Qualora il contratto di appalto si stata stipulato in forma orale, quindi in mancanza di un accordo formalizzato per iscritto, è onere del creditore provare che le parti avevano raggiunto l’accordo sia sulla realizzazione di ogni singola opera, sia sul corrispettivo pattuito, in special modo ove, a fronte di una prima consegna dei lavori e relativo saldo, fossero nate nuove necessità di effettuare altri e diversi lavori. Né può efficacemente argomentarsi che, in difetto di forma scritta (ad probationem) di un contratto d’appalto di una certa complessità, la prova scritta del contenuto di tale contratto e, in particolare, delle singole opere da realizzare, come pure del corrispettivo richiesto per la realizzazione delle stesse, possa rinvenirsi in preventivi o fatture, di provenienza esclusivamente attorea e privi di riscontro scritto della parte committente.

Tribunale|Patti|Civile|Sentenza|26 aprile 2023| n. 411

Data udienza 24 aprile 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI PATTI

SEZIONE CIVILE

In composizione monocratica, in persona del Giudice dott. Pietro Paolo Arena, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado n. 324 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2009 vertente

TRA

(…), nato a (…) il (…), (…) (…) (…), ivi residente in via (…) n. 326/B, titolare della (…) con sede in via (…) n. 326/B, rappresentato e difeso dall’Avv. An.Pi. presso il cui studio in Patti, corso (…), è elettivamente domiciliato;

-ATTORE –

CONTRO

(…) S.r.l., residenza turistica alberghiera, in persona del legale rappresentante pro tempore, P.I. (…), con sede in M. via (…) D. (…) n. 2;

(…) S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, P. (…) (…) con sede in M. via (…) D. (…) n. 2;

rappresentate e difese congiuntamente e disgiuntamente, giusta procura in atti, dagli Avv.ti To.Im. e Ro.Am. ed elettivamente domiciliate in Patti via (…), presso lo studio dell’Avv. Ca.Ma..

-CONVENUTE –

OGGETTO: contratto di appalto, corrispettivo, danni.

CONSIDERATO IN FATTO

Con atto di citazione in riassunzione, regolarmente notificato, (…) citava in giudizio, innanzi all’intestato Tribunale, la (…) S.r.l. e la (…) S.r.l. premettendo che le società odierne convenute, nella persona dei signori (…) e (…), avevano commissionato alla (…), di cui egli è titolare, lavori da effettuare presso il complesso turistico “(…)” sito in via dei vespri siciliani c. da Saiatine, nel comune di Furnari.

Esponeva di aver redatto un preventivo dettagliato inerente i lavori da realizzare e di averlo consegnato a (…), il quale dopo averlo esaminato gli aveva comunicato oralmente il proprio nulla osta per l’inizio dei lavori.

Rappresentava che i lavori avevano avuto inizio nel mese di ottobre 2004, che durante l’esecuzione dei lavori erano state emesse fatture intestate sia all’una che all’altra società convenuta e che le stesse venivano saldate con assegno a firma dei signori T..

Deduceva tuttavia che, nelle more dell’esecuzione dei pattuiti lavori, venivano richieste dai committenti, ed eseguite dalla propria ditta, ulteriori opere non ricomprese nel preventivo iniziale.

Esponeva che, data la complessità e la vastità dei lavori, tutte le opere realizzate venivano dettagliatamente elencate nei conteggi finali di materiali e manodopera consegnati all'(…), responsabile degli impianti, e allegati in atti.

Sottolineava che i suddetti lavori, eseguiti a regola d’arte, erano stati consegnati nel giugno del 2007 e che i committenti li avevano accettati senza che venissero sollevate osservazioni circa difetti o irregolarità su qualsiasi delle opere realizzate.

Sosteneva che, dal raffronto tra le fatture emesse e gli acconti ricevuti emergeva un credito a vantaggio della (…) pari a Euro 150.996,16 e che i signori (…) rifiutavano, senza giustificazione alcuna, di pagare la somma dovuta e, improvvisamente, rappresentavano inesistenti vizi nell’esecuzione delle opere.

