Nel momento in cui un soggetto conferisce mandato difensivo ad un professionista, compito di questo, secondo i principi sanciti dal codice civile, è quello di mantenere una condotta conforme alla diligenza dovuta in relazione alle circostanze concrete così da garantire il soddisfacimento dell’interesse del cliente ed evitare eventuali danni nonché spese inutili e sovrabbondanti. Essendo quella dell’avvocato una prestazione di mezzi, al fine di valutarne l’operato non è necessario indagare il mancato raggiungimento del risultato promesso ma bisogna, invece, considerare come abbia adempito ai doveri relativi allo svolgimento della propria attività alla luce del dovere di diligenza che, nel caso di specie, è quella del professionista secondo l’art. 1176 comma 2 c.c..

Tribunale|Monza|Sezione 1|Civile|Sentenza|7 febbraio 2020| n. 302

Data udienza 6 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Monza, Prima Sezione Civile, nella persona del Giudice monocratico, dott. Carlo Albanese, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 12766/2017 promossa

DA

AN.MA., C.F. (…), residente in Trezzo sull’Adda, via (…) in proprio e quale erede di Ma.Ra., elettivamente domiciliato in Inzago, via (…), n. 29 presso lo studio dell’Avv. Pi.Tr. che lo rappresenta e lo difende nel presente giudizio, come da procura posta in calce all’atto di citazione;

ATTORE

NEI CONFRONTI DI

CA.OL., C.F. (…), residente in Bagnara Calabra, via (…), con studio in Monza (MB), elettivamente domiciliato presso il proprio studio sito in Monza, Largo (…), dove elegge domicilio, ed assume in proprio la difesa nel presente procedimento ed assume in proprio la difesa nel presente procedimento;

CONVENUTO

Oggetto: Inadempimento del mandato professionale

IN FATTO

In data 9.11.2017 An.Ma. ha citato in giudizio Ca.Ol. per sentirlo condannare, previo accertamento dell’inadempimento/inesatto adempimento colpevole del mandato professionale conferitogli, alla restituzione del compenso corrispostogli, pari ad Euro 1.800,00 oltre interessi dal dovuto al saldo, e al risarcimento dei danni subiti quantificabili in Euro 3.793,71, pari alle spese processuali sostenute dall’attore con riferimento al procedimento d’appello instaurato per mezzo dell’Avv. Ol. nell’anno 2014.

La controversia trae origine dalla vicenda processuale che aveva coinvolto Ma.Ra., moglie dell’odierno attore, la quale, al fine di recuperare l’importo di Euro 13.766,00 mai corrispostele dal proprio datore di lavoro per le ore di lavoro straordinario prestato, aveva conferito mandato difensivo all’Avv. Ca.Ol..

A seguito della declaratoria di incompetenza territoriale affermata dal Tribunale di Monza, Sezione di Lavoro, la causa era stata riassunta innanzi al Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, ove si era costituito il Comune di Trezzo sull’Adda, datore di lavoro della Ra., eccependo la prescrizione del diritto di credito fatto valere – riferito alle ore di lavoro straordinario relative agli anni 1981, 1995 e 2001 – supportando la propria difesa con documentazione attestante l’avvenuta corresponsione alla Ra. dei compensi riferibili agli anni compresi tra il 1996 e il 2009. Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 4207/2011, ha rigettato la domanda proposta accogliendo l’eccezione preliminare di prescrizione sollevata dalla controparte, conseguentemente dichiarando l’estinzione dei diritti azionati in quella sede e compensando le spese processuali.

Nonostante la significante motivazione addotta dal Tribunale di Milano a fondamento della propria decisione, l’Avv. Ol. avrebbe convinto il Ma., subentrato nella controversia nella qualità di erede di Ma.Ra., a proporre appello avverso la sentenza dichiarandosi convinto di poter vincere la causa stante l’inconsistenza dell’eccezione di prescrizione accolta dal Giudice di primo grado.

