E’ affetta da nullita’ la deliberazione dell’assemblea condominiale che ponga a totale carico di un condomino le spese del legale incaricato dal condominio per una procedura iniziata contro il singolo partecipante, in mancanza di una sentenza che ne sancisca la soccombenza, mentre e’ stata reputata legittima la delibera assembleare che addebiti integralmente al condomino moroso le spese legali liquidate a suo carico dal titolo giudiziale emesso in favore del condominio. Esula dalle attribuzioni dell’assemblea, previste dall’articolo 1135 c.c., nn. 2) e 3), porre a carico di un singolo condomino una determinata spesa sulla base di un accertamento di responsabilita’ che non provenga da una sentenza e che sia, piuttosto, espressione della volonta’ maggioritaria dei condomini.
Corte di Cassazione|Sezione 6 2|Civile|Ordinanza|21 giugno 2022| n. 20009
Data udienza 10 giugno 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26123-2021 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 286/2021 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 10/03/2021;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/06/2022 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
(OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 286/2021 pubblicata il 10 marzo 2021 dalla Corte d’Appello di Brescia.
Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS).
La Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’appello formulato da (OMISSIS) avverso la sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale di Bergamo in data 8 febbraio 2017, con la quale era stata respinta l’opposizione promossa dalla medesima (OMISSIS) avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dal Condominio (OMISSIS) per l’importo di Euro 8.237,08 a titolo di spese condominiali ripartite con Delib. assembleare 12 novembre 2014, di approvazione del consuntivo 2013/2014 e del preventivo 2014/2015.
La Corte d’appello di Brescia ha premesso che la sola questione devoluta in sede di gravame atteneva alla debenza della minor somma di Euro 3.735,53, che il Condominio giustificava sulla base del decreto ingiuntivo del 23 marzo 2005, richiesto dallo stesso Condominio con l’assistenza legale dell’avvocato (OMISSIS) e con il quale il Tribunale di Bergamo aveva intimato a (OMISSIS) e (OMISSIS) (usufruttuari del 50% di una unita’ immobiliare della quale la (OMISSIS) era proprietaria e danti causa della stessa) di pagare quanto risultava dal consuntivo 2003/2004 e preventivo 2004/2005. L’avvocato (OMISSIS) aveva chiesto ed ottenuto dal Condominio il pagamento di Euro 3.735,53, importo che era stato poi specificamente riportato anche nelle varie delibere succedutesi fino a quella di approvazione del consuntivo 2011/2012 e del preventivo 2012/2013. Ad avviso della Corte d’appello, poiche’ la parcella dell’avvocato (OMISSIS) era giustificata da un debito dei danti causa della (OMISSIS), la stessa era succeduta come condebitrice solidale nella medesima posizione debitoria che essi avevano nei confronti del Condominio.
Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 63 disp. att. c.c. (in merito al principio della solidarieta’ nel pagamento delle spese condominiali tra precedente e nuovo proprietario, dovendosi escludere le spese personali dall’applicazione di tale norma) e l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il secondo motivo di ricorso allega ancora la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 63, disp. att. c.c., e dell’articolo 1123 c.c., sulla ripartizione delle spese condominiali.
Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1137 c.c., e dell’articolo 1418 c.c., stante la nullita’ della Delib. 12 ottobre 2014, di approvazione del bilancio preventivo della gestione 2014-2015 e della Delib. 28 novembre 2012, di approvazione del bilancio consuntivo 2011-2012, nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo ai fini della controversia ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio.
La ricorrente ha presentato memoria.
