Il beneficiario del vincolo di destinazione ex articolo 2645-ter cod. civ. non è litisconsorte necessario nel giudizio per la revocatoria ex articolo 2901 cod. civ. del vincolo.

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Corte d’Appello|Firenze|Sezione 2|Civile|Sentenza|11 ottobre 2022| n. 2240

Data udienza 15 settembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La CORTE DI APPELLO DI FIRENZE

Sezione Seconda civile

Così composta:

dott. Edoardo Monti Presidente

dott.ssa Dania Mori Consigliere

dott.ssa Annamaria Loprete Consigliere rel.

Ha pronunciato la presente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta in grado di appello al n. …del ruolo generale della Corte dell’anno 2021 promossa

Da

Tizia rappresentata e difesa dagli avv.ti…, entrambi del foro di Firenze, come da procura in calce all’atto di citazione in appello

Appellante

Contro

Fallimento X s.r.l., in persona del Curatore dott.., rappresentato e difeso all’avv. …del foro di Firenze, come da mandato a margine della comparsa di costituzione.

Convenuto in appello

Oggetto: azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.

Trattenuta in decisione all’esito di trattazione scritta con ordinanza collegiale del 14.1.2022 sulle seguenti conclusioni:

Per l’appellante: “Voglia l’Ill.ma Corte di Appello di Firenze, contrariis reiectis, in accoglimento del presente appello ed in integrale riforma della impugnata sentenza del Tribunale di Firenze n…./2021 in data 27 febbraio – 1° marzo 2021, resa nel giudizio RG …/2017, notificata il 2 marzo 2021 e previa occorrendo rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per la soluzione della questione di legittimità costituzionale enunciata: (a) respingere in quanto inammissibili, improponibili e comunque infondate le domande proposte dalla Curatela attrice; (b) ordinare al Conservatore dei Registri Immobiliari di Firenze la cancellazione della trascrizione dell’atto introduttivo del presente giudizio, trascritto il …al numero…di Registro generale ed al numero …di Registro particolare, che ha colpito l’immobile posto in Firenze, Via…, censito al Catasto Fabbricati del Comune di Firenze al Foglio.., particella., subalterno 7. In via istruttoria, semmai si ritenga che debba comunque accertarsi la condizione di salute del figlio della comparente con CTU, Caio …, si chiede che la consulenza sia eseguita sui documenti clinici del ragazzo. Con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi del giudizio”.

Per il convenuto in appello:” Piaccia alla Corte di Appello di Firenze, dichiarare inammissibile l’appello e comunque respingerlo perché infondato, confermando integralmente la sentenza di prime cure.”

FATTO E DIRITTO

Il Tribunale di Firenze con sentenza n. 468 del 1.3.2021 ha accolto la domanda promossa ai sensi dell’art. 2901 c.c. dal Fallimento X s.r.l. avente ad oggetto l’atto pubblico – rogito del notaio …di Firenze in data 4.10.2016, Reg. Gen. N…, Reg. particolare n…. – con il quale la debitrice Tizia aveva vincolato l’unico bene immobile di sua proprietà, consistente in una porzione del complesso immobiliare in Firenze, via .destinandolo ex art. 2645-ter c.c. alle esigenze di vita del figlio Caio, affetto da gravi problemi di salute e disabile.

Il Tribunale ha ritenuto integrati tutti i presupposti richiesti dalla legge ai fini dell’azione: in particolare, la sussistenza del diritto di credito vantato dal Fallimento nei confronti di Tizia per i danni da essa cagionati alla società poi fallita, di cui era amministratrice e liquidatrice di fatto, accertati e quantificati con sentenza di condanna n. 2132/2018 emessa dal Tribunale civile di Firenze per Euro 1.105.468,83; la sussistenza dell’eventus damni, avendo l’atto dispositivo reso incerta e comunque precluso nell’immediato la possibilità di realizzazione dell’ingente credito vantato dalla società fallita; la ulteriore sussistenza del presupposto della scientia damni in capo alla S. desumibile dall’anteriorità del diritto di credito, poiché l’atto dispositivo è stato posto in essere nel corso della causa civile intentata dal Fallimento per ottenere il risarcimento del danno cagionato dalla amministratrice della società nonché a seguito della sentenza penale con cui Tizia è stata condannata per i reati di concorso in bancarotta fraudolenta ed altro al pagamento di una provvisionale di Euro 50.000,00 sempre in favore della società fallita. Ulteriormente, la consapevolezza di pregiudicare i propri creditori è stata desunta dalla gratuità dell’atto dispositivo nonché dalle proposte transattive presentate dalla stessa Tizia al Fallimento nel corso del giudizio civile. Il Giudice ha accolto la domanda di revocatoria ritenendo che l’atto dispositivo posto in essere ai sensi dell’art. 2645 -ter c.c., finalizzato a garantire i mezzi di sostentamento per il figlio affetto da accertata disabilità e quindi per la realizzazione di un interesse meritevole di tutela, non andasse esente da revocatoria, ciò sostenendo anche alla luce dell’orientamento della Corte di Cassazione in tema di revocatoria del trust, secondo cui l’atto costitutivo di tale patrimonio separato, se successivo al sorgere del credito e pregiudizievole alle ragioni creditorie, è revocabile a prescindere dai motivi che hanno spinto il disponente a realizzarlo.

