In caso di responsabilità contrattuale dell’istituto scolastico per il danno cagionato dall’alunno a sé stesso,il regime di distribuzione dell’onere probatorio di cui all’art. 1218 c.c. fa gravare sulla parte che si assume inadempiente (o non esattamente adempiente) l’onere di fornire la prova positiva dell’avvenuto adempimento (o dell’esattezza dello stesso), mentre il principio generale espresso dall’art. 2697 c.c. fa gravare sull’attore la prova del nesso causale fra la condotta dell’obbligato inadempiente e il pregiudizio di cui si chiede il risarcimento.

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Tribunale|Milano|Sezione 10|Civile|Sentenza|5 gennaio 2023| n. 92

Data udienza 5 gennaio 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE X CIVILE

In composizione monocratica, nella persona del giudice dott.ssa Grazia Fedele,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso da

(…) C.F. (…) (…) C.F. (…) quali genitori esercenti la potestà genitoriale sul figlio minore (…) C.F. (…) (Avv. Cr.Ba.) -attori-

CONTRO

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE C.F. (…) (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano) -convenuto-

e con la chiamata in causa di:

(…) S.P.A. P.I. (…) (Avv. Lo.Le.) – terza chiamata-

Oggetto: RESPONSABILITA’ EX ART. 2048 C.C.

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione notificato in data 12.04.2019 i signori (…) e (…), in qualità di genitori esercenti la potestà sul figlio minore (…), convenivano in giudizio il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (di seguito MIUR), per sentirlo condannare al risarcimento di tutti i danni patiti dal figlio per la frattura scomposta del femore destro, riportata a seguito della caduta occorsa in data 11.04.2014 nella palestra dell’Istituto comprensivo statale “(…)” sito in C. (L.), via (…) n. 54, alla presenza dei compagni di classe e degli insegnanti (…) e (…). Deducevano che il figlio, durante una lezione di educazione fisica, mentre eseguiva un esercizio alle spalliere che prevedeva la salita dei gradini di legno della prima colonna, lo spostamento laterale fino alla quarta colonna e la ridiscesa dai gradini, cadeva subendo un trauma all’arto inferiore destro con conseguente frattura del femore.

In punto di diritto affermavano sussistente la legittimazione passiva del Ministero convenuto nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a culpa in vigilando dei docenti degli istituti statali di istruzione, trovandosi gli stessi docenti in rapporto organico non con il singolo istituto, ma con l’Amministrazione statale, donde la diretta riferibilità a quest’ultima dei comportamenti anche illeciti da loro posti in essere. In particolare configuravano in capo al MIUR una duplice concorrente responsabilità, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 16947/2003): contrattuale, fondata sull’inadempimento dell’obbligo di vigilare o di tenere o non tenere una determinata condotta; extracontrattuale, fondata sulla generale violazione del dovere di non recare danno ad altri. Richiamavano inoltre l’art. 2048 c.c., sostenendo che, nel caso di danno da lesioni conseguente a sinistro avvenuto nei locali e pertinenze scolastiche, l’attore sarebbe tenuto soltanto a provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, essendo invece onere di parte convenuta dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa a sé non imputabile. Quantificavano i danni in Euro 50.323,68, oltre Euro 610,00 a titolo di spese per la consulenza medico legale, già detratto l’importo di Euro 8.645,49 corrisposto da INAIL e di Euro 5.894,40 liquidato ante causam da (…) S.p.a., compagnia assicuratrice dell’Istituto scolastico. Concludevano pertanto per la condanna del Ministero convenuto alla corresponsione delle predette somme, previo accertamento della responsabilità esclusiva dello stesso convenuto per l’evento occorso al minore in data 11.4.2014 presso la palestra dell’Istituto “Galileo Galilei” di Colico.

Si costituiva in giudizio il MIUR, contestando nel merito la pretesa attorea in quanto l’infortunio di cui è causa si sarebbe verificato in modo repentino, imprevedibile e del tutto fortuito, poiché il minore nell’atto di discesa dalla spalliera di legno oggetto dell’esercizio, anziché scendere i gradini uno alla volta, si sarebbe lanciato al suolo. Concludeva pertanto per il rigetto delle domande attoree, ed in subordine chiedeva di essere tenuto indenne da (…) S.p.a., che chiedeva ed otteneva di chiamare in causa previo differimento dell’udienza ex art. 269 c.p.c..

A seguito di notifica dell’atto di chiamata in causa si costituiva infine la terza chiamata (…) s.p.a., che aderiva alle difese di merito svolte dall’assicurata, precisando tuttavia i limiti e le esclusioni della garanzia assicurativa.

