Il risarcimento del cd. danno morale, ossia della sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute – pregiudizio distinto e diverso dalla quello derivante dall’incidenza del danno alla salute sulle dinamiche relazionali della persona – postula che la parte deduca e dimostri la sussistenza di pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale quali, ad esempio, il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione.

Tribunale Pesaro, civile Sentenza 12 aprile 2019, n. 349

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Pesaro, nella persona del dr. Fabrizio Melucci, in funzione di

GIUDICE UNICO MONOCRATICO ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di prima istanza iscritta al n. 590 del ruolo generale degli affari contenziosi civili dell’anno 2014 posta in decisione all’udienza del 20.12.2018, promossa

DA

(…), rappresentata e difesa dall’avv. (…), presso il cui studio sito a Sant’Angelo di Lizzola via (…) ha eletto domicilio in virtù di delega posta a margine dell’atto di citazione

– attrice –

CONTRO

(…), rappresentato e difeso dall’avv. (…) presso il cui studio sito a Pesaro via (…) ha eletto domicilio in virtù di delega posta a margine della comparsa di risposta

– convenuto –

In punto a: risarcimento danni.

Conclusioni

Per l’attrice:

“voglia l’Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, considerata la Ctu depositata così provvedere:

1. Dichiarare la responsabilità del finimmo per i danni subiti dall’attrice e per l’effetto 2. Condannare il Sig. (…) al risarcimento di tutti i danni subiti dalla Sig.ra (…) da quantificarsi in via equitativa dall’Ill.mo Giudice procedente o sulla base delle perizie che verranno svolte in sede, quale risultante della somma di cui ai punti 1 A – B – 2, 3, 4, 5, 3. Condannare alle spese onorari e diritti di causa”

Per il convenuto:

“voglia l’On.le Tribunale adito in via principale respingere le domande svolte dalla signor (…) siccome infondate in fatto e in diritto, oltre che non minimamente provate, anche per i motivi di cui alla narrativa del presente atto.

Con condanna dell’attrice alla refusione, in favore del (…), di spese ed onorari del presente giudizio.

In via subordinata, in denegata ipotesi di accoglimento, anche parziale, delle parte attoree, determinare il danno subito dall’attrice ed oggetto di eventuale condanna risarcitoria nei confronti dell’attore nella misura del giusto e dovuto, limitandolo unicamente a quello effettivamente subito come conseguenza immediata e diretta del comportamento tenuto dal Sig. (…) con esclusione di eventuali danni conseguenza di comportamenti nocivi subiti dalla parte attrice per fatto di terzi e precedenti agli eventi per cui è causa.

In tal caso, con compensazione, anche parziale, delle spese e competenze di causa.”

MOTIVAZIONE

1 – Con atto di citazione notificato il 28.3.2014 (…) conveniva in giudizio (…) per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di violenza sessuale perpetrata il 27.9.2012.

In citazione si deduceva che, mentre stava lavorando all’interno della (…) il (…) cliente dell’impresa datrice di lavoro, l’aveva con violenza palpeggiata nelle parti intime, strisciando il proprio organo genitale sul corpo della stessa attrice; che, in conseguenza del fatto, quest’ultima aveva subito pregiudizi consistenti in danno biologico, per lesioni personali e psichiche, nonché danno morale, danno esistenziale, danno estetico, danno patrimoniale per spese mediche.

Si costituiva (…) il quale contestava la domanda, negando la propria responsabilità; contestava anche i danni perché non provati ed eccessivi.

In istruttoria avevano corso l’interrogatorio formale dell’attrice, nonché alcune prove per testi ed una consulenza tecnica.

La causa, quindi, sulle opposte conclusioni delle parti, come in epigrafe trascritte, passava in decisione all’udienza del 20.12.2018.