Il Tribunale ha poi condannato la convenuta alla rifusione delle spese di lite in favore di parte attrice.

Avverso questa pronuncia Tizia ha interposto appello, facendo valere le seguenti censure:

1) Erroneità della sentenza per aver ritenuto l’atto di destinazione patrimoniale per meritevole scopo ex art. 2645-ter c.c. assoggettabile all’azione revocatoria nonostante la norma citata limiti le azioni esecutive rispetto al bene conferito soltanto per i debiti contratti al fine di soddisfare lo scopo in forza del quale è stato destinato il bene stesso. Inoltre, rileva l’appellante, che l’esclusione della possibilità di agire in revocatoria rispetto all’atto posto in essere ai sensi dell’art. 2645-ter c.c. deriva anche dalla prevalenza delle esigenze di tutela degli interessi delle persone affette da disabilità rispetto alle ragioni creditorie.

2) Erroneità della sentenza per non aver ritenuto preminente la tutela degli interessi della persona affetta da disabilità rispetto alla soddisfazione dei diritti vantati dai creditori contrariamente a quanto è desumibile dall’intero sistema normativo sia statuale che sovranazionale (artt. 2,3,30,32 e 30 Cost. nonché Carta di Nizza, Convenzione ONU e Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo).

3) Erroneità della sentenza per omessa considerazione del fatto che l’atto di destinazione era necessario a garantire un sostegno, soprattutto di tipo economico, al figlio in caso di premorienza di Tizia.

4) Erroneità della sentenza per aver esteso la giurisprudenza in tema di trust e fondo patrimoniale relativa alla possibilità di esperire l’azione revocatoria agli atti di destinazione ex art. 2645-ter c.c. senza considerare la differenza intercorrente fra gli atti in questione e senza considerare che solo con l’atto di destinazione realizzato al fine di soddisfare le esigenze di tutela di persone affette di disabilità si adempie ad un dovere morale e giuridico.

5) Erroneità della sentenza per aver accolto la domanda revocatoria nonostante la debitrice avesse adempiuto al dovere morale e giuridico di tutelare il figlio su di essa incombente in quanto madre.

6) Erroneità della sentenza per aver ritenuto sussistenti i presupposti di legge necessari ai fini dell’azione revocatoria. Parte appellante deduce che le ragioni sottese alla costituzione di tale vincolo sul bene immobile consistevano nel garantire al figlio una tutela dal punto di vista economico, esigenza che si è presentata soprattutto a seguito dell’operazione a cui questi era stato sottoposto nel 2016 e tenuto conto anche del fatto che ella disponente si trovava ad essere in età già avanzata, tale non poter più provvedere alle esigenze del disabile. Inoltre, contesta l’esattezza della consulenza tecnica espletata in sede di giudizio civile, per ciò che concerne la quantificazione del danno ad essa riferibile quale conseguenza diretta delle condotte accertate ed alla medesima ascritte in veste di amministratrice e liquidatrice in via di fatto.

Si è costituito Fallimento X s.r.l. chiedendo il rigetto dell’appello in quanto infondato.

La causa è stata trattenuta in decisione a seguito di trattazione scritta con ordinanza collegiale del 14.1.2022 con concessione dei termini per il deposito delle conclusionali e delle repliche.

