L’art. 2049 c.c. disciplina una ipotesi particolare di responsabilità extracontrattuale per fatto altrui rispetto al quale il “committente” ovvero il “padrone” risponde oggettivamente del fatto commesso dal preposto in applicazione del principio cuius commoda et eius incommoda. In forza di ciò, il preponente risponde dei danni commessi dal preposto purché sia provato il nesso di occasionalità necessaria tra l’esercizio delle incombenze e il danno cagionato al terzo. Il predetto nesso si considera sussistente qualora il pregiudizio sia derivato dall’esercizio delle funzioni attribuite al preposto a prescindere dal fine perseguito, ancorché strettamente personale. La responsabilità del preponente può essere esclusa nel solo caso in cui la condotta del preposto risulti essere assolutamente imprevedibile e totalmente esorbitante dall’incarico ascrittogli ovvero quando il terzo tenga una condotta anomala da cui emerga la sua consapevolezza circa la violazione da parte del preposto delle regole e del rapporto che lo legano al preponente tale da scindere ogni rapporto di occasionalità tra l’illecito commesso dal preposto e la funzione svolta per conto di quest’ultimo.

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Corte d’Appello|Firenze|Sezione 2|Civile|Sentenza|26 luglio 2022| n. 1604

Data udienza 1 luglio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La CORTE DI APPELLO DI FIRENZE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Così composta:

dott. Edoardo Monti – Presidente

dott.ssa Dania Mori – Consigliere

dott.ssa Annamaria Loprete – Consigliere rel.

Ha pronunciato la presente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta in grado di appello al n. 2469 del ruolo generale della Corte dell’anno 2018 promossa

Da

(…) s.p.a., in persona dell’amministratore delegato F.C., rappresentata e difesa, dagli avv.ti Gi.La. del foro di Milano e Ma.Fi. del foro di Firenze, come da procura in calce all’atto di citazione in appello.

Appellante

Contro

(…) e (…) rappresentati e difesi dall’avv. Gi.Ve. del foro di Pisa, come da procure allegate alla comparsa di costituzione in appello.

Convenuti in appello

(…) s.n.c. ed i soci in proprio, (…) e (…), rappresentati e difesi dagli avv.ti Cl.Ce. del foro di Pisa e Pa.Cr. del foro di Lucca, come da procura in calce alla comparsa di costituzione.

Convenuti in appello e appellanti incidentali

(…)

Convenuto in appello contumace

Oggetto: responsabilità ex art. 2049 c.c.

FATTO E DIRITTO

Il Tribunale di Lucca, con sentenza n. 1385 del 27.09.2018, ha accolto la domanda avanzata dai sig.ri (…) e (…) nei confronti di (…) di (…) s.p.a., (…) di (…) s.n.c., in qualità di agente della (…), e dei suoi soci illimitatamente responsabili, (…), (…) e (…), di restituzione delle somme da essi versate in adempimento di due distinti contratti di assicurazione sulla vita stipulati con l'(…) s.n.c., in qualità di agente territoriale della (…) s.p.a., condannando tutti i convenuti in solido fra loro alla ripetizione di Euro 30.000,00 a favore del (…) e di Euro 2.200,00 a favore della (…).

Il Tribunale, accertata la pacifica circostanza per cui i premi versati dagli assicurati a mani di (…) non sono mai stati ricevuti dalla (…) poiché transitati su conti paralleli del predetto agente, ha ritenuto responsabili solidamente (…), (…) s.n.c. e gli altri soci della Agenzia, avendo egli agito per conto della compagnia assicurativa spendendone il suo nome.

Parimenti il Giudice di primo grado ha sostenuto la responsabilità solidale della (…) ai sensi dell’art. 2049 c.c. disponendo la stessa di poteri di direzione e vigilanza nei confronti della (…) s.n.c., sussistendo il nesso di occasionalità tra l’illecito commesso dall’agente e il rapporto di agenzia intercorrente con l'(…) in forza del quale la (…) e, conseguentemente, il (…) avevano il potere di stipulare in nome e per conto della società mandante le polizze vita con potere di riscossione dei relativi premi.

Il Tribunale ha escluso la sussistenza di profili di colpa imputabili agli attori ai sensi dell’art. 1227 c.c. poiché ha considerato irrilevante sia la circostanza dell’avvenuto pagamento del premio per contanti, essendo tale modalità espressamente prevista nella scheda di sintesi della proposta di contratto di assicurazione della (…), sia la circostanza che le quietanze di pagamento dei premi erano state rilasciate su modulistiche di compagnie diverse (“(…) Svizzera di Assicurazioni” ed “(…) Svizzera d’Assicurazioni contro l'(…) in (…)”) poiché comunque riconducibili alla (…).

