perche’ sussista una rinunzia tacita alla prescrizione occorre che nel comportamento del debitore sia insita la volonta’ inequivocabile del medesimo di non avvalersi della causa estintiva del diritto altrui. Il soggetto che riconosca l’altrui diritto compie una dichiarazione di scienza, avente ad oggetto il diritto della controparte, dagli effetti esclusivamente interruttivi della prescrizione, diversamente dall’istituto della rinuncia alla prescrizione che e’ caratterizzato dalla manifestazione di una volonta’ negoziale con effetto definitivamente dismissivo, avente ad oggetto il proprio diritto alla liberazione dall’obbligo di adempimento. La rinunzia alla prescrizione e’ un atto negoziale che implica la volonta’ di dismettere definitivamente il proprio diritto alla liberazione di un obbligo. Ne consegue che la mera dichiarazione del proprietario del fondo servente, resa al momento dell’acquisto del bene, avente ad oggetto la conoscenza dell’esistenza della servitu’ non vale ad integrare rinunzia tacita ad avvalersi della prescrizione del diritto stesso.

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Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Sentenza|6 ottobre 2022| n. 29055

Data udienza 26 maggio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi G. – Presidente

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9146/2017 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

– controricorrenti / c.ricorrenti all’incidentale –

nonche’ contro

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo (OMISSIS), nella persona dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrenti / r.incidentali –

avverso la sentenza n. 2158/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 16/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/05/2022 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. D’OVIDIO PAOLA, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale;

uditi gli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), che si sono riportati gli scritti difensivi depositati.

FATTI DI CAUSA

La vicenda al vaglio, per quel che qui rileva, puo’ sintetizzarsi nei termini seguenti:

– il Tribunale, accogliendo la domanda, accerto’ sussistere una servitu’ di passaggio in favore dei fondi di proprieta’ di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e a carico dei fondi di proprieta’ di (OMISSIS) (e per lui, dei suoi eredi), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); dichiarando, altresi’, tenuti i proprietari del fondo servente a rimettere in pristino i luoghi, asportando portoni, siepi e manufatti impedienti l’accesso;

– la Corte d’appello di Torino, accolta l’impugnazione proposta da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rigetto’ la domanda.

La sentenza d’appello sovverte l’epilogo di primo grado sulla base, in sintesi, per quel che qui residua d’utile, dei seguenti argomenti:

– con atto pubblico del 4/2/1912 venne costituita una servitu’ di passaggio pedonale e veicolare a carico del fondo oggi in proprieta’ degli appellanti; con atto del 5/12/1990 (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) acquistarono taluni immobili, fra i quali anche quello a favore del quale era stata costituita la servitu’;

– con scrittura dell’11/3/1998 gli allora proprietari del fondo servente ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) si impegnarono a rimuovere a semplice richiesta una siepe posizionata sul confine;

– viene accolta l’eccezione di prescrizione della servitu’ per non uso ventennale, tempestivamente dedotta dai convenuti, intervenuta gia’ in epoca anteriore al loro acquisto, sulla base del vaglio istruttorio, giungendo alla conclusione “che le prove per testi espletate, mentre da un lato non consentono di raggiungere il convincimento che i signori (OMISSIS)- (OMISSIS) (e neppure la loro dante causa posto che le prove capitolate sono precise quanto a riferimenti dei soggetti utilizzatori del passaggio) abbiano esercitato in data anteriore al loro acquisto (5.12.1990) il diritto di passaggio costituito con l’atto pubblico 4.2.1012, per altro verso e’ stato provato che la servitu’ di passaggio costituita con l’atto pubblico in data 4.2.1912, alla data di acquisto dell’immobile da parte degli odierni appellati si era estinta per non uso ventennale ex articolo 1073 c.c.”;

– quanto alla scrittura del 1998, a firma di (OMISSIS) e (OMISSIS), firma riconosciuta dal primo e da doversi reputare riconosciuta anche per la seconda, in difetto d’impugnazione sul punto, non integrava una rinuncia a far valere la prescrizione della servitu’ di passaggio, mancando volonta’ inequivoca in tal senso, quanto piuttosto l’assunzione dell’obbligazione di rimuovere la siepe;

Avverso quest’ultima decisione propone ricorso principale (OMISSIS) sulla base di tre motivi e ricorso incidentale, in seno a controricorso, (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di quattro motivi. (OMISSIS), (OMISSIS) del 1966 e (OMISSIS) del 1954 resistono con due separati controricorsi, rispettivamente diretti a fronteggiare il ricorso principale e quello incidentale. I controricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) del 1966 e (OMISSIS) del 1954 all’approssimarsi della pubblica udienza hanno depositato memoria.

