La decadenza del creditore dal diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione fideiussoria, sancita dall’art. 1957 c.c. per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, può essere preventivamente rinunciata dal fideiussore, trattandosi di pattuizione rimessa alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione, per il garante, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore.

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Corte d’Appello|Roma|Civile|Sentenza|28 dicembre 2022| n. 8358

Data udienza 19 dicembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI ROMA

SEZIONE SECONDA SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA

così composta:

dr. Benedetta Thellung de Courtelary presidente relatore

dr. Marina Tucci consigliere

dr. Mario Montanaro consigliere

riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 2028 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2021, posta in decisione all’udienza del giorno 4 luglio 2022 e vertente

TRA

(…) (C.F. (…)) e (…) (C.F (…)), con l’avvocato (…)

PARTE APPELLANTE

E

(…) S.p.a., (già (…) S.p.a., già (…) S.p.a (C.F (…)), con gli avvocati (…)

PARTE APPELLATA

E

Coopfidi – CONFIDI UNITARIO PER L’ARTIGIANATO E LA PICCOLA E MEDIA IMPRESA SOC. COOP. CONSORTILE (C.F 80443000585), con l’avvocato (…)

PARTE APPELLATA

OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 2410/2021 del 9 febbraio 2021 del Tribunale di Roma. Si dà atto che la causa non riguarda la materia specializzata dell’impresa.

FATTO E DIRITTO Par. 1. – Primo grado:

– con Decreto Ingiuntivo n. 726/2016 del 13 gennaio 2016, notificato congiuntamente al ricorso in data 18 febbraio 2016, il Tribunale di Roma ha ingiunto ai signori (…) e (…) di pagare, in solido, alla (…) S.p.a., l’importo di euro 32.042,34, oltre interessi, spese della procedura ed accessori;

– a fondamento della pretesa creditoria, la Banca deduceva di essere creditrice della somma di euro 32.042,34 verso i (…) in virtù del contratto di fideiussione da questi sottoscritto in favore della Società fallita (…) SRL, relativo al contratto di finanziamento chirografario n. 80/116/1045415, di originari 33.502,54 concesso alla (…) S.r.l. in data 28/6/2012, oltre agli interessi calcolati al tasso contrattuale dall’ 1.9.2015 al saldo;

– i (…) formulavano opposizione avverso il decreto ingiuntivo de quo, disconoscendo le sottoscrizioni apposte in calce alle fideiussioni e chiedendo l’autorizzazione di chiamare in causa Coopfidi – Confidi Unitario per l’Artigianato e la Piccola e Media Impresa;

– la causa veniva iscritta al n. R.G. 25660/2016 del Tribunale di Roma e veniva fissata per la comparizione delle parti l’udienza del 27 ottobre 2016;

– all’udienza del 27 ottobre 2016, il Giudice sospendeva la provvisoria esecuzione del Decreto Ingiuntivo opposto ed ha autorizzato la chiamata in causa del terzo COOPFIDI – Confidi Unitario per l’Artigianato e la Piccola e Media Impresa Società Cooperativa Consortile;

– la causa veniva istruita documentalmente e mediante una CTU grafologica;

– all’udienza del 30 maggio 2019, il Giudice ha trattenuto la causa in decisione ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.

Par. 2. – All’esito del giudizio, il Tribunale ha così deciso:

“- respinge l’opposizione e per l’effetto conferma l’opposto decreto;

– respinge la domanda proposta nei confronti della terza chiamata;

– condanna gli opponenti alla refusione in favore dell’opposta delle spese di lite che liquida nell’importo di Euro 2.500,00 per compenso oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Pone le spese di CTU a carico degli opponenti”.

