Non sussiste pertanto il vizio di “extrapetizione” (art. 112 cod. proc. civ.) se il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo – giudizio di cognizione proposto non solo per accertare l’esistenza delle condizioni per l’emissione dell’ingiunzione, ma anche per esaminare la fondatezza della domanda del creditore in base a tutti gli elementi, offerti dal medesimo e contrastati dall’ingiunto – revoca il provvedimento monitorio ed emette una sentenza di condanna di questi per somma anche minore rispetto a quella ingiunta, dovendosi ritenere che nella originaria domanda di pagamento di un credito, contenuta nel ricorso per ingiunzione, e nella domanda di rigetto dell’opposizione (o dell’appello dell’opponente) sia ricompresa quella subordinata di accoglimento della pretesa per un importo minore.

Tribunale|Roma|Sezione 10|Civile|Sentenza|28 febbraio 2020| n. 4407

Data udienza 26 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

– DECIMA SEZIONE CIVILE –

in composizione monocratica,

Il Giudice unico dott. Antonio Perinelli ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa in epigrafe iscritta, riservata in decisione all’udienza del 05.12.2019, avente ad oggetto: Appalto.

TRA

Fa. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. Fa.Ma., con sede in Rodi Garganico, Vicolo (…) n. 1, P.IVA: (…), rappresentata e difesa dall’Avv. Gi.Pa. (…), del Foro di Civitavecchia, giusta procura speciale estesa in calce all’atto di citazione, elettivamente domiciliata in Roma, Viale (…), presso lo studio dell’Avv. Cl.Fa.,

– attrice opponente –

Im. S.p.A. (P.Iva (…)), in persona del suo legale rappresentante Dott. Fr.Or., con sede legale in Roma, Viale (…) Paisiello, n. 27, elettivamente domiciliata in Roma, Piazzale (…) presso lo studio dell’Avv. Ma.Pi. (…), dal quale è rappresentata e difesa in virtù di delega allegata alla comparsa di costituzione e risposta,

– convenuta opposta –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Fa. a r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 26151/17 – provvisoriamente esecutivo – con cui il Tribunale di Roma le ordinava di pagare in favore della Im. S.p.A., la somma di Euro 60.163,20, oltre interessi come da domanda e le spese della procedura monitoria.

Unitamente al predetto decreto ingiuntivo è stato notificato atto di precetto con cui è stato intimato il pagamento della somma di Euro 68.445,60, oltre interessi e ulteriori spese.

Esponeva il Procuratore della società creditrice:

– di aver stipulato con il Comune di Rodi Garganico un contratto per la concessione dei lavori pubblici per la progettazione esecutiva, la realizzazione e gestione dei lavori di costruzione del Porto Turistico di Rodi Garganico;

– di essersi impegnata a trasferire alla Fa. srl, con distinti contratti preliminari, il diritto di utilizzazione trentennale dei beni ivi indicati all’interno del Porticciolo di Rodi Garganico, e precisamente:

– Edificio 11B con contratto del 01/09/2008 e scrittura aggiuntiva del 04/02/2011;

– Edificio 1B con contratto del 15/09/2009;

– Ed. con contratto del 15/09/2009;

– Edificio 6 con contratto del 15/09/2009;

– Posti auto denominati Sottoflutto 0, 51, 53 e 69 con contratto del 15/09/2009;

– Posto barca denominato G26 con contratto dell’11/10/2012.

– Che in forza dei ridetti contratti la Fa. si impegnava ad adempiere alle obbligazioni pecuniarie relative alla ripartizione delle spese e degli oneri condominiali, nonché delle spese di gestione e quelli derivanti dalla concessione amministrativa, come previsto dal Regolamento Generale e dal Regolamento Condominiale;

– Che con scritture private a mezzo del Notaio D’A., la società creditrice, in adempimento dei suddetti contratti preliminari, ha trasferito alla Fa. il diritto di utilizzazione dei beni oggetto dei preliminari citati, ed in particolare:

– Edificio 6, atto del 27/5/2010;

– Edificio 1B, Ed., posti auto denominati Sottoflutto 0, 51, 53 e 69, atto del 03/12/2010;

– Edificio 11B, atto del 16/12/2011;

– Posto barca G26, atto del 18/12/2012;

– Edificio 5B, atto del 26/03/2010.