Deduceva di aver tentato bonariamente di trovare un accordo senza trovare riscontro.

Concludeva chiedendo dichiararsi che la (…) aveva eseguito tutti i lavori previsti dal concluso il contratto di appalto ed elencati nel prospetto allegato in atti.

Chiedeva altresì condannarsi in solido le società convenute al risarcimento del danno per effetto della violazione degli obblighi di buona fede e correttezza e disporsi il sequestro conservativo delle cinque palazzine del complesso denominate “(…)”, con vittoria di spese e compensi.

Si costituivano, con comparsa di risposta, la (…) S.r.l. in persona del legale rappresentante (…) e la (…) s.r.l. in persona del legale rappresentate (…) contestando le avverse deduzioni e richieste, e negando di essere debitori di alcuna somma nei confronti dell’attore, invero interamente soddisfatto delle sue pretese.

Quanto alle maggiori somme richieste, negavano che le stesse fossero dovute in quanto non pattuite e, comunque, quantificate in modo arbitrario e per eccesso rispetto a quanto effettivamente realizzato ed ai prezziari applicabili ratione loci et temporis.

Nel dettaglio, rappresentavano che la quantificazione corretta del corrispettivo dovuto era solo quella relativa alle opere contenute nel preventivo originario e alla realizzazione di n. 24 bagni nel corpo centrale dell’albergo.

Precisavano che, in questi ultimi, la ditta attrice non aveva realizzato interamente le opere, sicché l’importo risultante dal preventivo (Euro 900,00 per ciascun bagno) andava ridotto di Euro 100,00 per ciascuna unità. Precisavano ulteriormente che non rispondeva al vero la circostanza secondo cui tutti i bagni fossero stati realizzati dalla (…) impianti, dal momento che anche altre imprese avevano realizzato opere nel complesso turistico e, tra queste, si erano occupate altresì di numerosi bagni.

Lamentavano che i corrispettivi dei lavori non oggetto di preventivo erano stati unilateralmente ed arbitrariamente determinati dal (…) senza nemmeno l’indicazione delle tariffe sulla base delle quali aveva calcolato i corrispettivi richiesti.

Esponevano, altresì, che in corso d’opera si erano verificati dei vizi degli impianti che l’attore si era rifiutato di eliminare; che l’attore aveva incluso nel conteggio delle opere realizzate da altre ditte; che lo stesso aveva errato anche nel calcolo dei costi relativi ai materiali ed aveva negato il pagamento di somme corrisposte in contanti.

Spiegavano domanda riconvenzionale di risarcimento danni per mancata fruizione delle agevolazioni previste dalla L. n. 488 del 1992, quantificati in Euro 21.250,00 oltreché per gli esborsi necessari alle riparazioni dei vizi e per il danno all’immagine commerciale da quantificarsi in corso di causa.

Concludevano chiedendo il rigetto delle domande avversarie e l’accoglimento della domanda riconvenzionale con vittoria di spese e compensi.

La causa veniva istruita documentalmente, mediante prova per testi e C.T.U.

All’udienza del 21.02.2023, lette le istanze, eccezioni e conclusioni formulate dalle parti nelle note di trattazione scritta, la causa veniva trattenuta in decisione previa assegnazione dei termini, ai sensi dell’art. 190 c.p.c., per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

A sostegno della domanda, (…) deduce che le società convenute, nelle persone dei (…) e (…), avevano commissionato alla (…) l’esecuzione di un pacchetto di lavori presso il complesso turistico alberghiero “Villaggio (…)”, in località S., comune di Furnari, che la consistenza e l’ammontare dei lavori veniva descritta in un preventivo, che esso attore sottoponeva ai committenti e che questi approvavano oralmente, dando il via all’esecuzione dei lavori.

