Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la rideterminazione del saldo del conto deve avvenire attraverso i relativi estratti a partire dalla data della sua apertura, così effettuandosi l’integrale ricostruzione del dare e dell’avere, con applicazione del tasso legale, sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate, inutilizzabili invece rivelandosi, a tal fine, criteri presuntivi o approssimativi.

 

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Tribunale Sassari, Sezione 1 civile Sentenza 14 settembre 2018, n. 942

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI SASSARI

PRIMA SEZIONE CIVILE

Il Giudice dott.ssa Marta Guadalupi ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale 4580/2015, promossa con atto di citazione regolarmente notificato

da

(…) S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore (P.IVA (…))

(…) (C.F. (…))

(…) (C.F. (…))

tutti elettivamente domiciliati in Sassari Via (…) presso lo studio degli Avv.ti An.Le. e Va.Ma. che li rappresentano e difendono in forza di procura scritta a margine dell’atto introduttivo

ATTORI

contro

(…) S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore (P.IVA (…))

rappresentata e difesa dall’Avv. Sa.De. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima sito in Sassari, Via (…), in forza di procura speciale resa in calce alla comparsa di costituzione e risposta

CONVENUTA

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione regolarmente notificato il 14.12.2015, la (…) Srl (debitore principale), unitamente ai signori (…) e (…) (fideiussori), conveniva in giudizio la (…) Spa chiedendo che: 1) venisse dichiarato risolto il rapporto bancario gestito attraverso il c.c. di corrispondenza n. 27/9930, divenuto poi n. (…), aperto il 22.06.1993 presso la Filiale dell’allora (…) Spa, ora (…) Spa, intestato alla società attrice; 2) la declaratoria di invalidità a titolo di nullità assoluta e/o parziale del rapporto bancario gestito sul c.c. ordinario avente n. 1000/1132, per violazione dell’art. 117, comma 3, D.Lgs. n. 385 del 1993 TUB e, in ogni caso, perché in contrasto con le norme ex artt. 1283, 1284 comma 3 e 1418 comma 2, c.c.; 3) per l’effetto, invocando l’inefficacia degli addebiti effettuati sul predetto c/c, per interessi ultralegali calcolati nel corso dell’intero rapporto e l’applicazione, in via dispositiva, ai sensi dell’art. 1284, comma 3, c.c., degli interessi al saggio legale tempo per tempo vigente; 4) la declaratoria di nullità ed inefficacia, per violazione degli artt. 1283, 2697 e 1418 comma 2 c.c., della clausole relative alla capitalizzazione trimestrale di interessi, competenze, spese ed oneri applicata nel corso dell’intero rapporto; 5) per l’effetto, invocando l’inefficacia di ogni e qualsivoglia capitalizzazione di interessi al rapporto di cui è causa; 6) invocando la declaratoria di nullità ed inefficacia, per violazione degli artt. 1325 e 1418 c.c., degli addebiti effettuati sul predetto rapporto di c.c. avente n. (…) per non convenute commissioni di massimo scoperto trimestrale, comunque prive di causa negoziale; 7) invocando la declaratoria di nullità ed inefficacia, per violazione degli artt. 1284, 1346, 2697 e 1418, comma2, c.c., degli addebiti di interessi ultralegali applicati sul predetto c/c nel corso dell’intero rapporto sulla differenza in giorni – banca tra la data di effettuazione delle singole operazioni e la data della rispettiva valuta, nonché per mancanza di valida giustificazione legale; 8) invocando la determinazione del tasso effettivo globale (TAEG) del rapporto bancario; 9) dichiararsi, per l’effetto, ai sensi degli artt. 1339 e 1418, comma 2, c.c., applicabile a rapporto bancario de quo il tasso di interesse legale senza capitalizzazione alcuna; 10) per l’effetto, accertare e dichiarare l’esatto dare/avere tra le parti del rapporto sulla base della riclassificazione contabile del medesimo in regime di saggio legale di interesse, senza capitalizzazioni, con eliminazione di non convenute commissioni di massimo scoperto e di ogni ulteriore competenza rilevata e conseguentemente voglia ordinare alla (…) Spa di procedere alla rettifica del saldo del predetto c.c. nella misura indicata nell’espletanda CTU; 11) dichiararsi, ai sensi degli artt. 1339 e 1418, comma 2, c.c., applicabile al rapporto bancario de quo il tasso di interesse legale senza capitalizzazione alcuna; 12) dichiararsi l’inesistenza del credito di Euro 109.702,88 quale saldo debitore del c.c. alla data del 25.06.2014 vantato dalla (…) Spa; 13) condannare la (…) Spa, in persona del legale rappresentante p.t., alla restituzione in favore della (…) Srl, delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse, oltre interessi legali creditori e rivalutazione monetaria quantificate in Euro 66.646 o nella diversa somma che sarà accertata in corso di causa, oltre interessi dalla data della domanda fino al saldo; 14) dichiarare l’estinzione dell’obbligazione della (…) Srl nei confronti della (…) Spa e per l’effetto dichiarare (…) e (…) liberati dall’obbligazione di garanzia assunta con la sottoscrizione dell’originario contratto di fidejussione e suoi successivi rinnovi e, conseguentemente, non tenuti alla restituzione di alcuna somma dipendente dal rapporto de quo nei confronti della (…) Spa; 15) con vittoria di spese e competenze a favore dei procuratori antistatari.

