Nella controversia civile di responsabilita’ sanitaria, promossa dal danneggiato al fine di ottenere la condanna della struttura sanitaria al risarcimento dei danni, a titolo di responsabilita’ contrattuale esclusivamente fondata sull’articolo 1228 c.c. per il fatto colposo dei medici dei quali si sia avvalsa nell’adempimento della propria obbligazione di cura, la sentenza – pronunciata all’esito di dibattimento nel processo penale al quale abbia partecipato (o sia stata messo in condizione di parteciparvi) soltanto il danneggiato come parte civile e divenuta irrevocabile – che abbia assolto i medici con la formula “perche’ il fatto non sussiste”, in forza di accertamento effettivo sulla insussistenza del nesso causale tra la condotta degli stessi sanitari e l’evento iatrogeno in danno del paziente in relazione ai medesimi fatti oggetto del giudizio civile di danno, esplica, ai sensi dell’articolo 652 c.p.p., piena efficacia di giudicato ostativo di un diverso accertamento di quegli stessi fatti ed e’ opponibile, ai sensi dell’articolo 1306, comma 2, c.c., dalla convenuta struttura sanitaria, debitrice solidale con i medici assolti in sede penale, all’attore danneggiato, ove l’eccezione sia stata tempestivamente sollevata in primo grado e successivamente coltivata.

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Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Sentenza|12 settembre 2022| n. 26811

Data udienza 8 giugno 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto 8783/2019 da:

AZIENDA USL (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

-controricorrente-

avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 143/2019 depositata il 23/01/2019.

Udita la relazione della causa svolta – tenutasi ai sensi del del Decreto Legge n. 137 del 2020 articolo 23, comma 8 bis, convertito, con modificazioni nella L. n. 176 del 2020 (ed oggetto di successive proroghe) – nella camera di consiglio dell’8/06/2022 dal Consigliere ENZO VINCENTI.

FATTI DI CAUSA

1. – Con ricorso affidato a due motivi, l’Azienda USL (OMISSIS) (succeduta in tutti i rapporti giuridici della ex (OMISSIS)) ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Firenze, resa pubblica in data 23 gennaio 2019, che, in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Lucca, ne ha accertato la responsabilita’ civile per il decesso di (OMISSIS) (ritenendo che si fosse verificato a causa della condotta colposa ascritta ai sanitari dell’Ospedale (OMISSIS)) e l’ha condannata, a titolo di risarcimento dei danni conseguentemente patiti dal coniuge superstite, (OMISSIS), al pagamento, in favore di quest’ultima, della somma di Euro 180.000,00, oltre accessori, nonche’ alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.

2. – La Corte territoriale, a fondamento della decisione (e per quanto ancora rileva in questa sede), osservava che: a) l’effetto preclusivo del giudicato penale (quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non l’ha commesso) si produce nel giudizio civile, sotto il profilo soggettivo, nella coincidenza della parti dei due giudizi, mentre, sotto il profilo oggettivo, vanno diversamente intesi in ambito civile gli elementi costitutivi dell’illecito rappresentati dalla colpa e dal nesso causale, operando per quest’ultimo la regola del “piu’ probabile che non”; b) il giudice civile, “investito della domanda di risarcimento del danno da reato”, puo’, dunque, utilizzare, come fonte del proprio convincimento, “le prove raccolte in un giudizio penale definito con sentenza passata in giudicato”, ma poi “pervenire all’affermazione delle civile responsabilita’ pur nell’insussistenza di quella penale, ovvero ad un riparto delle responsabilita’ diverso da quello stabilito dal giudice penale”; c) il Tribunale, con la sentenza gravata, ha fatto quindi erronea applicazione dell’articolo 652 c.p.p. “(e conseguentemente dell’articolo 1306 c.c. richiamato in motivazione)”, potendo “la (OMISSIS) agire, in sede civile, nei confronti dell’Azienda USL (OMISSIS) per il decesso del marito (OMISSIS) presso l’Ospedale (OMISSIS) il 14/08/03, non solo perche’ l’ASL non era presente nel processo penale, ma anche per la diversa valutazione giuridica che il Giudice civile deve fare in ordine al nesso di causalita’ tra azione (o omissione) e danno”; d) sussisteva – alla luce delle risultanze probatorie acquisite agli atti – la responsabilita’ della ASL convenuta in ragione della condotta colposa, causativa del decesso del (OMISSIS), dei sanitari dell’Ospedale (OMISSIS), dovendo, quindi, essere accolta la domanda risarcitoria della (OMISSIS).

3. – Resiste con controricorso (OMISSIS).

Il Procuratore generale ha depositato le proprie conclusioni scritte, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020 articoli 23, comma 8-bis, (convertito, con modificazioni, nella L. n. 176 del 2020) e Decreto Legge n. 228 del 2021 articolo 16(convertito, con modificazioni, nella L. n. 15 del 2022), con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.

In prossimita’ dell’udienza entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. – Con il primo mezzo e’ denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, violazione o falsa applicazione degli articoli 652 e 75, commi 2 e 3, c.p.p. e 12 “disp. att. c.c.” (recte: disp. sulla legge in generale).

La parte ricorrente sostiene, con ampie argomentazioni e citazioni di giurisprudenza, che la Corte territoriale – a fronte del giudicato esterno costituito dal giudicato penale (sentenza n. 2660/2009 del Tribunale penale di Lucca) di assoluzione, con la formula “perche’ il fatto non sussiste”, dei medici dell’Ospedale (OMISSIS) dal reato di omicidio colposo in danno di (OMISSIS) (in ragione della mancanza di prova circa l’esistenza del nesso di causalita’ tra condotta ed evento); giudizio penale nel quale la (OMISSIS) si era costituita parte civile – avrebbe errato ad interpretare e applicare le norme anzidette sotto piu’ profili.

