015) potesse ritenersi valida e soprattutto riferibile al procedimento oggi appellato, per il semplice motivo che nel 2015 gli attori, oggi appellati, non avevano affatto individuato come controparti nel giudizio i coniugi (…) e nei confronti dei quali erano stati costretti ad integrare il contraddittorio da un provvedimento del giudice reso un anno dopo.

Di poi, sull’inosservanza del termine per la definizione della procedura di mediazione, hanno lamentato l’inconsistenza dell’assunto del giudice di primo grado il quale, non potendo negare la circostanza, avrebbe concluso sostenendo che il ritardo dovesse sostanzialmente ritenersi irrilevante, e dunque la procedura non nulla, non potendosi far ricadere il ritardo dell’organismo sulle parti richiedenti.

Con il secondo motivo di appello i coniugi (…) e (…) si lamentano del fatto che, sebbene la delibera in questione fosse stata comunicata agli attori il 4 marzo 2015, come da loro stessi ammesso, il giudice di primo grado non avrebbe rilevato la tardività dell’impugnazione, peraltro proposta citando soltanto l’amministratore ad acta e alcuni dei comproprietari.

Inoltre, l’integrazione del contraddittorio nei loro confronti non avrebbe sanato la nullità, attesa la necessità che l’impugnazione fosse notificata ad ogni singolo partecipante alla deliberazione, trattandosi di condominio privo di amministratore, con la conseguenza che la validità della delibera non potrebbe più essere messa in discussione nei loro confronti. Il primo giudice avrebbe, infatti, errato nel qualificare la fattispecie quale nullità anziché annullabilità, e nell’escludere, di conseguenza, l’applicazione del termine previsto all’art. 1137 c.c.

Inoltre, il primo giudice avrebbe anche errato nel negare la legittimazione passiva della (…) per avere questa rimesso ai condomini la decisione sui lavori da farsi: pur correttamente individuata la legittimazione dei poteri della (…) nel decreto camerale di nomina, con l’attribuzione del potere di decidere, agire, gestire il condominio in piena e totale autonomia, il giudice avrebbe errato nell’affermare, conclusivamente, che l’amministratore ad acta “usualmente non ha alcun obbligo di convocare l’assemblea per ottemperare al proprio mandato ed ha facoltà di espletare ogni atto di amministrazione autorizzato dal Tribunale prescindendo dalla volontà assembleare”. Invero, anche alla luce del decreto di nomina del 9 luglio 2014, confermato dalla corte di appello nel 2015, l’amministratore ad acta avrebbe correttamente coinvolto i condomini (anziché agire in totale silenzio e presentare decisione e conto ai proprietari), comportamento meritorio di cui il giudice avrebbe stravolto il significato, al punto da considerarlo prova della esautorazione dell’amministratore ad acta o una sua resa d’armi, con contestuale insorgenza di potestà decisionale in capo ai condomini. Per di più, ove l’impostazione seguita dal primo giudice fosse condivisa dalla corte di appello, non potrebbero in ogni caso non farsi discendere delle conseguenze dall’operato della (…) cui ella sarebbe giustamente chiamata a rispondere.

Di poi, gli appellanti si dolgono dell’omessa valutazione delle ragioni da loro espresse sul merito della lite e delle prove raccolte, ribadendo come l’azione ordita dagli odierni appellati fosse l’ennesima persecutoria azione giudiziaria in loro danno, colpevoli unicamente di essere proprietari di alcuni appartamenti in un piccolo fabbricato sito in B. alla Via (…) mera appendice postuma di (…) (questa sì villa vesuviana), gemella di altra posta specularmente alla destra della (…) entrambe sottoposte a vincolo solo nel 1999.

Infine, gli appellanti censurano anche la liquidazione delle spese di lite, poiché l’applicazione dei parametri medi non sarebbe in linea con l’attività svolta, sostanziatasi nella mera predisposizione di memorie ex art. 183 c.p.c., conclusionali e repliche riproducenti tutte le medesime asserzioni della citazione.