Nella memoria ex articolo 380 bis c.p.c., comma 2, la ricorrente deduce ulteriormente che la somma di Euro 3.735,53 per spese legali dovute all’avvocato (OMISSIS) in relazione al recupero del credito del Condominio nei confronti di (OMISSIS) nell’anno 2005 atteneva a “spese di natura diversa rispetto agli oneri condominiali” (e percio’ estranee all’ambito di operativita’ dell’articolo 63 disp. att. c.c., comma 2), sorte nei confronti dei signori (OMISSIS) – (OMISSIS) a causa del loro inadempimento, e dunque da considerare spese personali ed imputate esclusivamente a questi ultimi. La tesi difensiva della ricorrente e’ che fosse nulla la deliberazione di approvazione del consuntivo 2013-2014 e del preventivo della gestione 2014-2015 approvata dall’assemblea condominiale del 12 febbraio 2014, per derivazione dalla nullita’ della Delib. 28 novembre 2012, inerente al consuntivo 2011-2012, che aveva posto a carico dei signori (OMISSIS) e (OMISSIS) la somma di Euro 3.735,53 per spese legali dovute all’avvocato (OMISSIS).
Innanzitutto, quanto al primo ed al terzo motivo, opera la previsione d’inammissibilita’ del ricorso per cassazione, di cui all’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che, come nella specie, risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme).
Le censure sono peraltro inammissibili ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1. Occorre in premessa ribadire che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonche’ dei relativi documenti (Cass. Sez. 6 – 2, 23/07/2020, n. 15696; Cass. Sez. 2, 29 agosto 1994, n. 7569). Il giudice, pronunciando sul merito, emettera’ una sentenza favorevole o meno, a seconda che l’amministratore dimostri che la domanda sia fondata, e cioe’ che il credito preteso sussiste, e’ esigibile e che il condominio ne e’ titolare. La delibera condominiale di approvazione della spesa costituisce, cosi’, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito e’ ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. Sez. U., 18 dicembre 2009, n. 26629; Cass. Sez. 2, 23/02/2017, n. 4672). Il giudice deve quindi accogliere l’opposizione solo qualora la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l’esecuzione sospesa dal giudice dell’impugnazione, ex articolo 1137 c.c., comma 2, o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorche’ non passata in giudicato, annullato la deliberazione (Cass. Sez. 2, 14/11/2012, n. 19938; Cass. Sez. 6 – 2, 24/03/2017, n. 7741).
Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, la deliberazione dell’assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale dell’amministratore puo’ essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine stabilito dall’articolo 1137 c.c., comma 2, non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimita’, non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell’impugnazione della delibera (Cass. Sez. 2, 31/05/1988, n. 3701; Cass. Sez. 2, 14/07/1989, n. 3291; Cass. Sez. 2, 20/04/1994, n. 3747; Cass. Sez. 2, 04/03/2011, n. 5254).
Dall’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, pertanto, per effetto della vincolativita’ tipica dell’atto collegiale stabilita dall’articolo 1137 c.c., comma 1, discende l’insorgenza, e quindi anche la prova, dell’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini e’ tenuto a contribuire alle spese ordinarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell’edificio (Cass. Sez. 2, 05/11/1992, n. 11981).
Secondo il cosiddetto “principio di cassa”, i crediti vantati dal condominio verso un singolo condomino vanno inseriti nel consuntivo relativo all’esercizio in pendenza del quale sia avvenuto il loro accertamento (arg. da Cass. Sez. 2, 04/07/2014, n. 15401). Dopo che siano stati inseriti nel rendiconto di un determinato esercizio i nominativi dei condomini morosi per il pagamento delle quote condominiali e gli importi da ciascuno dovuti, tali pregresse morosita’, ove rimaste insolute, devono essere riportate altresi’ nei successivi anni di gestione, costituendo esse non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quei partecipanti nei confronti del condominio. Il rendiconto condominiale, in forza di un principio di continuita’, deve, cioe’, partire dai dati di chiusura del consuntivo dell’anno precedente, a meno che l’esattezza e la legittimita’ di questi ultimi non siano state negate con sentenza passata in giudicato, cio’ soltanto imponendo all’amministratore di apporre al rendiconto impugnato le variazioni imposte dal giudice, e, quindi, di modificare di conseguenza i dati di partenza del bilancio successivo (Cass. Sez. 6 – 2, 15/02/2021, n. 3847).