A fondamento della decisione, il primo Giudice, per quanto interessa il presente giudizio di appello, ha ritenuto che:

– l’opposizione doveva essere respinta perché infondata dal momento che la CTU aveva accertato la non riferibilità della sottoscrizione unicamente all’atto di riduzione dell’importo garantito, mentre aveva accertato l’autenticità delle altre sottoscrizioni apposte sulle fideiussioni;

– la CTU appariva priva di vizi logici e di errori;

– la fideiussione omnibus sottoscritta, sebbene avesse subito una riduzione relativamente all’importo massimo garantito, aveva piena validità ed efficacia essendo rilasciata per tutte le obbligazioni future e quindi anche a garanzia del credito vantato, rendendo superfluo l’accertamento di quale fosse l’atto di fideiussione azionato dalla Banca;

– le fideiussioni corrispondevano al modello del contratto autonomo di garanzia relativamente agli artt. 5, 6, 7, 8 e 9 in virtù dei quali veniva prevista l’obbligazione del pagamento a prima richiesta e la rinuncia alle eccezioni ed ai termini decadenziali;

– da ciò poteva desumersi il carattere di autonomia dell’obbligazione garanzia rispetto all’obbligazione principale;

– era onere del garante mantenersi aggiornato sulla situazione di esposizione debitoria del garantito ai sensi dell’art. 5;

– doveva essere respinta, perché generica, l’eccezione riguardante l’illecita capitalizzazione trimestrale e di applicazione degli interessi usurari;

– era infondata la chiamata in causa della Coopfidi sulla base della considerazione che l’esistenza di una ulteriore garanzia del credito non poteva paralizzare la pretesa della Banca, vista l’autonomia dei due rapporti.

Par. 3. – Hanno proposto appello (…) e (…), rassegnando le seguenti conclusioni:

“Voglia l’Ecc.ma Corte adita, previa sospensione dell’efficacia esecutiva, in accoglimento del presente appello, riformare la sentenza del Tribunale di Roma n. 2410/2021, Sez. XVII Civile, in persona del Giudice Dottor Erminio Colazingari, emessa tra le parti in epigrafe nel procedimento n. R.G. 25660/2016, pubblicata il 9.2.2021 e notificata dalla (…) in data 3.3.2021 e, per accogliere le conclusioni rassegnate nella citazione di primo grado di seguito ritrascritte:

– in via preliminare revocare il decreto ingiuntivo per mancato espletamento della procedura di mediazione obbligatoria;

– in via preliminare ulteriore, nella denegata ipotesi in cui il Giudice ritenga dovuta alla Banca la somma portata nel decreto ingiuntivo opposto, autorizzare, per i motivi sopra esposti, la chiamata in causa della Coopfidi – Confidi Unitario per l’Artigianato e la Piccola e Media Impresa con sede legale in Roma Via (…) cap. 00157 Roma;

– nel merito:

revocare il Decreto Ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, n. 726/2016 del 13.1.2016, emesso dal Tribunale Ordinario di Roma, in persona del Dott. (…), nel procedimento n. R.G. 67413/2015 per i motivi tutti di cui al presente atto di opposizione e, per l’effetto, accertare e dichiarare l’insussistenza di qualsivoglia debito dei sig.ri (…) e (…) nei confronti della Banca opposta alla luce di quanto sopra esposto;

– nel merito, in via subordinata, nella denegata ipotesi in cui il Giudice ritenga dovuta alla Banca la somma portata nel decreto ingiuntivo opposto, accertare e dichiarare, per effetto della chiamata in causa del terzo, che le somme in questione, per i motivi di cui in narrativa, sono ad esclusivo carico della Coopfidi – Confidi Unitario per l’Artigianato e la Piccola e Media Impresa e, che, pertanto, nulla è dovuto alla Banca da parte degli odierni opponenti.

In via istruttoria:

1) ammettere consulenza tecnica d’ufficio circa le vicende numerarie del conto corrente n. 96717 intestato a (…) srl sul quale sarebbe stata accreditata la somma oggetto del finanziamento n. 80/116/1045415 di Euro 33.502,54, al fine di accertare l’applicazione di interessi usurari ed anatocistici per capitalizzazione di interessi, spese e commissioni di massimo scoperto;

2) ordinare alla Banca l’esibizione degli estratti conti per tutto il periodo di vigenza dei rapporti”.

(…) S.p.a., (già (…) S.p.a., già (…) S.p.a.) ha resistito al gravame, rassegnando le seguenti conclusioni:

“Voglia la Corte d’Appello di Roma, disattesa ogni contraria istanza e difesa:

In via preliminare

Dichiarare inammissibile l’appello ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c..