Assegnati i richiesti termini ex art. 183 co. 6 c.p.c., la causa veniva istruita mediante l’assunzione di prova per testi all’udienza del 06.05.2021.

A scioglimento della riserva all’esito dell’udienza di escussione testi, il sottoscritto Giudice, ritenuta la causa potenzialmente matura per la decisione in punto an, fissava per la precisione delle conclusioni l’udienza del 24.03.2022, che veniva poi tenuta con modalità di trattazione scritta ai sensi dell’art. 221 L. n. 77 del 2020, trattenendosi quindi la causa in decisione all’esito della scadenza dei termini massimi di legge concessi per il deposito di memorie finali.

La domanda attorea va respinta siccome infondata, dovendosi ritenere acclarata la dinamica del sinistro descritta dal convenuto MIUR, per come emergente dalle dichiarazioni testimoniali rese dai testi escussi (…) e (…), cui non vi è motivo di non dare credibilità, anche alla luce della loro concordanza e della coerenza interna ed esterna. Sulla capacità a testimoniare va peraltro confermato quanto già ritenuto dal sottoscritto Giudice, che con ordinanza del 09.07.2020 si è così espresso: “i due insegnanti (…) e (…), indicati quali testimoni sia da parte convenuta che da parte terza chiamata, non appaiono incapaci a testimoniare ex art. 246 c.p.c. per il fatto che il MIUR potrebbe esercitare il diritto di rivalsa nei loro confronti per dolo o colpa grave, in quanto ciò non implica che gli stessi possano assumere la qualità di parte nel presente giudizio (quali interventori, terzi chiamati etc.).”.

Va premesso che gli attori non hanno formulato istanze di prova orale in punto an, ritenendo di aver adempiuto all’onere probatorio su di essi gravante per il solo fatto pacifico della verificazione del sinistro nella palestra dell’Istituto scolastico e nell’orario di lezione.

Orbene, questo Giudice non ignora l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in base al quale “in tema di responsabilità dei soggetti obbligati alla sorveglianza di minori, nel caso di danno cagionato dall’alunno a se stesso, sia che si invochi la presunzione di responsabilità posta dal secondo comma dell’art. 2048 cod. civ., sia che si configuri la responsabilità come di natura contrattuale, la ripartizione dell’onere della prova non muta, poiché il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 cod. civ. impone che, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile all’obbligato”. (Cass. n. 8067/2007 ex multis; in senso parzialmente difforme v. Cass. n. 19110/2020).

Tuttavia si ritiene di dover prediligere, per i condivisibili approfondimenti e distinzioni operati sul piano dell’onere probatorio in tema di nesso causale da un lato e di responsabilità dall’altro, l’orientamento più recentemente espresso dalla stessa Suprema Corte nella pronuncia così massimata: “In caso di responsabilità contrattuale dell’istituto scolastico per il danno cagionato dall’alunno a sé stesso,il regime di distribuzione dell’onere probatorio di cui all’art. 1218 c.c. fa gravare sulla parte che si assume inadempiente (o non esattamente adempiente) l’onere di fornire la prova positiva dell’avvenuto adempimento (o dell’esattezza dello stesso), mentre il principio generale espresso dall’art. 2697 c.c. fa gravare sull’attore la prova del nesso causale fra la condotta dell’obbligato inadempiente e il pregiudizio di cui si chiede il risarcimento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano respinto la domanda risarcitoria, avanzata dal genitore di un’allieva caduta durante l’orario scolastico, in difetto di deduzioni relative al nesso di derivazione causale tra la violazione dei doveri di vigilanza assunti dalla scuola e il danno lamentato).” (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8849 del 31/03/2021).

Meritano di essere di seguito riportati alcuni passaggi fondamentali della pregevole motivazione della sentenza appena citata, là dove la Suprema Corte prende le mosse dai principi autorevolmente affermati in tema di condotta autolesiva dell’allievo dalla pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite n. 9346/2002 per confermare anzitutto come nella fattispecie de qua appaia più corretto ricondurre la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non già nell’ambito della responsabilità extracontrattuale, con conseguente onere per il danneggiato di fornire la prova di tutti gli elementi costitutivi del fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c., bensì nell’ambito della responsabilità contrattuale, con conseguente applicazione del regime probatorio desumibile dall’art. 1218 c.c.. Ed infatti, prosegue la Corte, l’accoglimento della domanda di iscrizione e la conseguente ammissione dell’allievo nell’istituto scolastico determinano l’instaurazione di un vincolo negoziale, con conseguente assunzione da parte dell’istituto, tra le altre, dell’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e sull’incolumità dell’allievo nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a sé stesso (Cass. n. 8811/2020).