In via preliminare ed in rito, si rileva la corretta instaurazione del contraddittorio sin dal primo grado del giudizio: nel caso di specie parti del giudizio risultano essere soltanto la curatela del fallimento X s.r.l., in qualità di creditrice, e la signora S., quale debitrice.

Correttamente non è stato evocato in giudizio dal fallimento attore il figlio di Tizia, Caio, beneficiario dell’atto dispositivo di destinazione del bene oggetto della presente causa: l’omessa citazione, ancorché non eccepita dalle parti ma comunque rilevabile d’ufficio, non integra pretermissione di una parte necessaria al giudizio, posto che il beneficiario dell’atto di destinazione deve considerarsi mero litisconsorte facoltativo. Difatti l’atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. non comporta il trasferimento in capo al beneficiario di alcun diritto di proprietà sul bene ma appone un vincolo sullo stesso per un certo periodo di tempo, finalizzato a soddisfare le esigenze di vita del disabile.

Pertanto, se, da un lato, è evidente che il beneficiario può avere interesse ad intervenire poiché l’accoglimento della domanda revocatoria gli arreca comunque un pregiudizio, dall’altro, la sua posizione non è tale da imporre la sua necessaria partecipazione al giudizio in veste di litisconsorte necessario perché attraverso l’atto dispositivo questi non acquisisce alcun diritto reale sul cespite ma è soltanto destinatario di un atto che produce effetti favorevoli nei suoi confronti (in tal senso si veda Cass. 29727/2019). Tale assunto trova poi conforto anche alla luce di quanto affermato dalla Cassazione in tema di fondo patrimoniale: secondo la Suprema Corte infatti solo laddove la costituzione del fondo patrimoniale comporti la contitolarità in capo ai coniugi del diritto reale sul bene oggetto della convenzione matrimoniale sussiste un litisconsorzio necessario di entrambi i coniugi, litisconsorzio che invece è soltanto facoltativo verso il coniuge non titolare, nel caso in cui il bene resti di proprietà dell’altro (Cass. 8978/2019). E ciò vale anche in materia di trust dove il convenuto in revocatoria è solo il trust attraverso il trustee, mentre i beneficiari del trust possono solo spiegare intervento volontario nel giudizio in revocatoria (Cass n. 1826 del 2022). Premesso ciò l’appello è infondato e come tale deve essere disatteso. Il primo e il secondo motivo possono essere trattati unitariamente posto che vertono entrambi sulla medesima questione circa la prevalenza o meno della esigenza di tutela delle persone affette da disabilità rispetto alla tutela delle ragioni creditorie.

Ora, l’atto di destinazione realizzato ai sensi dell’art. 2645-ter c.c. comporta una deroga al principio della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. in forza del quale il debitore risponde dei propri debiti con i suoi beni presenti e futuri: l’atto di destinazione, benché istituto lecito e meritevole di interesse e tutela nell’ordinamento ex art. 1322 c.c., astrattamente implica un potenziale pregiudizio alla massa creditoria del disponente in quanto il bene che è stato vincolato ad uno specifico scopo può essere aggredito, finché il vincolo perdura, soltanto dai creditori il cui diritto derivi da un debito contratto per il fine impresso al vincolo di destinazione. Affinché l’atto di destinazione sia valido è necessario che rispetti i presupposti indicati dall’art. 2645-ter c.c. fra i quali figura anche lo scopo del vincolo impresso sul bene, che deve consistere nella “realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’art. 1322, secondo comma”.

In realtà lo scopo viene in rilievo soltanto ai fini della validità ed efficacia dell’atto (in tal senso si veda Cass. 29727/2019): infatti il Legislatore tramite l’istituto dell’art. 2645-ter c.c. ha introdotto una deroga al generale principio della responsabilità patrimoniale proprio e solo perché l’atto viene realizzato in virtù di uno degli scopi elencati nella citata norma.

Di talché è legittimo l’atto di destinazione di un bene volto a soddisfare interessi meritevoli, fra i quali è compreso anche quello di tutela delle persone con disabilità, ed è altresì idoneo a sottrarre il bene alla massa creditoria estranea allo scopo del vincolo di destinazione.

