il contratto di vitalizio alimentare è nullo per mancanza di alea ove, al momento della sua conclusione, il beneficiario sia affetto da malattia che, per natura e gravità, renda estremamente probabile un esito letale e ne provochi la morte dopo breve tempo o abbia un’età talmente avanzata da non poter certamente sopravvivere oltre un arco di tempo determinabile.

Corte d’Appello|Lecce|Sezione 2|Civile|Sentenza|21 giugno 2023| n. 537

Data udienza 6 giugno 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Lecce – Sezione Seconda civile – composta dai Signori:

1) Dott.ssa Raffaella Brocca – Presidente

2) Dott.ssa Consiglia Invitto – Consigliere

3) Dott.ssa Federica Sterzi Barolo – Consigliere est.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa in grado d’appello iscritta al n. 122/2021 del Ruolo Generale, promossa

DA

(…) (c.f. (…)), rappresentata e difesa dall’avv.to (…), mandato in atti

APPELLANTE

CONTRO

(…) (c.f. (…)), (…) (c.f. (…)), (…) (c.f. (…)) e (…) ((…)), tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti (…), mandato in atti

APPELLATI

CONCLUSIONI

I procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni come da note scritte depositate per l’udienza del 20.12.2022, da intendersi qui per integralmente riportate.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione in data 29.4.2015, (…), (…), (…) e (…)

– premesso che:

gli attori, insieme alla sorella (…), sono eredi legittimi del padre, (…), deceduto in data 26.9.2012;

al momento dell’apertura della successione i deducenti apprendevano che, con atto per notar (…) del 16.5.2012, il genitore aveva ceduto a (…) la nuda proprietà di tre immobili siti in Ceglie Messapica, via (…), compiutamente identificati in citazione, quale corrispettivo delle prestazioni di assistenza e somministrazione del vitto, pulizia, vestiario e cure mediche;

all’epoca della stipula del contratto il sig. (…), oltre ad essere novantenne, si trovava allettato e in condizioni di salute alquanto precarie, tant’è che a distanza di soli tre mesi veniva a mancare;

il contratto in questione, con cui è stata costituita una prestazione vitalizia mediante alienazione di beni, è nullo per carenza del requisito dell’aleatorietà in quanto, al tempo della sua conclusione, era possibile presumersi con assoluta certezza, o quanto meno con buona approssimazione, il prossimo decesso del vitaliziato;

– convenivano in giudizio, avanti il Tribunale di Brindisi, (…) al fine di far dichiarare nullo il contratto per notar (…) del 16.5.2012 per insussistenza dell’alea e, per l’effetto, condannare la convenuta alla restituzione degli immobili alla massa ereditaria del defunto (…). In subordine, chiedevano accertarsi e dichiararsi che il contratto in questione era simulato, in quanto dissimulante una donazione, e conseguentemente disporre la riduzione della donazione in quanto lesiva delle quote legittime ai medesimi riservate.

Instaurato il contraddittorio, si costituiva (…) che contestava il fondamento della domanda, chiedendone il rigetto.

La causa veniva istruita documentalmente, a mezzo prova testimoniale e CTU tecnica. All’esito, il Tribunale adito, con sentenza n. 33/2021, depositata in data 8.1.2021 dichiarava la nullità dell’atto di costituzione di prestazione vitalizia mediante alienazione di beni concluso tra (…) e (…) e dichiarava che gli immobili oggetto dell’atto nullo venivano devoluti agli eredi, secondo le norme sulla successione legittima.

Avverso detta sentenza, (…) ha proposto appello, dinanzi a questa Corte, per le ragioni che saranno in seguito prese in esame. Resistono gli appellati.

All’udienza del 20.12.2022 i procuratori delle parti precisavano le conclusioni a mezzo deposito di note di trattazione scritta e il Collegio tratteneva la causa in decisione, assegnando i termini di cui all’art. 190 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, l’appellante si duole che il Tribunale abbia ritenuto insussistente il requisito dell’aleatorietà nel contratto di vitalizio, dalla medesima stipulato con il padre, stimando la durata probabile della vita residua del (…) in soli quattro anni: a dire dell’odierna istante, tale conclusione non è corretta, innanzitutto perché lo stesso giudicante ha escluso che il vitaliziato soffrisse di patologie che facessero concretamente prevedere come prossimo il decesso e, anzi, ha riconosciuto che egli era in discrete condizioni di salute e non necessitava di particolari cure mediche e medicinali.