La convenuta (…) Spa si è tempestivamente costituita in data 20.02.2016, contestando quanto ex adverso dedotto, eccepito e concluso e chiedendo 1) in via pregiudiziale e/o preliminare, accertare e dichiarare il difetto di legittimazione attiva nonché di interesse ad agire dei fidejussori, (…) e (…), con contestuale declaratoria di improponibilità ed inammissibilità delle domande da questi proposte; 2) in via pregiudiziale e/o preliminare, dichiarare l’inammissibilità della domanda attorea per carenza di interesse, per decadenza dal diritto di impugnare gli estratti conto, nonché in considerazione delle ulteriori eccezioni; 3) in via pregiudiziale e/o preliminare subordinata, accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 2948 n. 4 c.c., in subordine decennale ordinaria, come anche quinquennale ex art. 2947 c.c., di ogni e qualsivoglia preteso diritto e/o azione sia di contestazione e/o di storno e/o di riaccredito contabile e/o di rettifica di annotazioni e/o poste ritenute illegittime e/o comunque indebite, sia di ripetizione di qualsivoglia pagamento indebito, sia di risarcimento dei danni, in relazione a tutti gli asseriti addebiti e/o accrediti e/o versamenti costituenti pagamento che la controparte assume essere indebiti e/o illegittimi, con riguardo al rapporto dedotto nel presente giudizio, in specie al c/c n. (…), risalenti ad oltre cinque anni, in subordine dieci, dalla notifica dell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio, indi rispettivamente anteriori al 14.12.2010, in subordine al 14.12.2005, in specie dovranno dichiararsi prescritte le avverse domande con riguardo agli addebiti e/o accrediti e/o versamenti che costituiscono pagamento avvenuti per i titoli contestati ex adverso, ossia per interessi, capitalizzazione trimestrale, commissioni di massimo scoperto, per valute, per le spese e per qualsivoglia ulteriore titolo, per l’inutile decorso del quinquennio, in subordine del decennio decorrente da ciascun pagamento a seguito del quale abbia avuto luogo l’attribuzione di somme in favore della banca per ciascun titolo contestato da controparte, avvenuto per mezzo di addebiti/versamenti e/o accrediti su conto passivo; ovvero, per i periodi in cui il rapporto dedotto risultasse assistito da apertura di credito, a mezzo delle rimesse extrafido solutorie, nella loro integrità o per la parte di esse che rivestisse natura solutoria, secondo i criteri stabiliti dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con la Sentenza n. 24418/2010; 4) in via pregiudiziale e/o preliminare, accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 4 c.c. degli interessi creditori eventualmente maturati in favore del correntista sulle somme che fossero acclarate ripetibili. Nel merito, 5) in via principale, chiedendo il rigetto di tutte le domande attoree, poiché infondate in fatto e in diritto; 6) in via subordinata e salvo gravame, nella denegata ipotesi di accoglimento delle domande attoree di dichiarazione di nullità e inefficacia delle clausole ed addebiti ex adverso censurati e della conseguente domanda di restituzione, effettuare il ricalcolo, tenendo conto delle eccezioni dell’azienda di credito ed in specie dell’eccepita prescrizione della domanda di pagamento/restituzione di addebiti/pagamenti effettuati in data antecedente il 14.12.2010, in subordine il 14.12.2005, quindi, dichiarare la compensazione dell’eventuale credito riconosciuto alla (…) Srl con il credito vantato dalla (…) Spa di Euro 115.621,88 s.e.o., quale saldo debitore sul c.c. n. (…) alla data del 27.10.2015, oltre interessi contrattuali e di mora al tasso convenzionale a decorrere dal 27.10.2015 fino al saldo effettivo; 7) in ogni caso, con vittoria di spese, diritti ed onorari.

Concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., la causa veniva istruita con le produzioni documentali delle parti e mediante espletamento di CTU contabile (v. ordinanza del 11.10.2016 e verbale di conferimento dell’incarico del 8.02.2017).

In data 24.05.2018, la causa veniva posta in decisione sulle conclusioni delle parti con assegnazione dei termini di legge per il deposito di conclusionali e repliche.

Prima di esaminare il merito delle doglianze attoree, pare opportuno prendere posizione sulle eccezioni preliminari di inammissibilità della domanda svolte dall’istituto di credito.

In primo luogo, giova evidenziare che gli estratti conto sono stati correttamente inviati dalla banca al cliente, con conseguente tacita approvazione in difetto di contestazione ai sensi dell’art. 1832 c.c.; tuttavia, contrariamente a quanto eccepito in sede di comparsa costitutiva dall’istituto di credito, resta ferma in capo al correntista la possibilità di formulare censure concernenti la validità e l’efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti e delle clausole concernenti le condizioni economiche applicate (Cass., 26 maggio 2011, n. 11626).

Quanto, invece, all’eccezione di inammissibilità per essere il conto corrente bancario ancora aperto, pare opportuno svolgere maggiori ed articolate considerazioni.

E’ documentato agli atti che il conto corrente in oggetto è stato aperto in data 22.06.1993 ed è passato a sofferenza in data 27.10.2015, come risulta dall’ultimo estratto conto in atti: occorre chiarire che il passaggio a sofferenza, in assenza di pagamento del saldo passivo (non dedotto e non provato dagli attori), contrariamente a quanto dedotto dalla difesa di questi ultimi, non comporta la “chiusura/estinzione” del rapporto, che deve considerarsi ancora aperto.

Da ciò discende l’inammissibilità della domanda di ripetizione dell’indebito inizialmente svolta dalla parte attrice (v. domanda n. 14 di cui alle conclusioni dell’atto introduttivo) poi da questa rinunciata con i chiarimenti offerti in sede di memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c. ove ha precisato di agire esclusivamente per l’accertamento negativo del credito e per la rideterminazione del saldo (benché la domanda originaria pare riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, ove il procuratore della parte attrice ha richiamato le conclusioni di cui all’atto di citazione).

In argomento è sufficiente evidenziare che l’azione di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c., anche se consequenziale al previo accertamento della nullità del contratto, è un’azione di condanna; sicché – ai fini dell’ammissibilità della relativa domanda – è fatto onere all’attrice di allegare e di fornire la prova della previa esecuzione di un pagamento indebito.

Fermo restando che senza pagamento è inconcepibile la restituzione di somme, in conformità con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità deve affermarsi che ricorre un pagamento, che può dar vita ad una pretesa restitutoria, esclusivamente quando vi sia l’esecuzione di una prestazione da parte del solvens con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’accipiens; sicché per quanto concerne il rapporto di apertura di credito in conto corrente il versamento di somme di denaro da parte del correntista non costituisce di regola atto solutorio, eccezion fatta per il versamento del saldo finale a seguito della chiusura del conto ed, in corso di rapporto, il versamento effettuato con funzione solutoria, che si registra in ipotesi di passivo in assenza di fido o di scoperto per passivo eccedente il limite del fido autorizzato (cfr. Cass., Sez. Un., 2 dicembre 2010, n. 24418; Cass., 24 marzo 2014, n. 6857).

