Nella liquidazione del danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento quantificabile in base al criterio equitativo uniforme adottato dai giudici di merito (il sistema del cd. punto variabile recepito nelle tabelle del Tribunale di Milano) copre tutte le conseguenze dannose normali e indefettibili secondo l’id quod plurumque accidit, vale a dire quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire, ivi compreso il cosiddetto danno da sofferenza soggettiva interiore o danno morale temporaneo.Tali conseguenze ordinarie costituiscono una conseguenza normale del danno e non giustificano, quindi, alcun aumento del risarcimento di base previsto per il danno non patrimoniale, non rilevando in senso contrario la circostanza che le conseguenze della menomazione incidano sulla vita quotidiana e sugli aspetti dinamico – relazionali della persona, in quanto tali conseguenze sono generali e inevitabili per tutti coloro che abbiano patito il medesimo tipo di lesione. Solo le conseguenze della menomazione che non sono generali e inevitabili per tutti coloro che abbiano patito quel tipo di lesione, ma sono state patite solo dal singolo danneggiato nel caso specifico, a causa delle peculiarità del caso concreto, giustificano un aumento del risarcimento di base del danno biologico”, con la precisazione che ciò che rileva, ai fini della personalizzazione del risarcimento, non è quale aspetto della vita della vittima sia stato compromesso, ma il fatto che quella conseguenza sia straordinaria e non ordinaria “perché solo in tal caso essa non sarà ricompresa nel pregiudizio espresso dal grado percentuale di invalidità permanente, consentendo al giudice d procedere alla relativa personalizzazione in sede di liquidazione.

Puoi scaricare la presente sentenza in formato PDF, effettuando una donazione in favore del sito, attraverso l’apposito link alla fine della pagina.

Corte d’Appello|Campobasso|Civile|Sentenza|8 settembre 2022| n. 222

Data udienza 13 luglio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI CAMPOBASSO – collegio civile – riunita in camera di consiglio, nelle persone dei magistrati:

dr. Maria Grazia d’ERRICO – Presidente rel.

dr. Gianfranco PLACENTINO – Consigliere

dr. Rita CAROSELLA – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nelle cause civili riunite nn. 372/2017 e 407/2018 R.G. di appello avverso le sentenze n. 389/2017 e n. 170/2018 emesse dal Tribunale di Larino in composizione monocratica nei procedimenti riuniti iscritti ai nn. 645/2011 e 44/2012 R.G.

Oggetto: risarcimento danni da sinistro stradale

TRA

(…) spa (c.f. (…)), con sede in M., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Ma.Pi. in virtù di procura generale alle liti autenticata dallo studio notarile M. di M. n. rep. (…) del (…) -pec: (…)

APPELLANTE

E

(…) (c.f. (…)), rappresentato e difeso in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione in appello dall’avv. Be.Mu., presso lo studio del quale è elettivamente domiciliato in Termoli – pec: (…)

APPELLATO

NONCHE’

(…) (c.f. (…)) e (…) (c.f. (…)), contumaci

APPELLATI

(…) (c.f. (…)), contumace

APPELLATO

(…) spa (c.f. (…)), con sede in M., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Ma.Pi. in virtù di procura generale alle liti autenticata dallo studio notarile M. di M. n. rep. (…) del (…), nonché di procura speciale in calce all’atto di citazione in appello -pec: (…)

APPELLANTE

E

(…) (c.f. (…)) e (…) (c.f. (…)), rappresentati e difesi in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione in appello dall’avv. Be.Mu., presso lo studio del quale sono elettivamente domiciliati in Termoli – pec: (…)

APPELLATI

NONCHE’

(…) (c.f. (…)), rappresentato e difeso in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione in appello dall’avv. Be.Mu., presso lo studio del quale è elettivamente domiciliato in Termoli -pec: (…)

APPELLATO

(…) (c.f. (…)), non costituito

APPELLATO

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. – Con sentenza n. 389 pubblicata il 27/07/2017, non notificata (resa nei giudizi riuniti nn. 645/2011 e 44/2012 R.G.), il Tribunale di Larino in composizione monocratica:

– ha dichiarato (…), proprietario e conducente dell’autovettura TOYOTA RAV 4, tg. (…), responsabile del sinistro verificatosi il 2/01/2010 tra la suddetta autovettura, l’Audi A4 tg. (…) di proprietà di (…) e condotta da (…), e l’autovettura FIAT PANDA tg. (…)condotta dal proprietario (…), deceduto in conseguenza del sinistro;

– ha condannato in solido il (…) e la sua assicuratrice per la r.c.a. (…) spa a versare a (…) il risarcimento pari ad Euro 414.374,86 (da cui detrarre la provvisionale di Euro 150.000,00 oltre interessi, ove percepita, concessa in data 10/05/2012), oltre agli interessi dalla decisione al saldo, nonché al rimborso delle spese processuali sostenute dallo stesso (…) e di ctu;

– ha assegnato con separata ordinanza agli attori (…) e (…) termine perentorio per la regolarizzazione della procura rilasciata all’avv. (…), disponendo la prosecuzione del giudizio nei loro confronti.

2. – Con sentenza n. 170 pubblicata il 17/05/2018, non notificata, il medesimo Tribunale ha dichiarato (…) responsabile del sinistro in questione nei confronti dei (…) – (…), genitori di (…), e lo ha condannato in solido con la (…) spa a versare ai suddetti attori la somma di Euro 353.087,33 ciascuno (da cui detrarre la provvisionale di Euro 40.000,00 ove percepita da ciascuno di essi), oltre agli interessi dalla decisione al saldo, nonché al rimborso delle spese processuali.

3. – Con distinti atti di citazione notificati, rispettivamente, il 3-4/10/2017 ed il 23/10/2018, la(…) spa ha proposto appello avverso ciascuna di tali pronunce dinanzi a questa Corte chiedendone la riforma per le ragioni sopra richiamate.