Il P.G. ha fatto pervenire le sue conclusioni scritte, con le quali ha chiesto rigettarsi il ricorso principale e quello incidentale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Occorre premettere che la posizione del ricorrente principale e di quello incidentale e’ la medesima, pur avendo le due parti sviluppato motivi solo in parte sovrapponibili.

2. Con il primo motivo (OMISSIS), ricorrente principale, denuncia violazione degli articoli 1073, 2697, 2939, 2944 c.c., nonche’ l’omesso esame id un fatto controverso e decisivo.

Ai sensi dell’articolo 1073 c.c. la servitu’ si estingue quando non “se ne usa” per vent’anni, a seguito d’eccezione in senso proprio, il cui fondamento deve essere provato da colui che la propone, il quale, quindi, deve sopportare l’onere della prova.

Una tale regola la sentenza aveva violato, poiche’ dallo scrutinio delle prove testimoniali acquisite (che il ricorso passa in rassegna dalla pag. 17 alla pag. 20) avrebbe dovuto trarsi il convincimento del mancato assolvimento dell’onere della prova, che incombeva sui convenuti.

A tale costrutto il ricorrente correla l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, per non avere la sentenza tenuto conto della deduzione con la quale gli attori avevano evidenziando la mancanza d’un idoneo supporto probatorio al fine d’accertare l’estinzione per non uso della servitu’.

3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, nonche’, ancora una volta, violazione dell’articolo 1073 c.c.

Si evidenzia che la decisione d’appello aveva reputato essere rimasto provato, attraverso i testi indicati da parte attrice, l’esercizio della servitu’ dal 1990 al 1998 e non per il periodo precedente. Ma gli (OMISSIS) “avevano offerto di provare e avevano la prova di avere esercitato “la servitu’ ben prima del 1990 e anzi fino agli anni âEuroËœ70″”, avendo evidenziato che (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano frequentato i luoghi ed esercitato il passaggio sin dalla loro infanzia e non solo dal loro formale acquisto (5.12.1990), in quanto la dante causa era la loro madre (cio’ emergeva dall’atto di vendita del 5/12/1990).

Inoltre, la Corte d’appello non aveva valutato gli elementi probatori forniti dalla parte attrice nell’atto di citazione, dal quale si ricavava che la loro madre aveva ereditato l’immobile dal di lei padre e ne era piena proprietaria gia’ prima del 1963; nonche’ nella comparsa conclusionale, nella quale era stato chiarito di aver provato anche per testi l’esercizio del passaggio ben prima del 1990 “e anzi finanche negli anni âEuroËœ70” per le ragioni gia’ anzidette, trattandosi della casa di famiglia ereditata dal nonno materno, nella quale (OMISSIS) e (OMISSIS) erano nati.

Ne’ la Corte aveva valutato la deposizione del teste (OMISSIS), compagno d’infanzia dei due (OMISSIS), il quale aveva dichiarato che il passaggio era usato abitualmente e senza impedimenti.

Ne’, infine, il Giudice dell’appello aveva valutato la documentazione fotografica, confermata dai tesi, dalla quale risultava che “la proprieta’ (OMISSIS) e (OMISSIS), fino al 2008, non erano separate da divisione alcuna” e si era in presenza di un giardino comune.

In conclusione, mancava la prova univoca del mancato esercizio ventennale della servitu’.

4. Le prime due censure, fra loro osmotiche, non superano lo scrutinio d’ammissibilita’.

4.1. La sentenza impugnata, dopo aver rimproverato a quella di primo grado di non avere giustificato il proprio convincimento alla stregua dell’insieme delle deposizioni, alle pagg. 10-12, passa in analitica rassegna le emergenze probatorie di causa, valorizzando le seguenti acquisizioni.

– Il cancello che dava accesso al passaggio oggetto della servitu’ istituita nel 1912 era tenuto chiuso a chiave e aperto solo occasionalmente, previa richiesta delle chiavi alla ditta (OMISSIS), avendo, inoltre, tutti i testi confermato che alle abitazioni dei (OMISSIS) e (OMISSIS) si accedeva attraverso l’ingresso di cui al civico (OMISSIS), mentre il passaggio di cui alla servitu’ sfociava al civico (OMISSIS).