Ammissibile risulta, invece, la domanda di rideterminazione del saldo svolta dall’attrice sin dalle conclusioni dell’atto di citazione; trattasi, infatti, di un’azione di accertamento negativo che non è subordinata all’esistenza, individuazione e prova di un pagamento ed è pertanto certamente proponibile ancorché il conto corrente sia ancora aperto (Cass. sez. un. 24418; Cass. 15.1.2013 n. 798); ed, invero, in presenza di siffatta domanda, l’interesse ad agire del cliente trova normale soddisfazione nel ricalcolo dell’effettivo dare/avere, a seguito della depurazione del saldo dagli addebiti nulli (cfr. Trib. Torino, 2 luglio 2015, n. 4789; Trib. Monza 14.3.2017; Trib. Padova 23.1.2018).

L’eccezione di difetto di legittimazione attiva di (…) e (…) viene rigettata sulla scorta di quanto condivisibilmente statuito dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 371 del 10.1.2018: è ammessa la proponibilità, da parte del garante autonomo, delle eccezioni fondate sulla nullità del contratto base per la violazione di norme imperative (rif. l’eccezione di nullità relativa alla clausola relativa alla capitalizzazione degli interessi per violazione di legge, eccezione di nullità relativa alla (…) e contestazione di usura).

Passando al merito, risulta provato in causa, per via documentale, in forza della produzione del titolo contrattuale, che la (…) S.R.L. e l’allora (…) stipularono, in data 22.06.1993, il contratto di conto corrente bancario per cui è causa (n. 27/9930 poi divenuto n. 11302), il quale prevedeva la concessione di una linea di credito di Lire 300.000.000 (pari ad Euro 154.937) regolata in conto corrente (l’affidamento concesso è rimasto invariato fino a gennaio 2006, periodo nel quale è stato rimodulato in Euro 100.000 ed è stato revocato nel mese di agosto 2014) alle seguenti condizioni:

– tasso debitore pari al prime rate, inizialmente determinato in misura pari all’11,75%. Per utilizzi oltre il fido era prevista una maggiorazione sul prime rate del 3%;

– tasso creditore pari allo 0,5%;

– commissione di massimo scoperto pari allo 0,25% calcolata sul massimo scoperto utilizzato. Per utilizzi oltre il fido, la (…) prevista era dello 0,5%;

– spese di chiusura trimestrali stabilite in Lire 60.000 fisse e Lire 2.000 per ogni scrittura;

– altri costi previsti dal contratto: prelievi bancomat presso altre banche (Lire 3.000), estratto conto allo sportello (Lire 2.500), invio dell’estratto conto e di altre comunicazioni periodiche, a mezzo posta ordinaria (Lire 3.250 ciascuna), modulo assegni (Lire 550 ciascuno), estinzione conto (Lire 25.000), Istruttoria fido (variabile con un massimo di Lire 250.000), commissioni su assegni negoziati all’estero (Lire 15.000 o Lire 40.000 a seconda che l’importo fosse inferiore o superiore a Lire 3.000.000, se negoziati tramite corrispondenti esteri, commissione aggiuntiva pari all’1,5% se pervenuti direttamente dalla Banca estera);

– le altre pattuizioni riguardavano: la capitalizzazione degli interessi (annuale per gli interessi creditori e trimestrale per quelli debitori); la valuta da applicarsi alle operazioni di: prelevamenti mediante assegni bancari: data di emissione; prelevamenti bancomat: giorno dell’operazione, se festivo primo giorno lavorativo successivo; versamento assegni tratti sullo stesso sportello: giorno dell’operazione; versamento assegni e vaglia cambiari (…) su piazza: 1 giorno lavorativo; versamento assegni e vaglia cambiari di altre Banche su piazza: 2 giorni lavorativi; versamento assegni e vaglia cambiari (…) fuori piazza: 6 giorni fissi; versamento assegni e vaglia cambiari di altre Banche fuori piazza: 9 giorni fissi; altri valori: 5 giorni fissi successivi alla data di effettivo realizzo.