Nel giudizio n. 372/2017 R.G. (concernente la sentenza n. 389/2017) si è costituito il solo (…) e nel n.407/2018 R.G. (concernente la sentenza n. 170/2018) i (…) ed il (…), chiedendo il rigetto delle impugnazioni.

Disattesa con ordinanza del 2/11/2018 la richiesta dell’appellante di sospensione dell’esecutività della prima sentenza appellata e disposta ctu ricostruttiva della dinamica del sinistro, i procedimenti in questione sono stati riuniti, vertendo in ordine al medesimo sinistro stradale e ricorrendo fra gli stessi ragioni di connessione oggettiva e parzialmente soggettiva.

4. – Non essendosi a tanto provveduto in fase di trattazione, va preliminarmente dichiarata la contumacia anche nel procedimento di appello riunito n. 407/2018 R.G. dell’appellato (…), non costituitosi nonostante la regolare ricezione della notificazione dell’atto introduttivo.

5. – Nel precisare le conclusioni, l’appellante (…) spa non ha chiesto che le cause riunite venissero discusse oralmente dinanzi al collegio, nel qual caso, fermo restando il rispetto dei termini indicati nell’art. 190 c.p.c. per il deposito delle difese scritte, la richiesta deve essere riproposta al presidente della corte alla scadenza del termine per il deposito delle note di replica (art. 352, co.2, c.p.c.).

Non si è potuta pertanto prendere in considerazione la richiesta di fissazione dell’udienza di discussione delle cause formulata per la prima volta dalla parte appellante con la comparsa conclusionale -non indirizzata peraltro al presidente della corte, ma genericamente alla corte di appello-.

6. – Si esaminano prioritariamente i motivi di appello proposti nel solo procedimento n. 407/2018 R.G.

6a. – Con il primo motivo si invoca la dichiarazione di nullità della sentenza n. 170/2018 per incompatibilità del giudice di primo grado, sostenendo che questi avrebbe dovuto astenersi dal decidere la domanda risarcitoria proposta dagli originari attori, per essersi già pronunciato con altra sentenza, nel medesimo grado di giudizio, in ordine alla posizione di (…).

Il Presidente del Tribunale di Larino, cui il primo giudice (prospettando ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 51 c.p.c. la possibile ricorrenza di gravi ragioni di convenienza) aveva chiesto di essere autorizzato ad astenersi dalla trattazione della causa in seguito all’adozione della decisione nei confronti del (…), non ha autorizzato l’astensione, specificando che -esclusa la sussistenza di un’ipotesi di astensione obbligatoria- non era ravvisabile il rischio di difetto di imparzialità del giudicante.

Per costante giurisprudenza della S.C., la violazione dell’obbligo di astensione (nella specie non sussistente, come indiscusso) e con la sola eccezione dell’interesse diretto nella causa, non si converte mai in motivo di nullità della sentenza, in assenza di rituale istanza di ricusazione (non proposta dalla (…) spa, cui tanto era in ogni caso precluso ai sensi dell’art. 52, co.1., c.p.c. non trattandosi di caso di astensione obbligatoria), e non può pertanto essere dedotta con l’impugnazione -cfr. fra le altre Cass. 1996/n. 1665; Cass. sez. un. 2002/n. 3527; Cass. 2014/n. 26223-.

6b.– Con il secondo motivo si insiste nella richiesta, disattesa dal tribunale, di declaratoria di nullità dell’atto di citazione e degli atti successivi redatti nell’interesse degli originari attori (…) e (…) per inesistenza della procura in favore dell’avv. (…), che si assume privo del necessario ius postulandi.

Con ordinanza del 27/07/2017 il Tribunale, disponendo la separazione delle cause inizialmente riunite su istanza della (…) spa, ha rilevato che risultava conferita dai (…) – (…) regolare procura speciale all’ avv. (…), sottoscrittore dell’atto di citazione, ma non anche all’avv. (…), indicato nell’atto introduttivo quale domiciliatario e tuttavia risultante sottoscrittore di alcuni atti unitamente all’avv. C., nonchè unico firmatario di due delle memorie ex art. 183, co.6, c.p.c. e della comparsa conclusionale.

Il giudicante ha quindi concesso agli attori termine perentorio per produrre la procura dagli stessi rilasciata all’avv. (…), e con la sentenza n.170/2018, dato atto del deposito della procura richiesta entro il termine assegnato, ha ritenuto sanato il vizio rilevato.

Come correttamente sottolineato dal primo giudice, è anzitutto da escludere qualsiasi nullità dell’atto di citazione, validamente sottoscritto dall’avv. (…) in virtù della procura rilasciata dagli attori a margine dell’atto introduttivo anteriormente alla notificazione dell’atto ed alla costituzione della parte rappresentata.

In secondo luogo si premette che, ai sensi della L. n. 247 del 2012, art. 14, commi 2 e 3, che disciplina la professione forense, a far tempo dal 2/02/2013 gli avvocati muniti di procura alle liti, già costituiti, possono farsi sostituire da altro avvocato con incarico anche verbale, e che gli atti posti in essere dall’avv. (…) sono successivi all’entrata in vigore di tale disposizione, fatta eccezione per la memoria ex art. 183, co. 6 n. 1) c.p.c..

In ogni caso, la procura speciale del 6/09/2017 allegata al verbale di udienza del 18/09/2017, conferita da (…) e (…) agli avvocati (…) e (…) per il giudizio n. 645/2011 R.G. con espressa ratifica dell’operato professionale già posto in essere nel procedimento da parte degli stessi, deve ritenersi idonea a sanare con effetti retroattivi la nullità riscontrata in riferimento alla posizione dell’avvocato domiciliatario, ai sensi dell’art. 182, co. 2, c.p.c. nella formulazione introdotta dall’art. 46, co. 2, della L. n. 69 del 2009, applicabile al caso di specie.