Nella specie, si ha riguardo ad un credito verso i condomini (OMISSIS) e (OMISSIS) che si assume sorto gia’ nel 2005, ma poi inserito a rendiconto, giacche’ rimasto insoluto, per gli esercizi successivi, il che, ad avviso della Corte d’appello di Brescia, avrebbe giustificato l’obbligo solidale di (OMISSIS) che era poi subentrata nei diritti di condominio di quelli.
Va corretta sul punto la motivazione della sentenza impugnata, giacche’ non conforme a diritto. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 63 disp. att. c.c., comma 2, (nella specie operante ratione temporis, prima delle modifiche introdotte dalla L. n. 220 del 2012), occorre accertare quando sia insorto l’obbligo di partecipazione alle spese condominiali. Questo momento rileva sia per imputare l’obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, se gli stessi non si siano diversamente accordati, sia per accertare l’inclusione del medesimo obbligo nel periodo biennale di responsabilita’ solidale di entrambi verso il condominio (Cass. Sez. 6 – 2, 22/03/2017, n. 7395).
L’inserimento nei rendiconti dei successivi esercizi del credito del condominio verso un condomino moroso, non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso (cfr. Cass. Sez. 2, 25/02/2014, n. 4489), non sposta, allora, i termini del biennio della responsabilita’ solidale del subentrante ex articolo 63 disp. att. c.c..
E’ poi vero che questa Corte ha ritenuto affetta da nullita’ la deliberazione dell’assemblea condominiale che ponga a totale carico di un condomino le spese del legale incaricato dal condominio per una procedura iniziata contro il singolo partecipante, in mancanza di una sentenza che ne sancisca la soccombenza (Cass. Sez. 2, 26/04/1994, n. 3946; Cass. Sez. 2, 06/10/2008, n. 24696), mentre e’ stata reputata legittima la delibera assembleare che addebiti integralmente al condomino moroso le spese legali liquidate a suo carico titolo giudiziale emesso in favore del condominio (Cass. Sez. 6 – 2, 18/01/2016, n. 751). Queste interpretazioni possono essere ribadite anche in forza degli insegnamenti contenuti in Cass. Sez. Unite, 14/04/2021, n. 9839, in quanto esula dalle attribuzioni dell’assemblea, previste dall’articolo 1135 c.c., nn. 2) e 3), porre a carico di un singolo condomino una determinata spesa sulla base di un accertamento di responsabilita’ che non provenga da una sentenza e che sia, piuttosto, espressione della volonta’ maggioritaria dei condomini.
Non di meno, il vizio immediato e diretto della delibera di approvazione del rendiconto del 12 novembre 2014, sulla quale e’ fondato il decreto ingiuntivo qui opposto da (OMISSIS), attiene alla ipotizzata violazione del criterio previsto dalla legge (articolo 63 disp. att. c.c., comma 2, ratione temporis) per la ripartizione delle spese a carico di chi sia subentrato nei diritti di un condomino, in relazione ai contributi dovuti dal dante causa per l’anno in corso e quello precedente e non ancora da lui versati al momento dell’alienazione, assumendo un rilievo indiretto e mediato i vizi delle delibere da cui si era originato il debito del cedente. Il vizio della delibera per violazione articolo 63 disp. att. c.c., comma 2, attenendo alla ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni, da’ luogo all’annullabilita’ della stessa, alla stregua dei principi enunciati da Cass. Sez. Unite, 14/04/2021, n. 9839, cosicche’ la relativa impugnazione andava proposta nel termine di decadenza previsto dall’articolo 1137, comma 2, c.c., e poteva essere sindacata dal giudice in sede di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali fondati su tale delibera solo se sia stata dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, e non in via di eccezione. Ne consegue l’inammissibilita’ delle censure rivolte dalla ricorrente in ordine alla invalidita’ della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione per cui e’ causa.
Il ricorso va percio’ dichiarato inammissibile e la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
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