In primo luogo, il giudice di appello avrebbe errato a ritenere applicabile l’articolo 652 c.p.p. (confondendone la disciplina con quella, diversa, recata dall’articolo 654 c.p.p., che postula la partecipazione necessaria al giudizio penale di danneggiato e responsabile civile) “solo in caso di coincidenza soggettiva assoluta tra giudizio penale e civile” e, dunque, richiedendo come necessaria la partecipazione al giudizio penale non soltanto della parte civile, ma anche del responsabile civile, la’ dove, invece, e’ da reputarsi (in forza di un’interpretazione secondo i canoni dell’articolo 12 preleggi) che la norma renda operante il giudicato assolutorio, quanto all’accertamento dell’insussistenza del fatto, nei confronti del preteso danneggiato-parte civile (salvo, quindi, che abbia esercitato “l’azione civile nella sede propria, secondo la disciplina dettata dall’articolo 75 c.p.p.”), anche “contro parti diverse da quella assolta in sede penale”, come il responsabile civile che a tale giudizio sia rimasto estraneo.

Inoltre, la Corte territoriale avrebbe errato a ritenere – a fronte di un giudicato penale assolutorio ex articolo 652 c.p.p. che presenti “un positivo ed effettivo accertamento circa l’insussistenza del fatto” e, quindi, come nel caso di specie, per essere stata, dalla sentenza del Tribunale penale di Viareggio, effettivamente e concretamente esclusa l’esistenza del nesso di causalita’ tra la condotta dei sanitari e la morte del (OMISSIS) – che il giudice civile, la’ dove il preteso danneggiato non abbia esercitato autonomamente l’azione civile nei termini e nei modi dell’articolo 75, comma 2, c.p.p., “possa ricostruire i fatti in modo da prevedere l’esistenza di tale nesso, sia pure sotto una diversa prospettiva” (come sarebbe, invece, possibile nella ben diversa ipotesi di assoluzione con la formula “perche’ il fatto costituisce reato”) e, quindi, giungere all’affermazione della responsabilita’ civile in assenza di quella penale (o ad un diverso riparto di responsabilita’), giacche’, ai fini dell’applicazione del citato articolo 652 c.p.p., si richiede soltanto “l’esclusione del verificarsi di un fatto storico che rientri nell’ambito di una fattispecie incriminatrice”, senza che possa rilevare la diversita’ del “meccanismo causale” o della “concezione della colpa” tra giudizio penale e giudizio civile.

5. – Con il secondo mezzo (“avanzato in via subordinata”) e’ dedotta la violazione o falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 1306, comma 2, e 2055 c.c.

La Corte territoriale avrebbe erroneamente reputato, senza peraltro “nulla motivare sul punto”, che il giudice di primo grado non avesse fatto corretta applicazione dell’articolo 1306 c.c., confondendo, pero’, l’efficacia “diretta del giudicato esterno ex articolo 652 c.p.p.” con l’efficacia “riflessa del giudicato esterno di cui all’articolo 1306 c.c.” che essa ASL aveva ritualmente eccepito sia in primo, che in secondo grado (con i rispettivi atti di costituzione e in sede di precisazione delle conclusioni) -, potendo, in quest’ultimo caso (e, quindi, proprio in assenza di “coincidenza soggettiva tra i soggetti che hanno partecipato al giudizio cui e’ conseguita la sentenza”), il condebitore solidale avvalersi della sentenza favorevole di altro condebitore, salvo che “la sentenza di cui si invocano gli effetti favorevoli non sia fondata su ragioni personali al condebitore in cui confronti e’ stata resa e non sia intervenuto un giudicato diretto di segno sfavorevole”.

La parte ricorrente deduce, quindi, l’applicabilita’ nel caso in esame del citato articolo 1306 c.c. in ragione del vincolo solidale esistente ai sensi dell’articolo 2055 c.c. (per l’unicita’ del fatto dannoso”) tra struttura ospedaliera e medici dei quali la stessa struttura si avvalga, potendo, dunque, essa Azienda USL (OMISSIS) trarre vantaggio dal giudicato, formatosi in sede penale, “di assoluzione e, quindi, di rigetto della domanda risarcitoria” proposta, in quella sede, dalla (OMISSIS) nei confronti dei sanitari dell’Ospedale (OMISSIS), salvo che la sentenza penale non sia fondata su ragioni personali dei sanitari-condebitori: profilo, questo, che, tuttavia, il giudice di appello non avrebbe affatto indagato.

6. – Evidenti profili di connessione inducono ad uno scrutinio congiunto dei motivi di ricorso, che sviluppano articolate censure solo in parte fondate e che, quindi, devono trovare accoglimento per quanto di ragione.

7. – E’ opportuno, anzitutto, rammentare, alla luce del diritto vivente, i principi che governano la materia.

8. – Occorre, quindi, muovere dalla considerazione che il nostro ordinamento non e’ ispirato al principio dell’unita’ della giurisdizione e della prevalenza del giudizio penale su quello civile, avendo il legislatore instaurato un sistema di completa autonomia e separazione fra i due giudizi, salvo limitate eccezioni, tra cui proprio quanto previsto dall’articolo 652 c.p.p., ossia l’efficacia di giudicato della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno, ove il danneggiato dal reato si sia costituito parte civile o sia stato posto in condizione di farlo e sempre che non abbia esercitato l’azione in sede civile a norma dell’articolo 75, comma 2, c.p.p.