Rientrano infatti nella previsione di tale comma, oltre alle ipotesi di mancata costituzione delle persone cui spetta la rappresentanza o l’assistenza e di mancato rilascio delle necessarie autorizzazioni, anche quelle di nullità della procura al difensore.

Si sottolinea, in riferimento alle deduzioni dell’appellante, che il giudice è tenuto a promuovere la sanatoria in qualsiasi fase e grado del giudizio, assegnando un termine alla parte con effetti ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali, allorché, come nel caso, non ricorra un’ipotesi di inesistenza della procura -categoria del tutto residuale in sede processuale-, bensì di nullità della stessa (nel caso peraltro, come già rimarcato, in riferimento ad atti successivi a quello introduttivo): cfr. Cass. sez. unite 2017/n. 10414; Cass. 2018/n. 24257; Cass. 2020/n. 16252 e Cass. 2021/n.5985, le quali distinguono il caso di parte rappresentata e difesa da un avvocato senza che fosse stata rilasciata la procura in suo favore nelle forme di legge, il cui vizio è, perciò, sanabile attraverso la successiva regolarizzazione mediante il conferimento di un’apposita procura in un termine perentorio concesso dal giudice proprio in virtù di quanto sancito dal citato art. 182 c.p.c., da quello di procura inesistente, in cui la parte si sia illegittimamente costituita fin dall’origine personalmente, senza nemmeno l’apparente rappresentanza tramite un difensore.

7. – Vengono quindi esaminati unitariamente gli ulteriori motivi, comuni alle cause riunite.

7a. – L’appellante censura il rigetto, da parte del primo giudice, dell’eccezione di improponibilità della domanda per non essere state rispettate le condizioni di cui agli artt. 145 e 148 del Codice delle assicurazioni.

Secondo la (…) le parti appellate, nel formulare richiesta stragiudiziale di risarcimento dei danni, non hanno allegato (quanto al L.) documentazione attestante l’avvenuta stabilizzazione della malattia, nonché (quanto a tutti i danneggiati) quella comprovante la sussistenza degli ulteriori danni richiesti in via giudiziale e quella sulla cui base ricostruire la dinamica dell’incidente; in tal modo l’appellante non sarebbe stata posta in condizione di formulare eventuali offerte stragiudiziali, risultando, pertanto, non rispettate le condizioni di proponibilità della domanda stabilite dagli artt. 145 e 148 del D.Lgs. n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni).

La censura è infondata.

Come correttamente rilevato dal primo giudice in ciascuna delle decisioni appellate, gli attori inviarono alla compagnia appellante lettere raccomandate contenenti le richieste di risarcimento dei danni, con la ricostruzione delle circostanze di tempo e di luogo e delle modalità del sinistro, nonché con la precisazione che il (…) era ancora ricoverato e le sue condizioni di salute non erano ancora stabilizzate benchè prevedibilmente tali da lasciare postumi invalidanti, e con allegazione degli atti dai quali risultava il decesso di (…); a tanto avevano fatto seguito i riscontri della compagnia assicuratrice di non ritenere ravvisabile alcuna responsabilità del proprio assicurato, ma, sulla base della documentazione in proprio possesso, di considerare l’incidente imputabile alla condotta di (…), il quale avrebbe invaso la corsia di marcia opposta avendo perso il controllo della propria auto e finendo per urtare il mezzo di (…).

La richiesta stragiudiziale prevista dall’art. 145 del D.Lgs. n. 209 del 2005 è finalizzata a consentire alla compagnia di assicurazioni di avere contezza della volontà del danneggiato di ottenere il risarcimento; la manifestazione di tale volontà è sufficiente a consentire all’assicurazione, anche mediante interlocuzione con il danneggiato, l’istruttoria finalizzata a un eventuale accordo stragiudiziale, richiedendosi la presenza di “elementi necessari e sufficienti perché l’assicuratore possa accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l’offerta” (Cass., ord. 30/09/2016, n. 19354).

Tali elementi sono presenti nelle richieste risarcitorie inviate dagli appellati all’assicurazione, contenenti la descrizione della dinamica del sinistro e l’indicazione delle relative conseguenze per il (…) ed i (…).

Va evidenziato che la giurisprudenza di legittimità esclude peraltro l’onere del danneggiato di ricostruire nella richiesta risarcitoria la fattispecie secondo il corretto criterio di imputazione, essendo sufficiente che i possibili responsabili siano messi al corrente della volontà di ottenere il risarcimento (Cass., ord. 27/05/2019, n. 24385 ha ritenuto valida la richiesta inviata alle compagnie assicuratrici dei diversi mezzi coinvolti nel sinistro, avente ad oggetto il risarcimento “da chi di dovere”).

Stesso discorso va fatto in ordine alla pretesa comunicazione di documentazione riguardante le ulteriori voci di danno poi richieste giudizialmente e di quella attestante la stabilizzazione dei postumi, dal momento che, in relazione alla ricordata funzione della richiesta risarcitoria, non si richiede una perfetta corrispondenza di petitum rispetto a quello dell’azione giudiziale ma piuttosto che la compagnia di assicurazioni sia posta nelle condizioni di accertare la responsabilità, stimare il danno e formulare un’offerta; né la società di assicurazioni ha prospettato un comportamento dei danneggiati contrario ai principi di buona fede e correttezza e volto a impedirle il compimento di attività finalizzate alla formulazione di un’offerta ai sensi dell’art. 148 del D.Lgs. n. 209 del 2005 (Cass. 25/01/2018, n. 1829).

7b. – Le sentenze appellate si affermano affette da omessa e/o insufficiente motivazione – erronea applicazione dell’art. 2697 c.c., inammissibilità, inutilizzabilità ed inefficacia probatoria delle statuizioni contenute in altra sentenza non passata in giudicato e resa in altro giudizio con parti non coincidenti, erronea interpretazione e falsa applicazione dell’efficacia probatoria delle presunzioni semplici di cui all’art. 2729 c.c.