Deduce ancora che, successivamente all’esecuzione di una prima tranche di lavori, per i quali veniva richiesto di emettere fatture intestate alla (…) s.r.l., e che venivano pagati a mezzo alcuni assegni bancari, gli venivano commissionati altri e nuovi lavori, questi ultimi non ricompresi nell’originario preventivo, e per i quali residuava un corrispettivo comprensivo di IVA, richiesto e mai corrisposto, pari ad Euro 150.996,13.

La tesi attorea è contestata dalle convenute, secondo le quali il rapporto contrattuale, mai negato, si sarebbe svolto in maniera fisiologica sin quando, una volta completate le opere effettivamente realizzate dalla (…), queste sarebbero state integralmente pagate da esse committenti, onde la ulteriore pretesa creditoria del (…), titolare della (…), sarebbe infondata sia nell’an, per non avere la ditta attrice realizzato le opere di cui chiede il pagamento, sia nel quantum, non essendovi stata alcuna pattuizione sui corrispettivi né avendo la (…) invocato, nelle sedi e nei modi di legge, la determinazione giudiziale degli stessi.

Appare utile premettere i noti criteri normativi sull’onere della prova.

Recita l’art. 2697 c.c. che “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”.

È noto che la parte che intende fare valere in giudizio il proprio diritto all’adempimento dell’altrui obbligazione deve allegare e dimostrare l’esistenza del titolo dal quale fa derivare la propria pretesa, mentre grava sul debitore l’onere di provare di aver correttamente adempiuto alla propria obbligazione, salva la prova di fatti modificativi, impeditivi o estintivi della obbligazione medesima (v. Cass. Civ., S.U. n. 13533/2001).

Sul titolo contrattuale, quanto meno quello relativo al rapporto originario, come già osservato, non sorgono contestazioni, essendo anzi confermato dalle società convenute che la (…) fu incaricata di eseguire dei lavori edili, principalmente di tipo idraulico, nel complesso residenziale di loro proprietà.

Ciò posto, va evidenziato che, data l’oralità della forma del suddetto contratto, in mancanza di un accordo formalizzato per iscritto, era onere del creditore provare che le parti avevano raggiunto l’accordo sia sulla realizzazione di ogni singola opera, sia sul corrispettivo pattuito, in special modo ove, a fronte di una prima consegna dei lavori e relativo saldo, fossero nate nuove necessità di effettuare altri e diversi lavori.

Né può efficacemente argomentarsi che, in difetto di forma scritta (ad probationem) di un contratto d’appalto di una certa complessità, quale quello intercorso tra le parti, la prova scritta del contenuto di tale contratto e, in particolare, delle singole opere da realizzare, come pure del corrispettivo richiesto per la realizzazione delle stesse, possa rinvenirsi in preventivi o fatture, di provenienza esclusivamente attorea e privi di riscontro scritto della parte committente.

E tale è risultato, all’esito della complessiva valutazione dell’importante compendio istruttorio documentale, orale e tecnico, l’allegato 4 di parte attrice, consistente in un conteggio finale di materiali e manodopera che appare redatto dal (…) e non reca alcuna traccia di approvazione da parte della committenza. Né, come appresso si dirà, è stata raggiunta prova – se non certa, suffucientemente probabile dal punto di vista logico giuridico – del fatto che tale conteggio finale sia stato portato all’attenzione della committenza stessa, prima della materiale esecuzione dei (o degli ulteriori) lavori di cui trattasi, ai fini del perfezionamento di un accordo sul suo contenuto, sia in fase successiva, essendo stato fermamente disconosciuto, sin dai primi atti responsivi, che i legali rappresentanti delle convenute abbiano manifestato alcun assenso al detto conteggio.

È stato, del resto, affermato che “Un documento proveniente dalla parte che voglia giovarsene non può costituire prova in favore della stessa ne’ determina inversione dell’onere probatorio nel caso in cui la parte contro la quale è prodotto contesti il diritto, anche relativamente alla sua entità, oltreché alla sua esistenza” (Cass. (…) 9685/2000).