Quella di esercitare in sede penale l’azione civile volta alle restituzioni o al risarcimento del danno e’, difatti, una scelta rimessa al danneggiato; tuttavia, avendo detta azione carattere accessorio rispetto a quella penale e, quindi, un “orizzonte piu’ limitato”, la parte non puo’ non essere consapevole che tale scelta comporta di “subire tutte le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla funzione e dalla struttura” del processo penale (Corte Cost., sentenze (OMISSIS) del 2016, n. 176 del 2019 e n. 182 del 2021).

9. – Posto, dunque, il principio generale dell’autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile, il carattere di eccezione a tale principio che si rinviene in quanto previsto dalla norma dell’articolo 652 c.p.p. (e analogamente e’ da dirsi per le ipotesi contemplate dagli articoli 651, 653 e 654 dello stesso codice) impedisce non solo di poter fare applicazione analogica della citata disposizione oltre i casi espressamente previsti, ma impone di perimetrarne anche in senso restrittivo l’operativita’, tenuto conto dei limiti costituzionali del rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio, richiamati dalla stessa legge delega (tra le altre, Cass., 2 agosto 2004, n. 14770; Cass., 8 marzo 2013, n. 5898; Cass., 29 agosto 2013, n. 19863; Cass., 18 novembre 2014, n. 24475; Cass., 5 aprile 2016, n. 6541; Cass., 22 giugno 2017, n. 15470; Cass., 13 giugno 2018, n. 15392; Cass., 3 luglio 2018, n. 17316).

10. – Ne consegue, anzitutto, che soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione – per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto e’ stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facolta’ legittima -, pronunciata in seguito a dibattimento, nel giudizio in cui vi e’ stata la partecipazione del danneggiato come parte civile o nel quale questi sia stato messo in condizione di parteciparvi, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno (per tutte, Cass., S.U., 26 gennaio 2011, n. 1768).

11. – L’efficacia preclusiva del giudicato di assoluzione e’ tale, pero’, soltanto se il giudicato stesso “contenga un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza o del fatto o della partecipazione dell’imputato e non anche nell’ipotesi in cui l’assoluzione sia determinata dall’accertamento dell’insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l’attribuibilita’ di esso all’imputato e cioe’ quando l’assoluzione sia stata pronunziata a norma dell’articolo 530, comma 2, c.p.c.” (cosi’ tra le molte, la citata Cass. n. 19863/2013; cfr. anche Cass., 25 settembre 2014, n. 20252 e Cass., 11 marzo 2016, n. 4764).

12. – Quanto, poi, al richiesto accertamento dell’insussistenza del fatto – quale ipotesi, tra quelle circoscritte dalla norma di cui all’articolo 652 c.p.p., su cui puo’ intervenire la preclusione del giudicato penale di assoluzione – va precisato (cosi’, tra le molte, Cass. n. 19863/2013 e Cass. n. 15392/2018, citate) che “per “fatto” accertato dal giudice penale deve intendersi il nucleo oggettivo del reato nella sua materialita’ fenomenica, costituita dall’accadimento

oggettivo, accertato dal giudice penale, configurato

dalla condotta, evento e nesso di causalita’ materiale tra l’una e l’altro (fatto principale) e le circostanze di tempo, luogo e modi di svolgimento di esso”.

Al giudice civile e’, dunque, precluso procedere ad una diversa ed autonoma ricostruzione dell’episodio, ma non di indagare, ai fini della cognizione ad esso rimessa, su altre modalita’ del fatto non considerate dal giudice penale, cosi’ come sull’accertamento dell’elemento soggettivo del fatto, giacche’ non e’ determinativa di un vincolo la formula assolutoria, resa in coerenza con l’accertamento in concreto, “perche’ il fatto non costituisce reato” (tra le tante, Cass., 25 novembre 2021, n. 36638).

13. – Ne’, tantomeno, esplica efficacia vincolante nel giudizio civile la qualificazione che dei fatti accertati abbia dato il giudice penale; del resto, la assoluzione con la formula “perche’ il fatto non sussiste” non esonera il giudice civile, davanti al quale sia stata proposta l’azione per il risarcimento dei danni, dal riesaminare i fatti accertati nel giudizio penale quando il titolo della responsabilita’ civile sia diverso da quello della responsabilita’ penale (Cass., 15 febbraio 1999 n. 1678; Cass., 20 aprile 2007, n. 9508; Cass., 9 dicembre 2010, n. 24862; Cass., 30 novembre 2015, n. 24342).

Valutazione, questa, che investe la qualificazione giuridica di quei fatti e gli effetti giuridici da essi scaturenti ai fini propri del giudizio civile, in forza, quindi, della disciplina sostanziale che regola il rapporto giuridico dedotto in questo giudizio, ma che non puo’, tuttavia, porre in discussione (come detto) la “materialita’ fenomenica” dell’accertamento del giudice penale, ricadente sull’accadimento reale che integra il nucleo oggettivo del reato (condotta-evento-nesso di causalita’ materiale tra l’una e l’altro), prescrivendo l’articolo 652 c.p.p. un vincolo che si traduce nella “impossibilita’ per il giudice civile di ritenere inesistenti i fatti accertati dal giudice penale, ovvero di ritenere esistenti fatti dei quali sia stata esclusa la verita’ in sede penale” (cosi’ Cass. n. 4929/2015, citata).