Il CTU, come espressamente richiesto dal Tribunale in sede di conferimento dell’incarico, ha esaminato la concreta applicazione delle pattuizioni sopra riportate alle operazioni registrate negli estratti conto ed ha potuto osservare che la Banca si è attenuta a tali previsioni e che l’applicazione dello ius variandi con riferimento principalmente ai tassi d’interesse effettivamente applicati è stato in senso favorevole al correntista; da qui il rigetto della domanda volta ad accertare l’applicazione di interessi ultralegali e costi e remunerazioni non concordati e non dovuti.

Ciò posto, la domanda volta all’accertamento della nullità della clausola che consente l’addebito di interessi anatocistici è fondata e merita accoglimento.

Il contratto di conto corrente in atti tra le “norme che regolano i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi” prevede, espressamente, all’articolo 7, la chiusura annuale, nonché la conseguente capitalizzazione annuale per gli interessi, in condizioni di saldo attivo, e la chiusura trimestrale, nonché la conseguente capitalizzazione per gli interessi a debito, in presenza di un saldo debitore per il correntista; come verificato dal CTU, a tale disposizione la Banca si è attenuta nel corso del rapporto fino al 30.06.2000, data a partire dalla quale la capitalizzazione è stata applicata trimestralmente a condizioni di reciprocità.

Ebbene, la disciplina da applicarsi al contratto in esame (stipulato nell’anno 1993) è quella previgente all’entrata in vigore del T.U.B (1.1.1994) ed in relazione ad essa deve ritenersi la nullità della clausola che ha previsto la capitalizzazione degli interessi a debito in violazione della disposizione di cui all’art.1283 c.c.

Al riguardo è sufficiente richiamare, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., i precedenti conformi costituiti dal noto, ed oramai consolidato, orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 2374/99, 3096/99, 3845/99, 12507/99, 4490/02 e 8442/02, 2593/03 e S.U. 21095/04; nn.4093, 4094 e 4095/05; n.870/06 ed inoltre ribadito da S.U. 2.12.2010 n. 24418) secondo cui la pratica della capitalizzazione periodica degli interessi debitori, in quanto comporta la produzione di interessi su interessi, è illegittima ai sensi dell’art. 1283 c.c. con la conseguenza che per i contratti in essere (come quello in esame) prima della entrata in vigore della deliberazione del CICR del 9.2.2000 (in vigore dal 22.4.2000) la Banca convenuta non ha diritto a percepire interessi maturati su altri interessi a prescindere dalla periodicità della capitalizzazione e dalla previsione di una chiusura contabile eguale degli interessi creditori e debitori.

La conseguenza della accertata nullità della richiamata clausola contrattuale è quella di ritenere indebita la capitalizzazione degli interessi a debito avvenuta per tutta quella parte del rapporto ricompresa tra la sua apertura ed il 22.4.2000, data di entrata in vigore della delibera CICR, sopra richiamata.

In particolare il perimetro normativo è costituito, ratione temporis e considerata la fattispecie esaminata, dalla sola disposizione di cui all’art. 1283 c.c. a mente della quale “in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzioni posteriori alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi”.

L’uso invalso nella prassi bancaria di imporre unilateralmente interessi anatocistici è stato, pertanto, da sempre considerato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione un’illegittima deroga a norma imperativa, allorquando il legislatore, con il D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, è intervenuto sulla materia incaricando il Comitato Interministeriale del Credito e Risparmio di stabilire le modalità e i criteri per l’applicazione di interessi su interessi, maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo che venisse assicurata la medesima periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori.

La norma (art. 25 del citato decreto), infatti, ha fornito fondamento di rango primario, affinché una fonte di diritto di rango secondario (una delibera del CICR) potesse derogare quanto disposto da una norma imperativa del codice civile (ovverosia l’art. 1283 c.c.).