2 – Il teste (…), datore di lavoro dell’attrice, ha dichiarato che il giorno del fatto (26.9.2012) il convenuto venne accompagnato nel reparto dove la stessa attrice stava lavorando, in una postazione non visibile dalle altre zone del laboratorio; appena uscito il convenuto, l’attrice si avvicinò al (…) dicendogli di essere stata infastidita e importunata dallo stesso convenuto; si sentì quindi male al punto da far ritorno a casa.

Il testimone ha, altresì, riferito d’essersi incontrato, nei giorni successivi, con il convenuto ed il suo legale per discutere del fatto per cui è causa, e nell’occasione lo stesso convenuto si dichiarò disponibile a versare una somma di danaro all’attrice perché non presentasse denuncia contro di lui per lesioni sessuali.

Il teste (…) ha confermato che lo stesso giorno l’attrice, in lacrime, gli disse di essere stata oggetto di violenza sessuale.

Il verbale di pronto soccorso, attestante la presenza di ecchimosi sulla coscia sinistra, è ulteriore elemento di conferma dell’accadimento di fatto descritto in citazione, ossia l’avvenuto palpeggiamento delle parti intime e lo strofinamento dell’organo genitale.

La sussistenza del fatto è stata, peraltro, accertata in sede penale con sentenza di condanna resa all’esito di giudizio abbreviato (v. allegato memoria 10.9.2014 attrice), avente efficacia nel giudizio civile di risarcimento (cfr. Cass. sez. un. 2010 n. 674).

Sulla base di tali elementi, è provato il fatto illecito del convenuto, il quale è pertanto obbligato (art. 2043 c.c.) al risarcimento del danno nei confronti dell’attrice.

3 – In merito al quantum vanno esaminate le singole voci di danno dedotte, al fine di verificarne la fondatezza e procedere alla relativa liquidazione.

3.1 – Per quanto concerne il danno biologico, chiarito che si tratta di componente del danno non patrimoniale (cfr. Cass. sez. un. 2008 n. 26972), si rileva che il consulente d’ufficio ha accertato la sussistenza di nesso di causalità tra l’evento e le lesioni psico-fisiche accertate, ossia lesioni cutanee e disturbo psichico reattivo.

Da dette lesioni sono derivanti all’attrice postumi permanenti consistenti in “disturbo dell’adattamento con ansia di tipo cronico qualificabile di grado lieve”, incidente sull’integrità psicofisica nella misura del 4 %, nonché un’inabilità temporanea – su basi non specificamente contestate neppure in sede di osservazioni alla relazione tecnica – di 30 giorni al 50%, di 30 giorni al 25%.

A fini liquidativi, si applicano i valori della tabella del tribunale di Milano (aggiornata al 2018), in quanto assunti come valore equo in grado di garantire la parità di trattamento in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o ridurne l’entità, e ciò anche in considerazione della revisione della tabella medesima alla luce dei principi enunciati dalla sezioni unite del 2008, con particolare riguardo all’inclusione nel danno biologico “di ogni conseguenza fisica e psichica per sua natura intrinseca” (cfr. in motivazione Cass. 2015 n. 13982), nonché in ragione del carattere tendenzialmente onnicomprensivo delle previsioni delle predette tabelle di liquidazione del danno non patrimoniale (cfr. Cass. sez. un. 2008 n. 26972; Cass. 2014 n. 20111).

Considerata, pertanto, l’età della danneggiata al momento del fatto (27 anni), il risarcimento per inabilità permanente va liquidato nella somma di Euro.6.108,00, senza personalizzazione, in quanto l’incidenza delle lesioni sotto il profilo dinamico-relazionale è considerata nella valutazione del danno biologico (v. relazione c.t.u. pg. 9), non sussistendo prova di conseguenze lesive – anche in termini di danno “esistenziale” o “estetico” – anomale, eccezionali o peculiari rispetto a quelle normali ed indefettibili delle lesioni (cfr. sul punto Cass. 2018 n. 23469).

A detta somma va aggiunto il risarcimento del danno biologico da invalidità temporanea pari ad Euro.2.205,00 (Euro.49,00 x 30 + Euro.24,50 x 30).