– I testi addotti dagli appellanti, che avevano conoscenza dei luoghi fin dagli anni Settanta del Secolo scorso, per avere a quell’epoca iniziato a lavorare per l’azienda (OMISSIS) e altro teste, per avervi lavorato dal 1962 al 1992, avevano negato l’uso della servitu’. Per contro, i testi degli (OMISSIS)- (OMISSIS) erano stati chiamati a rispondere su capitoli concernenti intervallo di tempo non anteriore al 1990.

– Inattendibile, infine, la pretesa di dare credibilita’ al racconto degli attori e del teste (OMISSIS), all’epoca entrambi appena bambini e, comunque, non circostanziata la narrazione.

4.1.1. E’ del tutto evidente che attraverso la denunzia di violazione di legge il ricorrente sollecita – non determinando essa, nel giudizio di legittimita’ lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente – un improprio riesame di merito (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459). Nella sostanza la ricorrente, sotto l’usbergo dell’asserita violazione di legge insta per un inammissibile riesame di merito, peraltro al di la’ delle ipotesi contemplate dal vigente articolo 360 c.p.c., n. 5.

4.1.2. In applicazione del riportato principio si e’ ulteriormente predicato che la violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c. si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiche’ in questo caso vi e’ un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimita’ solo per il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 (Sez. L., n. 17313, 19/08/2020, Rv. 658541).

4.1.3. In definitiva, la doglianza investe inammissibilmente l’apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito, in questa sede non sindacabile, neppure attraverso l’escamotage, qui, per vero, neppure tentato, dell’evocazione dell’articolo 116 c.p.c., in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299). Punto di diritto, questo, che ha trovato recente conferma nei principi enunciati dalle Sezioni unite in epoca recente (sent. n. 20867, 30/09/2020, conf. Cass. n. 16016/2021), essendosi affermato che in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’articolo 116 c.p.c. e’ ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura e’ ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimita’ sui vizi di motivazione (Rv. 659037). E inoltre che per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio), mentre e’ inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ valutativa consentita dall’articolo 116 c.p.c. (Rv. 659037).

4.1.4. L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (S.U. n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629831).

Qui, ben lungi dall’avere evidenziato un fatto storico di tal fatta, pretermesso dal giudice, il ricorrente invoca una sorta d’improprio terzo grado, al quale assegnare un nuovo vaglio probatorio, in altri termini, non evidenzia un fatto decisivo ignorato, ma esige una nuova calibratura delle acquisizioni probatorie, una diversa opzione ricognitiva della vicenda, in questa sede non consentita.

5. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione degli articoli 214-217, 183 c.p.c., articoli 1310, 2702, 2712, 1362, 2944 c.c.

Si assume che la scrittura del 1998 era stata sottoscritta da (OMISSIS) e (OMISSIS), all’epoca unici proprietari del fondo servente; gli eredi di (OMISSIS) ne avevano disconosciuto la firma, mentre (OMISSIS) l’aveva riconosciuta; l’originale della scrittura era stata prodotta in fotocopia con la citazione, esibita in originale nel rispetto dell’articolo 217 c.p.c., ma oltre la scadenza del termine per il deposito della seconda memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6; la procedura di verificazione si era conclusa accertando la veridicita’ di entrambe le firme; il Tribunale, dato atto del riconoscimento di (OMISSIS), aveva reputato “provata anche la volonta’ della signora (OMISSIS) di rispettare e onorare la servitu’ costituita nel 1912”. La Corte d’appello aveva ritenuto che il contenuto negoziale della scrittura fosse da intendersi limitato al solo “obbligo (in capo al signor (OMISSIS)) di rimuovere la siepe”, negando che avesse il significato di rinuncia ad avvalersi della prescrizione.

Secondo il ricorrente il disconoscimento della firma di (OMISSIS) non poteva essere effettuato dai convenuti (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali non erano parti, ne’ eredi di (OMISSIS).

Il disconoscimento, inoltre, non aveva messo in discussione la corrispondenza tra la fotocopia, tempestivamente prodotta e l’originale, che poteva essere prodotto nel termine di cui all’articolo 217 c.p.c.

Prosegue il ricorrente affermando che, in ogni caso, il pacifico riconoscimento di (OMISSIS) aveva permesso l’effetto interruttivo della prescrizione di un’obbligazione solidale indivisibile anche nei confronti degli altri obbligati (articolo 1311 c.c., comma 1).