Ed anche nella chiave interpretativa offerta dalla Suprema Corte, la copiosa documentazione offerta dall’attore, consistente in conteggi analitici, preventivi di spesa e fatture di acquisto di materiali asseritamente installati nel complesso ricettivo delle convenute, deve essere considerata documentazione di formazione unilaterale costituente sì argomento di prova che, tuttavia, a giudizio di questo Tribunale, deve essere corroborato da ulteriori e puntuali risultanze istruttorie.

Sotto questo profilo occorre dare atto che il (…) ha tentato di dimostrare la fondatezza della propria pretesa creditoria deducendo prova per testi, ammessa ed escussa.

All’esito della prova orale è emerso che il (…) consegnò un preventivo al (…) ma non è stato indicato il contenuto di tale preventivo né la modalità di fatturazione (testi (…) e (…), quest’ultimo soltanto de relato actoris).

È stato altresì dichiarato che la (…) effettuò svariati lavori, meglio indicati a verbale di udienza del 6.12.2012 (tra i quali, per esempio, la realizzazione di impianti bagno e cucina, riscaldamento ed acqua sanitaria, condizionamento, rubinetteria ed accessori) negli appartamenti siti nelle tre palazzine “(…)”, “(…)” e “(…)” (teste (…), teste (…), che tuttavia, all’udienza del 26.2.2014 dichiarava che, oltre alle palazzine “(…)” e “(…)”, vi era anche un’altra palazzina “nella quale non abbiamo lavorato”).

Sempre il teste (…), riferisce di un preventivo standard, intendendo per tale un preventivo che poteva essere applicato ad ogni singolo appartamento oggetto di intervento, ma che tuttavia egli dichiara di non aver mai visto (verbale del 26.2.2014).

Anche il teste (…) riesce a riferire di elementi relativi alla conclusione del contratto tra la (…) impianti e le committenti, nonché al preventivo, senza però averne avuto esperienza diretta ma soltanto, e per quel che può valere in giudizio, de relato actoris (v. verbale del 16.11.17).

Ancora, la circostanza secondo cui oltre a quelli stabiliti in un primo momento, dovevano essere eseguiti nel complesso turistico (…) altri lavori, mentre la circostanza di un presunto aumento del 15% del compenso rispetto al preventivo originario viene riferita dai testi ((…), verbale d’udienza del 7.7.2016 sia in termini generali, sia con specifico riferimento ai box doccia “che, a detta del (…), non rientravano nell’originario preventivo”) soltanto de relato actoris e, come tale, non appare rilevante ai fini della formazione del convincimento di questo decidente (cfr., sul punto, Cass. Civ. n. 3137/2016).

Lo stesso teste (…), peraltro, ha affermato che “nei bagni abbiamo montato numerosi box doccia (…) nei giorni in cui non lavoravamo, cioè sabato e domenica, altri box doccia sono stati montati da altra ditta che lavorava in cantiere”, così introducendo un tema – quello secondo cui la (…) impianti avrebbe realizzato tutti i bagni della struttura, ma che nel weekend taluni lavori presso gli stessi bagni venivano effettuati da imprese terze – che, seppur non astrattamente impossibile, appare improbabile oltre che irrazionale nell’organizzazione di un cantiere complesso quale quello oggetto dei lavori per cui è causa, dal ché si deve dedurre una scemata, non totalmente obliterata, attendibilità complessiva della testimonianza.

D’altra parte, la circostanza secondo cui altri lavori anche di tipo idraulico furono svolti nel complesso ricettivo (…) o, quanto meno, in talune delle palazzine che lo compongono, è risultata dalla medesima prova orale escussa in giudizio.

