In tema di responsabilita’ dell’appaltatore ex articolo 1669 c.c., il risarcimento del danno riconosciuto al committente per l’eliminazione dei difetti di costruzione dell’immobile puo’ giungere a consentire la completa ristrutturazione di quest’ultimo, comportando tale responsabilita’ un’obbligazione risarcitoria per equivalente finalizzata al totale ripristino dell’edificio, e non una reintegrazione in forma specifica ex articolo 2058 c.c.

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 4 giugno 2018, n. 14290

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18418/2014 R.G. proposto da:

(OMISSIS) S.n.c., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale autenticata dal notaio (OMISSIS) di (OMISSIS), rep. n. 16074, dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio del difensore;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio del difensore;

CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al controricorso, dagli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);

(OMISSIS), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dagli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste n. 179 depositata il 9 aprile 2014.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 gennaio 2018 dal Consigliere Giuseppe Tedesco.

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale (OMISSIS), che ha chiesto li rigetto del ricorso.

RILEVATO IN FATTO

(OMISSIS) chiamava in giudizio davanti al Tribunale di Udine la ” (OMISSIS) S.n.c.”, da cui aveva acquistato due alloggi ubicati al primo piano del Condominio “(OMISSIS) di (OMISSIS);

– precisava che gli alloggi compravenduti facevano parte delle cinque unita’ abitative ricavate dalla (OMISSIS) a seguito della ristrutturazione edilizia del locale commerciale gia’ esistente al primo piano dell’edificio condominiale;

– lamentava che sulla terrazza di uno dei due appartamenti si era verificato il distacco delle piastrelle del manto di copertura, con infiltrazioni d’acqua nella sottostante unita’ immobiliare;

– chiedeva quindi la condanna della societa’ al pagamento delle somme occorrenti per l’eliminazione dei vizi e dei difetti;

– si costituiva la societa’ ed eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, assumendo che i pretesi difetti riguardavano la terrazza condominiale, che non era stata oggetto di vendita e ristrutturazione da parte dell’impresa venditrice degli alloggi;

– deduceva che le infiltrazioni nell’unita’ immobiliare sottostante erano da attribuirsi ai lavori eseguiti in tale unita’ dalla proprietaria (OMISSIS);

– deduceva ancora che la mancanza di responsabilita’ dell’impresa era stata gia’ accertata con sentenza passata in giudicato emessa nella lite promossa dalla (OMISSIS) contro il Condominio e di cui era stata parte anche l’attuale ricorrente in quanto chiamata in garanzia dal convenuto (sentenza del Tribunale di Udine n. 1257/2011);

– la domanda era accolta dal Tribunale di Udine, la cui decisione, emessa nel contraddittorio del Condominio (OMISSIS) e della (OMISSIS), chiamati in causa, era poi confermata dalla Corte d’appello di Trieste;

– la corte di merito riconosceva:

a) che la terrazza sulla quale si erano manifestati gli inconvenienti era di proprieta’ esclusiva del (OMISSIS), in forza degli atti di compravendita intercorsi con la (OMISSIS);

b) che, diversamente da quanto sostenuto dalla (OMISSIS), la sentenza del Tribunale di Udine n. 1257/2011 non aveva riconosciuto la natura condominiale del terrazzo;

c) che, d’altra parte, la suddetta sentenza non era neanche opponibile al (OMISSIS), rimasto estraneo a quel giudizio;

d) che la societa’ venditrice (OMISSIS) aveva curato l’integrale ristrutturazione di una significativa porzione dell’edificio condominiale, assumendo pertanto la veste di costruttore – venditore, con conseguente applicabilita’ nei suoi confronti dell’articolo 1669 c.c.;

d) che seppure fosse vero che la terrazza non aveva i giunti di dilatazione e che l’originaria impermeabilizzazione era difettosa, cio’ non escludeva, ne’ attenuava la responsabilita’ dell’impresa, tenuta comunque a curarne la ristrutturazione a regola d’arte;

– la corte di merito escludeva che la causa delle infiltrazioni nella sottostante unita’ immobiliare fosse da ascrivere a interventi in questa eseguiti dalla proprietaria;

– essa infine riteneva prive di specificita’ le doglianze dell’impresa riguardanti la decadenza e la prescrizione dell’azione di garanzia.

