Con riguardo al preliminare di vendita di immobile da costruire, e per il caso in cui detto bene venga realizzato con vizi o difformita’, che non lo rendano oggettivamente diverso, per struttura e funzione, ma incidano solo sul suo valore, ovvero su secondarie modalita’ di godimento, deve ritenersi che il promissario acquirente, a fronte dell’inadempimento del promittente venditore, non resta soggetto alla sola alternativa della risoluzione del contratto o dell’accettazione senza riserve della cosa viziata o difforme, ma puo’ esperire la azione di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo, a norma dell’articolo 2932 c.c., chiedendo, contestualmente e cumulativamente, la riduzione del prezzo, tenuto conto che il particolare rimedio offerto dal citato articolo 2932 c.c., non esaurisce la tutela della parte adempiente, secondo i principi generali dei contratti a prestazioni corrispettive, e che una pronuncia del giudice, che tenga luogo del contratto non concluso, fissando un prezzo inferiore a quello pattuito con il preliminare, configura un legittimo intervento riequilibrativo delle contrapposte prestazioni, rivolto ad assicurare che l’interesse del promissario alla sostanziale conservazione degli impegni assunti non sia eluso da fatti ascrivibili al promittente.

 

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 27 febbraio 2017, n. 4939

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24366/2012 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrenti –

e contro

COMUNE TERRACINA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2161/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/12/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del 1 motivo, accoglimento del 2 motivo assorbiti i restanti motivi del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Latina, con sentenza parziale n. 2019 del 5/8/2004, decidendo sulla la domanda spiegata da (OMISSIS) nei confronti del comune di Terracina e di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con la quale aveva chiesto trasferirsi la proprieta’ di un appartamento con annesso giardino, gia’ assegnato dal predetto Comune ai (OMISSIS) e da costoro promessogli in vendita, dichiaro’ inammissibile la domanda spiegata nei confronti del Comune, in quanto ripropositiva di analoga domanda avanzata dagli assegnatari, sulla quale era intervenuta sentenza definitiva, che aveva disposto il trasferimento, con esclusione del giardino. Dichiaro’, inoltre inammissibile la domanda attorea, introdotta nel corso del giudizio, costituente per quel Giudice mutatio libelli, con la quale la (OMISSIS) aveva chiesto trasferirsi in suo favore, e nei confronti dei (OMISSIS), la proprieta’ del solo appartamento, previa riduzione del prezzo. Risolse, inoltre, per impossibilita’ sopravvenuta, rigettando la domanda di risoluzione per inadempimento dei promittenti venditori, il contratto preliminare intercorso fra quest’ultimi e la (OMISSIS). Condanno’ i (OMISSIS) al pagamento in favore della (OMISSIS) della somma di Euro 43.898,83, oltre interessi dalla domanda, a titolo di restituzione del prezzo e di rimborso delle spese di straordinaria manutenzione affrontate.

Con la sentenza definitiva n. 703, depositata il 26/4/2007 venne, poi, disattesa la domanda riconvenzionale dei convenuti, con la quale era stato richiesto pagamento d’indennizzo ex articolo 2041, c.c., per il godimento dell’immobile in forza del risolto preliminare; nonche’ quella risarcitoria dell’attrice, diretta al rimborso di spese di manutenzione ordinaria e straordinaria.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 20/4/2012, rigettato l’appello principale proposto dalla (OMISSIS), in parziale riforma della sentenza definitiva di primo grado, condanno’ costei al pagamento di somma di denaro a titolo di restituzione dei frutti civili, compensando fra le parti le spese di lite del doppio grado.

Avverso quest’ultima decisione ricorre per cassazione la (OMISSIS). Resistono con controricorso i (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo il primo motivo la ricorrente allega violazione degli articoli 1256, 1258 e 1362 c.c., rassegnando, peraltro, correlazione, oltre che con l’articolo 360 c.p.c., n. 3, anche con il n. 5.

Assume, nella sostanza, la (OMISSIS) che la circostanza che i promittenti alienanti avessero visto riconoscere nei confronti del comune di Terracina (che aveva assegnato l’alloggio a costoro, succeduti a congiunta) solo il diritto di proprieta’ sull’appartamento, escluso il giardino, non aveva reso la prestazione impossibile. Invero, anche a voler ritenere lo stesso pertinenza dell’alloggio, si era in presenza solo di una parziale impossibilita’ sopravvenuta e la parte debitrice era tenuta ad adempiere eseguendo la prestazione rimasta possibile, ai sensi dell’articolo 1258 c.c.. Trattavasi di un contratto preliminare con patto di futura vendita nel quale, nel rispetto del criterio cardine di cui all’articolo 1362 c.c., l’oggetto determinante del consenso era costituto dall’alloggio, nel mentre il trasferimento del giardino, che appariva ipotetico sin dall’inizio, era condizionato allo sviluppo di eventi futuri ed incerti.