Sulla base di tali premesse generali, la Corte arriva poi ad esprimersi sulle fondamentali questioni ad essa sottoposte con il primo motivo di ricorso, ovvero quello relativo alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto in tema di onere probatorio:

“Quanto alla distribuzione dell’onere della prova è convincimento di questa Corte che non sia sufficiente, al fine di veder accolta la propria domanda risarcitoria,allegare l’inadempimento, occorrendo altresì la prova che il danno occorso sialegato da nesso di derivazione causale al comportamento inadempiente. Colui che si assume danneggiato ha l’onere, infatti, di dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del soggetto asseritamente inadempiente e il danno di cui chiede il risarcimento.

La previsione dell’art. 1218 c.c. esonera il creditore dell’obbligazione asseritamente non adempiuta – in questo caso l’obbligazione di garanzia nei confronti degli allievi – dall’onere di provare la colpa del debitore, ma non da quello di dimostrare il nesso di causa tra la condotta del debitore e il danno di cui si chiede il risarcimento. (?) la previsione dell’art. 1218 c.c. trova giustificazione nell’opportunità di far gravare sulla parte che si assume inadempiente, o non esattamente adempiente, l’onere di fornire “la prova positiva” dell’avvenuto adempimento o dell’esattezza dell’adempimento, sulla base del criterio della maggiore vicinanza della prova, secondo cui essa va posta a carico della parte che più agevolmente può fornirla (Cass., Sez. Un., n. 13533/2001); tale criterio non appare predicabile con riguardo al nesso causale fra la condotta dell’obbligato e il danno lamentato dal creditore, rispetto al quale non ha dunque ragione d’essere l’inversione dell’onere della prova, prevista dall’art. 1218 c.c., e non può che valere il principio generale espresso dall’art. 2697 c.c., che onera l’attore dei fatti costitutivi della propria pretesa. (…) né può valere, in senso contrario, il riferimento, contenuto nell’art. 1218 c.c., alla “causa”, là dove richiede al debitore di provare che “l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”: come affermato da questa Corte (Cass. 26/07/2017, n. 18392), la causa in questione attiene alla “non imputabilità dell’impossibilità di adempiere, che si colloca nell’ambito delle cause estintive dell’obbligazione, costituenti tema di prova della parte debitrice, e concerne un “ciclo causale” che è del tutto distinto da quello relativo all’evento dannoso conseguente all’inadempimento mancato o inesatto” (Cass. n. 8849/2021 in motivazione, sottolineature di chi scrive).

Ad ogni modo, in base alla dinamica del sinistro per come genericamente dedotta dagli stessi attori sin dall’atto introduttivo (caduta mentre il minore eseguiva un esercizio alla spalliera), la prova liberatoria del Ministero convenuto, inerente – come si è innanzi spiegato – al positivo adempimento dell’obbligo di vigilanza, appare evidente alla luce delle circostanze emerse dall’istruttoria orale ammessa.

In particolare, i testi escussi all’udienza del 06.05.2021 hanno confermato che l’11.04.2014, alle ore 9 circa, la classe (…) dell’Istituto scolastico “Galileo Galilei”, di cui (…) faceva parte, veniva accompagnata dalla docente prof. (…) nella palestra scolastica per svolgere una lezione di educazione fisica, in collaborazione con l’esperto esterno prof. (…), nell’ambito di un progetto sportivo del CONI, cui la Scuola aveva aderito. Il programma della mattina prevedeva l’esecuzione di un percorso articolato in diversi esercizi, che venivano spiegati dal Prof. (…), il quale ne dava anche una dimostrazione pratica. Hanno altresì riferito che quest’ultimo aveva posizionato dei tappetini blu di gommapiuma sotto le spalliere.

E’ importante sottolineare, con riferimento all’ultima tappa del percorso, che la teste (…) ha precisato di aver visto la caduta del minore, dichiarando in risposta al capitolo 7 del Ministero: “Io ricordo che stavo osservando (…), in quanto alla fine del suo percorso dovevo dare il via al ragazzo successivo. Ricordo che vidi che era già salito non so di quanti gradini e lo vidi nel momento in cui si stava lanciando giù, non feci in tempo adire “che cosa stai facendo” che era già caduto sul materassino”.

Quanto al teste (…), lo stesso ha dichiarato quanto segue: “Confermo che l’ultima parte dell’esercizio si svolgeva mi pare su tre o quattro spalliere fisse al muro e consisteva nel salire su qualche piolo e camminare lateralmente. Alla fine bisognava scendere piolo per piolo. (…) Da quanto ricordo si è lanciato giù senza scendere sui pioli ed è caduto sul materassino, come ho visto quando sono andato a soccorrerlo. (…) Confermo, io non l’ho visto cadere, ma, sentito l’urlo, sono andato a soccorrerlo. (…): Quando sono andato a soccorrerlo era sul materassino. (…): Nel momento in cui si è lanciato presumo che fosse ad un’altezza dal suolo di circa un metro, perché era salito su circa 5 pioli.”.