– Che, nei ridetti contratti definitivi, la Fa. dichiarava di conoscere e accettare il Regolamento Generale del Porto e la Tabella Millesimale per la ripartizione delle spese condominiali;

– Che la Fa. ha corrisposto solo le spese di gestione dovute per l’edificio 5B e per il posto auto Sottoflutto 53, mentre si è resa morosa per gli oneri e i costi calcolati e indicati nel consuntivo delle spese di gestione relative all’esercizio 2015 e di quelle a titolo di acconto per l’esercizio 2016, accumulando così una morosità pari ad Euro 60.153,20, iva compresa.

La società opponente eccepiva innanzitutto l’inammissibilità del decreto ingiuntivo per insussistenza delle condizioni, ex artt. 633 e 634 c.p.c.

Eccepiva quindi il proprio difetto di legittimazione passiva per quanto riguarda l’immobile identificato come “Ed.”.

Deduceva quindi l’opponente che la società Ci. era inadempiente agli obblighi contrattuali assunti in base all’art. 2.4, secondo il quale: “La Concessionaria si obbliga a provvedere alla gestione del Porto e all’amministrazione dei Locali Commerciali e del Posto Auto, nonché alla loro tutela (…)”.

Contestava infine l’ammontare delle somme richieste.

Tanto premesso chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo opposto.

Spiegava domanda riconvenzionale di risarcimento danni che quantificava in complessivi Euro 100.000,00.

Si costituiva in giudizio la convenuta deducendo l’infondatezza dell’opposizione di cui chiedeva il rigetto con conferma del decreto ingiuntivo opposto e refusione delle spese di lite.

Con ordinanza del 18/04/2018 veniva sospesa la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo, limitatamente alla somma di Euro 33.414,79 che, nel decreto ingiuntivo, era riferita al locale denominato “Ed.” confermandola per il minor importo pari ad Euro 26.748,41.

Venivano espletati la prova testimoniale e l’interrogatorio formale del legale rappresentante della Ci..

Era inoltre disposta una consulenza tecnica d’ufficio con nomina quale Consulente dell’Ing. Ma.Av.

All’udienza del 05.12.2019 parte attrice rinunziava alla richiesta di risarcimento danni.

Precisate le conclusioni all’udienza del 05.12.2019 la causa veniva trattenuta in decisione previa concessione alle parti dei termini di cui all’articolo 190 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La società Fa. a r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 26151/2017 (R.G. 71333/2017), – provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.p. – con cui il Tribunale di Roma la condannava a pagare all’Impresa Ci. la somma di Euro 60.136,00, oltre accessori e spese dell’espletato procedimento monitorio.

2. Preliminarmente si ritiene opportuno ricostruire i fatti di causa.

2.1. L’Im. S.p.A, stipulava con il Comune di Rodi Garganico un contratto per la concessione dei lavori pubblici per la progettazione esecutiva, la realizzazione e gestione dei lavori di costruzione del Porto Turistico di Rodi Garganico.

2.2. La stessa trasferiva quindi alla Fa. S.r.l. il diritto di utilizzazione trentennale di alcuni beni siti all’interno del Porticciolo di Rodi Garganico.

In particolare, con scritture private a mezzo del Notaio D’A., veniva ceduto alla Fa. il diritto di utilizzazione dei seguenti beni:

– Edificio 6, atto del 27/5/2010;

– Edificio 1B, Ed., posti auto denominati Sottoflutto 0, 51, 53 e 69, atto del 03/12/2010;

– Edificio 11B, atto del 16/12/2011;

– Posto barca G26, atto del 18/12/2012;

– Edificio 5B, atto del 26/03/2010.

La Fa. si impegnava ad adempiere alle obbligazioni pecuniarie relative alla ripartizione delle spese e degli oneri condominiali, nonché delle spese di gestione e quelli derivanti dalla concessione amministrativa, come previsto dal Regolamento Generale e dal Regolamento Condominiale.

3.Eccepiva preliminarmente la società attrice che il decreto ingiuntivo andava revocato a causa dell’insussistenza delle condizioni ex artt. 633 e 634 c.p.c.

L’eccezione è infondata.

Il decreto ingiuntivo veniva richiesto sulla base dei contratti, regolamenti e consuntivi.

Sotto altro profilo deve osservarsi che l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario e autonomo giudizio di cognizione esteso all’esame non solo delle condizioni di ammissibilità e validità del procedimento monitorio ma anche della fondatezza della domanda del creditore in base a tutti gli elementi offerti dal medesimo e contrastati dall’ingiunto.

3. Lamenta la società opposta che la Fa. aveva corrisposto solo le spese di gestione dovute per l’edificio 5B e per il posto auto Sottoflutto 53, mentre si era resa morosa per gli oneri e i costi calcolati e indicati nel consuntivo delle spese di gestione relative all’esercizio 2015 e di quelle a titolo di acconto per l’esercizio 2016, accumulando così una morosità pari ad Euro 60.153,20, iva compresa.

