La revoca del mandato professionale, ai sensi dell’articolo 2237 c.c., puo’ operarsi ad libitum e resta del tutto svincolata dalla ricorrenza di giusti motivi; conseguentemente, essa non puo’ essere in se’ determinativa di alcun danno, fatto salvo il diritto del professionista alla percezione del compenso per l’attivita’ svolta fino al momento del recesso.

 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 15 giugno 2018, n. 15742

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. IANNIELLO Emilio – Consigliere

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6755-2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 520/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/12/2017 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega non scritta;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 13.3.2006, il Tribunale di Rieti accolse le domande proposte dagli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), condannando quest’ultimo al pagamento della somma di Euro 20.000,00 in favore di ciascuno degli attori a titolo di risarcimento danni da diffamazione e compensando integralmente le spese di lite. Cio’ a causa di alcune affermazioni offensive e lesive dell’onore e della reputazione dei predetti legali, rese dal (OMISSIS), amministratore del Condominio “(OMISSIS), di cui essi attori curavano gli interessi in molteplici controversie ed anche in via stragiudiziale.

Proposto gravame in via principale dal (OMISSIS) e incidentalmente dagli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte d’appello di Roma li accolse parzialmente entrambi, condannando il primo al pagamento della minor somma di Euro 5.000,00 attualizzati in favore di ciascuno degli appellati, nonche’ al pagamento di meta’ delle spese di lite di entrambi di gradi del giudizio.

(OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono ora per cassazione, sulla base di sei motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, si deduce “violazione e falsa applicazione articoli 2043 – 2059 c.c. – articolo 360 c.p.c., n. 3”. La Corte d’appello, riducendo il quantum condannatorio, ha escluso la rilevanza a fini risarcitori dell’episodio relativo all’incontro del (OMISSIS) col fotografo (OMISSIS) (nel corso del quale il primo, dopo aver ricevuto la notifica di un decreto ingiuntivo, si sarebbe lamentato col secondo dell’operato degli avv.ti (OMISSIS), dicendo che erano dei delinquenti e dei professionisti incapaci e che l’avrebbero pagata cara), evidenziando la mancanza dell’elemento oggettivo del reato di diffamazione nelle affermazioni propalate nell’occasione dallo stesso (OMISSIS), e cio’ per l’assenza di comunicazione a piu’ persone, perche’ dette affermazioni erano state riferite al solo (OMISSIS).

Al riguardo, rilevano i ricorrenti che il risarcimento del danno non patrimoniale soggiace al criterio di cui agli articoli 2043 e 2059 c.c., a prescindere dalla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, non essendo comunque consentito ledere la reputazione professionale di essi ricorrenti.

1.2 – Con il secondo motivo, si deduce “violazione e falsa applicazione articoli 2043 – 2059 c.c. – articolo 595 c.p. – articolo 360 c.p.c., n. 3”. La Corte avrebbe errato nel ritenere che l’episodio di cui al motivo precedente sia avvenuto alla presenza dei danneggiati e nel loro studio. In realta’, esso e’ avvenuto nello studio fotografico di (OMISSIS), e quindi in un pubblico esercizio; all’esito, lo stesso (OMISSIS) si reco’ presso lo studio professionale degli avv.ti (OMISSIS), riferendo loro l’episodio. Pertanto, le affermazioni del (OMISSIS) erano destinate ad essere percepite da piu’ persone e comunque, essendo poi giunte a conoscenza anche di una collega di studio di essi ricorrenti (avv. (OMISSIS)), s’era determinata la comunicazione a piu’ persone.