Ed in effetti, il teste (…) (v. verbale d’udienza del 15.12.2016) ha potuto riferire di esser sicuro che la (…) impianti effettuò i lavori oggetti di causa nella palazzina “(…)”, e che nel corpo albergo la (…) impianti realizzò l’impianto idrico sul versante NORD, essendo invece quello relativo al versante SUD realizzato dall’impresa dei fratelli (…), e che anche altre ditte realizzarono lavori nel predetto complesso turistico (il teste indica le ditte (…), (…) termoimpianti).

Il teste (…) (v. verbale d ‘udienza del 27.2.2018) ha confermato la circostanza secondo cui non fu soltanto la (…) impianti a lavorare all’installazione degli impianti (anche di condizionamento) nel complesso ricettivo delle convenute, essendosi egli stesso occupato dell’impiantistica in talune palazzine, nonché dell’installazione di tutti i box doccia e degli impianti di condizionamento.

Orbene, le risultanze della prova orale, compendiate nelle poche superiori righe, non consentono a questo giudicante di ritenere raggiunta una prova univoca dotata di un sufficiente grado di determinatezza e probabilità logica (oltre che fattuale), in relazione ai concreti lavori effettuati dalla ditta del (…) nel complesso turistico “(…)”.

In altre parole, emerge senza dubbio che vi fu una collaborazione duratura tra il (…) e il (…), e che l’impresa attrice effettuò una importante serie di lavori di impiantistica (per lo più idrica e sanitaria) nelle strutture ricettive delle convenute, ma è emersa altresì, in maniera inconfutabile, la tesi sostenuta dalle convenute, secondo cui non tutti i lavori che hanno condotto al risultato finale finito, nel complesso turistico di cui trattasi, furono eseguiti dalla ditta (…), essendo emerso a più riprese che altre ditte si sovrapposero alla (…) nella realizzazione di parte delle lavorazioni anche di sua competenza.

Ciò posto, l’impossibilità obiettiva di ricondurre alla (…) la paternità di uno specifico elenco di opere, non viene risolta dalla importante produzione documentale dell’attrice, consistente, come già sopra osservato, da documenti di formazione unilaterale quali i preventivi – della cui accettazione da parte della committenza non si è avuta prova né scritta né orale – o il conteggio finale.

Quanto alla documentazione afferente ai materiali acquistati dalla (…) impianti e asseritamente impiegati nel villaggio (…), la serie di fatture nulla dimostra se non accompagnata dalla prova dei puntuali pagamenti della merce e, ove tale prova vi fosse, non si riesce a ricondurre con certezza al rapporto contrattuale tra le odierne parti del giudizio, dal momento che non vi è prova del fatto che tali materiali siano stati effettivamente condotti sui luoghi di cantiere (non vi sono testimonianze univoche e attendibili sul punto, né documenti di trasporto completi e riconducibili alle convenute) e, per altro verso, ragionando induttivamente, non si comprende come mai, nelle fatture già pacificamente saldate, non si fa alcun riferimento alla fornitura di materiali, ma soltanto ai “lavori” che lasciano intendere la sola posa in opera degli eventuali materiali, senza che sia possibile capire se tali materiali siano stati o no forniti dalla stessa (…) o dalla committenza.

L’incertezza istruttoria relativa all’an, prima ancora che al quantum della pretesa creditoria della (…) impianti non è stata sanata neppure dalla CTU, pur disposta da questo decidente nel tentativo di meglio chiarire le dinamiche degli articolati lavori edilizi compiuti nel complesso (…) e, soprattutto, la specifica paternità delle opere impiantistiche e idrico sanitarie e la loro esuberanza rispetto a quanto già fatturato e saldato dalle committenti.

Eppure, anche tale tentativo si è dimostrato, ex post, esplorativo.

Difatti, anche il nominato CTU, ing. (…), ha osservato, dal suo punto di vista di tecnico, quanto emerso dalla complessiva valutazione delle prove documentali ed orali.

Si riportano, per una migliore comprensione, i passaggi salienti della relazione peritale.