Infine, poiché era stato comunque commesso un fatto distrattivo imputabile all’agente, ha accolto la domanda di regresso svolta da (…) nei confronti della (…).

Avverso questa pronuncia (…) s.p.a. ha interposto appello facendo valere le seguenti censure:

1) Erroneità della sentenza per aver ritenuto sussistente il nesso di occasionalità ai fini del riconoscimento della responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2049 c.c. della (…) per i fatti commessi dalla agenzia mandataria. Parte appellante esclude la sussistenza del vincolo di occasionalità affermandone l’interruzione a causa del rapporto diretto ed esclusivo intercorso fra il (…), la (…) e (…) in forza del quale i due clienti non potevano non essere al corrente delle irregolarità compiute dal loro agente. Evidenzia come (…) avesse agito a titolo personale e non sulla base di un rapporto di mandato con (…), che era completamente all’oscuro del suo operato così come già rilevato dall’ispezione di IVASS nel 2012.

2) Erroneità della sentenza per aver considerato documentalmenteprovata la pattuizione delle polizze vita e il pagamento dei premi stante invece la mancata produzione dei contratti, l’insufficienza probatoria circa l’avvenuto pagamento dei premi posto che le quietanze versate in atti erano imputabili al solo agente, il difetto di prova del titolo causale del pagamento.

3) Erroneità della sentenza per non aver accertato la responsabilità colposa dei danneggiati ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c. Parte appellante sostiene che i due clienti hanno tenuto un comportamento anomalo tale da interrompere sia il nesso causale tra l’evento e il danno sia il vincolo di occasionalità necessario ai fini del riconoscimento della responsabilità ex art. 2049 c.c. nei confronti di (…). Ne doveva, pertanto, conseguire l’esclusione del diritto al risarcimento del danno per colpa attribuibile soltanto ai due clienti ex art. 1227 c.2 c.c. ovvero in subordine, quantomeno una riduzione del quantum risarcitorio secondo la disposizione normativa dell’art.1227 comma 1 c.c.

Si sono costituiti (…) s.n.c. nonché i soci in proprio, (…) e (…), che hanno chiesto il rigetto dell’appello principale e proposto appello incidentale facendo valere le seguenti doglianze:

1) Erroneità della sentenza per difetto assoluto di motivazione in ordine alla riconosciuta responsabilità solidale della (…) e dei soci, (…) e (…). Gli appellati contestano il riconoscimento da parte del Tribunale di una loro responsabilità, affermando l’estraneità sia della società che dei soci alle condotte tenute da (…). In particolare, deducono che (…) è entrato a far parte della compagine societaria dopo 5 anni dalle operazioni compiute dal padre (…) e che (…) ha operato come persona fisica e non in qualità di legale rappresentante della società essendo l’unico referente del (…) e della (…).

2) Erroneità della sentenza per aver ritenuto gli appellanti incidentali corresponsabili con (…) per i fatti commessi da quest’ultimo nonostante la mancata prova della loro partecipazione dolosa o colposa al fatto illecito oggetto di causa, dovendo sussistere una con causalità fra le condotte tenute da essi e l’evento dannoso prodottosi in forza del fatto commesso dal (…).

3) Erroneità della sentenza per aver ritenuto corresponsabili la compagnia assicurativa e i soci (…) e (…) ai sensi dell’art. 1398 c.c. non essendosi creata una situazione di apparenza posto che i clienti erano consapevoli delle anomale condotte tenute da (…).

Si sono costituiti in giudizio (…) e (…) che hanno chiesto dichiararsi l’inammissibilità dell’appello principale ex art. 348-bis c.p.c. e, nel merito, il rigetto attesa l’infondatezza delle pretese di (…).

(…) è rimasto contumace.

La Corte all’udienza del 24.1.2019 ha disatteso l’istanza di inibitoria condannando l’istante al pagamento di una sanzione pecuniaria di Euro 500,00.

La causa, riassegnata a questa Seconda sezione per competenza tabellare, è stata trattenuta in decisione a seguito di trattazione scritta con ordinanza collegiale del 15.10.2021 con concessione dei termini per il deposito delle conclusionali e delle repliche.

L’appello principale è infondato e deve essere disatteso.