Per quanto riguarda, invece, il periodo successivo all’entrata in vigore della delibera CICR citata, è necessario verificare se sia intercorsa tra le parti un’espressa pattuizione volta all’applicazione della capitalizzazione degli interessi con identica periodicità.

La convenuta ha dedotto di aver automaticamente adeguato, sin dal momento della sua entrata in vigore, la disciplina della clausola contrattuale sull’anatocismo alla suddetta delibera CICR e di aver provveduto, a tal fine, alla pubblicazione di apposito avviso sulla Gazzetta Ufficiale del 13.6.2000 e alla comunicazione al correntista (v. lettera del 31.12.2000 agli atti).

Tale assunto difensivo non può essere accolto poiché la modifica di una clausola contrattuale non può avvenire per l’unilaterale volontà di una delle parti, ma solo a seguito di rinegoziazione del contratto su accordo di entrambi i contraenti, mentre l’eventuale meccanismo di pubblicità consistente nella pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non è conforme alla previsione della richiamata delibera CICR.

Sul punto è necessario svolgere anche le seguenti ulteriori considerazioni.

La delibera CICR dispone all’art. 2 che l’anatocismo possa essere concordato contrattualmente purché che i saldi periodici producano interessi secondo le medesime modalità e vi sia la medesima periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori. Inoltre il successivo art. 7, comma 2, dispone che nel caso in cui interessi anatocistici vengano applicati a conti correnti preesistenti all’entrata in vigore della delibera in esame, ci sia per l’istituto di credito un obbligo di comunicazione al cliente.

Tale obbligo, tuttavia, può ritenersi validamente adempiuto con la semplice comunicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana “qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate”.

Qualora, invece, le nuove condizioni contrattuali abbiano configurato tale peggioramento, ovvero abbiano determinato un aggravio delle condizioni economiche a carico del correntista, l’introduzione di clausole su interessi anatocistici saranno valide solo se esplicitamente approvate dalla clientela (art. 7 co. 3).

Ora, affinché il requisito della parità di condizioni possa considerarsi effettivamente rispettato, è necessario che tale parità di condizioni non sia solo apparente, ma effettiva.

Ed, in tal senso, non può bastare a soddisfarla la semplice previsione di capitalizzazione e calcolo alle medesime scadenze degli interessi attivi e passivi, quando invece persiste una disparità tra i tassi creditori e quelli debitori posti a carico del correntista in misura notevolmente superiore rispetto a quelli riconosciuti in suo favore.

Nel caso di specie, dall’esame del contratto e degli estratti conto emerge una notevole disparità tra interessi creditori e debitori.

Inoltre deve evidenziarsi come il citato art. 25 del D.Lgs. n. 342 del 1999 prevedesse, oltre alla modifica dell’art. 120 T.U.B., anche una norma transitoria che sanava ex post e con efficacia retroattiva le clausole anatocistiche apposte nei contratti di conto corrente precedenti (art. 25 co. 3), norma che è poi stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 425 del 17.10.2000, con la conseguenza di essere così venuto a mancare il fondamentale supporto legislativo che salvava la validità delle clausole anatocistiche preesistenti alla Delib. CICR del 9 febbraio 2000.

In altri termini non è più possibile, soprattutto dopo l’intervento della Corte Costituzionale, qualificare la capitalizzazione trimestrale, con pari periodicità, come modifica non peggiorativa, con la conseguenza che – in assenza di specifica approvazione scritta da parte del correntista – la violazione del divieto di anatocismo persiste per i contratti stipulati ante 22.4.2000, anche se la banca abbia dato comunicazione delle modifiche mediante la richiamata forma di pubblicità.

Pertanto, per effetto della declaratoria della nullità della clausola contrattuale che prevede a carico del correntista la capitalizzazione degli interessi debitori, deve ritenersi indebita la capitalizzazione degli interessi a debito avvenuta dal momento della apertura del rapporto e sino al suo passaggio a sofferenza.