IV. L’appello incidentale di (…)

(…) costituitasi il 27 ottobre 2020, ha proposto appello incidentale, anzitutto perché il primo giudice non avrebbe tenuto conto dei vizi relativi alla procedura di mediazione: i due diversi procedimenti di mediazione promossi dagli attori riguardanti il giudizio di primo grado (559/2015 e 72/2016) non si sarebbero conclusi nei termini di legge e , riuniti nella seduta del 19 settembre 2016, sarebbero stati svolti irregolarmente dal momento che non si sarebbero perfezionate le convocazioni per la (…)

Il tribunale avrebbe erroneamente ritenuto tardiva l’eccezione, perché sollevata solo in sede di conclusioni: l’irregolare convocazione, risultante dall’estratto dell’unico verbale di seduta simultanea del 19 settembre 2016 ( la convocazione per la mediazione 559/2015, accesa il 1 ottobre 2015, nei confronti della (…) alla data del 19 settembre 2016 non si sarebbe perfezionata mancando l’accertamento positivo dell’avvenuta consegna della raccomandata di convocazione, mentre per la seconda mediazione,n. 72/2016, accesa il 23 febbraio 2016, non sarebbe mai avvenuta), sarebbe un vizio rilevabile anche d’ufficio, poiché il giudice sarebbe tenuto a verificare la regolarità dello svolgimento della mediazione da lui stesso demandata: infatti, il convenuto avrebbe l’obbligo di eccepire in prima udienza l’improcedibilità della domanda per il mancato svolgimento della mediazione obbligatoria dopo di che sarebbe onere ed obbligo del giudice curare e verificare nel caso di una mediazione demandata, che la stessa si sia svolta regolarmente con le convocazioni ai soggetti interessati, e che il termine previsto dalla legge per il relativo svolgimento sia stato rispettato.

Nel merito, la (…) dopo avere ribadito il suo ruolo di amministratrice ad acta, priva del potere di rappresentare i condomini, e la definitiva cessazione dell’incarico, per l’avvenuta deliberazione dei lavori da parte dei contitolari del fabbricato, sostiene che il giudice avrebbe errato nel ritenere nulla la delibera, accogliendo la sollevata eccezione sull’inosservanza dell’art. 67 disp. att. c.c., anziché annullabile, con le conseguenze di cui all’articolo 1137 c.c.

Infine, la (…) si duole della compensazione delle spese di lite, chiedendo che, in riforma della sentenza di primo grado, sia applicato in suo favore (e a carico degli attori appellati ovvero di chi di ragione) il principio della soccombenza, ex art. 91 c.p.c. (con attribuzione ex art. 93 c.p.c. al suo difensore).

V. L’appello incidentale di (…)

Il 18 novembre 2020 si sono costituiti in appello (…) (nato nel (…)) e (…) per chiedere che la sentenza di primo grado sia dichiarata nulla per la violazione delle norme di legge in materia di mediazione e per la mancata valutazione dei documenti depositati in giudizio.

A sostegno di tali conclusioni hanno spiegato di avere informato l’ingegner (…) che la loro presenza alla adunanza da lei convocata riguardava la rappresentanza solo di una parte dei condomini comproprietari del piano terra, onde la (…) avrebbe dovuto o dichiarare di non potersi procedere ad alcuna deliberazione (in quanto non si era raggiunta la maggioranza richiesta dalla legge) ovvero assumere i provvedimenti a lei demandati dal Tribunale di Napoli e poi confermati dalla stessa Corte di Appello. Se, pertanto, l’amministratrice ad acta aveva non soltanto ritenuto valido il deliberato ma addirittura lo aveva posto in esecuzione (poiché di fatto i lavori sono stati eseguiti), allora non vi sarebbe giustizia nei loro confronti, avendo essi solo proceduto ad eseguire i pagamenti richiesti dall’amministratore ad act a per i lavori eseguiti e per le spettanze professionali alla stessa dovute. Nessuna responsabilità potrebbe, pertanto, essere loro imputata, non avendo assunto una posizione conflittuale ma solo difensiva, tesa ad accertare se la delibera assembleare fosse valida.

Inoltre, il giudice di primo grado non si sarebbe espresso sulla richiesta di eventuale restituzione delle somme da loro versate per i lavori urgenti eseguiti e per le spettanze corrisposte alla (…) Con la comparsa conclusionale essi avrebbe depositato anche le fatture relative ai predetti pagamenti, chiedendo la restituzione delle somme corrisposte in caso di accoglimento della domanda.

Infine, in adesione ai motivi di nullità dedotti nell’atto di appello, (…) hanno eccepito la nullità della sentenza anche per la violazione delle norme in materia di mediazione.

VI. L’esame dei motivi di appello

In primo luogo va rilevata l’inammissibilità dell’appello incidentale proposto da (…) per l’inosservanza del termine ex artt. 166 e 343 c.p.c. per la costituzione in giudizio (cfr. Cass. 1671/15). Infatti, gli appellanti principali hanno citato le altre parti per l’udienza del 20 novembre 2020, onde la costituzione in giudizio dei predetti appellanti incidentali, avvenuta il 18 novembre 2020, è successiva alla scadenza del termine anzidetto.