1.3 – Con il terzo motivo, si lamenta “violazione articoli 2043 – 2059 c.c. – articolo 595 c.p. – articolo 360 c.p.c., n. 3 – Omesso esame e pronuncia su un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, articolo 360 c.p.c., n. 5”. La Corte avrebbe omesso di considerare il contenuto diffamatorio di tre lettere, questione peraltro oggetto dell’appello incidentale proposto dagli stessi avv.ti (OMISSIS). Dette lettere, infatti, erano state portate a conoscenza dei 105 condomini del Condominio “(OMISSIS)” nel corso dell’assemblea del (OMISSIS)2000, come confermato dai testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Si e’ poi omesso di considerare il comportamento denigratorio ed offensivo tenuto dal (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Rieti all’udienza del 1.6.1998, allorquando egli si presento’, quale amministratore del Condominio, in compagnia di un sedicente avvocato, cosi’ provocando un rinvio ex articolo 309 c.p.c. in assenza di essi ricorrenti, allora procuratori costituiti del Condominio stesso.

1.4 – Con il quarto motivo, si deduce “violazione e falsa applicazione articoli 1226, 2056 e 2059 c.c.; articolo 360 c.p.c., n. 3”. La Corte d’appello ha ridotto il quantum condannatorio da Euro 20.000,00 ad Euro 5.000,00 per ciascuno dei danneggiati, sul presupposto del limitato risalto della vicenda al mero ambito condominiale. Assumono invece i ricorrenti che la vicenda avrebbe avuto una eco molto piu’ vasta per il loro status, perche’ attinente al proprio operato professionale e perche’ il numero di condomini che avevano percepito le offese (ben 105) era di particolare importanza, specie se rapportato all’intera comunita’ del (OMISSIS).

1.5 – Con il quinto motivo, deducendo “violazione articolo 2043 c.c., articolo 32 Cost., Decreto Legislativo n. 38 del 2000, articolo 13 e L. n. 57 del 2001, articolo 5. Difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia ex articolo 360 c.p.c., n. 5”, si denuncia la mancata considerazione da parte della Corte d’appello della domanda di risarcimento del danno biologico che i ricorrenti avrebbero subito. Si denuncia, inoltre, il difetto assoluto di motivazione sul punto.

1.6 – Infine, con il sesto motivo, denunciando “violazione articoli 2043, 1226, 2056 e 2237 c.c. con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 3 – Vizio di motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti”, si lamenta il mancato accertamento del danno patrimoniale, derivante dalla contrazione dei redditi professionali, asseritamente collegati al discredito gettato addosso ad essi ricorrenti dal (OMISSIS). A nulla rileva, secondo i (OMISSIS), che il mandato professionale sia sempre revocabile, come ritenuto dalla Corte d’appello, perche’ il mandato venne revocato dal Condominio sulla base di false informazioni riferite ai condomini dall’amministratore (OMISSIS).

2.1 – Il primo motivo e’ fondato.

Infatti, nell’operare la riduzione quantitativa della condanna inflitta al (OMISSIS) in primo grado, la Corte d’appello ha ritenuto di dover anzitutto concordare col primo giudice sulla circostanza che i molteplici episodi riferiti dagli attori e provati in corso di giudizio avevano la natura di meri dissapori, tipici di un rapporto in cui era venuta meno la fiducia tra le parti. Cio’, tuttavia, ad eccezione di due episodi: il primo, quello avvenuto nel corso dell’assemblea del (OMISSIS)2000, allorquando il (OMISSIS) aveva definito i (OMISSIS) come buoni a nulla, esosi, ecc., allo scopo di giustificare la revoca del mandato professionale; il secondo, quello avvenuto presso lo studio del fotografo (OMISSIS), supra descritto.

Ora, la Corte ha escluso di poter apprezzare tale ultimo fatto in senso utile per i (OMISSIS), perche’ gli epiteti offensivi erano stati proferiti dal (OMISSIS), nella circostanza, alla sola presenza del (OMISSIS) e non di altri, e difettava quindi il requisito della pluralita’ di persone, previsto dall’articolo 595 c.p. e, conseguentemente, l’elemento oggettivo del reato di diffamazione.