Prive di pregio le deduzioni svolte dagli attori solo in comparsa conclusionale in ordine alla pericolosità del percorso ginnico, tale da richiedere il posizionamento di tappetini in gommapiuma (che invece il convenuto ha assunto essere una ordinaria precauzione rispetto al rischio insito nell’esecuzione di qualsiasi esercizio ginnico), nonché in ordine all’ipotizzato scivolamento del minore mentre eseguiva l’esercizio alle spalliere. Al riguardo va rimarcato che, in sede di audizione testimoniale, dopo la iniziale denominazione di “quadro svedese”, è stato chiarito che la teste (…) riteneva che tale denominazione fosse sinonimo di “spalliera”, altro attrezzo svedese fisso ad una parete verticale con pioli orizzontali paralleli posti tra loro a distanza di pochi centimetri, la cui conformazione può essere ritenuta nota in base a nozioni di comune esperienza.

Si evidenzia ancora che la teste (…) ha dichiarato di aver visto il minore mentre si lanciava (presumibilmente all’indietro), anziché scendere uno per uno dai cinque pioli in legno della spalliera su cui era salito, movimento che, se fosse stato eseguito correttamente, non comportava all’evidenza rischi di “scivolamento”, tenuto conto che certamente il minore calzava apposite scarpe da ginnastica con suola in gomma.

Se ne deve concludere che si sia trattato di una caduta che, per la sua natura repentina ed improvvisa, si è verificata in maniera fortuita e non prevedibile da parte degli insegnanti, che era pacifico fossero presenti al momento del fatto (tanto che sono immediatamente intervenuti ed hanno allertato i soccorsi), in adempimento dei propri doveri di sorveglianza, e nulla avrebbero potuto fare per evitarla, non essendo evidentemente esigibile che gli stessi insegnanti impartissero istruzioni passo passo a ciascun alunno nell’esecuzione di ogni movimento (in previsione anche di loro iniziative estemporanee difformi), tenuto conto che il prof. (…) aveva spiegato l’esercizio e ne aveva anche fornito una dimostrazione pratica, e tenuto altresì conto che si trattava di bambini di 8-9 anni, che frequentavano una classe terza elementare.

Si rammenta infine che in un caso assimilabile a quello in oggetto la Suprema Corte, pur correggendo, ex art. 384, 2 comma, cod. proc. civ., la motivazione dell’impugnata sentenza, che aveva fatto applicazione dell’art. 2048 c.c. anziché della responsabilità contrattuale secondo il principio affermato da Cass., Sez. Un. n. 9346 del 2002, ha ritenuto “in base all’accertamento compiuto dal giudice del merito, non ascrivibile nella specie all’insegnante alcun addebito di “culpa in vigilando”, in mancanza di omessa adozione di preventive misure organizzative e disciplinari volte ad evitare l’insorgenza di situazioni di pericolo nonché stante la repentinità del verificarsi della caduta dell’alunno dalla sedia del banco di scuola elementare, evento invero non prevedibile né prevenibile in base all’ordinaria diligenza, come tale integrante la recepita nozione del fortuito quale causa di esonero da responsabilità” (v. Cass. n. 24456/2005).

Dal rigetto della domanda attorea nei confronti del Ministero convenuto per le ragioni sin qui spiegate discende anche il rigetto della domanda di manleva formulata da quest’ultimo nei confronti di (…) S.p.a., essendo la chiamata in causa del terzo non manifestamente infondata (Cass. n. 23123/2019).

Le spese di lite seguono i principi di soccombenza e causalità e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore della causa (scaglione fino a Euro 52.000,00), della natura delle questioni trattate e dell’attività difensiva espletata.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, in persona del G.U. dott.ssa Grazia Fedele, definitivamente pronunciando nella causa come in epigrafe promossa, ogni contraria istanza, eccezione e domanda disattesa o assorbita, così provvede:

1) respinge le domande di parte attrice nei confronti del Ministero convenuto e, conseguentemente, la domanda di manleva di quest’ultimo nei confronti di (…) S.p.a.;

2) dichiara tenuti e condanna gli attori a rifondere nei confronti del Ministero le spese di lite, che liquida in Euro 3.972,00 per compenso, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge;

3) dichiara tenuti e condanna gli attori a rifondere nei confronti di (…) S.p.a. le spese di lite, che liquida in Euro 3.972,00 per compenso, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Milano il 5 gennaio 2023.

Depositata in Cancelleria il 5 gennaio 2023.

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Avv. Umberto Davide

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