In via principale

Respingere l’appello per tutti i motivi di cui in premessa e, per l’effetto, confermare integralmente la sentenza impugnata. In via subordinata

Nella denegata ipotesi di riforma della sentenza del Tribunale e di revoca del decreto ingiuntivo, condannare gli appellanti, in qualità di garanti della società (…) S.r.l., in via tra loro solidale, a pagare in favore di (…) l’importo di Euro 32.042,34 oltre interessi, ovvero la maggiore o minor somma che verrà accertata nel corso del giudizio.

In via istruttoria

Respingere tutte le istanze istruttorie formulate, in quanto tardive e comunque irrilevanti.

In ogni caso, con vittoria di spese e compensi di causa per entrambi i gradi di giudizio, oltre rimborso forfettario spese generali, IVA e CPA come per legge”.

Coopfidi – CONFIDI UNITARIO PER L’ARTIGIANATO E LA PICCOLA E MEDIA IMPRESA SOC. COOP. CONSORTILE ha resistito al gravame, rassegnando le seguenti conclusioni:

“piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello adìta, contrariis rejectis, per tutte le motivazioni di fatto e di diritto di cui al presente atto:

– dichiarare inammissibile, irricevibile e/o improcedibile l’appello svolto dai Sigg.ri (…) e (…) o, comunque, rigettarlo integralmente, in quanto inverosimile ed inattendibile in fatto, ed erroneo ed infondato in diritto;

– condannare i Sigg.ri (…) e (…), al pagamento delle spese ed onorari di lite del presente grado di giudizio, oltre spese generali, CPA e Iva nelle misure di legge”.

L’appello è stato posto in decisione all’udienza del giorno 4 luglio 2022 e successivamente deciso allo spirare dei termini per il deposito di conclusionali e repliche.

Par. 4. – L’appello contiene i seguenti motivi di censura: “I) violazione dell’art. 112 c.p.c. nullità ed inesistenza della costituzione di (…)”

Con il primo motivo di appello, gli appellanti hanno censurato la sentenza nella parte in cui il primo Giudice non ha motivato con riguardo al cambio di soggetto giuridico difeso dagli avvocati (…), non più (…), ma (…), come già eccepito nella comparsa conclusionale.

Il motivo va respinto.

Invero la (…) dal 20-2-2017, a seguito della cancellazione dall’albo delle banche, è stata incorporata in (…) (ora (…)). Ne deriva che il nuovo soggetto, intervenuto in giudizio a seguito dell’incorporazione, ha proseguito l’azione già promossa dalla (…) senza che fosse necessaria una nuova procura alle liti (Cass. n. 20621/2021, secondo la quale: In tema di validità della procura alle liti, ove in corso di causa intervenga la fusione per incorporazione della società in lite, l’incorporante può costituirsi in giudizio avvalendosi della procura in precedenza rilasciata dall’incorporata, poiché l’attuale formulazione dell’art. 2504 bis c.c. prevede la prosecuzione dei rapporti giuridici, anche processuali, in capo al soggetto unificato a seguito della fusione, risolvendosi quest’ultima in una vicenda (non estintiva ma) evolutivo-modificativa, che comporta un mutamento solo formale di un’organizzazione societaria esistente, con la conseguenza che l’originaria procura alle liti rimane valida anche per il periodo successivo all’incorporazione e il difensore già designato è legittimato al compimento di tutti gli atti processuali occorrenti per la difesa della posizione giuridica della società, pur nella sua diversa organizzazione).

“II) Illegittimità e/o nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 del D.Lgs. N. 28/2010 – revoca del decreto ingiuntivo per mancato esperimento della procedura di mediazione vertendosi in tema di contratti bancari e quindi di materia obbligatoria”

Con il secondo motivo di appello, gli appellanti hanno censurato la sentenza nella parte in cui il primo Giudice non ha rilevato la mancanza della condizione di procedibilità della mediazione assistita che la parte opponente avrebbe dovuto attivare.

Il motivo va disatteso.

All’art. 5 comma 2 del D. Lgs n. 28/2010 è previsto che:

“Nelle controversie di cui al comma 1 l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità è eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza”.