Le doglianze relative al mancato rilievo della definitiva improcedibilità della domanda, per l’inosservanza della normativa sulla mediazione, sono infondate.

Quanto all’eccezione di tardiva comunicazione dell’avviso e di mancata indicazione dell’oggetto della mediazione, sollevata da (…) e la decisione del tribunale va condivisa, posto che gli attori hanno provveduto nel termine di quindici giorni assegnato all’udienza del 16 febbraio 2016 alla presentazione della domanda di mediazione (in data 23 febbraio 2016) e che l’inosservanza del termine di cui all’articolo 6, comma 2, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, per la tardiva convocazione delle parti ad opera dell’organismo di mediazione, non può riverberarsi in danno della parte che abbia presentato tempestivamente la domanda, non risultando che essa sia dipesa dal comportamento inerte o negligente della parte medesima.

Inoltre, nell’istanza di mediazione l’oggetto è stato sufficientemente determinato e risulta coincidente sia con il petitum della domanda azionata in giudizio – con la quale è stato chiesto di “dichiarare giuridicamente inesistente, nulla e comunque invalida ed inefficace la delibera assembleare adottata in data 3 marzo 2015” – che con la sua causa petendi, ovvero con le ragioni giuridiche che sorreggevano la richiesta. Come giustamente rilevato dal tribunale i chiamati in causa (…) e (…) al momento della ricezione dell’avviso di convocazione, erano già stati resi edotti dell’oggetto del giudizio, risalendo il perfezionamento della notifica dell’atto d’integrazione del contraddittorio al 1 marzo 2016.

Ne può accogliersi l’eccezione sollevata sul punto dalla (…) che si duole del mancato rilievo, da parte del tribunale, della sua omessa convocazione per la prima procedura e dell’irregolare convocazione per la seconda procedura.

Posto che all’udienza successiva al tentativo fallito di mediazione la questione dell’improcedibilità è stata sollevata sotto il diverso profilo della tardività e dell’irregolare individuazione dei soggetti, deve ritenersi che lo stesso rilievo d’ufficio dell’inosservanza delle prescrizioni relative al procedimento di mediazione è anch’esso soggetto a preclusione temporale, perché consentito entro l’udienza successiva fissata ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010, così com’e previsto rispetto all’improcedibilità (temporanea) che deriva dal mancato esperimento della mediazione ante causarti, attesa la ratio legis di confinare in limine litis il riscontro della procedibilità della domanda giudiziale.

Quanto alla doglianza relativa alla declaratoria di nullità della delibera impugnata, va condivisa la ricostruzione del tribunale che ricalca l’orientamento giurisprudenziale della Cassazione: trattandosi di condominio minimo, ovvero di condominio composto da due partecipanti con diritti di comproprietà paritari sui beni comuni, infatti, le delibere devono essere adottate con l’apporto di entrambi. In mancanza di unanimità l’unico rimedio esperibile per superare lo stallo decisionale è quello di adire l’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 c.c., non potendosi ricorrere al criterio maggioritario (cfr. Cass. 5329/17) e ancora nell’ipotesi di condominio costituito da due soli condomini, seppur titolari di quote diseguali, ove si debba procedere all’approvazione di deliberazioni che – come quella di nomina dell’amministratore – richiedano comunque sotto il profilo dell’elemento personale, l’approvazione con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti, ex art. 1136, comma 2, c.c., la valida espressione della volontà assembleare suppone la partecipazione di entrambi i condomini e la decisione “unanime”, non potendosi ricorrere al criterio maggioritario (Cass. 16337/20).

Nel caso in esame, all’assemblea non presero parte entrambi i comproprietari delle parti comuni, pertanto, la stessa non venne validamente costituita, con conseguente impossibilità di pervenire ad una decisione unanime, condizione essenziale per la adozione di una delibera valida, da poter poi mettere in esecuzione nelle forme di legge. La delibera quindi, giacché adottata senza la previa partecipazione di entrambi i comproprietari alla discussione e alla successiva fase volitiva, è stata correttamente qualificata come affetta da nullità, da ciò derivando la circostanza per cui poteva essere impugnata anche senza il rispetto del termine decadenziale previsto dall’art. 1137 c.c. La delibera, a ben vedere, stante il difetto di un elemento essenziale per la formazione della volontà del consesso, potrebbe non essere identificabile come atto giuridico negoziale, e, quindi, addirittura considerarsi “giuridicamente inesistente”.