Senonche’, erra la Corte d’appello nell’escludere il diritto al risarcimento del danno in favore dei ricorrenti, pur a fronte dell’indubbia carica offensiva delle parole profferte dal (OMISSIS), per il solo fatto che, nella specie, non sia configurabile il reato di diffamazione. Infatti, e’ giurisprudenza consolidata di questa Corte l’affermazione del principio secondo cui “Poiche’ l’onore e la reputazione costituiscono diritti della persona costituzionalmente garantiti, la loro lesione legittima sempre la persona offesa a domandare il ristoro del danno non patrimoniale, quand’anche il fatto illecito non integri gli estremi di alcun reato” (Cass. n. 25257/2008); e ancora, “L’onore e la reputazione, la quale si identifica con il senso della dignita’ personale in conformita’ all’opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico, costituiscono diritti della persona costituzionalmente garantiti e, pertanto, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata degli articoli 2043 e 2059 c.c., la loro lesione e’ suscettibile di risarcimento del danno non patrimoniale, a prescindere dalla circostanza che il fatto lesivo costituisca o meno reato” (Cass. n. 22190/2009).

La sentenza impugnata va quindi cassata in parte qua.

3.1 – Il secondo motivo e’ inammissibile, perche’ sul punto i ricorrenti non hanno colto la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Infatti – a parte la considerazione che l’accoglimento del primo motivo svuota sostanzialmente di rilevanza la censura in esame – la Corte d’appello non ha affermato che l’episodio che vide protagonista il fotografo (OMISSIS) avvenne “alla presenza dei danneggiati e nel loro studio” (v. ricorso, p. 18), bensi’ che il (OMISSIS), dopo aver raccolto le frasi ingiuriose del (OMISSIS), si reco’ presso lo studio professionale dei (OMISSIS) per riferirle loro. E’ quindi evidente che la censura in esame e’ eccentrica, ne’ tantomeno puo’ avere alcuna rilevanza, ai fini della pretesa sussistenza della condotta diffamatoria, la circostanza che terzi (ossia, la collega di studio dei (OMISSIS), avv. (OMISSIS)) fossero presenti all’incontro tra il (OMISSIS) e gli stessi (OMISSIS) (in cui questi, come detto, appresero dell’episodio) atteso che la condotta diffamatoria (peraltro, istantanea) non puo’ che essere compiuta dal preteso diffamatore e, pacificamente, il (OMISSIS) in tale occasione non c’era.

4.1 – Anche il terzo motivo e’ inammissibile.

I (OMISSIS) si dolgono dell’omesso esame di specifici fatti offensivi, contenuti in missive scambiate e portate a conoscenza dei condomini, e anche di un episodio in cui il (OMISSIS) si sarebbe presentato – in compagnia di un sedicente avvocato – presso il Tribunale di Rieti, ove sarebbe stata chiamata una causa del Condominio (OMISSIS) patrocinata dagli stessi avv.ti (OMISSIS), facendo sparire il fascicolo d’ufficio e provocando un rinvio ex articolo 309 c.p.c..

In realta’, gli stessi ricorrenti affermano che le suddette questioni erano state oggetto di motivo d’appello incidentale (v. ricorso, p. 26), sicche’ nella specie non si tratta di omesso esame di uno o piu’ fatti storici, bensi’ di una specifica (e articolata) doglianza contenuta nel gravame, omissione che avrebbe dovuto essere denunciata per violazione dell’articolo 112 c.p.c. ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, (v. Cass. n. 6835/2017).

5.1 – Stessa sorte segue il quarto mezzo.

Con esso, infatti, i (OMISSIS) censurano la valutazione effettuata dalla Corte d’appello in relazione all’ambito di propagazione e di percezione delle offese loro arrecate dal (OMISSIS), assumendo che avrebbero dovuto essere valutate diverse ed ulteriori circostanze, tali da far desumere che, in realta’, le offese (e quindi, il danno alla loro reputazione) dovevano intendersi essere note all’intera comunita’ della stazione sciistica del (OMISSIS).