Con il primo motivo di appello, (…) lamenta l’erronea applicazione della disciplina di cui all’art. 2049 c.c. avendo il Giudice di primo grado ritenuto sussistente il nesso di occasionalità intercorrente tra le funzioni esercitate da (…), quale agente della (…), e il danno cagionato al (…) e alla (…).

L’art. 2049 c.c. disciplina una ipotesi particolare di responsabilità extracontrattuale per fatto altrui rispetto al quale il “committente” ovvero il “padrone” risponde oggettivamente del fatto commesso dal preposto in applicazione del principio cuius commoda et eius incommoda.

In forza di ciò, il preponente risponde dei danni commessi dal preposto purché sia provato il nesso di occasionalità necessaria tra l’esercizio delle incombenze e il danno cagionato al terzo.

Il predetto nesso si considera sussistente qualora il pregiudizio sia derivato dall’esercizio delle funzioni attribuite al preposto a prescindere dal fine perseguito, ancorché strettamente personale.

La responsabilità del preponente può essere esclusa nel solo caso in cui la condotta del preposto risulti essere assolutamente imprevedibile e totalmente esorbitante dall’incarico ascrittogli ovvero quando il terzo tenga una condotta anomala da cui emerga la sua consapevolezza circa la violazione da parte del preposto delle regole e del rapporto che lo legano al preponente tale da scindere ogni rapporto di occasionalità tra l’illecito commesso dal preposto e la funzione svolta per conto di quest’ultimo.

Tanto premesso, nel caso di specie è evidente come il pregiudizio patito dai due clienti sia derivato dall’esercizio, seppur abusivo e per fini personali, dell’attività di assicuratore svolta da (…), socio della (…), mandataria della (…).

Il (…) ha commesso il fatto pregiudizievole nell’esercizio delle proprie funzioni e a nulla può rilevare la circostanza per cui abbia agito “a titolo personale”, così come affermato dall’appellante, atteso che, come già ricordato, la finalità sottesa alla condotta tenuta è di per sé irrilevante se il soggetto ha agito nel perimetro delle mansioni a lui affidate.

Non vi è dubbio che fino alla revoca da parte della (…) dei mandati conferiti alla (…), avvenuta il 30.7.2012, l’Agenzia e, conseguentemente, il (…), figuravano quali mandatari della (…) e, pertanto, legittimati a concludere polizze assicurative per conto di essa.

Ancora, si osserva che è inconferente la circostanza per cui dalle ispezioni svolte dall’IVASS non sia emersa alcuna negligenza imputabile alla (…). Ciò in quanto trattasi di responsabilità oggettiva rispetto alla quale non assume alcun tipo di rilievo l’inesistenza di profili di colpa ascrivibili al preponente.

Inoltre, non può ritenersi elemento interruttivo del nesso di occasionalità il fatto che tra i clienti e il (…) sussisteva un rapporto “diretto,personale ed esclusivo” essendo necessario a tal fine che “il danneggiato ponga in essere una condotta agevolatrice che presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sull’agente” (in tal senso si veda Cass. 1786/2022; Cass. 28634/2020), che, però, non è ravvisabile nel caso di specie.

Vieppiù, come già evidenziato anche dal Tribunale, il pagamento in contanti dei singoli premi non prova la consapevolezza da parte dei due clienti della illiceità della condotta dell’agente infedele atteso che nel contratto sottoscritto dal (…) era espressamente prevista la possibilità di corrispondere i premi tramite contanti (pag. 26 del contratto di polizza sulla vita del (…)).

Per il contratto sottoscritto dalla (…) si ritiene che verosimilmente contenesse la stessa clausola non avendo le parti riprodotto integralmente tale contratto.

Parimenti non assume rilievo la diversa denominazione (“(…) contro l'(…)”) indicata sulle quietanze rilasciate ai due clienti dal (…) in quanto comunque riferibile alla (…).

Anche il secondo motivo dell’appello principale deve essere disatteso.

Parte appellante si lamenta della mancata produzione in atti delle polizze e dei pagamenti dei relativi premi.

Tale doglianza è totalmente priva di fondamento atteso che i relativi documenti risultano esser stati prodotti: in particolare la stessa appellante ha versato in atti la polizza stipulata dalla (…).

Priva di rilievo è la contestazione in ordine alla mancata indicazione nelle quietanze della causa dei relativi premi poiché, così come indicato nei documenti, le somme sono state incassate come deposito cauzionale delle polizze assicurative.