In secondo luogo, se i dati Istat stabiliscono che la durata della sopravvivenza media di una persona di novant’anni è di quattro anni, ciò significa che nella categoria presa in considerazione ci sono persone più longeve che possono anche sopravvivere altri dieci anni, e il sig. (…) poteva ragionevolmente essere tra quest’ultime, a maggior ragione in quanto non risulta che fosse malato.

Se dunque il vitaliziato avrebbe potuto vivere ancora per una decina d’anni, tenuto conto del valore della nuda proprietà degli immobili (stimato dal CTU in euro 152.000,00) e del costo medio mensile di euro 1.200,00 per il compenso di una badante, ne consegue che la spesa per una badante per complessivi dieci anni sarebbe stata superiore al valore dei beni.

E ciò senza considerare l’ulteriore costo giornaliero per il vitto, il vestiario e le spese mediche. Il Tribunale, inoltre, non ha considerato che la vitaliziante si era impegnata a prestare al padre ogni genere di assistenza, per cui gli oneri dalla medesima assunti sarebbero lievitati significativamente in caso di peggioramento dello stato di salute del vitaliziato.

Il motivo è infondato per le ragioni di seguito indicate.

Ed invero, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (v. Cassazione civile sez. II, 27/10/2017, n.25624; Cass. 28.9.2016 n. 19214), il contratto di vitalizio alimentare è nullo per mancanza di alea ove, al momento della sua conclusione, il beneficiario sia affetto da malattia che, per natura e gravità, renda estremamente probabile un esito letale e ne provochi la morte dopo breve tempo o abbia un’età talmente avanzata da non poter certamente sopravvivere oltre un arco di tempo determinabile.

In linea con il predetto orientamento, il Tribunale nella sentenza appellata ha esaminato le risultanze istruttorie nel loro complesso e ha valutato le prestazioni a carico di ciascuna parte, giungendo alla conclusione che, al momento della stipula, il giudizio prognostico circa la probabile durata della sopravvivenza del vitaliziato (al tempo novantenne) poteva essere formulato al massimo in quattro anni e che, considerato il valore della nuda proprietà dei beni ceduti, doveva escludersi la sussistenza dell’alea, in quanto la verosimile non lontana data del decesso determinava uno squilibrio del sinallagma in danno del vitaliziato.

A dire dell’appellante il predetto ragionamento non è condivisibile, in quanto se la stima della sopravvivenza massima di quattro anni è stata elaborata sulla base della durata media della vita di una persona di novant’anni, ciò significa che esistono persone di novant’anni che sopravvivono di più, e in questa categoria ben poteva collocarsi il (…), il quale, a quanto consta, non presentava patologie tali da far ritenere concretamente prevedibile e prossimo il decesso.

L’assunto, sia pur suggestivo, non può essere condiviso: è evidente, invero, che la stima della sopravvivenza in vita di quattro anni di una persona di novant’anni, considerata dal Tribunale come dato di riferimento statistico, risulta fondata sul fatto che alcuni novantenni sopravvivono di più di quattro anni ed altri, ovviamente, sopravvivono di meno.

E’ chiaro tuttavia che, spettando al giudice valutare la sussistenza dell’alea sulla base di una comparazione effettiva delle prestazioni, secondo un giudizio di presumibile equivalenza o di palese sproporzione da impostarsi con riferimento al momento di conclusione del contratto ed al grado ed ai limiti di obiettiva incertezza, sussistenti a detta epoca, in ordine alla vita ed alle esigenze assistenziali del vitaliziato, detto giudizio non poteva che avere, come punto di riferimento, la durata media della sopravvivenza ricavabile dai dati statistici del tempo, in quanto questo era il dato che le parti avevano concretamente a disposizione quando hanno deciso di regolare i propri interessi con l’accordo in questione.

Esente dalle censure mosse appare pertanto la decisione del primo Giudice che, sulla base di tali dati, ha ritenuto sussistente una significativa sproporzione tra il valore delle prestazioni dedotte in contratto, in quanto l’appellante si obbligava ad eseguire una prestazione di natura assistenziale che appariva verosimilmente e prevedibilmente limitata nel tempo alla luce dell’età del vitaliziato, a fronte della quale riceveva la nuda proprietà di tre immobili il cui valore superava di gran lunga quella approssimativa della prestazione a suo carico.