“Dallo studio della documentazione in atti è emerso un iter procedurale dei lavori “anomalo” (di natura tecnica, amministrativa e comportamentale) ascrivibile ad entrambe le Parti in causa. Si evidenzia, oltretutto, il mancato riscontro di un progetto esecutivo nonché dei documenti contabili e tale situazione determina incertezze, insanabili, che non possono essere sopperite da normali interpretazioni soggettive del C.T.U. Giova sottolineare che non si evince nemmeno la nomina (obbligatoria) di un direttore dei lavori che doveva seguire tutte le attività lavorative (edili, impiantistiche, sicurezza in cantiere e quant’altro). Si ricorda che tra le funzioni del direttore dei lavori vi è quello di:

a. vigilare affinché i lavori siano eseguiti a regola d’arte;

b. che essi siano realizzati in conformità al progetto e al contratto;

c. accettare i materiali forniti dall’appaltatore;

d. dare le necessarie istruzioni nel caso che l’appaltatore abbia a rilevare

omissioni, inesattezze e/o discordanze negli elaborati progettuali;

e. effettuare, in contraddittorio con l’Impresa, la contabilità dei lavori.

In poche parole, in atti, non si riscontra:

– né il progetto esecutivo

– né il capitolato d’appalto

– né il contratto firmato dalle Parti

– né la figura di un Direttore dei Lavori

– né la contabilità dei lavori firmata in contraddittorio

Ciò rappresentano elementi, ai fini della stesura della relazione peritale, che non possono essere lasciati nella sfera della discrezionalità proprio perché tra gli atti non si riscontrano le “fondamenta” su cui “costruire”, appunto, la relazione richiesta.

Infatti, emerge che il modus operandi era quello di: – il Committente indicava verbalmente l’esecuzione dei lavori (comprese le variazioni in corso d’opera); – l’Impresa esecutrice li accoglieva, sempre “a voce”, nei fatti.

Quantomeno se tra la documentazione in atti si riscontravano elaborati verificati da un Direttore dei Lavori (contabilità, misurazioni, accertamenti, ecc?) ciò, seppur con difficoltà, poteva rappresentare un buon punto di partenza. È evidente che il sottoscritto non può né “sostituirsi” nell’individuazione delle previsioni progettuali, né essere oggettivo nell’interpretazione puntuale di ogni singola lavorazione, né redigere alcun documento “post intervento” visto che il tutto è “viziato”, proprio, dalla mancanza di documentazione “ante intervento”.

Si presume che tempi, obbligazioni e condizioni di appalto (anche se formulate non per iscritto) sono variati nel corso dei lavori e man mano sono stati concordati tra le Parti secondo il modus operandi enunciato. Tale situazione, si ribadisce, ha determinato equivoci, dubbi, ambiguità e quant’altro che allo stato non si ritiene di risolvere, in modo oggettivo, con la redazione della presente relazione.

Nel corso del sopralluogo del 03.11.2022 (vedi verbale) lo scrivente ha cercato di annoverare “a campione” alcuni elementi che appresso si rappresentano. Tra la documentazione, depositata dalla Parte Attrice, “Conteggi finali di materiali e manodopera” (c.d. Allegato 4) è stata individuata a riferimento “pag.8” al fine di individuare materiali e lavorazioni eseguiti nella palazzina, a piano terra, definita con tipologia “(…)”. Risulta impossibile effettuare, visto lo stato dell’arte appresso documentato, riscontri tecnici su elementi quali curve, manicotti, raccordi, gomiti, braghe, tubazioni e quant’altro (…).