Infine, il terzo motivo dell’appello principale, con il quale parte appellante si duole della mancata applicazione dell’art. 1227, comma 2, c.c., deve essere rigettato.

In primo luogo, si richiama quanto già precedentemente esposto in ordine alla insussistenza di una connotazione anomala del comportamento dei due clienti.

Posto ciò, parte appellante richiama una sentenza del Tribunale di Lucca in una fattispecie simile che ha visto coinvolto il C., rispetto alla quale il Giudice di primo grado, riconosciuta la responsabilità di (…), della (…) e dei suoi soci e della (…), aveva ridotto il quantum risarcitorio a fronte della condotta dei clienti, i quali avevano pagato in contanti i premi assicurativi.

Tale scelta a parere della Corte non è condivisibile e non può essere del pari applicata nel presente giudizio.

Innanzitutto, per quanto attiene alla posizione della (…), essa non ha in assoluto tenuto condotte colpose tali da limitare il risarcimento del danno posto che la stressa ha effettuato pagamenti in contanti per un importo sempre inferiore al limite imposto dalla legge (in particolare uno nel 2009 di Euro 700,00 e uno nel 2011 di Euro 1.500,00).

Il (…) invece risulta aver pagato due premi del valore, rispettivamente, di Euro 25.000,00 il 20.8.2009 e di Euro 5.000,00 il 13.1.2011.

Orbene per il secondo pagamento, al momento della sua esecuzione la normativa all’epoca vigente consentiva il versamento di importi inferiori alla somma di Euro 5.000,00 in contanti. Difatti soltanto dall’entrata in vigore del D.L. n. 138 del 2011 ovvero dal 13.8.2011 è stata introdotta la limitazione di uso contante fino alla soglia di Euro 2.500,00.

Diversamente, nel 2009, quando il (…) ha corrisposto il primo premio di Euro 25.000,00, la disciplina prevedeva un limite massimo di pagamento per contanti fino alla soglia di Euro 12.500,00.

Sebbene il limite sia stato dunque violato quanto al primo pagamento, la circostanza si appalesa irrilevante per fondare l’esclusione di responsabilità dell’agente ex art. 1227 c.2 c.c., posto che la normativa cautelare richiamata sottende la sola funzione di trasparenza bancaria in un’ottica di tracciabilità dei pagamenti per far fronte al fenomeno del riciclaggio del denaro. Il rispetto della regola non avrebbe comunque posto l’assicurato al riparto dal rischio dell’appropriazione da parte dell’agente infedele dei premi versati.

Pertanto, la violazione sulla normativa inerente il pagamento in contanti, che effettivamente vi è stata, è causalmente irrilevante rispetto alla condotta illecita tenuta dal (…), il quale ha rilasciato comunque quietanza di versamento della somma ricevuta, sicché a prescindere dalla modalità in cui è avvenuto il pagamento, l’agente infedele avrebbe potuto in ogni caso appropriarsi dei premi.

Ciò esclude anche per la posizione del (…) la possibilità di riduzione del quantum risarcitorio ai sensi dell’art.1227 comma 1 c.c..

L’appello incidentale è infondato e, per l’effetto, deve essere disatteso.

Con il primo motivo di appello gli appellanti incidentali lamentano la mancata rappresentazione da parte del Giudice di prime cure delle ragioni in forza delle quali, a fronte di un fatto illecito riferibile al solo (…), tuttavia dovessero di questo fatto rispondere anche la (…) e gli altri soci che erano del tutto estranei alle condotte del (…) avendo quest’ultimo agito in proprio in qualità di unico referente del (…) e della (…) e non come legale rappresentante della società.

Il motivo è privo di pregio.

È evidente come nel caso di specie il (…), che – si ribadisce – era socio della compagnia assicurativa la quale, addirittura, reca nella denominazione sociale il suo nome, ha posto in essere le predette condotte fraudolente solo in veste di agente per conto della (…) e in forza dei poteri conferiti a tale agenzia dalla propria mandataria (…), facendo sottoscrivere al (…) una polizza vita mediante l’impiego dei documenti della (…) e riscuotendo i premi di entrambi per conto della Agenzia, anche se poi gli importi non sono mai stati riversati nelle casse sociali.

Inoltre è inconferente il fatto che (…) sia entrato a far parte della società soltanto il 30.12.2004 posto che i fatti oggetto della presente causa sono accaduti in un momento successivo a tale data: precisamente il 20.8.2009 (…) ha sottoscritto la polizza e versato la somma di Euro 25.000,00 e la (…) ha pagato il premio di Euro 700,00 rispetto ad una polizza contratta in epoca anteriore e attiva presso la stessa (…); il 13.1.2011, il (…) ha versato il premio di Euro 5.000,00 e la (…) di Euro 1.500,00.