Le decisioni impugnate, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, danno conto esaustivamente degli elementi di prova utilizzati, indicati nei rilievi e nella relazione al P.M. della Polizia stradale di Termoli intervenuta sul luogo del sinistro, corredati da allegati fotografici e planimetrici, nonché nella documentazione prodotta dalle parti attrici.

A tali fonti probatorie il tribunale aggiunge la decisione emessa dalla medesima autorità giudiziaria nella persona di diverso giudicante, riguardante anche le parti delle cause in questione e concernenti lo stesso incidente stradale -sentenza n.113/2012 del Tribunale di Larino, in atti, resa fra l’attrice (…) (proprietaria dell’Audi guidata da (…)) ed i convenuti (…) spa e (…)-.

A tale ultimo proposito, le sentenze appellate richiamano il costante orientamento della giurisprudenza, pienamente condiviso da questo collegio, relativo all’ammissibilità nel processo civile ed alla valutabilità quali presunzioni semplici delle cd. prove atipiche -vale a dire, delle prove non specificamente disciplinate dalla legge-, derivante dal principio del libero convincimento del giudice affermato dall’art. 116 c.p.c., fra le quali rientrano le prove raccolte in altri giudizi svoltisi fra le stesse parti o anche fra altre parti (Cass. 2017/n.8603; Cass. 2013/n.11555; Cass. 2011/n.4652; Cass. 2010/n. 22200).

Come inoltre documentato dagli appellati nel corso del presente grado, la sentenza n.113/2012 è stata nelle more confermata dalla Corte di appello di Campobasso con la pronuncia n.216/2017 ed in sede di legittimità (Cass. sez. VI, ord. n. 20835/2019): ne deriva, secondo Cass. sez. II, Ordinanza n. 17387 del 2021, che sia “indiscutibile che il giudicato, oltre ad avere una sua efficacia diretta nei confronti delle parti, loro eredi e aventi causa, è dotato anche di un’efficacia riflessa, nel senso che la sentenza, come affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo in cui è stata emessa, allorquando questi siano titolari (come nella fattispecie) di un diritto omologo o dipendente dalla situazione definita in quel processo o, comunque, di un diritto subordinato a tale situazione (cfr. Cass. n, 6788/2013 e Cass. n. 8766/2019)”.

Ferma restando l’esattezza dei suddetti principi applicati dal primo giudice, nel presente giudizio si è ritenuto in ogni caso opportuno disporre ctu al fine di acquisire più completi dati di valutazione in ordine alla dinamica del sinistro, all’esito della quale, come si esporrà, non sono tuttavia emersi elementi che portino ad una ricostruzione del sinistro differente rispetto a quella effettuata dalle sentenze appellate.

7c. – La (…) censura le decisioni appellate per omessa ed erronea valutazione dei mezzi di prova – erroneo ed infondato superamento della presunzione di legge di cui all’art. 2054 c.c.

Il Tribunale, come già esposto, ha richiamato i rilievi della Polizia stradale -basati sulla posizione di stasi dei mezzi, la natura dei danni, la rilevazione dei punti d’urto e le sommarie informazioni raccolte dai testimoni presenti, oltre che dai conducenti della (…) e dell’Audi coinvolte nel sinistro-, dai quali emerge che:

– il 2/01/2010 alle 15.50 circa la (…) Rav4 condotta (…), mentre percorreva la SS 647 fondovalle del Biferno da Campobasso a Termoli, giunto al Km. 61,700 (dove la strada, al termine della lunga discesa della diga del ponte Liscione, è caratterizzata da un breve rettilineo fra due curve volgenti a sinistra), a causa della velocità verosimilmente elevata sbandò invadendo la corsia di sinistra, urtò contro la barriera dello stesso lato con la parte anteriore dell’auto, si raddrizzò e colpì violentemente con la parte anteriore la parte anteriore sinistra della Fiat Panda condotta da (…), proveniente dal senso opposto e procedente regolarmente sulla sua corsia di marcia; la Fiat Panda, in seguito al violentissimo impatto, fu spinta indietro per alcuni metri assumendo la posizione trasversale all’asse stradale; – durante tale fase, l’auto del (…) fu inoltre investita nella parte sinistra anteriore dalla parte anteriore dell’Audi A4 condotta da (…), che viaggiava nello stesso senso di marcia della Panda; quest’ultima, per effetto del doppio impatto, si sollevò restando con la parte posteriore appoggiata al guard-rail, mentre l’Audi venne spinta contro la barriera alla sua destra;

– la (…) Rav4 colpì anche l’Audi nella parte anteriore e sulla fiancata sinistra, si ribaltò sul fianco sinistro, si capovolse ed urtò sulla barriera di destra nel senso Campobasso-Termoli ricadendo sulle sue ruote nella sua corsia in posizione obliqua rispetto al senso di marcia.

Non vennero riscontrati segni di frenata, a parte la traccia di scarrocciamento degli pneumatici anteriori della (…) prima dell’impatto contro la barriera sinistra e quelli lasciati dalla Panda dopo l’urto con la stessa T.; la strada era priva di anomalie ed asciutta, e sul luogo è presente il segnale di limite di velocità di 80 km/h.

I veicoli furono gravemente danneggiati; delle persone coinvolte nel sinistro, in particolare, (…) decedette sul colpo, rimanendo imprigionato fra le lamiere contorte della sua auto; (…) fu ricoverato in prognosi riservata all’Ospedale Cardarelli di Campobasso e giudicato guaribile in 30 gg., e (…) in 40 gg. salvo complicazioni.