La doglianza e’ fondata.

Non e’ dubbio che la prestazione dei promittenti alienanti e’ divenuta impossibile solo in parte (per il giardino). Non consta che nel giudizio di merito si sia appurato che una tale parziale impossibilita’ abbia privato della sua ragion d’essere il negozio, con la conseguenza che non emergono ostacoli a ritenere la prestazione parziale liberatoria per la parte debitrice (articolo 1258 c.c.) e soddisfattiva, previa decurtazione del prezzo, per la parte creditrice (articolo 1464 c.c.). Scandaglio questo quanto mai necessario tenuto conto della natura, incidenza e qualita’ del bene la cui cessione era divenuta impossibile (giardinetto accessorio all’appartamento) e dei principi regolanti la materia. Invero, l’impossibilita’ parziale ha effetto risolutivo sol quando, avuto riguardo all’interesse delle parti, investa l’essenza stessa dell’operazione negoziale, privando il resto, in parte significativa, di utilita’ o, comunque, mutando significativamente lo scopo perseguito con il negozio, apprezzabile attraverso le regole ermeneutiche di cui l’articolo 1362 c.c. e segg..

In linea con quanto sopra affermato si pone arresto a S.U., che Con riguardo al preliminare di vendita di immobile da costruire, e per il caso in cui detto bene venga realizzato con vizi o difformita’, che non lo rendano oggettivamente diverso, per struttura e funzione, ma incidano solo sul suo valore, ovvero su secondarie modalita’ di godimento, deve ritenersi che il promissario acquirente, a fronte dell’inadempimento del promittente venditore, non resta soggetto alla sola alternativa della risoluzione del contratto o dell’accettazione senza riserve della cosa viziata o difforme, ma puo’ esperire la azione di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo, a norma dell’articolo 2932 c.c., chiedendo, contestualmente e cumulativamente, la riduzione del prezzo, tenuto conto che il particolare rimedio offerto dal citato articolo 2932 c.c., non esaurisce la tutela della parte adempiente, secondo i principi generali dei contratti a prestazioni corrispettive, e che una pronuncia del giudice, che tenga luogo del contratto non concluso, fissando un prezzo inferiore a quello pattuito con il preliminare, configura un legittimo intervento riequilibrativo delle contrapposte prestazioni, rivolto ad assicurare che l’interesse del promissario alla sostanziale conservazione degli impegni assunti non sia eluso da fatti ascrivibili al promittente (S.U. n. 1720 del 27/2/1985, Rv. 439679).

Con il secondo motivo la ricorrente allega violazione degli articoli 1464 e 2932 c.c., articoli 112 e 115 c.p.c., rassegnando, peraltro, correlazione, oltre che con l’articolo 360 c.p.c., n. 3, anche con il n. 5.

Dopo “il decorso temporale previsto ex articoli 183 e 184 c.p.c.”, assume il ricorso, era avvenuto il passaggio in giudicato della sentenza n. 309/07, depositata il 7/3/1997, con la quale, accolta la domanda di trasferimento dell’alloggio comunale in favore dei (OMISSIS), era stata rigettata la pretesa di costoro riguardante il giardino. Di conseguenza, era sopraggiunta la necessita’ per la odierna ricorrente (articolo 1464 c.c.) di emendare il libello. La Corte territoriale, dopo aver correttamente escluso che si trattasse di mutatio, aveva illogicamente affermato la inammissibilita’ della emendatio, non rendendosi conto che l’impossibilita’ parziale era insorta solo con il passaggio in giudicato della predetta sentenza, maturato per la mancata impugnazione ex articolo 327 c.p.c.. Inoltre, si soggiunge, “la richiesta di rideterminazione del prezzo di cui al preliminare formulata a seguito dell’impossibilita’ parziale sopravvenuta tenuto conto della natura giuridica del contratto preliminare di cui si controverte identificabile nella ipotesi di cui all’articolo 1478 c.c., trova la sua legittima applicazione in quanto dal legislatore disposto con l’articolo 1464 c.c., la cui normativa deve ritenersi applicabile in deroga a quanto sancito dagli articoli 183 e 184 c.p.c., allorquando, per effetto di una intervenuta parziale impossibilita’, nel corso del giudizio, della prestazione dopo le preclusioni sancite dalle norme citate, si rende necessario stabilire il riequilibrio sinallagmatico del contratto”.