E in tal senso, del resto, depongono i precedenti innanzi richiamati, attinenti rispettivamente a fattispecie in cui: a) non era stata valutata la rilevanza sul piano disciplinare e civile dei fatti accertati in sede penale (Cass. n. 1678/1999); b) non era stata valutata in sede civile la medesima condotta sotto l’aspetto di una colpa generica, mentre in sede penale la contestazione, e la valutazione del giudice di quel processo, aveva riguardato unicamente un addebito di colpa specifica (la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 323 del 1956, articolo 6) e “quindi esclusivamente sotto tale specifico addebito in sede penale (era) stato valutato il…comportamento e si (era) giunti alla pronuncia assolutoria” (Cass. n. 9508/2007); c) veniva confermato l’accertamento dei fatti operato in sede penale, reputandosi che l’addebito di colpa esclusiva al pedone per la verificazione del sinistro stradale integrasse la formula assolutoria “perche’ il fatto non sussiste” e non quella, adottata dal giudice penale, “perche’ il fatto non costituisce reato” (Cass. n. 24862/2010); d) venivano autonomamente riesaminati in sede civile

i fatti storici al fine di riconoscere il titolo di responsabilita’ ai sensi dell’articolo 2051 c.c. (Cass. n. 24342/2015).

14. – Nel perimetro delle rammentate coordinate giuridiche della materia, questa Corte, con orientamento coeso (tra le altre, Cass., 16 ottobre 1998, n. 10277; Cass., 27 agosto 2001, n. 11272; Cass., 19 maggio 2003, n. 7765; Cass., 20 gennaio 2005, n. 1218; Cas., 20 settembre 2006, n. 20325; Cass., 21 febbraio 2008, n. 4519; Cass., 21 aprile 2016, n. 8035; Cass., 12 marzo 2019, n. 4929), ha, quindi, affermato che occorre il concorso di tre condizioni perche’ la sentenza penale di assoluzione possa spiegare effetto di giudicato nel giudizio civile di danno quanto all’accertamento che “il fatto non sussiste”.

E’ necessario, pertanto, che: a) la sentenza penale sia stata pronunciata in esito al dibattimento; b) che il danneggiato si sia costituito parte civile, ovvero sia stato messo in condizione di farlo; c) che in sede civile la domanda di risarcimento del danno sia stata proposta dalla vittima nei confronti dell’imputato, ovvero di altro soggetto che abbia comunque partecipato al giudizio penale nella veste di responsabile civile.

In altri termini, quest’ultima condizione impone che vi sia coincidenza soggettiva tra le parti del processo penale e quelle del processo civile di risarcimento.

Sotto tale ultimo profilo e’ apprezzabile la differenza tra la disposizione dell’articolo 652 c.p.p. e quella dell’articolo 654 c.p.p., che la giurisprudenza di legittimita’ (anche delle Sezioni penali di questa Corte) individua nel fatto che “nell’ipotesi di cui all’articolo 652 e’ sufficiente che il danneggiato sia stato posto nella condizione di costituirsi parte civile, mentre nell’ipotesi di cui all’articolo 654 e’ necessario che vi sia stata la costituzione della parte civile” (cosi’ Cass. pen., S.U., 29 maggio 2008-28 ottobre 2008, n. 40049; analogamente, tra le altre, Cass., 2 marzo 2010, n. 4961).

Diversita’ che, comunque, non da’ luogo a disparita’ di trattamento tra gli effetti di giudicato regolati dalle anzidette disposizioni, in quanto solo “il danneggiato dal reato ha la facolta’ di scegliere se far valere in sede civile o in sede penale la sua pretesa al risarcimento del danno” (Cass. n. 1218/2005, citata).

15. – Occorre, infine, dare rilievo alla differenza che separa la disciplina dettata dall’articolo 652 c.p.p. da quanto previsto dall’articolo 622 c.p.p., giacche’ la prima disposizione puo’ trovare applicazione nel solo caso di giudizio autonomamente instaurato innanzi al giudice civile, dal primo grado, e non anche nel caso, regolato dall’articolo 622 c.p.p., di annullamento con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello per la decisione sul risarcimento del danno in quest’ultimo caso, infatti, la sentenza di assoluzione dell’imputato, annullata su ricorso della parte civile, pur restando ferma agli effetti penali, determina la separazione del rapporto penale da quello civile, sul quale non ha effetti il giudicato penale (Cass. 24 novembre 1998, n. 11897; Cass., 22 maggio 2006, n. 11936; Cass., 12 giugno 2019, n. 15859; Cass., 15 gennaio 2020, n. 517).

16. – Operano, dunque, su piani ben distinti i principi, innanzi illustrati, gravitanti nell’orbita della disciplina di cui all’articolo 652 c.p.p. e quelli espressi dall’orientamento, ormai consolidato (a partire dalla citata Cass. n. 15859/2019 sino alla piu’ recente Cass., 20 gennaio 2022, n. 1754 e che ha trovato il conforto autorevole delle Sezioni Unite penali di questa Corte: sentenza n. 22065 del 28 gennaio 2021), secondo il quale, nel giudizio civile di rinvio ex articolo 622 c.p.p. si determina una piena transiatio del giudizio sulla domanda civile, sicche’ la Corte di appello civile competente per valore, cui la Cassazione in sede penale abbia rimesso il procedimento ai soli effetti civili, applica le regole processuali e probatorie proprie del processo civile, anche a prescindere dalle contrarie indicazioni eventualmente contenute nella sentenza penale di rinvio (ad es. in tema di nesso eziologico tra condotta ed evento di danno, valendo in sede civile il criterio causale del “piu’ probabile che non” e non quello penalistico dell’alto grado di probabilita’ logica).

