Quanto alla natura della responsabilità del CTU, bisogna ricondurre tale fattispecie nell’ambito della responsabilità aquiliana, una volta precisato che il consulente d’ufficio, pur non esercitando funzioni giudiziarie in senso tipico, svolge nell’ambito del processo una pubblica funzione, quale ausiliario del giudice nell’interesse generale e superiore della giustizia. Con riguardo all’elemento soggettivo, si deve precisare, come in astratto sia ravvisabile una responsabilità del CTU anche per colpa lieve, in quanto, la responsabilità del professionista deve essere valutata alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell’attività professionale, in ragione della violazione della dovuta diligenza da parte del professionista ai sensi dell’art. 1176, 2 co., c.c., adeguata alla natura dell’attività esercitata e alle circostanze concrete del caso. Si deve quibdi ritere che il consulente d’ufficio possa rispondere anche per colpa lieve, cioè per difetto dell’ordinaria diligenza nello svolgimento dell’incarico, con la precisazione che al professionista è comunque possibile invocare la limitazione della propria responsabilità ai soli casi di colpa grave, ai sensi dell’art. 2236 c.c., purché fornisca la prova della particolare difficoltà della prestazione richiestagli, in relazione alle circostanze del caso concreto.

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Corte d’Appello|Milano|Sezione 2|Civile|Sentenza|8 luglio 2022| n. 2428

Data udienza 7 luglio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI MILANO

SEZIONE SECONDA CIVILE

Riunita nelle persone dei seguenti Magistrati:

dott.ssa Gabriella Anna Maria Schiaffino – Presidente rel.

dott.ssa Letizia Ferrari da Grado – Consigliere

dott.ssa Cesira D’Anella – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. r.g. 102/2021 promossa in grado d’appello

DA

(…) S.R.L. (C.F.(…) elettivamente domiciliata in VIA (…) 22017 (…) presso lo studio dell’avv. (…) che la rappresenta e difende come da delega in atti, unitamente all’avv. (…) VIA(…) 26 22017 MENAGGIO;

APPELLANTE

CONTRO

(…), elettivamente domiciliata in VIALE (…) MILANO presso lo studio dell’avv.(…) che la rappresenta e difende come da delega in atti.

APPELLATA

avente ad oggetto: Responsabilità professionale

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione ritualmente notificato in data 30/07/2018 la società (…) S.r.l. conveniva innanzi al Tribunale di Como(…)geometra chiedendo che ne fosse accertata la responsabilità professionale, ai sensi dell’art. 64 c.p.c., per aver negligentemente svolto l’incarico di CTU in un giudizio (N. R.G. 1584/2010 al quale era stato riunito il proc. RG 4730/2010 innanzi al Tribunale di Como) promosso dalla società (…) s.r.l. nei confronti della (…) s.r.l., relativo alla domanda di esecuzione in forma specifica di una scrittura privata transattiva conclusa tra di loro in data 6 aprile 2007, volta a definire, in particolare, i confini tra le rispettive proprietà ubicate nel Comune di Gaggino Faloppio e a concordare la cessione di alcune superficie in favore della (…) s.r.l. L’attrice esponeva che, a causa della negligente attività svolta in tale giudizio dal ctu geometra Tettamanti, la società era risultata soccombente con conseguente condanna anche al pagamento delle spese di lite. Chiedeva, pertanto, che la convenuta fosse condannata al risarcimento di tutti i danni conseguenti all’erroneità della relazione tecnica da lei elaborata in tale sede integralmente condivisa dal Tribunale. In particolare assumeva, producendo un elaborato stragiudiziale fatto predisporre da altro professionista che non aveva partecipato agli accertamenti tecnici nel giudizio nel quale era stata nominata (…) che la professionista aveva commesso cinque gravi negligenze nell’espletamento dell’incarico. Assumeva, infatti, che esse consistevano:1) nell’aver omesso di eseguire un rilievo generale delle proprietà delle società in lite, partendo dai punti fiduciali;2) nell’aver omesso le dovute ricerche presso Uffici pubblici per individuare eventuali frazionamenti o inserimenti in mappa dei fabbricati esistenti; 3) nell’aver operato una sovrapposizione del tutto empirica di due fogli catastali distinti al fine di individuare la linea di confine; 4) nell’aver omesso di considerare che le mappe catastali non hanno valore probatorio; 5) nell’ aver omesso di acquisire lo stralcio dell’aerofotogrammetria comunale che avrebbe evidenziato le discrasie e avrebbe confermato la correttezza della linea di confine rappresentata in un frazionamento del 1911 intercorso tra le stesse società che faceva fede tra di loro.