4. Eccepiva l’opponente il proprio difetto di legittimazione passiva per quanto riguarda il locale commerciale identificato come “Ed.”.

L’art. 1.2 del contratto del 03/12/2010, Rep. 18.304, Racc. 8.202, con il quale l’Im. S.p.A. ha ceduto i diritti di utilizzazione del locale definito “Ed.” stabilisce che: “I beni oggetto del presente contratto saranno cedibili a terzi, a condizione della preventiva comunicazione alla Società Concessionaria – a mezzo lettera raccomandata – con un preavviso di almeno trenta giorni”.

Deduceva la società attrice di aver esercitato tale facoltà con contratto del 17/03/2014 a rogito Notaio D’A. (Rep. 21.651, Racc. 10.559) con cui cedeva alla Ed. S.r.l. il diritto di uso del locale commerciale identificato come Ed. (all. 1).

Rilevava di aver comunicato tale cessione con missiva del 21/11/13, inviata a mezzo raccomandata il 25/11/13, e ricevuta dalla Ci. il 27/11/13.

La società opposta ha dedotto sul punto che: “Difatti, controparte ha depositato il richiamato atto di cessione del 17 marzo 2014 corredato da una ricevuta di spedizione che, è la stessa allegata alla riferita raccomandata del 21 novembre 2013. Inoltre, il peso del plico indicato in detta ricevuta, pari a 16 gr, è oggettivamente incompatibile con il peso risultante dalle 4 pagine costituenti l’atto di cessione; né parte opponente ha depositato la comunicazione con cui avrebbe trasmesso detto atto all’odierna opposta conseguentemente del tutto ignara dell’ipotetica intervenuta cessione”.

Tali argomentazioni non sono idonee a superare la certificazione dell’Ufficiale postale.

Comunque le date (21/11/13, 25/11/13 e 27/11/13) paiono coerenti con l’invio.

5.Deduceva quindi l’opponente che la società Ci. era inadempiente agli obblighi contrattuali assunti in base all’art. 2.4, secondo il quale: “La Concessionaria si obbliga a provvedere alla gestione del Porto e all’amministrazione dei Locali Commerciali e del Posto Auto, nonché alla loro tutela (…)”.

Tale deduzione è infondata.

Si legge infatti nella Consulenza che: “Alcuni eventi eccezionali accaduti a più riprese con carattere intenso, di trasporto di grandi quantitativi di materiale pietroso dalle vicine colline al mare, a cominciare dal 2014, hanno interessato principalmente il tratto di litorale tra Rodi Garganico e San Menaio. Queste pietre che sono state riversate sulla litoranea e in mare, si può immaginare che per liberare la strada possano essere state ammassate sulla battigia sottostante” ciononostante: “I sopralluoghi di maggio 2019 hanno evidenziato che il molo dei traghetti è quasi completamente insabbiato, mentre la parte del porto interna, può essere raggiunta con un percorso obbligato che permette alle imbarcazioni da diporto con un pescaggio entro i tre metri di raggiungere comodamente i moli di attracco”.

In particolare il Consulente rilevava una profondità di – 4,30 metri in corrispondenza del posto barca n. 26 sito nel molo G, di proprietà del sig. Fa..

Sotto altro profilo deve osservarsi che la società opposta rinunciava alla concessione demaniale in data 1 giugno 2015.

Tale rinunzia veniva riconosciuta come legittima dal Consiglio di Stato con la sentenza pubblicata in data 28.02.2017 (Cfr. doc. n. 13, memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, c.p.c.).

Quindi dal 1 giugno 2015 la società opposta non può più ritenersi responsabile della manutenzione del porto.

Il Consulente poteva inoltre accertare che quest’ultima eseguiva, nel 2012, un dragaggio di circa 70.000 mc. mentre gli obblighi assunti con il Comune di Rodi erano pari a 350 metri cubi all’anno.

6.In ordine alle contestazioni circa l’ammontare delle cifre richieste deve osservarsi che la copiosa documentazione prodotta dalla società convenuta appare coerente con la gestione del complesso portuale.

Tale attività svolta dalla società opposta veniva confermata dal teste Ing. Ca. escusso all’udienza del 2 ottobre 2019 e veniva svolta sino al luglio 2017 data in cui il porto veniva riconsegnato (Cfr. verbale di riconsegna – doc. n. 16 fascicolo IPC).