Non è possibile sapere quali erano le previsioni da progetto esecutivo, né quelle da capitolato, né quali “sovrapposizione” di lavorazioni tra più imprese erano previste. (…)

È “inattuabile” individuare le lavorazioni (visto che non si riscontra, come enunciato, un computo metrico), se la realizzazione è avvenuta secondo le previsioni progettuali (visto non può essere confrontata con alcun elaborato che indichi dimensioni e caratteristiche tecniche) e, soprattutto, non è visibile alcunché di quello realizzato considerato che tutte le rifiniture sono state eseguite (si dovrebbe smontare doccia, piastrelle, armadio e quant’altro). (…)

Anche con l’esecuzione di eventuali saggi, prove distruttive, utilizzo di strumenti di rilevazione e quant’altro, non risulterebbe (secondo lo scrivente) un intervento funzionale nell’ottica di fissare elementi oggettivi.

Si ribadisce, ancora una volta, che è indispensabile essere preliminarmente in possesso di documenti “certi” in modo tale che le suddette indagini peritali abbiano un carattere “oggettivo” e, semmai, successivamente con un “ragionamento” di stima a corpo condiviso tra le Parti, potrebbe essere possibile proporre valutazioni.

Pertanto, la condizione di: accertare, descrive, quantificare, individuare lavorazioni, verificare eventuali vizi e quant’altro, è un mandato che il C.T.U. ritiene di non poter espletare” (v. relazione di CTU, in atti).

Né potevano essere utilizzati, ai fini della redazione della CTU, documenti non versati ritualmente e tempestivamente nel presente giudizio, nel rispetto delle preclusioni di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c., od acquisiti dal Consulente, che pur ne aveva fatto istanza rigettata dallo scrivente con Provv. dell’11 ottobre 2022.

Sul punto, sono intervenute le Sezioni Unite, le quali, con sentenza n. 3086 dell’1/02/2022, hanno affermato che, in materia di consulenza tecnica d’ufficio, “il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, possa acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti – non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico -, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli. Tuttavia, hanno precisato le Sezioni Unite, tale potere è subordinato alla condizione che tali documenti non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio”.

Ora, i documenti di cui il Consulente chiedeva di essere autorizzato all’acquisizione, come pure quelli che sono stati introdotti in uno ai rilievi alla CTU e in allegato alla CTP di parte attrice, appaiono volti a provare fatti principali dedotti a fondamento della domanda spiegata da parte attrice, dal momento che essi potrebbero colmare la lacuna probatoria che impedisce di individuare e quantificare le opere prestate dalla (…), sicché essi non possono essere introdotti e utilizzati nel presente giudizio perché non prodotti ritualmente, e di essi non può essere autorizzata l’acquisizione neppure da parte del CTU.

Né potrebbe supplire alle lacune probatorie l’intervento equitativo del giudice essendo tale tipo di valutazione da un lato circoscritta, per espressa previsione dell’art. 1226 c.c., al momento valutativo di un danno da risarcire e, per altro verso, essendo tale criterio suscettibile di trovare applicazione solo ove la parte si sia trovata nella radicale, oggettiva impossibilità di raggiungere la prova del quantum richiesto, come osservato dalla S.C. secondo cui “Né può farsi ricorso ad una valutazione equitativa del danno ( ex art. 1226 c.c.), essendo la stessa subordinata all’impossibilità della parte di provarlo nel suo preciso ammontare, mentre nel caso di specie tale impossibilità è esclusa dal fatto che l’attore era in grado di provare, mediante esibizione dei propri libri contabili riguardanti il periodo indicato, nonché di quelli riferiti ai mesi immediatamente precedenti la mancata attivazione della linea telefonica, la flessione degli introiti subiti” ( Cass. Civ. sez. III n. 3327/02 e Cass. Civ. sez. III n. 27149/06).

Ebbene, questo caso non ricorre nell’odierno giudizio in quanto la carenza o l’inidoneità della documentazione prodotta in atti attiene al rapporto tra documenti a disposizione dell’attore e il presente giudizio, non involge una impossibilità di possederli o, in un’ottica di comune diligenza, formarli nel corso dello svolgimento del rapporto contrattuale con la controparte.