Si tratta, com’e’ evidente, di una valutazione meramente fattuale, riservata al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimita’ ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici, come indubbiamente e’ nella specie.

Infatti, costituisce consolidato principio della giurisprudenza di legittimita’ quello secondo cui “Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non puo’ rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in se’ coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove e’ sottratto al sindacato di legittimita’, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non e’ conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilita’ e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (cosi’, da ultimo, Cass. n. 9097/2017).

Sotto il profilo in esame, quindi, le censure circa la lettura dei fatti processualmente rilevanti effettuata dalla Corte d’appello si risolvono in una contrapposta ricostruzione al riguardo offerta dai ricorrenti, come detto inammissibile in questa sede. Infatti, “Il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti” (da ultimo, Cass. n. 4293/2016).

6.1 – Anche il quinto motivo e’ inammissibile.

Cosi’ come riguardo al terzo motivo, anche in tal caso si tratta di omesso esame della domanda e del relativo motivo d’appello incidentale, come pure affermato dagli stessi ricorrenti (v. ricorso, p. 34). Valga, pertanto, quanto gia’ detto nel par. 4.1..

7.1 – Il sesto motivo e’ invece infondato.

La revoca del mandato professionale, ai sensi dell’articolo 2237 c.c., puo’ operarsi ad libitum e resta del tutto svincolata dalla ricorrenza di giusti motivi (Cass. n. 14702/2007); conseguentemente, essa non puo’ essere in se’ determinativa di alcun danno, fatto salvo il diritto del professionista alla percezione del compenso per l’attivita’ svolta fino al momento del recesso. Nella specie, peraltro, la circostanza che i condomini sarebbero stati tratti in errore dalle falsita’ asseritamente propalate dal (OMISSIS) non puo’ essere certo fatta valere dai (OMISSIS), ma semmai dal Condominio o, a tutto concedere, da uno o piu’ condomini, mediante l’impugnazione della delibera assembleare con cui si adotto’ la revoca del mandato. Il che, pacificamente, non e’ avvenuto, e comunque esula dai confini di questo giudizio.

8.1 – In definitiva, i motivi dal secondo al quinto sono inammissibili, il sesto e’ infondato, il primo e’ accolto. La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione e, non occorrendo procedere ad ulteriori accertamenti di fatto, puo’ adottarsi la decisione del merito, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 2, con la condanna di (OMISSIS) al pagamento di ulteriori Euro 5.000,00 in moneta attuale, in favore di ciascuno dei ricorrenti, oltre interessi legali da oggi al soddisfo.

Infatti, come gia’ anticipato, e’ indubbia la valenza offensiva delle frasi proferite dal (OMISSIS) in occasione dell’episodio avvenuto presso lo studio fotografico di (OMISSIS), offensivita’ gia’ apprezzata dal Tribunale ed erroneamente esclusa dalla Corte d’appello. La liquidazione del relativo danno non patrimoniale arrecato a ciascuno dei ricorrenti ben puo’ procedere nella stessa misura adottata dalla Corte per l’altro episodio gia’ riconosciuto.

Occorrendo provvedere sulle spese dell’intero giudizio, ritiene la Corte di doverle integralmente compensare, sussistendo giusti motivi e tenuto anche conto del definitivo rigetto delle domande avanzate dai (OMISSIS) per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale, nonche’ del rilevantissimo divario tra la somma originariamente e complessivamente richiesta (L. 1,3 mld.) e quella finalmente loro riconosciuta.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i motivi secondo, terzo, quarto e quinto, infondato il sesto; accoglie il primo, cassa in relazione e, decidendo nel merito, condanna (OMISSIS) al pagamento di ulteriori Euro 5.000,00 attualizzati in favore di ciascun ricorrente, oltre interessi legali da oggi al soddisfo.

Compensa integralmente le spese dell’intero giudizio tra le parti.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.