Si costituiva nel procedimento innanzi al Tribunale (…) contestando la fondatezza della domanda svolta nei suoi confronti chiedendone il rigetto, unitamente alla condanna della (…) S.r.l. al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c..

All’esito del giudizio, senza assunzione di prove orali, il Tribunale di Como, prima sezione civile, con sentenza n. 941/2020, pubblicata il 25/11/2020, così statuiva:

– rilevava che, non intercorrendo alcun rapporto contrattuale tra la parte e il CTU, a carico di quest’ultimo poteva ipotizzarsi unicamente una responsabilità di natura extracontrattuale, con la conseguenza che sulla società attrice incombeva l’onere di provare la condotta dolosa o gravemente colposa del CTU, il danno ingiusto nonché il nesso causale tra l’operato del perito ed il lamentato pregiudizio;

– a prescindere della sussistenza o meno di profili di colpa in capo al consulente, riteneva non integrata da parte dell’attrice la prova della sussistenza del nesso causale tra l’attività asseritamente negligente del CTU e le conseguenze sfavorevoli che sarebbero derivate dalla sentenza emessa sulla base della relazione tecnica da questi redatta;

– in particolare, riteneva non dimostrata dalla società la circostanza secondo la quale quand’anche avesse provato la negligenza del CTU, l’esito del giudizio nel quale questi aveva svolto l’incarico, sarebbe stato differente, con specifico riferimento all’individuazione del confine tra le proprietà delle due società contrapposte nel giudizio N. R.G. 1584/2010 innanzi al Tribunale di Como;

– osservava, inoltre, che le modalità con cui il CTU aveva proceduto alla verifica dell’esatta linea di confine erano state condivise dai CTP nell’ambito dello svolgimento della perizia i quali non avevano svolto alcuna osservazione sul punto;

– per tali ragioni, rigettava la domanda di risarcimento del danno avanzata dalla (…) S.r.l. condannando quest’ultima al pagamento delle spese di lite in favore della convenuta.

Avverso la sentenza proponeva appello la società formulando due motivi di gravame: con il primo lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 64 c.p.c., in quanto a suo avviso, il Giudice di primo grado aveva errato nel qualificare come extracontrattuale la responsabilità del CTU e nel ritenere che il consulente dovesse rispondere solo per colpa grave, dal momento che, al contrario, era ravvisabile la sua responsabilità anche in presenza di colpa lieve; con il secondo motivo, invece, assumeva che il Tribunale aveva violato gli artt. 115 e 116 c.p.c., avendo erroneamente ritenuto non integrata la prova del nesso causale sulla base degli atti e dei documenti di causa.

Si costituiva nel gravame (…) eccependo l’infondatezza delle censure sollevate dall’appellante e chiedendo, pertanto, il rigetto dell’appello e la condanna della (…) ex art. 96, comma 3, c.p.c. al pagamento in suo favore di una somma equitativamente determinata. L’appellata, inoltre, eccepiva l’inammissibilità della produzione del documento n. 3 effettuata dalla società, in violazione della previsione dell’art. 345 c.p.c. in quanto prodotto per la prima volta in sede di gravame.

All’udienza collegiale del giorno 11/05/2021, la Corte formulava alle parti una proposta conciliativa ai sensi dell’art. 185-bis c.p.c. e disponeva il rinvio alla successiva udienza del giorno 08/06/2021.

Attesa l’impossibilità di definire la lite in via transattiva, le parti precisavano le rispettive conclusioni nelle forme della trattazione scritta in data 05/04/2022 e la Corte, assegnati termini di giorni sessanta per il deposito delle comparse conclusionali e di giorni venti per eventuali repliche, tratteneva la causa in decisione.

In via preliminare, la Corte deve rilevare l’inammissibilità ex art. 345 c.p.c. del documento n. 3 di parte appellante consistente in un atto notarile del 1911, attesa la tardività della sua produzione -avvenuta solo nel presente grado di giudizio- e l’assenza di adeguate argomentazioni in merito all’impossibilità di produrre tale documento in primo grado per cause non imputabili alla parte.