Il motivo e’ fondato.

Quando la prestazione e’ divenuta parzialmente impossibile, l’altra parte, salvo il diritto al recesso (ove ne ricorre il caso), ha diritto ad una riduzione del prezzo (articolo 1464 c.c.) e, per converso, verra’ fornita solo quella parte della prestazione non divenuta impossibile.

Nel caso di specie il trasferimento del giardino si e’ conclamato impossibile in corso di causa, una volta divenuta irrevocabile la statuizione giudiziaria che ebbe a dichiarare che i promittenti alienanti non avevano il diritto ad acquisirlo unitamente all’alloggio dall’Ente territoriale, e dopo decorso il termine processuale di cui all’articolo 183 c.p.c. (la contestazione della successione temporale da parte dei resistenti non puo’ essere presa in considerazione in quanto generica).

Incontroversa la natura di mera modifica della domanda (sul punto la, peraltro corretta, qualificazione della Corte territoriale non risulta aver formato oggetto di censura), la presa d’atto dell’impossibilita’ di far luogo al trasferimento forzoso del giardino, poiche’ non acquisito dai promittenti alienanti, ha importato la riduzione della domanda (solo trasferimento dell’appartamento), con contestuale riduzione del prezzo, stante che la parte non inadempiente che abbia proposto la domanda ai sensi dell’articolo 2932 c.c., in caso di sopravvenuta in eseguibilita’ di parte della prestazione, puo’ limitare la sua pretesa alla porzione residua del bene, purche’ questo non debba considerarsi, a motivo della usa riduzione, diverso da quello pattuito in contratto ed abbia conservato percio’ la sua struttura e la sua funzione (Sez. 2, n. 5066 del 29/4/1993, Rv. 482161).

La dichiarazione d’inammissibilita’ di una tale necessitata variazione renderebbe illogicamente inoperanti gli articoli 1258 e 1464, procurando un irragionevole effetto discriminatorio a seconda che l’impossibilita’ parziale venga a configurarsi o meno in corso di causa.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli articoli 1458 e 1224 c.c., rassegnando, peraltro, correlazione, oltre che con l’articolo 360 c.p.c., n. 3, anche con il n. 5.

La Corte di Roma aveva errato nella quantificazione delle spese da rimborsare, oltre al prezzo pagato. In primo luogo l’affermazione che “la somma tra il capitale e gli interessi e’ pari ad Euro 53.755,22 superiore alla somma rivalutata”, priva di qualsivoglia argomentazione esplicativa, non poteva soddisfare il paradigma motivazionale. In secondo luogo, il riferimento al cumulo puro e semplice fra interessi e rivalutazione a riguardo di un credito di valuta, tenuto conto dell’efficacia restitutoria scaturente dagli articoli 1453 e 1458 c.c., non era condivisibile; avendo la parte adempiente domandato anche la liquidazione del danno, ad essa spettava la rivalutazione della somma pecuniaria da restituire.

Con il quarto motivo viene dedotta la violazione degli articoli 112 e 345 c.p.c., rassegnando, peraltro, correlazione, oltre che con l’articolo 360 c.p.c., n. 3, anche con il n. 5.

La domanda restitutoria (dei frutti) proposta dalla controparte solo con l’appello incidentale avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile, nel mentre al giudice non e’ consentito, disposta la risoluzione, e nonostante il suo effetto retroattivo, disporre d’ufficio sul punto. Invero, in primo grado era stata avanzata la ben diversa domanda d’ingiusto arricchimento, che il Giudice d’appello non avrebbe potuto immutare in quella di cui all’articolo 1458 c.c., violando l’articolo 112 c.p.c..

Inoltre, (OMISSIS), contumace in primo grado, non avrebbe potuto beneficiare dell’altrui domanda.

L’accoglimento dei primi due motivi e’ assorbente degli altri due.

Cassata la sentenza impugnata s’impone rinvio per nuovo giudizio di merito, che tenga conto di quanto sopra esposto e regoli le spese legali anche del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie il primo ed il secondo motivo e dichiara assorbiti gli altri;

cassa in relazione dei motivi accolti e rinvia, anche per le spese alla Corte d’appello di Roma, altra sezione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.