il preteso creditore, il quale proponga opposizione allo stato passivo, dolendosi dell’esclusione di un credito del quale aveva chiesto l’ammissione, e’ onerato della prova dell’esistenza del credito medesimo, secondo la regola generale stabilita dall’articolo 2697 c.c.: e, una volta che il fallimento, dinanzi alla pretesa creditoria azionata nei suoi confronti in sede di opposizione allo stato passivo, avanzi un’eccezione di inadempimento, il riparto degli oneri probatori segue parimenti le regole ordinarie, le quali si riassumono nel principio secondo cui, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per l’adempimento (oltre che per la risoluzione contrattuale ovvero per il risarcimento del danno) deve soltanto provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto e’ gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex articolo 1460 c.c.

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Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile Ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25584

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14977-2017 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 08/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11/09/2018 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE.

FATTI DI CAUSA

– che e’ proposto ricorso, fondato su tre motivi, avverso il decreto del Tribunale di Napoli dell’8 maggio 2017, con il quale e’ stata respinta l’opposizione al passivo fallimentare della (OMISSIS) s.r.l. con riguardo all’ammissione del credito di Euro 64.767,72, relativo ai compensi derivanti dalla carica di componente del c.d.a. e del collegio sindacale della societa’ fallita;

– che il Tribunale, respingendo l’opposizione L. Fall., ex articolo 98, per quanto ora rileva, ha ritenuto fondata l’eccezione di inadempimento, formulata dalla curatela ai sensi dell’articolo 1460 c.c., in quanto -premesso che al creditore e’ sufficiente dedurla – l’opponente non ha provato di avere adempiuto, in particolare con riguardo agli obblighi di tenuta di regolari scritture contabili e di corretta redazione del bilancio: invero, ha accertato il disordine della tenuta della contabilita’ e della documentazione societaria (risultante da verbale della Guardia di Finanza) e l’esposizione in bilancio di rilevantissimi crediti inesistenti, per milioni di Euro, relativi alle tasse Tarsu, Tia ed altri crediti, invece di spettanza del Comune socio, laddove alla societa’ competevano solo i corrispettivi per il servizio di raccolta e smaltimento di rifiuti espletato;

– che si difende con controricorso l’intimata;

– che il ricorrente ha depositato la memoria.

CONSIDERATO

– che il primo ed il secondo motivo di ricorso – i quali rispettivamente lamentano la violazione dell’articolo 24 Cost., in quanto manca parita’ effettiva tra le parti, essendo controparte una procedura in possesso delle scritture contabili ed il giudice non ha accolto l’istanza di esibizione – possono essere trattati congiuntamente, in quanto intimamente connessi, e sono manifestamente infondati;

– che, in punto di diritto, il tribunale non si discostato dal costante principio secondo cui, in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, al creditore spetta solo provare la fonte del suo diritto ed il termine di scadenza, limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte, mentre il debitore e’ gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex articolo 1460 c.c.;

– che, in particolare, il preteso creditore, il quale proponga opposizione allo stato passivo, dolendosi dell’esclusione di un credito del quale aveva chiesto l’ammissione, e’ onerato della prova dell’esistenza del credito medesimo, secondo la regola generale stabilita dall’articolo 2697 c.c.: e, una volta che il fallimento, dinanzi alla pretesa creditoria azionata nei suoi confronti in sede di opposizione allo stato passivo, avanzi un’eccezione di inadempimento, il riparto degli oneri probatori segue parimenti le regole ordinarie, le quali si riassumono nel principio secondo cui, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per l’adempimento (oltre che per la risoluzione contrattuale ovvero per il risarcimento del danno) deve soltanto provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto e’ gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex articolo 1460 c.c. (Cass. 23 settembre 2016, n. 18705; Cass. 12 febbraio 2010, n. 3373; Cass., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533);

– che il decreto impugnato ha fatto corretta applicazione del principio che precede, dal momento che il Fallimento ha dedotto un circostanziato inesatto adempimento (la tenuta irregolari delle scritture contabili e la non corretta redazione del bilancio) ai compiti della carica;

– che, cio’ posto, le doglianze dei primi due motivi si sostanziano in mere censure avverso la valutazione del quadro probatorio compiuta dal giudice di merito, al contrario ampiamente motivata e conforme ai principi di diritto affermati dalla C.S.;

– che, invero, e’ principio consolidato come, “in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonche’ la facolta’ di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevava di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia puo’ essere decisa senza necessita’ di ulteriori acquisizioni” (e multis, Cass. 13485/2017);

– che il ricorrente, nel lamentare la mancata adozione di un ordine di esibizione di tale documentazione contabile, omette di “allegare le ragioni che avrebbero dovuto indurre ad ammettere tale prova, ne’ adempie agli oneri di allegazione necessari a individuare la decisivita’ del mezzo istruttorio richiesto” (Cass. 8204/2018): mentre il tribunale ben chiarito come il bilancio, che avrebbe dovuto provvedere alla fedele rappresentazione del risultato di esercizio, e’ stato redatto contra legem, in ragione dell’appostazione di ingenti crediti inesistenti;

– che, inoltre, in forza della giurisprudenza in materia di estrazione di copie di documenti sottoposti a sequestro penale (Cass. Pen. 9857/2008; Cass. Pen. 18/1996), neppure la tesi circa l’impossibilita’ oggettiva e assoluta di ottenere copie della documentazione sottoposta a sequestro risulta dotata di fondamento;

– che, in definitiva, dall’applicazione dei principi in materia di ripartizione dell’onere probatorio e di valutazione delle prove, nessuna lesione dei diritti di rango costituzionale menzionati dal ricorrente sussiste;

– che il terzo motivo – il quale lamenta l’omesso esame del fatto che non al ricorrente, ma al liquidatore sarebbe imputabile il disordine contabile, e che il Comune di Procida e’ socio della societa’ fallita, la quale dunque correttamente avrebbe appostato in bilancio i crediti per le tasse comunali – e’ in parte infondato ed in parte inammissibile;

– che, invero, non sussiste l’omesso esame di fatto decisivo denunziato, avendo il decreto impugnato escluso la possibilita’ di imputare al bilancio della appaltatrice i crediti della committente, ratio non suscettibile di essere inficiata dalla allegata qualita’ di socio in capo al Comune; mentre ogni altro profilo impinge in un riesame del fatto, laddove invece, a seguito della riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e’ “denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto riconducibile tra affermazioni e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. U. 8053/2014);

– che, nel caso di specie, la censura e’ volta ad una rinnovata valutazione delle risultanze probatorie, non consentita in sede di legittimita’, a fronte di un motivazione puntuale sulle evidenze istruttorie acquisite: invero, il giudice del merito ha fondato il suo convincimento sugli accertamenti operati dalla Guardia di Finanza, pur dando atto delle difese svolte;

– che le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte costituita, di Euro 4.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.