Non si comprende, pertanto, l’affermazione degli appellanti incidentali con la quale sostengono che le operazioni compiute dal (…) siano state compiute 5 anni prima della assunzione da parte del figlio della carica di socio presso l’Agenzia (pag. 8 della comparsa di costituzione e risposta).

Anche il secondo motivo dell’appello incidentale è infondato.

La (…) e i due soci, (…) e (…) si dolgono della mancata prova della partecipazione dolosa o colposa di essi alla commissione dei predetti fatti.

Tuttavia, si osserva come una tale prova non sia richiesta nel caso di specie posto che l’Agenzia e, conseguentemente, i soci illimitatamente responsabili rispondono del fatto commesso dal (…) proprio in virtù dell’incarico da esso svolto per la Agenzia: è all’agenzia (…) che è riferibile la conclusione della polizza e dunque la responsabilità concorrente dei soci si fonda sulla natura del vincolo associativo, ovvero sul disposto di cui all’art. 2291 c.c..

Difatti la mancanza del timbro sul contratto del (…) e sulle quietanze è argomento privo di rilievo posto che non è stato apposto neanche sul contratto della (…) (doc. 11 del fascicolo di parte appellante), stipulato in data 28.2.2002 e rispetto al quale non sono state mosse contestazioni in ordine alla validità essendo anche stato riconosciuto e prodotto dalla stessa (…).

Anche il fatto che il (…) non avesse utilizzato la modulistica della Agenzia non è rilevante posto che i documenti firmati dai due assicurati si riferiscono alla compagnia assicurativa mandataria (…), cui era riconducibile l’Agenzia di cui il (…) ne era socio.

Con il terzo motivo contestano l’operatività del dettato normativo di cui all’art. 1398 c.c. non essendosi, a loro avviso, verificato alcun affidamento incolpevole del (…) e della (…).

Tuttavia, la disciplina del falsus procurator non è applicabile esulando il caso in esame da tale fattispecie.

Difatti si parla di difetto di rappresentanza e, quindi, di falsus procurator quando il soggetto spende il nome altrui senza averne la relativa legittimazione.

Nel caso di specie, invece, il (…) aveva il potere di concludere le polizze svolgendo il ruolo di agente assicurativo della (…), il cui incarico non risulta esser stato revocato quantomeno nel periodo risalente ai fatti oggetto di causa.

Inoltre, per i motivi già esposti, non si ritiene sussista un colpevole affidamento dei due clienti.

Quanto alla sentenza del Tribunale di Milano n. 5923 del 3.10.2020 richiamata con la comparsa conclusionale degli appellanti incidentali, non presenta alcun rilievo ai fini della decisione della causa.

In primo luogo, trattasi di sentenza resa fra la (…) e l'(…), che, pertanto, seppur passata in giudicato, non interessa la posizione né del (…) né della (…).

In definitiva sia l’appello principale che l’appello incidentale sono infondati e devono essere disattesi.

Alla luce del definitivo esito della causa le spese di lite del presente grado di giudizio devono essere poste solidalmente a carico di (…) – (…) sulla (…) s.p.a., (…) s.n.c., (…) e (…) in favore di (…) e (…).

La Corte dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002, per il raddoppio del contributo unificato a carico sia dell’appellante principale che degli appellanti incidentali.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando, sull’appello proposto da (…) s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Lucca n. 1385 del 27.9.2018, nei confronti di (…), (…), (…) s.n.c., (…), (…) e (…), e sull’appello incidentale svolto dalla (…) s.n.c., (…) e (…), ogni diversa domanda, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:

– Rigetta l’appello principale nonché quello incidentale e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

– Condanna (…) – (…) sulla (…) s.p.a., (…) s.n.c., (…) e (…), in solido tra loro, alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore di (…) e (…), spese che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario e accessori di legge.

– Nulla sulle spese tra gli appellanti – principale e incidentali – e (…).

– Si dà atto che ricorrono le condizioni per porre a carico sia dell’appellante principale che degli appellanti incidentali il raddoppio del contributo ex art. ex art. 13 c. 1 quater D.M. n. 115 del 2002.

Così deciso in Firenze l’1 luglio 2022.

Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2022.

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Avv. Umberto Davide

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