Il primo giudice ha ritenuto che la velocità di guida del (…) fosse eccessiva, tanto desumendo: a) dalla violenza dell’impatto, tenuto conto anche delle diverse dimensioni dei mezzi coinvolti; b) dal fatto che la (…) procedesse su un rettilineo, immediatamente dopo una semicurva e prima di un’altra, e dal limite di velocità ivi previsto, comprovante la situazione di pericolo; c) dalla possibilità di ridurre la velocità da parte del conducente, date le condizioni di tempo e luogo, e dalla mancanza di segni di frenata.

La relazione del perito del P.M. ing. (…) svolta nel procedimento penale n.8/2010 R.G.N.R. a carico del (…) -invocata dalla parte appellante, la quale ne sottolinea la mancata valutazione da parte del tribunale-, è pervenuta ad analoghe conclusioni, fornendo ulteriori elementi in ordine alla velocità di guida dei conducenti (cfr. in particolare il paragrafo 4.3 della relazione: analisi della dinamica della velocità e distanza per l’IPTPR – intervallo psicotecnico di percezione e reazione), come già rilevato dalla sentenza di questa Corte n. 216/2017 confermata dalla S.C., secondo cui:

“Il giorno 02/0/2010 (…), a bordo del veicolo (…) Rav 4, percorreva la SS 647 con direzione di marcia Campobasso-Termoli e giunto nei pressi della chilometrica 61+700(contrada Liscione agro di Larino), nel terminare una curva a sinistra, perdeva il controllo del veicolo a causa dell’eccessiva velocità (non inferiore a 145 km/h su strada con limite di velocità di 80 km/h) con invasione della corsia di marcia opposta su cui transitavano una Fiat Panda, condotta dal giovane (…) -deceduto-, seguita dall’AUDI A4, condotta da (…) e con a bordo la proprietaria (…) (a velocità di circa 90 km/h). Invasa la corsia, la (…) dapprima impattava contro il guard-rail sinistro, poi -in rotazione antioraria- collideva con la Fiat Panda, indi impattava contro l’Audi terminando la corsa contro il guard-rail opposto. A seguito del violento urto la Fiat Panda retrocedeva di alcuni metri e poi veniva pure urtata lateralmente dall’Audi A4 percorrendo altro spazio questa volta in avanti”.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, l’ing. G. ha espressamente escluso qualsiasi apporto causale della condotta di guida del (…), il quale viaggiava regolarmente alla velocità di circa 80 Km/h, e nel momento in cui potè rendersi conto del pericolo non era in condizioni di porre in essere manovre di emergenza.

Quanto alla condotta del conducente dell’Audi A4, il tecnico, valutando il profilo della eventuale corresponsabilità dello stesso in riferimento al rispetto della distanza di sicurezza dalla Fiat Panda, ha precisato che dopo la collisione fra la (…) e la Panda quest’ultima retrocesse di circa 7,50 metri, con riduzione dello spazio operativo per il (…), concludendo che “la condotta di guida del (…) che ha perso il controllo del veicolo (…) Rav4 invadendo la corsia riservata al senso di marcia opposto a causa della sua eccessiva velocità notevolmente superiore ai limiti e non commisurata alle condizioni del tratto stradale è individuabile come l’unica causa scatenante il sinistro stradale”.

Pervenendo alla conferma della valutazione del perito del P.M., la citata sentenza n. 216/2017 ha aggiunto in proposito, come rimarcato dalla S.C., che la (…), dopo aver impattato il guard-rail e la Fiat Panda, andò a collidere direttamente anche contro la stessa Audi A4.

La consulenza tecnica d’ufficio acquisita in questa sede tramite il ctu ing. C.L., che risulta approfondita, documentata e puntuale nel riscontrare i quesiti posti dal collegio e le osservazioni della parte appellante, non porta a diversa conclusione: pur precisando, in base alla rettifica della misurazione del raggio della curva su cui sbandò la (…) Rav4, che la presumibile velocità della stessa prima dell’incidente era di circa 138 Km/h (calcolati “abbondantemente per difetto”) invece dei 145 Km/h indicati dall’ing. (…), e ribadendo che la velocità dell’Audi A4 era di circa 91 Km/h, il ctu ha infatti sottolineato che il (…) si è trovato a dovere interagire con un evento “oltremodo particolare”.

Egli non ha avuto avuto sostanzialmente la visuale di quanto gli accadeva davanti, coperta dalla Fiat Panda, la quale, successivamente all’impatto con la (…), prodottosi “con la enorme velocità relativa tra i due veicoli di ben 185 Km./h”, non si è arrestata, ma è addirittura retrocessa, con conseguente impossibilità di porre in atto contromisure adeguate ad evitare il sinistro, come evidenziato dalla mancanza di tracce di frenata.

Sulla scorta di tali elementi, il collegio ritiene di dover pervenire alla medesima conclusione del primo giudice, nonché della sentenza di questa corte già citata.

Alla stregua dell’orientamento consolidato della giurisprudenza, in tema di circolazione stradale la presunzione di cui all’art. 2054, co.2, c.c. ha infatti carattere sussidiario ed opera solo quando non sia possibile accertare in modo concreto e ragionevolmente preciso in quale misura la condotta dei conducenti abbia cagionato l’evento dannoso (cfr., ex multis, Cass. n.10304/2009; Cass. n. 29883/2008).

Fermo restando che, in base al disposto dell’art. 2054, comma 2, c.c., l’accertamento della colpa, anche se grave, di uno dei conducenti, non esonera l’altro dall’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, osservando le norme della circolazione stradale e i normali precetti della prudenza, al fine di escludere la configurazione di un concorso di colpa a suo carico, le modalità dell’incidente accertate dal primo giudice inducono a confermare che la condotta di guida del (…) (oltre che, a maggior ragione, quella di (…)) non abbiano contribuito alla determinazione del sinistro, dovendo lo stesso attribuirsi in via esclusiva alla condotta gravemente colposa del (…).