17. – Del resto, come in precedenza evidenziato, e’ frutto di una scelta volontaria della parte danneggiata quella di azionare la pretesa risarcitoria in sede penale, cosi’ da subire tutte le conseguenze derivanti dalla funzione e dalla struttura di quel processo penale e, tra queste, anche quelle derivanti dalla sentenza definitiva di assoluzione che accerti l’insussistenza del “fatto” (condotta, evento e nesso causale) con effetti, ex articolo 652 c.p.p., di giudicato extrapenale determinatosi in quella sede secondo le regole proprie del giudizio penale sul “fatto-reato”.

18. – Accertamento, dunque, ormai cristallizzatosi e che non piu’ essere messo in discussione in sede civile, diversamente da quanto avviene, per l’appunto, nel caso regolato dall’articolo 622 c.p.p., dove la definizione della fase dell’accertamento sulla responsabilita’ penale lascia comunque ancora aperta quella sulla responsabilita’ civile, da definirsi dinanzi al giudice della cognizione civile e, come detto, secondo le regole proprie del processo civile.

19. – In questo delineato contesto, l’affermazione di principio – “(i)n materia di rapporti tra giudizio penale e civile, l’assoluzione dell’imputato secondo la formula “perche’ il fatto non sussiste” non preclude la possibilita’ di pervenire, nel giudizio di risarcimento dei danni intentato a carico dello stesso, all’affermazione della sua responsabilita’ civile, considerato il diverso atteggiarsi, in tale ambito, sia dell’elemento della colpa che delle modalita’ di accertamento del nesso di causalita’ di materiale” – che si trae dalla sentenza di questa Corte n. 89035 del 21 aprile 2016, e su cui insistono le difese della controricorrente (ma, nello stesso senso, anche le conclusioni scritte del pubblico ministero) al fine di ritenere consentito al giudice civile di giungere ad un diverso accertamento della sussistenza del “fatto” sotto il profilo di un differente apprezzamento del nesso di causalita’ materiale tra condotta ed evento, non sembra, pero’, essere foriera di reale contrasto con i principi sopra richiamati ove si abbia riguardo alla complessiva ed effettiva ratio decidendi della medesima pronuncia.

In essa, infatti, l’esito di annullamento della sentenza di merito – la quale, sul presupposto dell’intervenuta assoluzione di due medici dal delitto di lesioni personali, ne aveva per cio’ solo escluso, ai sensi dell’articolo 652 c.p.p., la responsabilita’ civile – e’ imperniato sul duplice rilievo che il giudice territoriale, per un verso, non aveva verificato se dalla sentenza penale risultasse o meno “lo specifico accertamento” in ordine all’acquisizione del consenso informato al trattamento di cura praticatogli e, per altro verso, non aveva effettuato alcun apprezzamento sulla diligenza e prudenza della condotta tenuta dai medici in riferimento alla procedura di disinfezione della sala operatoria prima di procedere all’intervento, pur avendo la sentenza penale accertato che le lesioni del paziente si erano “originate da una infezione ospedaliera”.

In altri termini, la ratio decidendi di Cass. n. 8035/2016 e’ in armonia con i principi della materia sopra ricordati, poiche’ la decisione da’ risalto, al tempo stesso, ad un carente apprezzamento di fatti non ricompresi nel giudicato penale e alla mancata diversa valutazione degli effetti giuridici ai fini propri del giudizio civile dei fatti accertati in sede penale.

20. – Cio’ premesso, e’ necessario puntualizzare l’effettiva portata del giudicato esterno invocato dalla A.U.S.L. ricorrente, ossia il giudicato recato dalla sentenza penale del Tribunale di Viareggio depositata l’11 marzo 2010, resa all’esito di dibattimento in giudizio nel quale era costituita come parte civile (OMISSIS), e divenuta irrevocabile, per non essere stata oggetto di impugnazione, l’8 giugno 2012, come da attestazione di cancelleria apposta in calce alla stessa pronuncia (cfr. sentenza Tribunale di Viareggio, depositata dalla ricorrente, ai sensi dell’articolo 369, comma 2, n. 4, c.p.c., come doc. n. 5 e gia’ ritualmente indicata, nonche’ riportata in ricorso – pp. 5/11 -, ai sensi dell’articolo 366, comma 1, n. 6, c.p.c.).

21. – Il giudice penale ha assolto, ai sensi dell’articolo 530 c.p.p. e con la formula “perche’ il fatto non sussiste”, i medici dell’Ospedale (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dall’imputazione del reato di omicidio colposo, ex articolo 589 c.p., in danno di (OMISSIS) (“soggetto (OMISSIS), obeso, con anamnesi di cardiopatia con pregresso infarto miocardico acuto, broncopneumopatia cronica ostruttiva, ipertensione arteriosa”), presso detto Ospedale, in ragione di un” quadro di insufficienza respiratoria acuta”, veniva (“trasportato dal 118” e) ricoverato il 10 agosto (OMISSIS) ed ivi decedeva il (OMISSIS).

