non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale; conseguentemente, le domande giudiziali aventi ad oggetto una frazione di un unico credito sono da dichiararsi improcedibili. Si aggiunga che la parcellizzazione del credito, attenendo alla proponibilità della domanda, è rilevabile d’ufficio dal giudice.

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Tribunale|Firenze|Sezione 3|Civile|Sentenza|20 settembre 2022| n. 2579

Data udienza 20 settembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI FIRENZE

SEZIONE TERZA CIVILE

Il Giudice, dott. Massimo Maione Mannamo, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel procedimento civile n. 1114/2014 R. G. Affari Contenziosi, avente ad oggetto: “Appalto”

VERTENTE TRA

(…) S.p.A. rappresentata e difesa dall’avv. Ma.Sm.

– Attrice –

E

(…) srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti An.Ga. e Al.Vo.

– Convenuti –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato in data 18.1.2014, la (…) S.p.A. evocava in giudizio innanzi a questo Tribunale la (…) S.r.l. chiedendo che, previa risoluzione di due contratti di subappalto stipulati con la convenuta sub-appaltatrice per grave inadempimento di questa, la convenuta venisse condannata al risarcimento del danno subìto. Esponeva parte attrice, a fondamento della propria domanda, che in data 14 Gennaio 2011 aveva affidato in subappalto alla (…) S.r.l. la realizzazione dell’impianti elettrici a servizio del parcheggio da costruirsi in Milano in Piazza (…).

Aggiungeva che il regolamento contrattuale prevedeva che le opere venissero eseguite dalla subappaltatrice a perfetta regola d’arte, la clausola risolutiva espressa in caso di un ritardo nella ultimazione dei lavori pari o superiore a 10 giorni, nonché una penale di Euro 531 giornaliere in caso di mancato rispetto del cronoprogramma.

La (…) e (…) si era altresì obbligata alla puntuale osservanza della normativa sulla sicurezza dei lavori nonché a garantire la perfetta esecuzione e funzionalità dell’opera per un periodo di due anni dalla data dell’avvenuto collaudo con esito positivo.

Inoltre, le parti avevano sottoscritto un successivo e del tutto analogo contratto per la realizzazione degli impianti speciali a servizio del parcheggio, contenente le medesime clausole e prevedendo i medesimi obblighi.

Precisava che il termine per l’esecuzione dei lavori aventi ad oggetto l’impianto elettrico era stato fissato al 31 maggio 2011, poi prorogato al di settembre 2011, mentre quello per gli impianti speciali era stato indicato al 15 gennaio 2012.

Lamentava che i lavori relativi alla realizzazione degli impianti elettrici erano terminati il 29 Novembre 2011, quindi con 80 giorni di ritardo e il maturare di una penale pari ad Euro 42.480, mentre quelli per gli impianti speciali erano terminati il 25 aprile 2012, con 85 giorni di ritardo ed il maturare di una penale di importo pari ad Euro 56.737,50, e si doleva del fatto che la sub-appaltatrice doveva ancora eseguire l’assistenza e la manutenzione ordinaria. Allegava che la Asl Regione Lombardia in data 14 Febbraio 2011 aveva riscontrato, successivamente un sopralluogo nel cantiere, la violazione della normativa sulla sicurezza e prevenzione sul lavoro, dal quale era scaturito un procedimento penale a carico del datore di lavoro.

Chiedeva, pertanto, la risoluzione dei contratti di subappalto e la condanna della convenuta, a seguito dell’inadempimento di questa, al risarcimento dei danni subìti.

Si costituiva la (…) S.r.l. la quale, contestando quanto ex adverso dedotto, chiedeva il rigetto della domanda attorea in quanto infondata in fatto ed in diritto.

Sosteneva la nullità della clausola risolutiva espressa pattiziamente convenuta in quanto priva di determinatezza, la tardività della domanda di risoluzione sia perché i contratti erano stati interamente eseguiti sia perché non era stata rispettata da parte attrice la procedura di cui al codice degli appalti pubblici, ed escludeva qualsiasi inadempimento ad essa imputabile.

Aggiungeva di aver correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni tanto da aver ottenuto un decreto ingiuntivo, non opposto, per il saldo della fattura di chiusura lavori e che la (…) aveva corrisposto interamente la somma portata dal provvedimento monitorio.

Conseguentemente, proseguiva, ogni doglianza relativa alla risoluzione dei contratti avrebbe dovuta essere svolta nell’ambito dell’eventuale procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.

Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda attrice ed avanzava domanda riconvenzionale con la quale veniva richiesto la condanna della (…) S.p.A. della somma di Euro 89.297,34, oltre interessi muratori, quale importo trattenuto a garanzia dalla sub-committente.

La causa, documentalmente istruita, sulle conclusioni così come rassegnate a verbale, veniva trattenuta in decisione all’udienza dell’1.2.2022 con concessione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda di parte attrice, per i motivi che saranno di seguito illustrati, deve essere dichiarata inammissibile, al pari della domanda riconvenzionale avanzata dalla convenuta.

Invero la stessa (…) e (…), nella propria comparsa di costituzione e risposta, afferma che la committente ha già corrisposto l’intera somma dovutale-fatta eccezione per le trattenute garanzia – senza sollevare eccezioni, seppur a fronte della ricezione della notifica del decreto ingiuntivo azionato dalla (…) S.r.l. per il saldo della fattura di chiusura lavori(pag. 39). Dalla documentazione prodotta emerge infatti che in data 15 Luglio 2013 il Tribunale di Firenze ingiunse alla (…) S.p.A. di pagare in favore della (…) S.r.l. la somma di Euro 47.968,39, oltre interessi e spese. Il decreto non venne opposto dalla (…), cosicché il provvedimento divenne definitivo, passando in giudicato.

Se così è, la domanda di parte attrice si presenta inammissibile in quanto preclusa dal giudicato formatosi sul titolo.

È stato affermato dalla giurisprudenza della legittimità che “il principio secondo cui l’autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono sia pure implicitamente il presupposto logico-giuridico, trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, in mancanza di opposizione o quando quest’ultimo giudizio sia stato dichiarato estinto, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda in altro giudizio” (Cass. n. 22465/2018; Cass. n. 28318/2017; Cass. n. 18725/2007).

Il principio trova il suo fondamento nella pregiudizialità logica tra il singolo effetto costituito dalla pretesa/obbligo dedotto in giudizio – nel caso in questione il diritto di credito della (…) – e la fattispecie complessa – il contratto di subappalto – da cui la pretesa scaturisce, così che il riconoscimento passato in giudicato del diritto di credito della subappaltatrice si estende alla validità, efficacia ed esistenza del rapporto che di quella pretesa si pone quale cuasa petendi.

In tali casi, si afferma – soprattutto per quel che concerne i contratti a prestazioni corrispettive – il giudicato si estende oltre la singola pretesa/obbligo dedotta in giudizio, sino ad investire il rapporto contrattuale nel suo complesso. Da tanto discende che la domanda tendente ad ottenere declaratoria di accertamento dell’avvenuta risoluzione dei contratti di subappalto e la relativa condanna della subappaltatrice al risarcimento del danno, sono precluse dal giudicato formatosi sul credito della convenuta che – per quel che si è appena esposto – presuppone la sussistenza di un contratto valido, efficace, regolarmente adempiuto da entrambi i contraenti.

Anche la domanda riconvenzionale di parte convenuta va dichiarata inammissibile.

E’ principio di diritto consolidato quello per cui “non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale; conseguentemente, le domande giudiziali aventi ad oggetto una frazione di un unico credito sono da dichiararsi improcedibili” (Cass. n. 19898/2018; Cass. SS.UU. n. 23726/2007).

Si aggiunga che la parcellizzazione del credito, attenendo alla proponibilità della domanda, è rilevabile d’ufficio dal giudice(Cass. n. 27089/2021), come avvenuto nel caso in questione in cui, operato il rilievo ufficioso sia della preclusione del giudicato, sia della parcellizzazione del credito, sono state concessi termini per memorie ex articolo 101 co. II c.p.c., proprio affinché le parti prendessero posizione su tali punti.

La predetta parcellizzazione si presenta evidente posto che, ottenuto decreto ingiuntivo per il saldo di fine lavori nel 2013, nel presente giudizio parte convenuta avanza una domanda di pagamento per ottenere il pagamento delle trattenute a garanzia, fondata tuttavia sui medesimi contratti posti a fondamento della domanda monitoria avanzata nel 2013 e che ben avrebbe potuto essere proposto contestualmente ad essa.

Attesa la reciproca soccombenza le spese vanno compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda,

eccezione e difesa disattese, dichiara inammissibile la domanda proposta dalla

(…) S.p.A. nei confronti della (…) srl;

dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta nei confronti della (…) spa;

compensa tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Firenze il 20 settembre 2022.

Depositata in Cancelleria il 20 settembre 2022.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.