La prova liberatoria di cui alla norma citata può scaturire anche in modo indiretto dall’accertamento che la condotta del conducente trasgressore è legata da un esclusivo rapporto di causa-effetto all’evento dannoso (cfr., Cass. n.2834/88; n.8622/90; n.1724/98; n.5226/06; n.9550/09; n.14064/10).

Più di recente la Suprema Corte ha confermato questa tendenza “riequilibratrice”, affermando che il principio secondo il quale, in tema di scontro tra veicoli e di applicazione dell’art. 2054c.c., ove sia stato accertato in concreto che uno dei due conducenti ha tenuto una condotta inequivocabilmente idonea a cagionare il danno (come, ad esempio, la perdita di controllo del veicolo e la conseguente invasione dell’opposta corsia di marcia), l’impossibilità, per l’altro conducente, di fornire la prova liberatoria non implica l’automatico addebito a quest’ultimo di un concorso di colpa, rischiandosi altrimenti che l’applicazione dell’art. 2054 c.c. assuma “l’impropria valenza di clausola limitativa della responsabilità piuttosto che di norma volta a sollecitare la cautela dei conducenti ed a risolvere i casi dubbi” (così Cass. Civ. Sez. III 7/6/2011 n. 12408; v. anche Cass. sez. VI- 3, Ordinanza n. 13672 del 21/05/2019; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 6941 dell’11/03/2021).

7d.– Entrambe le sentenze di primo grado sono censurate per eccessiva e sproporzionata liquidazione del danno.

Secondo la (…) è ingiustificata la quantificazione del danno liquidato in favore (…) con la sentenza n. 389/2017, sostenendosi che essa contrasta con gli insegnamenti della Suprema Corte, volti ad evitare le duplicazioni risarcitorie in tema di danno non patrimoniale.

L’appellante rileva che l’unitarietà della nozione di danno patrimoniale, affermata dalla Suprema Corte con le sentenze del novembre 2008, ha portato il Tribunale di Milano alla redazione di tabelle liquidative, applicate dal primo giudice, già comprendenti la voce del “danno morale soggettivo” inteso quale “sofferenza transeunte”, con la conseguenza che il giudice che opti per una ulteriore personalizzazione del danno (nella specie riconosciuta in ragione del 25%) ha l’onere di fornire una motivazione adeguata a supporto di tale liquidazione; in secondo luogo, l’appellante reputa del tutto ingiustificato il riconoscimento contenuto in sentenza dell’importo dell’importo di 18.000,00 Euro, non corrispondente ad alcun precisato pregiudizio.

Il motivo è fondato per quanto di ragione.

Il Tribunale ha argomentato in ordine ai criteri utilizzati per la quantificazione del danno non patrimoniale: recepite le valutazioni della c.t.u. medica acquisita -non oggetto di contestazione con l’appello- circa la percentuale di invalidità permanente (44%) e i periodi di inabilità temporanea totale e parziale riconosciuti (120 gg. di ITT, 30 gg. di ITP al 75% e 90 gg. di ITP al 50%), il primo giudice ha applicato le tabelle in uso presso il Tribunale di Milano nel 2014, in vigore all’epoca della decisione ed indicate dalla S.C. quale adeguato metro per la liquidazione equitativa del danno (Cass. 2011/nn. 12408 e 28290).

Ha poi aggiunto all’importo così riconosciuto al (…), 48enne all’epoca del fatto (Euro 282.973,00) l’ulteriore maggiorazione del 25% (pari ad Euro 70.743,25) a titolo dipersonalizzazione del danno, dando rilievo a tal fine alla sofferenza psichica subita dal danneggiato correlata alla lunga durata della malattia, nonché alla incidenza sulla capacità lavorativa generica alla luce della valutazioni effettuate al riguardo dal ctu.

La liquidazione di tale ulteriore importo, peraltro nella misura massima prevista delle tabelle milanesi a titolo di personalizzazione del danno, deve ritenersi ingiustificata.

Nella liquidazione del danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento quantificabile in base al criterio equitativo uniforme adottato dai giudici di merito (il sistema del cd. punto variabile recepito nelle tabelle del Tribunale di Milano) copre tutte le conseguenze dannose normali e indefettibili secondo l’id quod plurumque accidit, vale a dire quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire, ivi compreso il cosiddetto danno da sofferenza soggettiva interiore o danno morale temporaneo.

Tali conseguenze ordinarie costituiscono una conseguenza normale del danno e non giustificano, quindi, alcun aumento del risarcimento di base previsto per il danno non patrimoniale, non rilevando in senso contrario la circostanza che le conseguenze della menomazione incidano sulla vita quotidiana e sugli aspetti dinamico – relazionali della persona, in quanto tali conseguenze sono generali e inevitabili per tutti coloro che abbiano patito il medesimo tipo di lesione.

Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (tra le più recenti Cass., 11/11/2019, n. 28988; Cass., 31/01/2019, n. 2788; Cass., 21/09/2017, n. 21939; Cass., 7/11/2014, n. 23778), solo le conseguenze della menomazione che non sono generali e inevitabili per tutti coloro che abbiano patito quel tipo di lesione, “ma sono state patite solo dal singolo danneggiato nel caso specifico, a causa delle peculiarità del caso concreto, giustificano un aumento del risarcimento di base del danno biologico”, con la precisazione che ciò che rileva, ai fini della personalizzazione del risarcimento, non è quale aspetto della vita della vittima sia stato compromesso, ma il fatto che quella conseguenza sia straordinaria e non ordinaria “perché solo in tal caso essa non sarà ricompresa nel pregiudizio espresso dal grado percentuale di invalidità permanente, consentendo al giudice d procedere alla relativa personalizzazione in sede di liquidazione” (Cass., n. 28988/2019, cit.).