Altresì è previsto all’art. 5 punto 6. “Il comma 1 e l’articolo 5-quater non si applicano:

a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis”.

Nel caso in questione, il Tribunale ha provveduto sull’istanza di sospensione della provvisoria esecuzione del d.i. opposto con ordinanza riservata in data 27.10.2016 e, alla successiva udienza del 27.4. 2017, le parti hanno chiesto la concessione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c. senza che venisse sollevata dalla parte opponente l’eccezione relativa al mancato esperimento della mediazione o che il Tribunale concedesse il termine per l’avvio della mediazione.

Solo con la seconda memoria di cui all’art. 183 VI comma n. 2 c.p.c. la parte opponente ha richiesto la concessione del suddetto termine, senza peraltro che a suddetta richiesta sia seguito un provvedimento in tal senso da parte del giudice.

Ne deriva, in mancanza di tempestiva eccezione di improcedibilità da parte degli opponenti, che il motivo va disatteso.

“III) nullità e/o illegittimità della sentenza impugnata per travisamento delle risultanze processuali – difetto di motivazione”.

Con il terzo motivo di appello, gli appellanti hanno censurato la sentenza nella parte in cui il primo Giudice dapprima avrebbe rilevato la non riferibilità al (…) della sottoscrizione contrassegnata con il simbolo V12, così come accertato all’esito della CTU, mentre, successivamente, avrebbe riconosciuto l’autenticità e la riferibilità al (…) di tutte le sottoscrizioni apposte in calce alle fideiussioni.

Secondo gli appellanti, la accertata estraneità di (…) all’atto di riduzione dell’importo garantito, determina l’inefficacia delle pregresse fideiussioni riferibili al predetto appellante, atteso che con il suddetto atto di riduzione si sarebbe operata una vera e propria sostituzione delle fideiussioni pregresse.

Il motivo va disatteso.

Invero, proprio a causa della non riferibilità della sottoscrizione al predetto appellante dell’atto di riduzione, rimane efficace la fideiussione dallo stesso rilasciata in data 15-4-2011, e non invece il successivo atto di riduzione del 28-6-2012. La dedotta natura novativa dell’atto di riduzione non rileva ai fini della decisione, giacché non è stata sottoscritta dall’appellante.

“IV) illegittimità e/o nullità’ della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1939 c.c. e dell’art. 1957 c.c. – violazione della normativa antitrust”

Con il quarto motivo di appello, gli appellanti hanno censurato la sentenza nella parte in cui il primo Giudice ha ritenuto la fideiussione un’obbligazione autonoma rispetto al rapporto principale e, pertanto, ha ritenuto valide le clausole di cui agli artt. 5, 6, 7, 8 e 9, relative alla rinuncia di termini ed eccezioni da parte dei fideiussori. Tuttavia, secondo gli appellanti, tale rinuncia contrasterebbe con la disciplina Antitrust in vigore, stante il provvedimento sanzionatorio emesso dalla Banca d’Italia n. 55/2005. Secondo gli appellanti, la rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c. sarebbe dunque nulla, con conseguente liberazione dei fideiussori, per non avere la Banca proposto entro 6 mesi le sue istanze contro il debitore principale.

Il motivo va respinto.

Nell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo gli opponenti non avevano contestato la validità delle fideiussioni sotto il profilo della violazione della normativa antitrust, essendosi in quella sede limitati a contestare la violazione dell’art. 1957 c.c.

L’ asserita invalidità delle fideiussioni per contrasto con la normativa antitrust non risulta neppure contestata con le memorie di cui all’art. 183 c.p.c., ed invero il menzionato profilo non risulta trattato nella sentenza impugnata. L’eccezione è pertanto del tutto nuova.

Il provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005, solo menzionato nel motivo in esame nella parte in cui si richiama un precedente giurisprudenziale della Corte d’appello di Torino, non risulta depositato né tra gli atti del giudizio di primo grado, né tantomeno nel giudizio di appello.