22. – In sintesi, il Tribunale di Viareggio, all’esito dell’istruttoria dibattimentale e in forza di quanto da essa emerso, ha ritenuto che, nonostante il censurabile comportamento dei medici (non conforme “alle regole di diligenza, perizia e prudenza” “a fronte del grave quadro di insufficienza respiratoria” del (OMISSIS)), dovesse essere esclusa “- sulla base delle condivisibili valutazioni espresse dai consulenti in punto di efficienza causale delle condotte omissive dei medici intervenuti rispetto all’evento morte del paziente (valutazioni da compendiarsi nella considerazione per cui, “anche laddove si fosse sin dall’inizio intervenuti sul paziente con un trattamento ventilatorio invasivo, non si sarebbe stati in grado – alla luce delle gravi condizioni in cui il (OMISSIS) si presentava gia’ al momento dell’ingresso in Pronto Soccorso, per una crisi respiratoria acuta in paziente affetto da anni da BPCO complicata da obesita’ marcata, ipertensione, esiti di infarto – fondatamente di scongiurare l’evento letale”) – la prova della sussistenza nel caso di specie di un collegamento causale dotato di adeguato rigore scientifico tra la mancata attuazione da parte degli imputati delle terapie doverosamente suggerite dalla migliore scienza ed esperienza e il verificarsi della morte del paziente; non apparendo, invero, ad avviso del giudicante, sostenibile – in termini di elevata probabilita’ scientifica prossima alla certezza – che la morte del paziente secondo lo schema del giudizio controfattuale – sarebbe stata impedita dalle condotte doverose che gli imputati avrebbero secondo perizia dovuto tenere ed in tal senso dovendosi escludere l’esistenza della causalita’ omissiva”.

23. – Dunque, viene in rilievo, nella specie, un giudicato penale di assoluzione – in forza di sentenza penale di primo grado, emessa all’esito di dibattimento e non fatta oggetto di impugnazione – dei medici che intervennero sulla persona di (OMISSIS) in occasione del suo ricovero presso l’Ospedale (OMISSIS), il quale si fonda su un accertamento in concreto, pieno ed effettivo, circa la insussistenza del nesso causale tra la condotta (pur colposa) dei sanitari e l’evento morte del paziente.

24. – Si tratta, dunque, di giudicato che, essendosi la (OMISSIS) costituita parte civile nel giudizio penale contro i sanitari, esplica, ai sensi dell’articolo 652 c.p.p., certamente effetti extrapenali nel giudizio civile di danno nei confronti degli imputati assolti, inibendo al giudice civile di rimettere in discussione l’accertamento di “fatto” esitato in sede penale e in forza delle regole proprie di quel giudizio (anche, dunque, sull’apprezzamento piu’ rigoroso del nesso di causalita’ materiale), che e’ divenuto accertamento ostativo all’accoglimento nel merito della domanda risarcitoria che si fondi sul medesimo “fatto”.

25. – Tuttavia, l’azione civile proposta in sede civile proposta dalla (OMISSIS) non ha investito la posizione dei sanitari assolti in sede penale, ma e’ stata intentata nei confronti della A.U.S.L. (OMISSIS), ossia della struttura sanitaria (l’Ospedale (OMISSIS)) presso la quale fu ricoverato il coniuge e presso la quale operavano i medici assolti in sede penale.

26. – A tal riguardo, il ricorso pone due quesiti: a) con il primo motivo, se quel giudicato possa avere effetti propri ed immediati, seppur riflessi, anche su parti diverse (ossia la struttura sanitaria) da quelle che abbiano partecipato al giudizio penale (medici imputati assolti e danneggiato parte civile); b) con il secondo motivo proposto in via subordinata -, se possa operare comunque l’effetto favorevole del giudicato previsto dall’articolo 1306, comma 2, c.c., in ragione del rapporto obbligatorio solidale tra la struttura sanitaria e i medici (assolti in sede penale) in essa operanti.

La risposta e’ negativa quanto al primo quesito, mentre e’ positiva in relazione al secondo quesito.

Queste di seguito illustrate, le ragioni.

27. – Occorre, in premessa, chiarire i contorni della fattispecie rilevante ai fini del giudizio, perche’ su di essa va calibrata la risposta in diritto, in consonanza con la funzione nomofilattica affidata a questa Corte di legittimita’, che non vive di astrattismi, ma guarda necessariamente all’oggetto della lite, siccome volta a dare vita ad “un principio di diritto legato all’orizzonte di attesa della fattispecie concreta” (Cass., S.U., 22 maggio 2018, n. 12564).

28. – La Corte territoriale, con la sentenza impugnata (cfr. sintesi al § 2 dei “Fatti di causa”, nonche’ pp. 3-5 della sentenza di appello), ha ritenuto – in ragione della diversita’ delle parti che avevano partecipato al giudizio penale (in cui era assente I’A.U.S.L. (OMISSIS)) e del differente criterio di valutazione in sede civile del nesso di causalita’ materiale (ossia del criterio probatorio del “piu’ probabile che non”) – di poter operare, in sede civile, un diverso apprezzamento, rispetto a quanto accertato in sede penale, del nesso causale tra le condotte colpose del personale medico dell’Ospedale (OMISSIS) e l’evento morte di (OMISSIS), reputando, quindi, responsabile la stessa struttura sanitaria del decesso del paziente in ragione della “responsabilita’ del personale medico dell’Ospedale (OMISSIS)”.

29. – Secondo quanto accertato in sede civile, nella specie viene, quindi, in rilievo una responsabilita’ per danni da attivita’ medico-chirurgica che si fonda unicamente sull’erroneo operato del personale medico ausiliario della struttura sanitaria e non su profili strutturali e organizzativi della struttura sanitaria, affatto esclusi.

30. – Il titolo della responsabilita’ va, dunque, ravvisato, nel caso in esame, non gia’ nell’articolo 1218 c.c., bensi’ nell’articolo 1228 c.c., che configura pur sempre una fattispecie di responsabilita’ contrattuale diretta per fatto proprio e non per fatto altrui, fondata sui “fatti dolosi o colposi” degli ausiliari, la quale trova giustificazione nell’assunzione del rischio per i danni che al creditore possono derivare dall’utilizzazione di terzi nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale (Cass., 11 novembre 2019, n. 28987; Cass., 20 ottobre 2021, n. 29001; Cass., 14 marzo 2022, n. 8116).