Instaurato, pertanto, il secondo grado si è costituito il Comune di Trezzo sull’Adda, il quale, proponendo appello incidentale, ha chiesto non solo la conferma della decisione di primo grado ma anche la condanna dell’appellante al pagamento delle “spese, diritti e onorari di lite del giudizio di primo grado svolto innanzi al Tribunale di Milano, come nota spese versata in atti, oltre che alle spese del giudizio celebrato innanzi al Tribunale di Monza (erroneamente adito, ndr), oltre a condannare l’appellante al pagamento, in favore dell’appellante Comune di Trezzo sull’Adda, anche del compenso professionale del presente giudizio di gravame”.

La Corte d’Appello di Milano, nel confermare la decisione di primo grado, ha ritenuto infondate le doglianze dell’appellante e, in accoglimento del gravame incidentale relativo all’avvenuta compensazione delle spese di lite, ha condannato il Ma. al pagamento anche delle spese di primo grado, oltre che di quelle d’appello, liquidandole complessivamente in Euro 2.600,00.

Il convenuto, Avv. Ca.Ol., nel costituirsi nel presente giudizio ha eccepito l’infondatezza della richiesta attorea, avendo egli stesso adempiuto al mandato difensivo con diligenza e senza aver oltremodo sollecitato il cliente all’impugnazione della sentenza.

Acquisita la documentazione prodotta, ammesso l’interrogatorio formale del convenuto non comparso all’udienza all’uopo fissata, a quella del 6.2.2020, previa precisazione delle conclusioni come in epigrafe e rinuncia alla concessione dei termini di legge per il deposito degli scritti difensivi conclusionali, la causa è stata trattenuta in decisione.

IN DIRITTO

Come sommariamente esposto nella superiore premessa, con l’instaurazione della presente controversia An.Ma. ha imputato all’Avv. Ol. l’inadempimento del mandato professionale conferitogli per averlo ingiustificatamente indotto ad impugnare la sentenza n. 4207/2011 emessa dal Tribunale di Milano senza adeguatamente prospettargli il più che plausibile esito negativo dell’impugnazione e le conseguenze economiche a cui sarebbe andato incontro nell’ipotesi di soccombenza.

Secondo la ricostruzione fornita dall’attore, a seguito della sentenza di primo grado che aveva accolto l’eccezione di prescrizione sollevata dal Comune di Trezzo sull’Adda con riferimento alla retribuzione per le ore di lavoro straordinario effettuate negli anni 1981, 1995 e 2001, l’Avvocato Ol. lo avrebbe indotto ad impugnare il provvedimento ritenendolo infondato e paventandogli una certa e sicura riforma in sede d’appello. Ciò, tuttavia, non è accaduto atteso che la Corte d’Appello di Milano, nel confermare la sentenza di primo grado, ha ulteriormente aggravato la posizione dell’attore condannandolo alla rifusione, non solo delle spese dell’appello, bensì anche di quelle di primo grado originariamente compensate.

Ai fini del decidere occorre esaminare preliminarmente la natura di rapporto che normalmente intercorre tra il professionista e il proprio cliente. Nel momento in cui un soggetto conferisce mandato difensivo ad un professionista, compito di questo, secondo i principi sanciti dal codice civile, è quello di mantenere una condotta conforme alla diligenza dovuta in relazione alle circostanze concrete così da garantire il soddisfacimento dell’interesse del cliente ed evitare eventuali danni nonché spese inutili e sovrabbondanti. Essendo quella dell’avvocato una prestazione di mezzi, al fine di valutarne l’operato non è necessario indagare il mancato raggiungimento del risultato promesso ma bisogna, invece, considerare come abbia adempito ai doveri relativi allo svolgimento della propria attività alla luce del dovere di diligenza che, nel caso di specie, è quella del professionista secondo l’art. 1176 comma 2 c.c..