Quanto al contenuto della scrittura la Corte d’appello non aveva considerato che la stessa “conteneva l’espresso ed incondizionato riconoscimento dell’esistenza della servitu’ di passaggio… e fu sottoscritta prima di piantare la siepe che ostruiva il passaggio”.

6. La doglianza e’ infondata.

6.1. Non assume rilievo dirimente la questione afferente al riconoscimento della scrittura anche da parte di (OMISSIS), avendo la Corte d’appello negato alla stessa, con valutazione giuridica conforme ai principi piu’ volte enunciati da questa Corte, il valore di rinuncia alla maturata prescrizione del diritto di servitu’ di passaggio.

Sul punto la sentenza d’appello ha precisato che per potere attribuire il significato di rinuncia ad avvalersi della prescrizione occorre che “nel comportamento del titolare sia insita la volonta’ inequivocabile del medesimo di non avvalersi della causa estintiva del diritto” e una tale volonta’ non emergeva dallo scritto; non risultando che (OMISSIS) avesse consapevolezza dell’avvenuta maturazione del termine prescrizionale, non avrebbe potuto essere consapevole della disponibilita’ del suo diritto alla rinuncia.

La vicenda resta confinata negli apprezzamenti di merito, non bastando, come piu’ volte chiarito in questa sede, la enunciazione della pretesa violazione di legge in relazione al risultato interpretativo favorevole, disatteso dal giudice del merito, occorrendo individuare, con puntualita’, il canone ermeneutico violato correlato al materiale probatorio acquisito; in quanto, “l’opera dell’interprete, mirando a determinare una realta’ storica ed obiettiva, qual e’ la volonta’ delle parti espressa nel contratto, e’ tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimita’ soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dagli articoli 1362 c.c. e ss., oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi: pertanto, onde far valere una violazione sotto entrambi i due cennati profili (il secondo, ovviamente, sotto il regime del vecchio testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5), il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma e’ tenuto, altresi’, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti; di conseguenza, ai fini dell’ammissibilita’ del motivo di ricorso sotto tale profilo prospettato, non puo’ essere considerata idonea – anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente – la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata, come nella specie, mediante la mera ed apodittica contrapposizione d’una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d’argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non e’ consentito in sede di legittimita’ (ex pluribus, da ultimo, Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579. 16.3.04 n. 5359, 19.1.04 n. 753)” (Sez. 2, n. 18587, 29/10/2012; si veda anche, per la ricchezza di richiami, Sez. 6-3, n. 2988, 7/2/2013).

Per sottrarsi al sindacato di legittimita’, l’interpretazione data dal giudice di merito a un negozio giuridico non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicche’, quando di una clausola negoziale sono possibili due o piu’ interpretazioni, non e’ consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Sez. 3, n. 24539, 20/11/2009, Rv. 610944; conformi: Sez. 1, n. 16254, 25/9/2012, Rv. 623697; Sez. 1, n. 6125, 17/3/2014, Rv. 630519; Sez. 1, n. 27136, 15/11/2017, Rv. 646063).

Nel caso di specie la Corte territoriale ha spiegato, come si e’ visto, nel rispetto dei criteri ermeneutici normativi, le ragioni che la inducevano a privilegiare l’interpretazione avversata dal ricorrente.

Infine, vai la pena soggiungere che, a dispetto dello sforzo argomentativo del ricorrente, l’articolo 1362 c.c. detta ben differente regola ermeneutica: la lettera non puo’ prevalere sulla intenzione delle parti, per apprezzare la quale deve tenersi conto del loro complessivo comportamento, anche pre e post contratto.

6.2. Quanto alla corretta applicazione del principio di diritto piu’ volte enunciato da questa Corte val la pena ricordare che perche’ sussista una rinunzia tacita alla prescrizione occorre che nel comportamento del debitore sia insita la volonta’ inequivocabile del medesimo di non avvalersi della causa estintiva del diritto altrui; il relativo accertamento rientra nei poteri del giudice di merito, e non e’ censurabile in sede di legittimita’, se immune da vizi motivazionali rilevabili in tale sede (Sez. 3, n. 21248, 29/11/2012, Rv. 624470).

Di recente si e’ precisato che il soggetto che riconosca l’altrui diritto compie una dichiarazione di scienza, avente ad oggetto il diritto della controparte, dagli effetti esclusivamente interruttivi della prescrizione, diversamente dall’istituto della rinuncia alla prescrizione che e’ caratterizzato dalla manifestazione di una volonta’ negoziale con effetto definitivamente dismissivo, avente ad oggetto il proprio diritto alla liberazione dall’obbligo di adempimento (Sez. 6, n. 2758, 06/02/2020, Rv. 657248).