La prevalenza del principio di tutela delle esigenze delle persone affette da disabilità rispetto a quello di tutela dei creditori rappresenta dunque la ratio sottesa all’istituto ma non può essere ulteriormente richiamata al fine di sottrarre all’azione revocatoria atti che sono stati realizzati ad hoc, anche per sottrarre il bene gravato dal vincolo all’azione dei creditori per debiti contratti e già esistenti o posti in essere nella consapevolezza di arrecare un danno ai medesimi creditori.

In altre parole: un conto è la meritevolezza dell’interesse che dà causa all’atto dispositivo e rende valido il negozio in deroga al principio dell’art.2470 c.c., altra cosa è riconoscere ex ante e in via generale la sottrazione dell’atto alla revocatoria in nome della affermata meritevolezza di questo interesse e della prevalenza della tutela del disabile sulle ragioni creditorie come principio aprioristicamente valido e generalizzato.

Ciò non è, e né si trae un siffatto corollario dai pronunciati invocati dall’appellante, perché una cosa è la creazione di un vincolo di destinazione sul bene, a prescindere dalla concreta e attualizzata esposizione debitoria del disponente, un’altra cosa è creare un vincolo siffatto quando ricorre già una conclamata situazione debitoria del disponente e dove allora lo scopo meritevole di tutela deve essere bilanciato con una situazione creditoria in partenza pregiudicata dall’atto e dove il disponente è nella piena consapevolezza che tale effetto, seppur non direttamente voluto è comunque imprescindibilmente conseguenziale all’atto.

Cioè la meritevolezza dell’interesse che rende possibile la deroga al principio dell’art. 2740 c.c. si deve comparare in concreto con le condizioni di fatto in cui è venuto ad esistenza l’atto e ove ricorrano le condizioni della revocatoria, la tutela dell’interesse del disabile diventa solo condizione estrinseca per la validità dell’atto ma non baluardo in assoluto di difesa del negozio dispositivo dall’azione revocatoria stessa.

Questo è il ragionamento compiuto dal primo Giudice – ulteriormente sviscerato in questa sede- e che questa Corte ritiene di condividere. È poi inconferente il richiamo che parte appellante compie all’ultimo periodo dell’art. 2645-ter c.c., nel quale si afferma che i beni conferiti “possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall’art. 2915, primo comma, solo per i debiti contratti per tale scopo”, posto che nel caso di specie il creditore agisce proprio per ottenere l’inefficacia dell’atto con il quale il debitore, costituendo il vincolo, ha distratto per un periodo di tempo il bene, su cui avrebbe potuto soddisfare il suo credito, al fine di poter poi promuovere le azioni esecutive su quel bene.

Ciò consente di ritenere superato il quinto motivo perché non può ritenersi che l’atto de quo esuli dal campo di applicazione dell’azione revocatoria solo perché, secondo la prospettazione di parte appellante, è stato posto in essere al fine di assolvere ad un dovere morale e giuridico.

Peraltro, il presunto dovere cui avrebbe adempiuto l’appellante, individuabile nel dovere morale di assistenza del figlio disabile per la posizione di garanzia rivestita di genitrice addetta alla tutela, non prevale, nelle condizioni testé descritte, sulle legittime ragioni del ceto creditorio di cui è portatore il fallimento.

Anche il quarto motivo di appello resta superato ed assorbito dalle argomentazioni già svolte, riproponendosi attraverso di esso sempre la medesima doglianza della prevalenza dell’interesse sotteso alla costituzione del vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. assumendosi l’incomparabilità dell’istituto con quello del fondo patrimoniale e del trust perché nel caso in esame ricorrerebbe l’adempimento di un dovere morale. Si tratta di una affermazione infondata, tanto che la Suprema Corte ha sostenuto proprio il contrario e cioè che è indiscussa la possibilità per il creditore di agire in revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. per un atto costitutivo di un vincolo di destinazione (Cass. 29727/2019; Cass. 3697/2020). Infine, con il sesto motivo del gravame, parte appellante contesta l’erroneo riconoscimento dei presupposti dell’acro pauliana e afferma che la reale ragione sottesa alla costituzione del vincolo sul bene immobile consiste nell’esigenza di tutelare il figlio dopo l’operazione da questi subita nel 2016 e tenuto conto dell’età avanzata di Tizia. Aggiunge poi che “proprio i giudizi promossi nei confronti della comparente ed il loro iniziale esito hanno reso manifesta l’esigenza preferenziale di tutelare il figlio da ogni possibile conseguenza onerosa che possa, pur ingiustamente, verificarsi” (pag. 40, paragrafo 24 dell’atto di citazione in appello) ammettendo così indirettamente l’intento di sottrarre i beni al fallimento.