Il danno biologico complessivo è, dunque, liquidato in Euro.8.313,00.

La somma è espressa ai valori attuali, cosicché non è suscettibile di ulteriore rivalutazione monetaria (cfr. Cass. 2000 n. 14930).

3.2 – Parte attrice domanda, altresì, il risarcimento del “danno morale”.

Il risarcimento del cd. danno morale, ossia della sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute – pregiudizio distinto e diverso dalla quello derivante dall’incidenza del danno alla salute sulle dinamiche relazionali della persona – postula che la parte deduca e dimostri la sussistenza di pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale quali, ad esempio, il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione (cfr. Cass. 2018 n. 7513).

Qualora il danno morale sia provato, “non costituisce duplicazione la congiunta attribuzione del “danno biologico” e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado di percentuale di invalidità permanente. Ne deriva che, ove sia dedotta e provata l’esistenza di uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione e liquidazione” (Cass. 2018 n. 7513; conformi Cass. 901 n. 2018; Cass. 2018 n. 20795).

Nel caso di specie, è provato che l’attrice, subito dopo il fatto illecito configurante reato (artt. 609 bis, 582, 585 c.p.), si sentì male, tanto da dover abbandonare il posto di lavoro (v. dep. (…)), ebbe crisi frequenti di pianto (v. dep. (…)) ed interruppe anche una relazione a causa della difficoltà ad avere rapporti intimi (v. dep. (…)).

Si tratta di elementi altamente indicativi dello stato di grave dolore d’animo, senso di vergogna e paura, peraltro del tutto usuali nelle vittime di abusi sessuali.

Il danno e, dunque, provato, mentre per quanto concerne la sua liquidazione, il giudicante si attiene – in difetto di parametri nell’indicata tabella – al criterio che applica, con valutazione parimenti tabellare, la percentuale del 20% di quanto liquidato a titolo di danno biologico (v. tabella tribunale di Roma 2018 par. 118).

Il danno morale va dunque liquidato in Euro.1.662,60, somma già espressa ai valori attuali.

3.3 – Inammissibile è la deduzione dell’attrice relativa al “danno da discriminazione”, tardivamente formulata in comparsa conclusionale.

3.4 – L’attrice ha, infine, diritto al risarcimento per le spese mediche documentate e riferibili al fatto nella misura di Euro.250,00 (v. doc. 4 attrice). Non vi è riscontro di altre spese collegate al fatto.

Detta somma, quale oggetto di debito di valore, deve essere rivalutata in base agli indici ISTAT (per famiglie di operai ed impiegati) con decorrenza dal dicembre 2013 (v. doc. 4 attrice) sino alla presente decisione. La somma ascende, pertanto, ad Euro.255,75

3.5 – In definitiva, il risarcimento è liquidato in Euro.10.231,35 (Euro.8.313,00 + Euro.1.662,60 + Euro.255,75).

Sulla somma indicata, in difetto di specifiche allegazioni circa l’insufficienza della rivalutazione ai fini del ristoro del danno da ritardo (cfr. Cass. 2007 n. 22347; Cass. 2010 n. 3355), si riconoscono gli interessi legali solo dalla data della presente sentenza coincidente con la trasformazione del debito di valore in debito di valuta.

4 – Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale di Pesaro, definitivamente pronunciando sulla causa promossa da (…) contro (…), così provvede:

1) dichiara che i danni patiti da (…) in conseguenza dei fatti di cui è causa sono imputabili a (…) e, pertanto, condanna lo stesso (…) a risarcire a (…) i danni medesimi mediante pagamento in suo favore di Euro.10.231,35, oltre interessi legali dalla presente sentenza al saldo;

2) condanna, altresì, (…) a rifondere a (…) le spese di lite che si liquidano in Euro. 4.835,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfetario delle spese generali, IVA e CPA come per legge;

3) pone le spese di consulenza tecnica, liquidate con decreto del 26.8.2016, definitivamente a carico di (…).

Così deciso a Pesaro in data 8 aprile 2019.

Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.