Relativamente alla domanda di nullità di commissioni di massimo scoperto, asseritamente non dovute per carenza di causa giustificativa ovvero per indeterminatezza e conseguente violazione degli artt. 1346 e 1284 c.c.; art. 4 L. n. 154 del 1992; art. 177, comma 4, D.Lgs. n. 385 del 1993, si osserva quanto segue.

In primo luogo occorre premettere che la commissione di massimo scoperto (di seguito (…)) costituisce la remunerazione spettante alla banca per la messa a disposizione in favore del cliente di determinati fondi, per un certo lasso di tempo, a prescindere dalla loro concreta utilizzazione (con conseguente indisponibilità per la banca della somma concessa).

Siffatta commissione ha, dunque, funzione remunerativa dell’obbligo della banca di tenere a disposizione dell’accreditato una determina somma per un determinato periodo di tempo, indipendentemente dal suo utilizzo (Cass., 6 agosto 2002, n. 11772; Cass. 870/2006).

La causa giustificativa della (…) si rinviene, pertanto, nell’obbligazione del cliente di corrispondere alla banca un ulteriore compenso per la messa a disposizione dei fondi meglio indicati con l’apertura di credito.

Siffatto onere può, dunque, concorrere con gli interessi debitori pattuiti, i quali assolvono ad una funzione diversa rispetto alla commissione di massimo scoperto, volta a remunerare il rischio della banca per il recupero del credito derivante dall’incremento dell’esposizione debitoria del cliente.

La ritenuta legittimità sotto il profilo causale della (…) trae, poi, maggior conferma dagli interventi del legislatore in materia, in particolare con le L. n. 2 del 2009 (di conversione del D.L. n. 185 del 2008) e n. 6/2011 di introduzione del novellato art. 117 bis D.Lgs. n. 385 del 1993.

La liceità causale dell’indicata clausola contrattuale non esime, in ogni caso, il Tribunale dal verificare – ai sensi del combinato disposto degli artt. 1346 e 1418 c.c. – che l’oggetto della stessa sia adeguatamente determinato, con precisa indicazione della misura, della modalità e della periodicità di calcolo.

Ebbene, dall’esame del contratto e dalle risultanze della CTU emerge che nel caso concreto la (…) è regolata da specifiche pattuizioni: indicata in 0,25% sul massimo scoperto utilizzato e in 0,5% per utilizzi oltre fido, addebitata trimestralmente.

Si rileva che la parte attrice, nella sede opportuna di osservazioni tecniche alla CTU, non ha mosso contestazioni tecniche sul punto.

Destituita di fondamento risulta, inoltre, l’ulteriore doglianza concernente i giorni di valuta: il CTU ha chiarito infatti che i giorni di valuta, riportati nei contratti di apertura di credito (e nelle successive comunicazioni al cliente), sono stati applicati correttamente.

Ancora una volta si rileva che la parte attrice, nella sede opportuna di osservazioni tecniche alla CTU, non ha mosso contestazioni tecniche sul punto.

Passando ad esaminare le censure formulate dalla società correntista con riferimento all’applicazione illegittima da parte della Banca convenuta di interessi usurari, il Tribunale richiama le conclusioni della CTU contabile effettuata in corso di giudizio, in quanto tratte con ragionamento immune da vizi e fondate sull’analisi dei documenti acquisiti al processo: ebbene, all’esito delle operazioni peritali, il CTU ha escluso il superamento del tasso soglia (v. punto 3 delle conclusioni: “l’Istituto non ha applicato tassi superiori a quelli soglia validi ai fini dell’usura né originaria né sopravvenuta” ) sulla base di criteri di calcolo (conformi alle Istruzioni di Banca d’Italia) che non sono stati contestati, nella sede opportuna di osservazioni tecniche alla CTU, da parte degli attori.

La domanda di rideterminazione del saldo viene rigettata per difetto di prova ai sensi dell’art. 2697 c.c. (per tale ragione non viene analizzata l’eccezione di prescrizione, formulata dalla Banca, da ritenersi assorbita).