Alla luce dei dati fattuali, giuridici e tecnici sin’ora compendiati, questo Tribunale non può che trarre la conseguenza per cui gli assunti di parte attrice, secondo la quale la (…) impianti effettuò lavori ulteriori rispetto a quelli inizialmente pattuiti, nel complesso turistico (…), per conto delle committenti (…) e (…), senza ricevere il relativo compenso, non hanno superato il livello minimo di dimostrazione probatoria, rimanendo ancorati a documenti di parte, allegazioni e indizi, con la conseguenza che essendo rimasto indimostrato l’an e il quantum della pretesa creditoria fatta valere in giudizio, le domande attrici – ivi ricompresa quella risarcitoria, venendo meno la prova del fatto costitutivo della fattispecie di danno adombrata dall’istante – vanno rigettate.

E tuttavia, non miglior sorte meritano le domande riconvenzionali spiegate dalle convenute.

Segnatamente, quanto al presunto danno da mancata fruizione delle agevolazioni previste dalla L. n. 488 del 1992, va osservato come l’assunto secondo cui il (…) abbia omesso di rilasciare quietanza a saldo non appare dimostrato, anzitutto perché le stesse convenute hanno ammesso (e prodotto documentalmente) che il (…) aveva rilasciato, in data 19.4.2007, una prima quietanza liberatoria e, per altro verso, non appare dimostrato il nesso di causalità tra il presunto comportamento omissivo del (…) (non avrebbe rilasciato una seconda quietanza liberatoria a saldo) e il presunto danno patito, non essendo sufficientemente documentato l’iter procedimentale attuato per ottenere la chiesta agevolazione né dimostrato l’esatto ammontare della stessa, in relazione al valore complessivo dell’opera e dei pagamenti effettuati.

Venendo alla domanda riconvenzionale relativa al risarcimento del danno per i presunti vizi delle opere effettuate dalla (…) nel complesso turistico (…), si osserva che non vi è prova della tempestiva denuncia all’appaltatore dei lamentati vizi (consistenti in perdite d’acqua dalle raccordature di alcune tubazioni, infiltrazioni d’acqua), dal momento che, ferma la contestazione dell’attore che ha negato di aver mai ricevuto alcuna formale lettera di denuncia, le convenute non hanno depositato idonea prova del perfezionamento del ricevimento della raccomandata A/R che l’avrebbe dovuta contenere.

Ma, tuttavia, anche a voler ritenere non perfezionatasi la decadenza di cui all’art. 1667 comma 2 c.c., l’esito dell’istruttoria orale non ha consentito di individuare con precisione l’allocazione dei presunti vizi nell’ambito dell’ampia struttura ricettiva delle convenute.

Non risultano particolarmente dettagliate, sul punto, le dichiarazioni del teste (…) e del teste (…) (peraltro de relato), ed infatti neppure il CTU ha riscontrato i danni riferiti né li ha potuti quantificare, nonostante espresso mandato, stante la genericità delle prove offerte.

In definitiva, le domande riconvenzionali vanno tutte rigettate in quanto infondate.

La reciproca soccombenza, in uno alla complessità del giudizio, conducono ad una valutazione di necessaria compensazione delle spese del giudizio.

Le spese di CTU, liquidate come da separato provvedimento, vanno definitivamente poste a carico delle parti attrice e convenute in ragione del 50% ciascuna (intendendo le convenute come un’unica parte).

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando nel giudizio n. 324/2009, disattesa e respinta ogni diversa istanza, eccezione e difesa, così provvede:

1. Rigetta le domande della parte attrice;

2. Rigetta le domande riconvenzionali spiegate dalle convenute;

3. Compensa le spese del giudizio;

4. Pone le spese di CTU, liquidate come da separato provvedimento, definitivamente a carico dell’attrice e delle convenute in ragione del 50% ciascuna (intendendo le convenute come un’unica parte).

Così deciso in Patti il 24 aprile 2023.

Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2023.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: aspetti generali del contratto di appalto

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.