A parte il richiamo specifico alla deroga all’art. 1957 c.c., gli appellanti neppure riportano il contenuto delle clausole delle fideiussioni asseritamente conformi a quelle sanzionate dalla Banca d’Italia e neppure deducono che le fideiussioni di cui è giudizio, di molto successive al provvedimento della Banca d’Italia, sono espressione di perdurante attività anticoncorrenziale posta in essere dalla Banca creditrice.

Orbene, ritiene la Corte che la deduzione della violazione della normativa antitrust sulla scorta del provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005 richiamato nel motivo, sia inammissibile ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., nella parte in cui sono ritenute inammissibili nuove domande e nuove eccezioni.

Né vale obiettare che la nullità è rilevabile d’ufficio anche nel giudizio d’appello: invero, deve trattarsi di nullità risultante ex actis, ossia nel rispetto delle preclusioni probatorie verificatesi nel giudizio (cfr. Cass. Civ. 9 febbraio 2013, n. 350 e Cass. Civ. 4 settembre 2012, n. 14828).

Nel caso in questione, l’elemento nuovo, ossia l’intervenuto provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005, non è stato tempestivamente allegato e prodotto nel giudizio di primo grado, con conseguente inammissibilità della deduzione di nullità.

In questo senso si veda Cass. 31569/2019 in motivazione, laddove si afferma che il provvedimento della Banca d’Italia è “un fatto, e non una norma di diritto, (per la quale potrebbe valere il principio iura novit curiaj che è stato dedotto inammissibilmente in giudizio per prima volta in cassazione con la memoria ex art. 378 cod.proc.civ.” e come tale è soggetto alle preclusioni relative alla sua deduzione e prova.

Ciò premesso, ed esclusa pertanto l’invalidità delle fideiussioni per contrasto con la normativa antitrust, rileva la Corte che il termine di decadenza di cui all’art. 1957 c.c. può essere rinunciato dalle parti, e ciò indipendentemente dalla qualificazione delle garanzie in questione quali contratti autonomi di garanzia o, invece, quali fideiussioni.

Invero la S.C. ha affermato il principio secondo il quale:

La decadenza del creditore dal diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione fideiussoria, sancita dall’art. 1957 c.c. per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, può essere preventivamente rinunciata dal fideiussore, trattandosi di pattuizione rimessa alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione, per il garante, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore. Cass. n. 28943 del 04/12/2017.

L’eccezione, inoltre, va respinta anche nel merito.

Invero la Banca, in data 12-11-2014 ha inviato alla società debitrice principale (…) S.r.l., nonché ai garanti, una diffida stragiudiziale di revoca dei rapporti bancari e di costituzione in mora (doc. 5 della comparsa di risposta). Successivamente, in data 31-12-2014, a seguito della dichiarazione di fallimento della società, la Banca ha presentato domanda di ammissione al passivo (doc. 6 della comparsa di risposta).

Ne deriva il pieno rispetto da parte della Banca creditrice del disposto di cui all’art. 1957 comma 1 c.c.

“V) nullità ed illegittimità della sentenza impugnata per violazione degli arti 1175, 1375 e 1832 c.c. e 119 T.U.B. – sul mancato assolvimento dell’onere della prova”

Con il quinto motivo di appello, gli appellanti hanno censurato la sentenza nella parte in cui il primo Giudice ha ritenuto che era onere dei garante mantenersi aggiornati sulla situazione di esposizione debitoria del garantito.

Secondo gli appellanti, stante la nullità dell’art. 5, era onere della Banca, ai sensi dell’art. 119 T.U.B., trasmettere la documentazione contrattuale e gli estratti conto ai contraenti.

Pertanto, il Giudice avrebbe dovuto accertare non solo il mancato adempimento degli obblighi di informazione da parte della Banca, ma anche la violazione dei principi di correttezza e buona fede.

Il motivo va respinto.

L’art. 5 delle fideiussioni, – specificatamente approvato per iscritto dai garanti e pienamente valido, non confliggendo con alcuna norma di carattere imperativo e non essendo neppure contestata nell’impugnazione la violazione dell’art. 1956 c.c.,- poneva a carico dei fideiussori l’obbligo di mantenersi aggiornati sulla situazione debitoria della società garantita.