31. – Il positivo accertamento della responsabilita’ della struttura sanitaria ex articolo 1228 c.c. postula, pertanto, l’accertamento del fatto colposo del personale medico ausiliario, ossia “un illecito colpevole dell’autore immediato del fatto” (cosi’ Cass., 24 maggio 2006, (OMISSIS)362), in assenza del quale non e’ ravvisabile alcuna responsabilita’ contrattuale dell’ente debitore nei confronti del paziente (cfr. anche Cass., 8 maggio 2001, n. 6386).

32. – E in relazione a siffatto accertamento, avuto riguardo proprio al nucleo oggettivo dell’illecito contrattuale ascrivibile alla struttura sanitaria, giova rammentare che il nesso di causalita’ tra l’aggravamento della patologia (o l’insorgenza di una nuova malattia) e l’azione o l’omissione dei sanitari e’ tema di prova che deve essere soddisfatto dal creditore-danneggiato (per tutte, Cass., 26 luglio 2017, n. 18392).

33. – E’, inoltre, principio affatto consolidato che la responsabilita’ della struttura sanitaria per fatto proprio, ex articolo 1228 c.c., e’ autonoma da quella del medico di cui essa si sia avvalsa in qualita’ di ausiliario, ma entrambi rispondono in via solidale nei confronti del danneggiato, in ragione dell’insorgere dell’obbligazione risarcitoria per l’unicita’ dell’evento dannoso imputabile a piu’ soggetti; imputabilita’ che si determina non solo in forza del concorso efficiente delle plurime condotte (attive e/o omissive) nella produzione del danno, ma anche allorquando (come nella specie) uno dei condebitore risponda per il fatto dell’autore immediato del danno (Cass., 13 agosto 1980, n. 4926; Cass., 18 marzo 2005, n. 5024).

34. – L’imputabilita’ dell’unico danno a piu’ soggetti e’, quindi, condizione necessaria e sufficiente perche’ possa ravvisarsi la solidarieta’ nel debito, sia di fonte contrattuale (articolo 1298 c.c.), sia di fonte extracontrattuale (articolo 2055 c.c.), non rilevando la diversita’ dei titoli (che possono pure concorrere tra loro), ma venendo in rilievo i principi che regolano l’imputazione oggettiva dell’evento dannoso, dei quali l’articolo 2055 c.c., costituisce un’esplicitazione (tra le altre: Cass., 10 dicembre 1996, n. 10987; Cass., 22 luglio 2005, n. 15431; Cass., 9 novembre 2006, n. 23918; Cass., 30 marzo 2010, n. 7618; Cass. n. 28987/2019, citata).

35. – Alla luce di quanto evidenziato, ne consegue che, nella fattispecie in esame, l’assenza di coincidenza soggettiva tra le parti del giudizio penale e quelle del giudizio civile di danno non e’ dirimente – sotto il profilo di cui appresso si dira’ – per escludere l’efficacia extrapenale del giudicato di assoluzione dei medici ausiliari dell’Ospedale (OMISSIS) in favore di quest’ultima struttura sanitaria.

36. – Invero, la richiesta coincidenza soggettiva risponde al principio – di recente (ri)affermato da questa Corte (Cass., 9 luglio 2019, n. 18325; Cass., 9 luglio 2020, n. 14481; Cass., 26 aprile 2022, n. 12969) – secondo cui l’efficacia riflessa del giudicato costituisce pretesa non riconosciuta dall’ordinamento giuridico, che non ammette che il giudicato possa produrre effetti nei confronti di terzi rimasti estranei al processo, nemmeno quando essi siano titolari di una situazione giuridica dipendente.

37. – Tuttavia, non e’ in discussione che, in riferimento alla posizione del terzo, “i limiti soggettivi di efficacia del giudicato restano disciplinati dalle norme positive” e, tra queste, va annoverata la norma dell’articolo 1306 c.c., la quale, in ambito di solidarieta’ passiva, comporta che il giudicato intervenuto fra il creditore e uno dei debitori solidali “non ha effetto contro gli altri debitori” (comma 1), mentre “(g)li altri debitori possono opporla al creditore, salvo che sia fondata su ragioni personali del condebitore”.

In altri termini, in forza dell’articolo 1306 c.c. la “presenza della solidarieta’ passiva impedisce l’effetto del giudicato riflesso, che conseguirebbe al nesso di pregiudizialita’-dipendenza, e consente l’operativita’ del solo giudicato favorevole al terzo” (cosi’ Cass. n. 18325/2019).

38. – A tal fine, perche’ possa operare la fattispecie di cui all’articolo 1306, comma 2, c.c., occorre anzitutto che il giudizio si sia svolto solo tra il creditore ed uno dei condebitori, potendo opporre il giudicato favorevole al creditore solo gli altri condebitori solidali che non hanno partecipato al giudizio (tra le tante, Cass., 9 gennaio 2019, n. 303).

39. – E’, altresi’, necessario non solo che la sentenza pronunciata tra il creditore e uno dei coobbligati in solido non sia fondata su ragioni personali del condebitore, ma, altresi’, che gli altri condebitori (non partecipi di quel giudizio) abbiano tempestivamente sollevato la relativa eccezione, trattandosi di eccezione in senso stretto, non rilevabile d’ufficio (Cass., 21 dicembre 2011, n. 27906).