Per la cassazione della sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso affidato a tre motivi.

Il (OMISSIS), il Condominio (OMISSIS) e la (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.

Tutte le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– con il primo motivo di ricorso si censura la decisione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 4, sotto i seguenti profili:

– la corte d’appello ha riconosciuto alla ricorrente la qualita’ di venditore costruttore, mentre la societa’ era tale rispetto ai due appartamenti e non rispetto alla terrazza, che non fu oggetto di lavori strutturali, ma di ordinaria manutenzione;

– la terrazza, edificata da altra impresa, aveva funzione di lastrico solare e rientrava percio’ fra i beni condominiali;

– secondo la ricorrente, da cio’ derivava che la corte di merito avrebbe dovuto riconoscere il difetto di legittimazione passiva della (OMISSIS), in quanto i difetti derivavano da carenze strutturali rispetto a beni che erano stati costruiti da altra impresa nel 1960;

– la sentenza del Tribunale di Udine n. 1257/2011, emessa nella lite fra la (OMISSIS), il Condominio e l’odierna ricorrente, chiamata in garanzia, era opponibile al (OMISSIS), in forza del principio che il giudicato formatosi all’esito di un processo di cui sia stato parte l’amministratore fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti nel giudizio;

– la complessiva censura e’ infondata;

– quanto alla natura condominiale della terrazza, la corte d’appello ne ha accertato la proprieta’ esclusiva sulla base dei titoli;

– la sentenza quindi andava al limite censurata sotto questo profilo, per una inesatta valutazione dei titoli, mentre e’ stata censurata per violazione dell’articolo 1117 c.c., violazione che naturalmente non sussiste, perche’ la norma annovera il lastrico solare fra i beni comuni “se non risulta il contrario dal titolo” (articolo 1117 cit.);

– la corte d’appello ha accertato che l’intero primo piano del fabbricato fu acquistato dalla societa’ ricorrente, che ne curo’ la ristrutturazione, creando cinque alloggi autonomi due dei quali venduti al (OMISSIS);

– ha quindi riconosciuto nella societa’ la veste di costruttore venditore, in quanto tale soggetto alla responsabilita’ ex articolo 1669 c.c.;

– la relativa valutazione e’ in linea con giurisprudenza di questa Suprema Corte: “il venditore che, sotto la propria direzione e controllo, abbia fatto eseguire sull’immobile successivamente alienato opere di ristrutturazione edilizia ovvero interventi manutentivi o modificativi di lunga durata, che rovinino o presentino gravi difetti, ne risponde nei confronti dell’acquirente ai sensi dell’articolo 1669 c.c.” (Cass. n. 18891/2017; conf. S.U. n. 7556/2017);

– la corte distrettuale, pur non negando che la terrazza fosse originariamente difettosa, ha riconosciuto che cio’ non attenuava la responsabilita’ della societa’, che non aveva eseguito gli interventi che la situazione avrebbe richiesto;

– ha escluso che le opere poste in essere nella porzione di immobile sottostante quello del (OMISSIS) fossero state la causa delle infiltrazioni;

– trattasi, nell’uno e nell’altro caso, di valutazioni e apprezzamenti che non hanno costituito oggetto di censura;

– e’ inoltre corretta anche la valutazione operata dalla corte di merito in relazione al giudicato costituito dalla sentenza del Tribunale di Udine n. 1257/2011;

– innanzitutto si precisa che l’inciso della sentenza impugnata su cui si appunta la censura, e cioe’ che il giudicato non era opponibile al (OMISSIS) perche’ non era stato parte del relativo giudizio, costituisce solo un’argomentazione rafforzativa di una decisione essenzialmente fondata sulla considerazione che il (OMISSIS) ha agito contro la (OMISSIS) rivendicando la proprieta’ esclusiva dei terrazzi e che la sentenza del Tribunale di Udine n. 1257/2011 non aveva operato un accertamento contrastante con tale rivendicazione, “essendosi limitata ad attribuire natura di lastrico solare “indipendentemente dalla proprieta’ o dall’uso esclusivo che di essa ha il condomino (OMISSIS)””;

– e’ stato chiarito che “le argomentazioni ultronee, che non hanno lo scopo di sorreggere la decisione gia’ basata su altre decisive ragioni, sono improduttive di effetti giuridici e, come tali, non sono suscettibili di censura in sede di legittimita’” (Cass. 10420/2005).