Quanto alla dedotta violazione dell’art. 119 TUB, va rilevato che la Banca opposta ha prodotto con gli allegati 12 e 13 alla comparsa di risposta depositata in primo grado copia delle comunicazioni trasmesse alla società debitrice riguardanti il finanziamento n. 1045415 nonché le comunicazioni contenenti il rendiconto e il documento di sintesi inviate ai fideiussori.

Infine, allegato al doc. 10 della comparsa di risposta depositata in primo grado, la Banca opposta ha prodotto gli estratti conto relativi a tutti i movimenti del conto corrente n. 96717.

Né gli appellanti hanno allegato di aver richiesto, prima del giudizio, copia dei suddetti estratti conto, né che la Banca non abbia ottemperato senza giustificato motivo.

Va dunque esclusa la dedotta violazione dell’art. 119 TUB.

“VI) nullità ed illegittimità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1346 c.c. sotto il profilo dell’indeterminabilità dell’oggetto e del carattere potestativo del potere del creditore garantito di ampliare il rischio coperto dai presunti fideiussori”.

Il motivo va respinto.

Le garanzie sottoscritte dagli opponenti costituiscono fideiussioni omnibus per le obbligazioni future contratte dalla società debitrice, pienamente valide secondo quanto previsto dall’art. 1938 c.c., alla condizione che risulti indicato l’importo massimo garantito, che, nel caso in questione, non è stata oggetto di contestazione.

“VII) nullità ed illegittimità della sentenza appellata per travisamento delle risultanze processuali – fondatezza della chiamata in causa della COOPFIDI -Confidi Unitario per l’Artigianato e la Piccola e Media Impresa”

Con il settimo motivo di appello, gli appellanti hanno censurato la sentenza nella parte in cui il primo Giudice dapprima ha autorizzato la chiamata in causa della Coopfidi e, successivamente, ha ritenuto infondata la chiamata stessa sulla base della considerazione che l’esistenza di una ulteriore garanzia del credito non poteva paralizzare la pretesa della Banca, vista l’autonomia dei due rapporti.

Secondo gli appellanti, la chiamata avrebbe avuto piena fondatezza, considerato il contratto di garanzia per euro 33.000,00 con il quale la Coopfidi ha assunto l’obbligazione di garanzia nei confronti della società fallita.

Il motivo va respinto, dovendosi confermare la motivazione del Tribunale, secondo la quale, la garanzia ulteriore proposta da Coopfidi non impediva alla Banca di agire nei confronti degli odierni appellanti secondo la regola generale di cui all’art. 1292 c.c., considerata anche l’espressa previsione contenuta nell’art. 10 delle polizze fideiussorie.

Per quanto attiene alla domanda proposta nei confronti di CoopFidi, rileva la Corte che la garanzia è stata assunta da quest’ultima nell’interesse esclusivo della Banca e non della debitrice principale.

In applicazione delle norme sulla fideiussione, dunque, il fideiussore che ha pagato il debito garantito è surrogato nei diritti del creditore contro il debitore, mentre quest’ultimo non può agire in manleva contro il fideiussore.

Par. 5. – Le spese del grado seguono la soccombenza delle parti appellanti nei confronti di entrambe le parti appellate.

Esse si liquidano, avuto riguardo al valore della causa, ai sensi del D.M. 55/2014 applicabile ratione temporis, nella misura di euro 9.515 oltre a spese generali, IVA e CPA, per ciascuna delle parti appellate.

PER QUESTI MOTIVI

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da (…) e (…) nei confronti di (…) S.p.a., (già (…) S.p.a., già (…) S.p.a.) e Coopfidi – CONFIDI UNITARIO PER L’ARTIGIANATO E LA PICCOLA E MEDIA IMPRESA SOC. COOP. CONSORTILE contro la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Roma, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:

1. – rigetta l’appello;

2. – condanna gli appellanti al rimborso, in favore di ciascuna delle parti appellate, delle spese sostenute per questo grado del giudizio, liquidate, nella misura di euro 9.515 oltre a spese generali, IVA e CPA.

– Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 inserito dall’art. 1, comma 17 della Legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico degli appellanti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’appello, a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma il giorno 19 dicembre 2022.

Depositata in Cancelleria il 28 dicembre 2022.

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