Non può che ritenersi sussistente il requisito della scientia damni attesa l’evidente consapevolezza, ammessa dalla stessa debitrice, di aver pregiudicato le ragioni del fallimento tenuto conto dell’anteriorità dell’insorgenza del credito rispetto all’atto dispositivo posto in essere il 4.10.2016. Il fallimento, infatti, ha agito al fine di tutelare il proprio diritto al risarcimento del danno cagionato dalla S. in qualità di amministratrice e liquidatrice di fatto della società poi fallita, accertato in parte nel giudizio penale in cui la medesima è stata condannata, con sentenza 2675 del 6.4.2016, oltre che alla pena della reclusione anche al pagamento di una provvisionale, in solido con il coimputato, di Euro 50.000,00 in favore della Curatela, e poi nel giudizio civile, instaurato nel 2012 e oggi pendente dinanzi la Suprema Corte, in cui è stata condannata al pagamento della definitiva somma di Euro 1.105.468,83.

E si ricorda che non è necessario ai fini dell’esercizio dell’acro pauliana che il credito sia necessariamente certo, liquido ed esigibile essendo stata accolta una nozione lata di credito comprensiva anche di una mera aspettativa ovvero di un credito eventuale (ex multis Cass. 27016/2016; 5619/2016; 23666/2015). Ne consegue, pertanto, anche l’irrilevanza della contestazione dell’appellante circa l’erroneità della perizia espletata nel giudizio civile con la quale è stato quantificato il danno cagionato da Tizia e dall’altro liquidatore alla società, essendo comunque stata accertata l’esistenza del diritto al risarcimento del danno in capo al Fallimento nel giudizio penale, con rinvio al giudice civile solo per la sua quantificazione.

Seppur non specificatamente contestati, si rileva la sussistenza degli altri requisiti dell’azione pauliana quali il diritto di credito, per quanto suesposto, e l’eventus damni. Riguardo a quest’ultimo presupposto, non si revoca in dubbio che l’atto di destinazione del bene de quo arrechi un effettivo pregiudizio alle ragioni del fallimento, non potendo esso aggredire il bene immobile fintanto che perdura il vincolo di destinazione, che nel caso di specie è pari alla durata della vita del beneficiario.

Assorbito in ragione di quanto già esposto in punto di scientia damni è il terzo motivo di appello, nel quale Tizia afferma di aver posto in essere l’atto di destinazione al solo fine di assicurare tutela al figlio affetto da disabilità. Si osserva, ad adiuvandum, che è inconferente lo scopo in forza del quale la debitrice ha realizzato l’atto di distrazione del bene posto che ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria è sufficiente la consapevolezza di arrecare un pregiudizio alle ragioni del creditore, consapevolezza che si ritiene esser stata ampiamente provata nel caso di specie. In tal senso si è pronunciata la Suprema Corte secondo la quale “la scientia damni, che la norma dell’art. 2901 comma 1 n. 1 cod. civ. pone in capo al debitore che l’atto compie, si atteggia propriamente come semplice, “mera conoscenza” delle conseguenze negative che – in punto di concreto soddisfacimento del diritto del credito – l’atto medesimo è in grado di produrre. Si atteggia dunque, per ricorrere ad altra formula espressiva, come la semplice “previsione del danno” che ragionevolmente potrà derivare ai creditori dall’atto che nei fatti il debitore viene a porre in essere” (ex multis Cass. 9192/2021).

Il regolamento delle spese segue il criterio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

La Corte dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater D.P.R. 115/02, per il raddoppio del contributo unificato a carico dell’appellante.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando, sull’appello proposto da Tizia avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n. 468 del 1.3.2021 nei confronti di Fallimento X s.r.l., ogni avversa domanda ed eccezione disattesa:

– Rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

– Condanna Tizia alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore di Fallimento X s.r.l., spese che liquida in Euro 6.000,00, oltre rimborso forfettario e accessori di legge.

Si dà atto che ricorrono le condizioni per porre a carico di parte appellante il raddoppio del contributo ex art. 13 c. 1 quater D.M. 115/02.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio telematica del 15 settembre 2022.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.