In particolare, con riferimento alle deduzioni dell’appellato, premesso che l’incidenza dell’invalidità permanente accertata sulla cenestesi lavorativa è stata già oggetto di valutazione omnicomprensiva del danno alla salute e che l’argomentazione sul punto del tribunale non è stata oggetto di censure, il c.t.u. ha ritenuto che i postumi residuati abbiano consentito la conservazione per il (…) della capacità lavorativa specifica di imprenditore nel settore ottico. L’ulteriore elemento valorizzato dal giudice, rappresentato dalla durata della malattia, è già valutato nella determinazione della liquidazione standard, mentre nessuna ulteriore circostanza specifica ed eccezionale è stata tempestivamente allegata dal danneggiato, tale da indurre a ritenere il danno concreto più grave di quello ordinariamente causato da lesioni dello stesso tipo in soggetti della stessa età.

Il secondo rilievo è infondato, la liquidazione della voce di danno per 18.000,00 Euro essendo pienamente motivata a pag. 5 della sentenza impugnata (in cui si quantifica il danno biologico temporaneo sulla base di Euro 96,00 al giorno, composto da ITT per Euro 11.520,00 + ITP al 75% per Euro 2.160,00 + ITP al 50% per Euro 4.320,00): nel ricapitolare gli importi dovuti, la sentenza indica poi alla pag. 8 la somma di tali voci, pari appunto ad Euro 18.000,00.

Deve pertanto procedersi alla rideterminazione della liquidazione del danno non patrimoniale eliminando la personalizzazione suddetta: alla quantificazione del danno complessivo subito da (…) (Euro 414.374,86) va quindi sostituita quella determinata aggiornando i valori all’attualità mediante utilizzo delle tabelle del Tribunale di Milano approvate nel 2021, in luogo di quelle applicate dal primo giudice -cfr., per la necessità di tenere presenti le ultime tabelle aggiornate da parte del giudice d’appello, anche d’ufficio, ove occorra procedere alla nuova liquidazione: Cass. 2012/n.7272-, così calcolata:

Tabella di riferimento: Tribunale di Milano 2021

Età del danneggiato alla data del sinistro 48 anni

Percentuale di invalidità permanente 44%

Punto danno biologico Euro 5.750,31

Incremento per sofferenza soggettiva standard (+ 50%) Euro 2.875,16

Punto danno non patrimoniale Euro 8.625,47

Punto base I.T.T. Euro 99,00

Giorni di invalidità temporanea totale 120

Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 30

Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 90

Danno biologico risarcibile Euro 193.555,00

Danno non patrimoniale risarcibile Euro 290.333,00

Invalidità temporanea totale Euro 11.880,00

Invalidità temporanea parziale al 75% Euro 2.227,50

Invalidità temporanea parziale al 50% Euro 4.455,00

Totale danno biologico temporaneo Euro 18.562,50

TOTALE GENERALE: Euro 308.895,50

All’importo complessivo di Euro 316.547,14 (Euro 308.895,50 comprensivi di invalidità permanente e danno biologico temporaneo + Euro 7.651,64 per danno patrimoniale, la cui liquidazione non è oggetto di censura), vanno aggiunti gli accessori da calcolare secondo i criteri indicati dalla sentenza di primo grado, anch’essi non oggetto di appello (interessi al tasso pari al rendimento medio dei BOT a 3, 6 e 12 mesi nel periodo fra la data del sinistro -2/01/2010- e quella della presente decisione, da applicare sulla sorte capitale devalutata alla data del sinistro e rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat dal 2/01/2010), nonché gli interessi legali dalla presente decisione al saldo.

Tenuto conto dell’avvenuto pagamento dell’importo in favore dell’appellato di Euro 150.000,00 a titolo di provvisionale (già menzionato dal tribunale) nonché di quello di Euro 210.000,00 in esecuzione della sentenza di primo grado (come non contestato), il (…) è tenuto alla restituzione dell’importo eccedente le somme risultanti dovute all’esito dell’applicazione dei suddetti accessori (sull’ammissibilità di tale domanda in appello v. per tutte Cass., ord., 21/11/2019, n. 30495), con la precisazione che la determinazione di quanto versato in eccesso dovrà essere effettuata previo calcolo del dovuto al momento in cui il pagamento è stato eseguito, quindi con devalutazione del credito risarcitorio a tale data e nuovo calcolo degli interessi compensativi.

Non merita invece accoglimento il motivo di appello concernente l’asserita eccessiva liquidazione del danno in favore dei (…) – (…), di cui alla sentenza n. 170/2018.

Il primo giudice, escluse la risarcibilità in via autonoma del cd. danno esistenziale e di altre voci di danno patrimoniale, ha riconosciuto ai genitori di (…), deceduto sul colpo in occasione del sinistro all’età di 26 anni, il danno iure proprio da perdita del rapporto parentale stimato in base alle tabelle del Tribunale di Roma all’epoca predisposte in Euro 320.756,00 ciascuno, in considerazione dell’età al momento del sinistro di (…) (56 anni) e di (…) (52), della convivenza con il figlio M. e dell’assenza di altri familiari conviventi, essendo emerso dall’istruttoria il forte legame del nucleo familiare.

La sentenza ha inoltre liquidato il danno patrimoniale per le spese funerarie sostenute, nella quota del 50% ciascuno (Euro 2.185,50), nonché gli accessori con il medesimo criterio di cui sopra, e precisato che dagli importi suddetti andava detratta la provvisionale di Euro 40.000,00 liquidata in favor di ciascun danneggiato in corso di causa, ove effettivamente versata.

La critica dell’appellante è incentrata sulla non risarcibilità del danno non patrimoniale per la pretesa presunzione ex art. 2054 c.c. dell’apporto causale della vittima del sinistro, tesi della cui infondatezza si è già detto nei paragrafi che precedono, nonché sull’asserita incongruità ed arbitrarietà della liquidazione, in quanto operata in base alla tabella “a punti” predisposta dal Tribunale di Roma.