Passando ora all’esame nel merito dei motivi di gravame, il Collegio ritiene che, per ragioni di ordine logico ed espositivo, debba essere esaminato in via prioritaria il secondo motivo. La qualificazione della responsabilità incombente in capo al CTU come contrattuale o extracontrattuale, infatti, determina conseguenze solo con riguardo alla diversa configurazione dell’onere della prova in relazione all’elemento soggettivo dell’illecito, mentre è irrilevante rispetto alla prova del nesso causale, la quale incombe sempre in capo al danneggiato.

Pertanto, prima di esaminare il primo motivo di gravame, il quale -ove venisse accolto- potrebbe rilevare rispetto alla valutazione di eventuali profili di negligenza attribuibili all’appellata, è necessario verificare se le doglianze espresse con il secondo motivo siano o meno idonee a inficiare le statuizioni del Giudice di primo grado in merito alla mancata prova del nesso causale.

Nello specifico, il Tribunale ha escluso che l’allegazione da parte della (…) S.r.l. di alcuni errori che sarebbero stati commessi dal consulente d’ufficio fosse “sufficiente a fondare la prova del nesso causale tra l’attività del ctu e le conseguenze sfavorevoli che l ‘attore allega determinate dalla sentenza emessa sulla base della ctu. Infatti, non risulta dimostrato – quand’anche il ctu avesse commesso quegli errori professionali – se la determinazione del confine sarebbe stata diversa ma soprattutto quale sarebbe stata la esatta linea di confine, a parere del tecnico di parte attrice”. Il Giudice di primo grado ha, quindi, constatato che la difesa dell’appellante si era limitata a criticare la metodologia seguita dal CTU, senza, tuttavia, mostrare a quale diverso risultato si sarebbe potuti giungere ove il consulente d’ufficio avesse operato nel modo ritenuto corretto e quali danni avrebbero potuto essere evitati. Il Tribunale ha, conseguentemente, rigettato la domanda per carenza di prova del nesso causale, ritenendo che “quand’anche fosse configurabile un’eventuale negligenza grave del ctu, in ogni caso non risulta provato che dall ‘elaborato del ctu siano derivati i danni indicati dall’attore”.

Ad avviso dell’appellante, il primo Giudice avrebbe errato nel non considerare adeguatamente la perizia di parte prodotta in primo grado (relazione del Geom. (…)- doc. 4 del fascicolo di primo grado di (…) S.r.l.), nella quale sarebbe stata, invece, indicata l’esatta linea di confine tra le proprietà di cui si discuteva nel giudizio N. R.G. 1584/2010 innanzi al Tribunale di Como. In particolare, secondo la difesa della (…) S.r.l., la corretta determinazione dei confini si sarebbe dovuta ricavare a partire da un documento allegato alla relazione del proprio consulente, ovverosia un frazionamento del 1911 (riprodotto nell’atto d’appello a p. 13). La società, pertanto, afferma che, ove il CTU (…) avesse reperito e utilizzato tale documento al fine di un compiuto espletamento delle indagini a lei affidate, all’esito del giudizio si sarebbe vista attribuire una proprietà con un estensione di 1775 mq superiore rispetto a quella effettivamente attribuitagli, non coincidendo la linea di confine individuata dall’appellata con la linea rappresentata nel frazionamento del 1911 documento di assoluto rilievo a tale fine.

La Corte ritiene che la prospettazione di parte appellante non può essere condivisa, dato che non è idonea a contrastare fondatamente quanto ritenuto sul punto nella decisione impugnata con specifico riguardo alla rilevanza del documento indicato e il danno lamentato. Infatti, il Tribunale ha espresso una propria valutazione in merito al frazionamento del 1911, ritenendolo non concludente ai fini della decisione, dal momento che: “non risulta dimostrato che il frazionamento fosse allegato ad un atto traslativo che ricomprendesse tutti i terreni il cui confine era in contestazione”. A tale mancanza la società ha inteso rimediare in sede di appello, producendo il doc. 3 (“ATTO NOTARILE 1911”), il quale, tuttavia, è da ritenersi tardivo e inammissibile per le ragioni sopra esposte e, pertanto, inutilizzabile nel presente giudizio. Inoltre, come rilevato dal Giudice di prime cure e ben evidenziato anche dalla difesa di parte appellata, dall’esame del frazionamento in questione emerge chiaramente che esso non riguarda tutti i terreni il cui confine era in contestazione nel giudizio N. R.G. 1584/2010 innanzi al Tribunale di Como, ma ha ad oggetto solo le suddivisioni interne del terreno situato ad est della linea di confine. Ne consegue che detto frazionamento del 1911, oltre a far riferimento, in ipotesi, ad un atto traslativo prodotto per la prima volta in appello e, quindi, inammissibile, risulta irrilevante ai fini dell’individuazione dell’esatta linea di confine tra le proprietà non potendo essere addebitato al consulente tecnico d’ufficio il suo mancato utilizzo come causativo di qualsivoglia danno.