Il danno è ravvisabile nella sola ipotesi in cui si accerti che il risultato negativo conseguito non si sarebbe verificato se il professionista avesse tenuto un comportamento diverso da quello effettivamente posto in atto e, a ben vedere, è proprio ciò che si è verificato nel caso di specie.

Infatti, come sopra meglio specificato, la sentenza di primo grado, benché avesse accolto l’eccezione di prescrizione sollevata dal Comune di Trezzo sull’Adda, aveva compensato le spese di lite, imponendo dunque un sacrificio economico limitato all’attrice (Ra.); al contrario, in secondo grado il Ma. è stato anche condannato “alla restituzione delle spese del doppio grado liquidate in Euro 1.100,00 per il primo grado e in Euro 1.500,00 per il secondo grado oltre accessori di legge”, aggravandosi così il danno economico sofferto dall’odierno attore.

Un tale maggior danno è ricollegabile al comportamento tenuto dal professionista, il quale, agendo in violazione del dovere di diligenza professionale impostogli, non solo ha rappresentato un situazione fattuale e giuridica del tutto estranea dalla realtà, convincendo il proprio cliente ad impugnare una sentenza ineccepibile che aveva già affermato la manifesta prescrizione di buona parte diritto di credito azionato e, per la residua parte, l’avvenuta corresponsione degli importi relativi agli anni successivi non coperti dalla prescrizione, ma ha anche minimizzato il danno economico a cui sarebbe andato incontro l’attore in quanto convinto di poter ribaltare l’esito del primo grado in sede di appello.

E’ sufficiente a tal fine ascoltare le conversazioni audio prodotta dall’attore ai documento n. 11, 12 e 13 per avvedersi di come l’Avv. Ol. abbia dichiarato all’attore di non essere mai venuto a conoscenza dell’esistenza del documento denominato “Attestazione originale dei compensi liquidati alla Ra. per lavoro straordinario dal 1996 al 2009 per complessivi Euro 21.548,64”, pur prodotto dalla controparte nel giudizio di primo grado, che, sulla base di quanto chiaramente affermato nella sentenza d’appello, al netto di quanto già rilevato in primo grado in materia di prescrizione, attestava l’avvenuta corresponsione di tutte le ore di straordinario effettuate dalla ex cliente nell’arco compreso tra il 1996 ed il 2009.

E’ evidente, infatti, che, essendo stato prodotto dalla controparte con la memoria di costituzione, avrebbe dovuto essere contestato nello specifico e non del tutto trascurato, come di fatto sembrerebbe essere avvenuto avendo la Corte d’Appello affermato sul punto che “non risulta essere stato contestato dalla Ra. presente all’udienza del 3.8.2011 insieme al marito (…) appellante” (cfr. a pagina 6 della sentenza d’appello).

In un tale contesto, anche considerando quanto giustamente affermato nella sentenza di primo grado, peraltro ulteriormente suffragata in appello, in ordine all’avvenuta prescrizione del credito azionato, il difensore, piuttosto che stimolare la parte ad impugnare la sentenza senza però dare adeguatamente conto della specifica strategia processuale utilizzabile al fine di ribaltare la decisione assunta, avrebbe dovuto dissuaderla e procedervi solo una volta reso edotto il cliente di tutte le possibile conseguenze negative derivanti dall’impugnazione, ivi compreso l’aggravio economico derivante dal rigetto dell’appello e dall’accollo ulteriore delle spese di lite già vantaggiosamente compensate in primo grado.

Ai fini della dimostrazione dell’inadempimento imputabile all’Ol. particolare valore assume la mancata partecipazione all’udienza del 31.1.2019 fissata per l’assunzione dell’interrogatorio formale ammesso dal Tribunale.