Ed ancora, la rinunzia alla prescrizione e’ un atto negoziale che implica la volonta’ di dismettere definitivamente il proprio diritto alla liberazione di un obbligo. Ne consegue che la mera dichiarazione del proprietario del fondo servente, resa al momento dell’acquisto del bene, avente ad oggetto la conoscenza dell’esistenza della servitu’ (nella specie di lume di grotta) non vale ad integrare rinunzia tacita ad avvalersi della prescrizione del diritto stesso (Sez. 2, n. 18425, 1/8/2013, Rv. 627600).

7. Con il primo motivo del ricorso incidentale (OMISSIS) e (OMISSIS) denunciano violazione dell’articolo 1075 c.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, per non avere la sentenza impugnata tenuto conto della circostanza che la servitu’ di passaggio si svolgeva attraverso due diversi portoni, il primo (di proprieta’ (OMISSIS), lato sud), laddove la servitu’ s’immetteva al numero civico (OMISSIS) e un secondo portone (di proprieta’ (OMISSIS), lato nord), posto sull’opposto versante, nel mentre la decisione aveva erroneamente individuato solo il primo portone.

7.1. La doglianza e’ inammissibile.

La stessa, infatti, non attinge la “ratio decidendi”. Estinta la servitu’ per il provato mancato utilizzo ventennale non assume rilievo alcuno l’addotta circostanza.

8. Con il secondo motivo viene denunciata la violazione dell’articolo 1075 c.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, per non avere la sentenza d’appello considerato che il percorso, nel tratto iniziale (lato sud) attraversava il fondo servente di proprieta’ (OMISSIS), che era un tutt’uno, perche’ non definito da recinzione, con il finitimo giardino dominante, sino al giugno 2008, allorquando (OMISSIS) pose la recinzione divisoria tra i due fondi. Di talche’ era ben possibile l’uso del percorso della servitu’ di passaggio da parte degli attori (OMISSIS)- (OMISSIS) dal 1912 fino al 2008, per lo meno per la parte del percorso della servitu’ costituita dal fondo servente (OMISSIS) e di cio’ si era data dimostrazione attraverso talune foto prodotte in giudizio, che la Corte di merito non aveva esaminato.

8.1. La doglianza non supera lo scrutinio d’ammissibilita’.

La congetturata ricostruzione fattuale qui esposta non contrasta affatto con la decisione, la quale si fonda sule risultanze della prova per testi, dalle quali e’ rimasto dimostrato il non uso della servitu’, costituita nel 1912, per oltre un ventennio. Ne’, peraltro, consta che nel corso del giudizio di merito sia stata posta l’evenienza d’un uso parziale, ma che comunque deve essere capace d’utilita’, della servitu’.

10. Con il terzo motivo viene denunciata violazione dell’articolo 2937 c.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, assumendosi l’erroneita’ della decisione impugnata largamente sovrapponibili rispetto a quanto rassegnato dal ricorrente principale. In particolare, i ricorrenti incidentali sostengono la tesi, gia’ esposta dal ricorrente principale, secondo la quale con la scrittura del 1998 i sottoscrittori intesero, ad un tempo, rinunciare alla prescrizione del diritto di servitu’ e far valere atto interruttivo della prescrizione ventennale.

10.1. Il motivo deve essere disatteso per le gia’ esposte ragioni.

11. Con il quarto motivo i ricorrenti incidentali denunciano violazione degli articoli 1142 e 1143 c.c., poiche’ l’attualita’ del possesso (della servitu’) doveva presumersi anche per il passato, poiche’ alla base vi era il titolo costituivo del 1912.

11.1. La doglianza e’ inammissibile, valendo gli argomenti gia’ sviluppati ai §§ 4.1.1., 4.1.2., 4.1.3., 4.1.4.

12. In ragione di quanto svolto il ricorso principale e quello incidentale debbono essere rigettati.

13. Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualita’ della causa, nonche’ delle svolte attivita’, siccome in dispositivo.

14. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quelli incidentali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale e quello incidentale;

condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ in favore dei resistenti (OMISSIS), (OMISSIS) del 1966 e (OMISSIS) del 1954 (OMISSIS), che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;

condanna i ricorrenti incidentali al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ in favore dei resistenti (OMISSIS), (OMISSIS) del 1966 e (OMISSIS) del 1954 (OMISSIS), che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e di quelli incidentali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.