Non possono essere condivise neppure le affermazioni dell’appellante secondo cui il proprio esperto si sarebbe trovato impossibilitato ad eseguire un rilievo generale dei luoghi, a causa del mancato consenso della (…) S.r.l.: infatti, come correttamente evidenziato dalla difesa di parte appellata, l’accesso ai punti fiduciali, oltre ad essere garantito anche su proprietà privata ai tecnici professionisti abilitati alla redazione di atti di aggiornamento cartografico (art. 10, comma 2, D. M.F. n. 28/1998), è comunque attuabile con modalità alternative che non prevedono l’ingresso diretto al fondo (ad esempio i rilievi celerimetrici) sicché il tecnico nominato nel giudizio intercorso tra le due società ben avrebbe potuto, se del caso, proporre criteri di indagine alternativi.

Le argomentazioni difensive svolte dalla al fine di fornire la prova del nesso causale devono essere, pertanto, disattese dato che in alcun modo consentono, non solo di individuare quale fosse, a suo avviso, il differente confine corretto rispetto a quello accertato in sede di consulenza tecnica d’ufficio, ma neppur chiariscono quale sarebbe stato il danno conseguente a tali negligenze, rimasto assolutamente indeterminato e generico, rispetto al tenore della scrittura privata oggetto delibazione esperita dalla società (…) nel procedimento RG 1584/2010. Nell’ambito di tale procedimento, infatti, svariate erano le questioni dibattute tra le parti stesse e parte appellante nulla ha provato in relazione al pregiudizio patito a seguito della decisione assunta nel procedimento intercorso tra le due società.

Dette argomentazioni, inoltre, sono inammissibili nella parte in cui ampliano l’ambito di indagine, introducendo sostanzialmente la richiesta di nuove valutazioni tecniche, a seguito della produzione documentale del tutto tardiva nella presente sede.

Di conseguenza, si impone il rigetto del secondo motivo d’appello, dovendosi confermare le statuizioni del Tribunale in merito alla mancata prova del nesso di causalità tra le condotte asseritamente negligenti del CTU e i danni lamentati dalla! (…) (rimasti del tutto indimostrati e indefiniti.

Il rigetto del secondo motivo di gravame rende superfluo l’esame del primo motivo, in quanto, come sopra osservato, anche nel caso in cui si qualificasse la responsabilità del CTU come contrattuale o come responsabilità da c.d. “contatto sociale”, con conseguente inversione dell’onere della prova con riguardo ad eventuali profili di negligenza, comunque la domanda risarcitoria non potrebbe trovare accoglimento, non essendo stata fornita la prova del nesso di causalità.

Per completezza, la Corte ritiene, tuttavia, opportuno precisare come anche sul punto sia corretta la valutazione espressa nella sentenza impugnata, quanto alla natura della responsabilità del CTU, la giurisprudenza di Legittimità è, infatti, costante nel ricondurre tale fattispecie nell’ ambito della responsabilità aquiliana, una volta precisato che il consulente d’ufficio, “pur non esercitando funzioni giudiziarie in senso tipico, svolge nell’ambito del processo una pubblica funzione, quale ausiliario del giudice nell’interesse generale e superiore della giustizia” (Cass. n. 8498/2020; Cfr. Cass. n. 13010/2016 e Cass. n. 11474/1992). Non è, pertanto, condivisibile la tesi di parte appellante secondo cui la responsabilità del CTU andrebbe ricondotta alla c.d. responsabilità da “contatto sociale”.