– ad ogni modo la censura non tiene poi conto del principio, qui richiamato in funzione di integrativa della motivazione della sentenza impugnata (articolo 384 c.p.c., comma 3), che “l’autorita’ del giudicato sostanziale opera soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presuppone che tra la precedente causa e quella in atto vi sia identita’ di parti, di petitum e di causa petendi” (Cass. n. 6830/2014, conf. n. 1760/2006);

– tale identita’ non e’ ravvisabile nella specie: la sentenza passata in giudicato era intervenuta nella lite fra la proprietaria dell’appartamento sottostante e il condominio per il danno da infiltrazioni verificatosi in tale appartamento, mentre oggetto del giudizio definito con la sentenza impugnata era invece il rapporto fra venditore e acquirente e il danno da questo subito in relazione agli inconvenienti verificatisi nel terrazzo compravenduto;

– il secondo motivo denuncia che la corte di merito non aveva riconosciuto la prescrizione dell’azione ex articolo 1669 c.c., essendo ampiamente decorso il decennio dalla costruzione del terrazzo;

– secondo la ricorrente, inoltre, pure a volere riscontrare vizi e difetti nella pavimentazione, la fattispecie doveva essere regolata dall’articolo 1667 c.c.: si sostiene che, con riferimento a tale diverso titolo di responsabilita’, l’acquirente non aveva dato prova di avere rispettato i termini di prescrizioni previsti nell’ultimo comma della norma;

– il motivo e’ inammissibile;

– la corte d’appello ha ritenuto le relative censure prive di specificita’ e conseguentemente non ha assunto alcuna decisione al riguardo;

– la decisione, quindi, andava censurata sotto diverso profilo;

– il terzo motivo denuncia violazione degli articoli 1223 e 1669 c.c. e del principio della compensatio lucri cun damno;

– la ricorrente si duole in primo luogo per non avere la corte d’appello dato ingresso alla nomina di un consulente tecnico;

– la censura e’ palesemente inammissibile;

– il giudizio sulla necessita’ ed utilita’ di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione e’, di regola, incensurabile in Cassazione (Cass. n 4853/2007; n. 7472/2017);

– la seconda parte del motivo censura la decisione per avere la corte distrettuale condannato la societa’ al risarcimento del danno nell’importo occorrente per il ripristino, compresa l’eliminazione degli originari difetti che preesistevano all’intervento della (OMISSIS), derivandone da cio’ un indebito vantaggio sia per il condominio e sia per il proprietario;

– per questa parte il motivo e’ infondato;

– la sentenza impugnata, infatti, e’ sul punto in linea con la giurisprudenza di Suprema Corte: “In tema di responsabilita’ dell’appaltatore ex articolo 1669 c.c., il risarcimento del danno riconosciuto al committente per l’eliminazione dei difetti di costruzione dell’immobile puo’ giungere a consentire la completa ristrutturazione di quest’ultimo, comportando tale responsabilita’ un’obbligazione risarcitoria per equivalente finalizzata al totale ripristino dell’edificio, e non una reintegrazione in forma specifica ex articolo 2058 c.c.” (Cass. n. 15846/2017);

– in conclusione il ricorso va rigettato;

– le spese seguono la soccombenza.

– poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il all’articolo 13, comma 1-quater, del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 della sussistenza dell’obbligo del versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida, per il controricorrente (OMISSIS), in Euro 4.500,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, e, per i controricorrenti (OMISSIS) e Condominio, ciascuno, in Euro 2.500,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;

dichiara ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.