Come noto, secondo il generale principio di ripartizione dell’onere della prova stabilito dall’art. 2697 c.c., grava su chi agisce in giudizio l’onere di provare i fatti costitutivi delle proprie pretese; da ciò discende che – in materia bancaria – quando ad agire in giudizio sia il correntista per l’accertamento del saldo, tale onere si sostanzia nella necessità che venga provato non solo il titolo contrattuale, ma anche l’intero andamento del rapporto dalla sua nascita alla sua chiusura (o comunque alla data che l’attore medesimo ha individuato quale momento finale della propria pretesa).

Sul punto, pare opportuno richiamare i principi richiamati da una recente pronunzia della Suprema Corte (Cass. civ., 13 ottobre 2016, n. 20693), secondo cui “Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la rideterminazione del saldo del conto deve avvenire attraverso i relativi estratti a partire dalla data della sua apertura, così effettuandosi l’integrale ricostruzione del dare e dell’avere, con applicazione del tasso legale, sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate, inutilizzabili invece rivelandosi, a tal fine, criteri presuntivi o approssimativi”.

Applicando i suddetti principi al caso di specie, considerato che:

a) il rapporto di conto corrente per cui è causa si è svolto dal 22.06.1993 al 27.10.2015,

b) benché negli atti della parte attrice fosse espressamente dedotta la presenza di tutti gli estratti conto riferiti al rapporto, sono risultati mancanti in atti svariati estratti conto periodici (anche con riferimento ad intere annualità): il CTU ha precisato che non sono stati rinvenuti gli estratti conto relativi alle seguenti annualità: 1996, dal 2002 al 2005, 2009 e 2010 (v. pag. 8 della relazione del 26.06.2017); il procuratore di parte attrice, chiamato a chiarimenti sul punto, ha confermato che “mancano agli atti degli estratti conto (così come rilevato dal CTU nella propria relazione) per un errore materiale nel deposito telematico (sono poi risultate non depositate in Cancelleria alcune buste pur inviate)” (v. verbale di udienza del 27.09.2017), il Tribunale ritiene che la non integrale produzione in giudizio degli estratti conto impedisce la ricostruzione del saldo finale, che non può che essere condotta sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni registrate sul conto corrente nel corso del suo svolgimento, non potendo essere validamente surrogata da criteri presuntivi o approssimativi.

Nello specifico, la movimentazione del conto nei periodi non coperti dagli estratti conto esplica inevitabilmente ripercussioni inquinanti sulla progressiva evoluzione del rapporto stesso e sulla formazione del dato intermedio costituente il punto di partenza della evoluzione successiva e da ciò consegue l’impossibilità di determinare in modo attendibile il saldo finale procedendo “per saltum” nei periodi ove è lacunosa la produzione.

Sulle spese processuali il Tribunale dispone ai sensi dell’art. 91 c.p.c., considerata la prevalente soccombenza della parte attrice (su n. 15 domande di cui alle conclusioni, l’unica accolta è quella relativa all’anatocismo); le stesse vengono liquidate come da dispositivo in considerazione dell’attività difensiva in concreto svolta (parametri D.M. n. 55 del 2014, valore della lite: indeterminato di complessità media; approssimazione ai valori medi per tutte le fasi); parimenti, per la stessa ragione, le spese di CTU (già liquidate con decreto del 27.09.2017) vengono poste a carico della parte attrice.

P.Q.M.

il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, istanza ed eccezione, così provvede:

1) dichiara la nullità della clausola contrattuale che prevede a carico del correntista la capitalizzazione degli interessi debitori, e per l’effetto dichiara indebita la capitalizzazione degli interessi a debito avvenuta dal momento della apertura del rapporto sino al suo passaggio a sofferenza;

2) rigetta tutte le ulteriori domande formulate dagli attori;

3) condanna gli attori a rimborsare alla parte convenuta le spese di lite, che si liquidano in Euro 10.000,00 per compensi professionali oltre rimborso forfetario al 15% ex art. 2 comma secondo D.M. 10 marzo 2014, n. 55, I.V.A. e C.P.A.

4) pone le spese di CTU (già liquidate con decreto del 27.09.2017) definitivamente a carico degli attori.

Così deciso in Sassari il 14 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 14 settembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

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