Con riguardo all’elemento soggettivo, per quanto tale tema non possa modificare nel caso di specie le conclusioni raggiunte dal Tribunale e da questo Collegio per le ragioni in precedenza esposte, si deve precisare, diversamente da come argomentato nella sentenza impugnata, sul punto censurata, come in astratto sia ravvisabile una responsabilità del CTU anche per colpa lieve, in quanto, come affermato di recente dalla Suprema Corte, “la responsabilità del professionista deve essere valutata alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell’attività professionale …, in ragione della violazione della dovuta diligenza da parte del professionista ai sensi dell’art. 1176, 2 co., c.c., adeguata alla natura dell’attività esercitata e alle circostanze concrete del caso” (Cass. n. 8498/2020). La Cassazione ha, quindi, ritenuto che il consulente d’ufficio possa rispondere anche per colpa lieve, cioè per difetto dell’ordinaria diligenza nello svolgimento dell’incarico, con la precisazione che al professionista è comunque possibile invocare la limitazione della propria responsabilità ai soli casi di colpa grave, ai sensi dell’art. 2236 c.c., purché fornisca la prova della particolare difficoltà della prestazione richiestagli, in relazione alle circostanze del caso concreto (si veda sempre Cass. n. 8498/2020).

In ogni caso, si deve rilevare che nella fattispecie in esame le censure sollevate dall’appellante con il primo motivo di gravame -oltre ad essere irrilevanti ai fini della decisione, in ragione del rigetto del secondo motivo- risultino inconcludenti, dato che la società non indica quale diverso contenuto avrebbe potuto avere la decisione di primo grado qualora avesse interpretato in termini di responsabilità da contatto sociale e non già in termini di responsabilità aquiliana la condotta dell’appellata, non avendo, comunque, in entrambi i casi fornito prova del nesso causale tra la stessa e il danno lamentato.

Da ultimo, per completezza, si osserva che nella presente controversia risulta comunque non agevole l’individuazione di eventuali profili di negligenza nell’operato del CTU, posto che -come rilevato dal Giudice di prime cure e non contestato dall’appellante- le indagini presentavano profili di complessità atteso lo stato dei luoghi e la loro conformazione, in continua evoluzione a causa dell’attività di scavo in corso, dovendosi, inoltre, sottolineare come la metodologia tecnica seguita dal consulente d’ufficio sia stata pienamente condivisa dai consulenti di entrambe le parti (si vedano sul punto anche le mail prodotte dall’appellata nel giudizio di primo grado – docc. dal 5 al 10 di (…)Tale circostanza evidenzia, a sua volta, la correttezza e la coerenza dell’operato del CTU avendo l’esperto adottato criteri di indagine condivisi e tecnicamente corretti, rispetto al quesito sottopostogli, secondo una scelta di affronto delle singole tematiche significativa anch’essa della diligenza del suo operato e dell’assenza di qualsivoglia nesso causale tra le conclusioni raggiunte e il danno poi lamentato.

Avendo la difesa dell’appellata riproposto le istanze istruttorie articolate in primo grado, la Corte ritiene di doverle disattendere, attesa la natura documentale del giudizio e la portata esaustiva delle prove precostituite già in atti, così come risulta del tutto superflua l’istanza di eventuale consulenza tecnica d’ufficio formulata dalla difesa della società.

Per tali ragioni, l’appello proposto dalla (…) deve essere rigettato, con conseguente condanna di parte appellante alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore di (…) nella misura liquidata in dispositivo secondo i criteri di cui al D.M. n. 37 del 2018 (giudizi di valore indeterminabile – complessità media) e tenuto conto dell’attività difensiva espletata.

Avendo, infine, la difesa di parte appellata invocato nel giudizio la previsione di cui all’art. 96, comma 1 e 3 c.p.c., assumendo di aver diritto al ristoro dei danni patiti a seguito dell’iniziativa del tutto arbitraria assunta dalla società nei suoi confronti, prospettando di aver anche dovuto giustificare la propria posizione, rinunciando ad alcuni incarichi quale consulente, a causa della pendenza del giudizio, la Corte ritiene che la domanda così articolata non possa trovare accoglimento. Parte appellata non ha fornito alcuna circostanziata prova di tali assunti così come dall’impostazione dell’atto di impugnazione, non emergono elementi univoci dell’arbitrarietà e pretestuosità di quanto argomentato, tali da integrare una condotta di abuso del processo sanzionabile.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Milano,

seconda sezione civile,

definitivamente pronunciando, così dispone:

RIGETTA

l’appello proposto da (…) S.R.L. nei confronti di(…)

RIGETTA

la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. formulata da parte appellata;

CONFERMA

la sentenza n. 941/2020 del Tribunale di Como, sezione prima civile, pubblicata il 25/11/2020;

CONDANNA

(…) S.R.L. al pagamento in favore di(…) delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 8.066,00 oltre contributo spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA;

DICHIARA

la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 così come modificato dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228.

Così deciso in Milano il 7 luglio 2022.

Depositata in Cancelleria il 8 luglio 2022.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.