Anche tale tesi non è meritevole di accoglimento: in tema di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, Cass. civ., Sez. III, 10/11/2021, n. 33005 ha di recente ribadito l’orientamento di Cass. 10579/2021 e n. 26300/2021 secondo cui, al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti (che preveda, oltre all’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti quali l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi); la S.C. ha ritienuto che – limitatamente alla voce in questione- le tabelle milanesi non rispondessero a tali requisiti (tanto che le successive tabelle del Tribunale di Milano sono state successivamente predisposte secondo un nuovo criterio), indicando quale esempio alternativo quelle del Tribunale di Roma, anch’esse facilmente accessibili mediante i comuni mezzi informatici, e facendo presente che ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale mediante il criterio tabellare il danneggiato ha esclusivamente l’onere di fare istanza di applicazione di detto criterio, spettando poi al giudice di merito liquidare il danno mediante la tabella conforme a diritto.

7e. – L’ultima censura rivolta alle decisioni riunite concerne la ritenuta eccessiva liquidazione delle spese di causa.

Il motivo va accolto per quanto di ragione unicamente per quanto attiene alla sentenza n. 389/2017, dovendo, in relazione al parziale accoglimento dell’appello e alla correlativa diminuzione del quantum risarcitorio, provvedersi ad una nuova regolamentazione.

Va pertanto disposta la compensazione tra le parti di un terzo delle spese del giudizio di primo grado, nella misura liquidata dal tribunale, ferma restando la statuizione relativa alle spese di ctu per il primo grado.

La liquidazione delle spese operata con la sentenza n. 170/2018 risulta invece conforme ai parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014 per le cause del valore di cui alle somme riconosciute (scaglione fra Euro 520.000 ed Euro 1.000.000, anche al netto delle provvisionali liquidate), tenuto conto delle attività svolte e dell’integrale soccombenza della società assicuratrice.

8. – Le spese processuali per il presente grado nel giudizio n. 372/2017 R.G., in considerazione dell’accoglimento parziale dell’impugnazione, vanno compensate in ragione di un terzo e liquidate per il resto in favore dell’appellato (…) nella misura indicata in dispositivo in applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, avuto riguardo al valore della controversia, con applicazione di valori medi, per le fasi di studio, introduttiva, di trattazione – comprendente anche il procedimento ex art. 351 c.p.c.- e decisionale.

Le spese relative al giudizio n. 407/2018 R.G. seguono l’integrale soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo in favore degli appellati (…), applicando i parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014 in ragione del valore della controversia e dell’attività espletata (fasi di studio, introduttiva, di trattazione e conclusionale).

Ricorrono i presupposti per l’applicazione, relativamente al medesimo giudizio n. 407/2018 R.G., dell’art. 13, co. 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, relativo all’obbligo della parte appellante, integralmente soccombente, di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Vengono posti integralmente a carico della (…) spa, in via definitiva, gli oneri relativi alla ctu svolta in questa sede per la ricostruzione del sinistro, successivamente alla riunione dei procedimenti.

Non si ravvisano i presupposti per disporre la trasmissione della presente decisione all’IVASS, ai sensi dell’art. 148, co.10, D.Lgs. n. 209 del 2005, sollecitata dagli appellati, risultando comunicati ai danneggiati i motivi per cui la società assicuratrice non ha ritenuto di fare offerta di risarcimento.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Campobasso – collegio civile,

pronunciando definitivamente sugli appelli riuniti proposti dalla (…) spa, in persona del l.r.p.t., n. 372/2017 R.G. avverso la sentenza n. 389/2017 emessa dal Tribunale di Larino in composizione monocratica, nei confronti di (…), (…), (…) e (…), e n. 407/2018 R.G. avverso la sentenza n. 170/2018 emessa dal Tribunale di Larino in composizione monocratica, nei confronti di (…), (…), (…) e (…);

lette le conclusioni delle parti, ogni altra istanza ed eccezione disattesa, così provvede:

nel giudizio n. 372/2017 R.G.

1) accoglie per quanto di ragione l’appello e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza n. 389/2017 Trib. Larino:

– ridetermina l’importo del risarcimento in favore di (…) per il sinistro oggetto di causa in Euro 316.547,14 oltre accessori da calcolare secondo i criteri di cui alla decisione di primo grado;

– dispone la compensazione tra le parti di un terzo delle spese processuali del giudizio di primo grado, nella misura liquidata con la sentenza impugnata, che per la quota residua restano a carico dell’appellante così come le spese di ctu medica espletata in primo grado;

– conferma nel resto la sentenza impugnata;

2) condanna l’appellante (…) a rimborsare all’appellato (…) due terzi delle spese del presente grado del giudizio, che liquida per tale quota in Euro 9.090,00 per compensi, oltre rimborso forfettario del 15%, Iva e Cpa, da versare all’avv. (…), antistatario; dichiara compensato tra le parti suddette il restante terzo;

3) condanna (…) a restituire alla (…) s.p.a. l’eventuale differenza tra quanto allo stesso versato (a titolo di provvisionale ed in esecuzione della sentenza di primo grado) e quanto dovuto in base alla presente sentenza, previo calcolo nei termini di cui in motivazione;

nel giudizio n. 407/2018 R.G.

1) rigetta l’appello avverso la sentenza n. 170/2018 Trib. Larino;

2) condanna l’appellante al pagamento delle spese relative al presente grado in favore degli appellati (…) – (…), liquidate in Euro 24.908,00 per compenso al difensore, oltre rimborso forfettario nella percentuale del 15%, Iva e Cpa come per legge, da versare all’avv. (…), antistatario;

3) dà atto che a carico dell’appellante sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, co. 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002;

relativamente ai giudizi riuniti

pone in via definitiva a carico dell’appellante (…) spa le spese della ctu ricostruttiva.

Così deciso in Campobasso il 13 luglio 2022.

Depositata in Cancelleria l’8 settembre 2022.

Puoi scaricare il contenuto in allegato effettuando una donazione in favore del sito attraverso il seguente link

Inserisci importo donazione €

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.