Nel caso di specie è pacifico che i comproprietari dell’immobile sito al piano terra della palazzina di Via (…) non avessero nominato un rappresentante legittimato ad esprimere la volontà comune in seno all’assemblea e che alla riunione assembleare del 3 marzo 2015 abbiano partecipato, tramite il proprio legale, solo taluni comproprietari dell’immobile del piano terra a nome proprio. Di conseguenza, l’unico voto validamente espresso è stato quello dei comproprietari del primo piano, inidoneo alla formazione di una sia pur viziata volontà assembleare, onde la mancata unanimità sarebbe stata superabile solo col ricorso all’autorità giudiziaria ovvero con la restituzione del potere decisorio all’amministratore ad acta già nominato. La decisione, imputabile e riferibile ad uno solo dei condomini, infatti, ha integrato non già una delibera condominiale, bensì una mera manifestazione unilaterale di volontà, mancando sia una valida costituzione dell’assemblea, che l’unanimità della decisione (cfr. Cass. 7929/17).

Deve dunque concludersi per la nullità, stante l’assenza di un elemento costitutivo secondo la configurazione richiesta dalla legge, e per la inidoneità della stessa a dar vita alla nuova situazione giuridica, che il diritto ricollega al tipo legale, in conformità con la funzione economico – sociale sua caratteristica.

Infine, val la pena darsi atto che la nullità della delibera in questione pare profilarsi anche in ordine ad un’altra considerazione: con nota 1756E del 3 aprile 2015 inviata all’ing. (…) la Soprintendenza evidenziava l’avvenuto svellimento del manto di tegole della copertura di (…) in spregio a quanto autorizzato dalla stessa con la nota n. 4663 del 25 febbraio 2015. Pertanto, alcune delle opere eseguite a seguito del deliberato in realtà potrebbero ritenersi illegittime e non autorizzate dall’ente preposto, concretizzando l’ipotesi di nullità per impossibilità o illiceità dell’oggetto: si ricordi che la Cassazione ha affermato che “sono da ritenersi nulle le delibere prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale e al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell’Assemblea, che incidono sui diritti individuali, sulle cose, sui servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini o comunque invalide in relazione all’oggetto” (cfr. Cass. S.U. 4806/05, Cass. 6714/10, Cass.3586/13).

Quanto all’esclusione della legittimazione passiva dell’ingegner e (…) non ci si può discostare dalle valutazioni fatte dal giudice di primo grado: infatti, l’amministratore di nomina giudiziaria agisce in virtù dei poteri scaturenti direttamente dal decreto di nomina, rispondendo del suo operato soltanto nei confronti del tribunale, gestendoli condominio ed assumendo decisioni quale titolare di un ufficio privato con funzioni amministrative, senza tener conto della volontà assembleare che, proprio perché non manifestata dalla maggioranza dei partecipanti, ha reso necessario il suo operato. Costui, quindi, usualmente non ha alcun obbligo di convocare l’assemblea per ottemperare al proprio mandato e ha la facoltà di espletare ogni atto di amministrazione autorizzato dal tribunale, prescindendo da qualsiasi volontà assembleare.

Nella specie, il provvedimento di nomina giudiziale conferiva all’amministratore ad acta il compito precipuo di individuare i lavori da eseguire, sui quali non vi era accordo, mentre la convocazione dell’assemblea dei comunisti disposta dal tribunale era finalizzata alla sola comunicazione del provvedimento presidenziale e dei lavori individuati dall’amministratore, non a caso individuato nella persona di un ingegnere, ovvero di soggetto avente competenze tecniche in materia di progettazione ed esecuzione di lavori edili. Alla decisione assembleare, quindi, erano stati demandati i soli provvedimenti attuativi.

Tuttavia, una volta ritenuto da parte dei condomini presenti di decidere in ordine ai lavori da eseguire, la relativa deliberazione non è in alcun modo riferibile (anche) alla volontà dell’amministratrice. In particolare, la (…) né ha ricevuto l’incarico di amministratrice del condominio, si da essere legittimata a contraddire sull’azione proposta dai singoli condomini per la dichiarazione di nullità della delibera assembleare, né in concreto ha contribuito alla formazione della volontà assembleare: la determinazione dei lavori ha, infatti, esulato dal suo mandato, essendo stata rimessa alla decisione dell’assemblea dei comunisti.

Quanto, poi, ad eventuali responsabilità della (…) per aver dato corso alla delibera invalida, consentendo l’esecuzione dei lavori e provocando, come dedotto, l’immediata reazione della Soprintendenza (con la nota 1756E già richiamata), la questione esula dall’oggetto del presente giudizio, relativo alla validità della deliberazione assunta in seno al condominio, tanto più che, dichiarato dal tribunale il difetto di legittimazione passiva di (…) non hanno impugnato la relativa statuizione.