Essa non era oggetto di specifica contestazione prima dell’inizio del giudizio in quanto la società provvedeva a versare gli importi dovuti in relazione ad altri beni oggetto d’uso trentennale (edificio 5B e posto auto sottoflutto 53).

Per quanto concerne poi le contestazioni relative alla ripartizione delle somme deve osservarsi che la società opponente non era una condomina ma, in base al contratto, (art. 2.5, docc. nn. da 8.4 a 8.9 fascicolo IPC), aveva conferito ad IPC il mandato di gestire il Porto Turistico di Rodi Garganico.

Si duole ancora l’opponente che la società opposta avrebbe caricato su di essa anche le spese gravanti sui cespiti non ancora venduti e pertanto ancora in proprietà dell’opposta.

La doglianza è infondata.

Invero, ai sensi dell’art. 8.5 del Regolamento, “Sino a che la Concessionaria non avrà disposto delle porzioni realizzate … gli oneri qui previsti le saranno addebitati in misura non superiore al 5% (cinque per cento) rimanendo il residuo a carico degli utenti”.

7. L’opposizione deve pertanto essere accolta, in relazione al punto 4 e pertanto il decreto ingiuntivo deve essere revocato.

8. Qualora il giudice revochi in tutto o in parte il decreto opposto, egli può – e, se richiesto, deve – pronunciare sul merito della domanda, venendo la sentenza di condanna a sostituirsi all’originario decreto ingiuntivo quale titolo su cui si fonda il diritto al pagamento della parte vittoriosa (Cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5754 del 10/03/2009).

Non sussiste pertanto il vizio di “extrapetizione” (art. 112 cod. proc. civ.) se il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo – giudizio di cognizione proposto non solo per accertare l’esistenza delle condizioni per l’emissione dell’ingiunzione, ma anche per esaminare la fondatezza della domanda del creditore in base a tutti gli elementi, offerti dal medesimo e contrastati dall’ingiunto – revoca il provvedimento monitorio ed emette una sentenza di condanna di questi per somma anche minore rispetto a quella ingiunta, dovendosi ritenere che nella originaria domanda di pagamento di un credito, contenuta nel ricorso per ingiunzione, e nella domanda di rigetto dell’opposizione (o dell’appello dell’opponente) sia ricompresa quella subordinata di accoglimento della pretesa per un importo minore (Cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1954 del 27/01/2009).

In tali casi la sentenza di condanna viene a sostituirsi all’originario decreto ingiuntivo, quale titolo su cui si fonda il diritto al pagamento della parte vittoriosa (Cass. civ. 1 dicembre 2000 n. 15339).

9.Gli importi dovuti sono pertanto pari ad Euro 26.748,41, pari alla differenza tra la somma ingiunta e quella addebitata all’Ed. a titolo di spese di gestione per l’anno 2015 e 2016. (60.163,20 -33.414,79 = 26.748,41).

10. Spetteranno inoltre alla creditrice gli interessi, nella misura legale, dal giorno della domanda sino all’effettivo soddisfo.

11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo sulla base della legge 27/2012 e articoli 1-11 DM 55/14 in relazione al valore della causa (da Euro 26.001 a Euro 52.000) e precisamente: Euro 810,00 per la fase di studio della controversia, Euro 574,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 1.204,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed Euro 1.384,00 per la fase decisionale per un compenso tabellare finale ex art. 4, comma 5, di Euro 3.972,00 cui debbono aggiungersi Euro 595,80 per spese generali (15% sul compenso totale) oltre ad Euro 276,00 di spese per un importo finale di Euro 4.843,80 oltre ad iva e cpa come per legge.

P.Q.M.

Il Tribunale ordinario di Roma – Decima Sezione civile, in composizione monocratica, pronunciando nella causa tra le parti in epigrafe meglio indicate così provvede:

1. accoglie l’opposizione e revoca il decreto ingiuntivo n. 26151/2017 (R.G. 71333/2017) emesso dal Tribunale di Roma;

2. condanna la società Fa. a pagare alla società Impresa Ci. S.p.A. la somma di Euro 26.748,41 oltre agli interessi, nella misura legale, dal giorno della domanda sino all’effettivo soddisfo;

3. condanna la società Fa. a rifondere alla società Impresa Ci. S.p.A. le spese di lite che si liquidano in complessivi Euro 4.843,80, di cui Euro 3.972,00 per compensi, Euro 595,80 per spese generali (15% sul compenso totale) oltre ad Euro 276,00 di spese oltre ad iva e cpa come per legge.

Così deciso in Roma il 26 febbraio 2020.

Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.