40. – In forza di tali ulteriori premesse, ne consegue che, nel caso di specie, l’operativita’ dell’articolo 1306, comma 2, c.c. e’ ravvisabile in ragione del concorso di tutte le richiamate condizioni, sostanziali e processuali.

41. – In primo luogo, sotto il profilo sostanziale, essendo unico il fatto dannoso imputabile a tutti i condebitori (struttura sanitaria e personale medico ausiliario) e risultando il “fatto” colpevole dei medici elemento costitutivo, ai sensi dell’articolo 1228 c.c., della responsabilita’ della struttura stessa, il giudicato che escluda l’illecito colpevole” degli ausiliari potra’ essere opposto, per escludere la propria responsabilita’ civile, dal condebitore-struttura sanitaria (che non abbia partecipato al giudizio in cui lo stesso giudicato si e’ formato) al creditore-danneggiato.

42. – E un tale giudicato ben potra’ essere costituito dal quello assolutorio reso dal giudice penale che, come nella specie, abbia escluso la responsabilita’ del personale medico in ragione dell’accertamento, effettivo, sull’insussistenza dell’elemento oggettivo del fatto-reato, rappresentato dal nesso di materiale tra condotta (pur colposa) dei medici stessi ed evento morte del paziente; giudicato, come tale, suscettibile di spiegare, quanto all’accertamento ostativo di un diverso apprezzamento fattuale, piena efficacia extrapenale, ex articolo 652 c.p.p., nel giudizio civile promosso dal creditore-danneggiato (gia’ costituitosi parte civile nel processo penale) contro l’altro debitore solidale (struttura sanitaria) per sentirne dichiarata la responsabilita’ sul presupposto degli stessi fatti oggetto del definito giudizio penale.

43. – Ne’, sempre sotto il profilo in esame, e’ dato apprezzare, in quel giudicato penale assolutorio, ragioni personali dei medici-condebitori che possano paralizzare per l’altro condebitore-struttura sanitaria l’efficacia favorevole del giudicato ai sensi del comma 2 dell’articolo 1306 c.c., giacche’, come detto, lo stesso e’ incentrato unicamente sull’accertamento del fatto oggettivo, nella sua realta’ fenomenica.

44. – Quanto, poi, al profilo processuale, posto che e’ pacifico che la A.U.S.L. (OMISSIS) non ha partecipato al processo penale in cui il giudicato assolutorio si e’ formato, risulta ex actis (cfr. produzione documentale ex articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, come docc. dal n. 5 al n. 8, gia’ ritualmente indicata, nonche’ riportata in ricorso – pp. 31 e 32 -, ai sensi dell’articolo 366, comma 1, n. 6, c.p.c.) che la stessa A.U.S.L. ha eccepito l’opponibilita’ nei confronti dell’attrice di quel giudicato, siccome favorevole ex articolo 1306, comma 2, c.c., sin dalla comparsa di costituzione di primo grado, mantenendo ferma l’eccezione anche in sede di precisazione delle conclusioni e in tutto il grado di appello.

45. – Il principio di diritto che va enunciato e’ il seguente:

“Nella controversia civile di responsabilita’ sanitaria, promossa dal danneggiato al fine di ottenere la condanna della struttura sanitaria al risarcimento dei danni, a titolo di responsabilita’ contrattuale esclusivamente fondata sull’articolo 1228 c.c. per il fatto colposo dei medici dei quali si sia avvalsa nell’adempimento della propria obbligazione di cura, la sentenza – pronunciata all’esito di dibattimento nel processo penale al quale abbia partecipato (o sia stata messo in condizione di parteciparvi) soltanto il danneggiato come parte civile e divenuta irrevocabile – che abbia assolto i medici con la formula “perche’ il fatto non sussiste”, in forza di accertamento effettivo sulla insussistenza del nesso causale tra la condotta degli stessi sanitari e l’evento iatrogeno in danno del paziente in relazione ai medesimi fatti oggetto del giudizio civile di danno, esplica, ai sensi dell’articolo 652 c.p.p., piena efficacia di giudicato ostativo di un diverso accertamento di quegli stessi fatti ed e’ opponibile, ai sensi dell’articolo 1306, comma 2, c.c., dalla convenuta struttura sanitaria, debitrice solidale con i medici assolti in sede penale, all’attore danneggiato, ove l’eccezione sia stata tempestivamente sollevata in primo grado e successivamente coltivata”.

46. – Alla luce delle considerazioni che precedono e dell’enunciato principio di diritto, i motivi di ricorso devono, pertanto, trovare accoglimento per quanto di ragione; ossia, eccezion fatta per la doglianza, proposta con il primo motivo di ricorso, che predica il superamento tout court del principio di coincidenza necessaria tra parti del giudizio penale e quelle del giudizio civile, quale condizione per l’applicazione dell’articolo 652 c.p.c.

47. – Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata e la decisione nel merito della causa ai sensi dell’articolo 384, comma 2, c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, in ragione della fondatezza, nei termini innanzi evidenziati, dell’eccezione di giudicato favorevole proposta dalla A.U.S.L. ricorrente ex articolo 1306, comma 2, c.c., la quale comporta il rigetto della domanda risarcitoria avanzata da (OMISSIS).

48. – L’esito altalenante dei giudizi di merito e la rilevanza delle questioni trattate consente la compensazione integrale delle spese processuali dell’intero giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta la domanda di risarcimento danni proposta da (OMISSIS) nei confronti della Azienda U.S.L. (OMISSIS), compensando integralmente tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.