L’art. 232 c.p.c. consente all’organo giudicante, nell’ipotesi di mancata comparizione della parte, senza giustificato motivo, a rendere l’interrogatorio formale, di ritenere ammessi i fatti su cui il soggetto avrebbe dovuto essere interrogato. In realtà, la mancata comparizione è argomento valutabile ai sensi dell’art. 116 contro la parte non comparsa unitamente agli altri elementi di prova emergenti dagli atti che, nel caso di specie, sono rappresentati dalle risultanze documentali e dalle dichiarazioni rese dal convenuto in occasione di alcuni incontri avuti con il proprio cliente ed oggetto delle registrazioni audio prodotte ai documenti n. 11, 12 e 13, il cui ascolto non fa altro che confermare il quadro fattuale ricostruito dall’attore.

Accertato l’inadempimento contrattuale, il danno subito dall’attore in conseguenza dell’inadempimento del convenuto è astrattamente costituito dai compensi professionali corrispostigli, pari ad Euro 1.800,00, come asseritamente indicati nella fattura n. 25/2014 emessa dall’Avv. Ol. e prodotta solo con la memoria “conclusionale” depositata in data 13.2.2019, e da quelli sostenuti a seguito della condanna di cui alla sentenza n. 671/2014 alle spese di lite sostenute dalla controparte, pari ad Euro 3.793,71, come da bonifico bancario effettuato in data 17.10.2014 in favore dello studio legale “Gr.” (cfr. in tal senso il medesimo documento prodotto con la memoria conclusiva).

Se, tuttavia, quanto a tale ultima somma non è discutibile l’onere posto a carico dell’attore emergendo chiaramente dall’importo di Euro 2.600,00 complessivamente liquidato nella sentenza n. 671/2014 tempestivamente prodotta con l’atto di citazione, non altrimenti è possibile affermare con riferimento ai compensi corrisposti in favore dell’Avv. Ol. per il giudizio di primo grado avendo parte attrice prodotto la fattura n. 25/2014, la quale attesta l’avvenuto pagamento della somma di Euro 1.800,00, oneri compresi, solo con la memoria conclusionale, ossia allorquando erano già abbondantemente scaduti i termini di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c. concessi ad entrambe le parti per le ulteriori produzioni documentali.

Ne consegue che il Tribunale non ne potrà tenere conto ai fini del decidere stante la tardività della relativa produzione.

In definitiva, l’Avv. Ca.Ol. va condannato a corrispondere ad An.Ma., a titolo di risarcimento del danno subito a seguito del proprio inadempimento, la complessiva somma di Euro 3.793,71, oltre interessi nella misura legale maturati a decorrere dalla data della presente decisione (non avendone l’attore espressamente richiesto la corresponsione) sino a quella del saldo effettivo.

Le spese di lite, in aderenza al principio della soccombenza, liquidate sulla base del decisum (valore compreso tra Euro 1.101 ed Euro 5.200,00) e dei compensi medi indicati dal D.M. 55/2014 per ciascuna fase processuale espletata, vanno poste a carico del convenuto.

P.Q.M.

Il Tribunale di Monza, Sezione I Civile, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione:

– previo accertamento della responsabilità professionale dell’Avv. Ca.Ol. relativamente all’instaurazione del procedimento n. 575/2012 innanzi alla Corte d’Appello di Milano, lo condanna a corrispondere ad An.Ma., a titolo di risarcimento integrale dei danni patrimoniali subiti, la complessiva somma di Euro 3.793,71 oltre interessi nella misura legale maturati a decorrere dalla data della presente decisione sino a quella del saldo effettivo;

– in aderenza al principio d soccombenza, condanna l’Avv. Ca.Ol. alla rifusione delle spese di lite sostenute da An.Ma. nell’ambito del presente giudizio che si liquidano in complessivi Euro 2.694,00, di cui 264,00 per spese esenti e 2.430,00 per compensi, oltre 15% a titolo di spese generali, C.P.A. ed I.V.A., quest’ultima se ed in quanto dovuta, come per legge.

Così deciso in Monza il 6 febbraio 2020.

Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.