La circostanza poi, dedotta dall’appellante, che con l’andare avanti del tempo il padre avrebbe potuto andare incontro ad ulteriori spese mediche, tali da superare il costo del corrispettivo medio di una badante, come considerato dal primo Giudice, è assunto che appare sfornito di prova, a voler considerare la circostanza, più volte ribadita dalla difesa della (…), secondo cui il genitore non soffriva di particolari patologie. Il motivo va pertanto rigettato.

La conferma della declaratoria di nullità dell’atto di costituzione di prestazione vitalizia per mancanza di alea rende ultroneo, per carenza di interesse dell’appellante, l’esame del secondo motivo di impugnazione, con cui la difesa della (…) lamenta che il primo Giudice abbia illegittimamente analizzato e ritenuto accoglibile anche la domanda di simulazione, avanzata dagli attori/appellati in via subordinata.

Con il terzo motivo, l’appellante si duole che il Tribunale abbia liquidato le spese di lite a suo carico nell’importo di euro 21.242,00, oltre accessori di legge, “tenuto conto del valore della causa, pari ad euro 327.454,00 ex art. 15 c.p.c.”. A suo dire, il primo Giudice avrebbe dovuto far riferimento al valore, come stimato dal CTU, della nuda proprietà dei beni immobili in contestazione (pari ad euro 152.782,00) o al più della piena proprietà (euro 179.744,00).

In ogni caso, se il Tribunale ha tenuto conto della rendita catastale degli immobili ex art. 15 c.p.c., avrebbe dovuto moltiplicare la rendita per cento e non per duecento, trattandosi della nuda proprietà degli immobili oggetto di vitalizio, con la conseguenza che avrebbe dovuto stimare il valore della causa in euro 163.737,00. Il motivo è fondato nella misura e per le ragioni di seguito indicate.

Ed invero, a giudizio della Corte, il richiamo all’art. 15 c.p.c. operato dal Tribunale al fine della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di lite non può ritenersi corretto, atteso che la predetta norma si riferisce alle cause relative a diritti reali su beni immobili, ovverosia alle azioni in cui si controverte sulla proprietà di un immobile oppure su altro diritto reale relativo ad esso, comprese le azioni a difesa della proprietà.

Nel caso di specie il bene immobile costituiva solo l’oggetto mediato della domanda attorea che mirava invece alla declaratoria di nullità, o in subordine di simulazione, del contratto di vitalizio assistenziale. Ne consegue che il valore della causa va più opportunamente determinato, ex art. 12 c.p.c., in base al valore dei beni in contestazione, con la conseguenza che vanno utilizzati, ai fini della liquidazione delle spese di lite, i valori medi della fascia di riferimento tra Euro 52.000,00 e Euro 260.000,00 delle tabelle allegate al DM 55/2014.

E dunque, in accoglimento del motivo d’appello, in parziale riforma del capo sub 3 della parte dispositiva della sentenza impugnata, fermo quanto liquidato dal primo Giudice per esborsi (euro 1.242,00), i compensi vanno riliquidati in euro 14.103,00, per un totale di euro 15.345,00, oltre accessori di legge.

Attesa la parziale soccombenza reciproca, le spese di lite del presente grado vanno compensate nella misura di un quarto e poste, per la parte restante, in capo all’appellante nell’importo liquidato in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Lecce – Seconda Sezione Civile – definitivamente pronunciando sull’appello proposto da (…) nei confronti di (…), (…), (…) e (…), con atto in data 8.2.2021, avverso la sentenza del Tribunale di Lecce sent. n. 33/2021 depositata in data 8.1.2021, così provvede:

1) accoglie l’appello per quanto di ragione e, per l’effetto, in parziale riforma del capo sub 3 della parte dispositiva dell’impugnata sentenza, ridetermina in euro 15.345,00 (di cui euro 14.103,00 per compensi), oltre IVA, CPA e rimborso forfetario al 15%, l’importo liquidato a titolo di spese di lite a carico di (…);

2) compensa tra le pani le spese di lite del

presente grado nella misura di un quarto e condanna l’appellante alla rifusione in favore degli appellati della parte restante delle stesse liquidate, per l’intero, in complessivi euro 7.000,00, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario al 15%;

Così deciso in Lecce, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte d’Appello, in data 6 giugno 2023

Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2023.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.