Deve accogliersi, infine, l’appello incidentale della (…) con riferimento alla compensazione delle spese di lite: la soccombenza degli attori per la domanda nei confronti della convenuta carente di legittimazione avrebbe dovuto determinare la loro condanna al pagamento delle spese e competenze di primo grado considerato che, stante la loro mancata adesione alla richiesta di estromissione, la (…) ha dovuto approntare una serie di difese nelle varie fasi del giudizio (che, si ricorda, ha visto una fase cautelare con rigetto di ogni domanda per gli attori ed una fase di merito conclusosi con declaratoria di carenza di legittimazione passiva della (…) Né, peraltro, le ragioni espresse dal primo giudice per la compensazione (“la particolarità della fattispecie concreta e la controvertibilità della questione giuridica trattata, sulla quale non si registrano orientamento giurisprudenziali consolidati”) rientrano tra quelle che per l’articolo 92 c.p.c. consentono la compensazione delle spese di lite, posto che non deve registrarsi alcun mutamento di giurisprudenza, né l’assoluta novità della questione trattata e tampoco altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni.

Al contrario, la doglianza degli appellanti principali relativa alla liquidazione delle spese a loro carico è infondata.

I parametri generali per la determinazione dei compensi, indicati dall’articolo 4, comma 1, del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 e, in particolare, la complessità delle questioni trattate rendono giustificata l’applicazione dei valori medi relativi alle cause di valore da Euro 26.000,01 a Euro 52.000,00 (compresi nella forbice prevista per le cause di valore indeterminabile dall’articolo 5), cui, peraltro, non è stato aggiunto l’aumento che, di regola, può essere stabilito ai sensi dell’articolo 4, comma 2.

In conclusione, l’appello principale va rigettato, mentre l’appello incidentale di (…) è accolto per le spese di primo grado.

Le spese del giudizio di appello sostenute da (…) (nato nel 1967) vanno poste interamente a carico degli appellanti principali e incidentali soccombenti e si liquidano in dispositivo in applicazione delle tariffe di cui al D.M. n. 55 del 2014, secondo il valore indeterminabile della controversia.

Per quanto riguarda, invece, le spese di appello sostenute dalla (…) deve tenersi conto anche della soccombenza nei suoi confronti dei predetti appellati.

Occorre solo precisare che alla (…) è dovuto il rimborso del contributo unificato solo a condizione che ne dimostri l’avvenuto versamento (non ancora eseguito, per quanto consta in atti) e nei limiti dell’importo di Euro 777,00 dovuto per le cause di valore indeterminabile, poiché non possono porsi a carico delle altre parti le conseguenze della mancata dichiarazione di valore da parte della stessa appellante incidentale ai sensi dell’articolo 14 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Si dà atto, infine, dei presupposti per il versamento, conseguente al rigetto dell’appello principale e della dichiarazione d’inammissibilità di uno degli appelli incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13 comma 1 quater T.U. n. 115/02, come modificato dall’art. 1 comma 17 L. n. 228 del 2012

P.Q.M.

La Corte di appello di Napoli così provvede:

– rigetta l’appello principale di (…)

– dichiara inammissibile l’appello incidentale di (…)

– in parziale accoglimento dell’appello incidentale di (…) condanna (…) in solido al pagamento, in favore di (…) (con attribuzione in favore dell’avvocato (…), delle spese di primo grado, liquidate in Euro 5.980,00 (di cui Euro 5.200,00 per compensi ed Euro 780,00 per spese forfettarie), oltre ad IVA e CPA come per legge;

– condanna in solido gli appellanti principali (…) e (…) e gli appellanti incidentali (…) (nato a N. il (…)) e (…) al pagamento delle spese di appello in favore di (…)(nato a Cercola il 19.6.1967), con attribuzione agli avvocati (…) liquidate in Euro 6.900,00 (di cui Euro 6.000,00 per compensi ed Euro 900,00 per spese forfettarie);

– condanna in solido (…) al pagamento delle spese di appello in favore di (…) liquidate in Euro 6.000,00 per compensi ed Euro 900,00 per spese forfettarie, oltre al contributo unificato dovuto per l’appello incidentale (entro i limiti di Euro 777,00 e a condizione che ne sia dimostrato l’avvenuto versamento), IVA e CPA come per legge;

– dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte degli appellanti principali (…) e incidentali (…) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato (o comunque dovuto) per l’appello, ai sensi e per gli effetti del’art.13 co. 1 quater T.U. n. 115/02.

Così deciso in Napoli l’1 luglio 2022.

Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2022.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.